stralcio dall'intervento di Gianfranco Domenighetti , dell'Istituto di Comunicazione Istituzionale e Formativa (ICIF), Università della Svizzera Italiana e Istituto di Economia e Management della Sanità (IEMS), Università di Losanna
............................PER UNA POLITICA SANITARIA ANCHE DI TIPO “CULTURALE” 
Un’ulteriore      considerazione,       più    di  fondo,    è   che,    stante    l’attuale    scollamento      tra medicalizzazione della vita (che eserciterà una pressione significativa sulla crescita dei costi,   delle   prestazioni   e   dei   servizi)   e   risorse   disponibili   per   il   finanziamento   dei   sistemi sanitari, è indispensabile e urgente la messa in atto accanto alla classica politica sanitaria di   tipo organizzativo-strutturale  anche   di   una   politica   sanitaria   di   tipo   culturale   che   miri appunto   a   combattere   il   consumismo   e   a   ricondurre   alla   realtà   dell’”evidenza”   le   attese smisurate      ed   in  larga    misura    indotte   degli   individui    e  della  società     verso    l’efficacia dell’impresa medico-sanitaria. Una tale politica dovrebbe essere fondata sull’informazione istituzionale     e   centrata    sulla   comunicazione   del   rischio   e   sulla   messa     in  evidenza dell’incertezza della medicina, dei conflitti di interesse e della “corruzione” soggiacenti (34)  in modo tale da creare un sano sospetto (o se si preferisce “un approccio scettico”) verso l’efficacia a 360 gradi di tutto quanto proposto dal sistema e dal mercato (35). Il problema è che il successo di una tale politica sanitaria di tipo culturale in vista di una “deprogrammazione”   della   società   civile   richiederebbe   la   partecipazione   entusiasta   dei professionisti     della   sanità,   il  che  non    sembra  essere,      almeno      fino  ad   oggi,  per   nulla evidente. 
CONCLUSIONI 
Oggigiorno   la    comunicazione         sanitaria    diretta   verso   la  società    civile   dovrebbe  quindi anche, se non sopra
ttutto, orientarsi verso una lettura critica della medicalizzazione della vita indotta direttamente o indirettamente dall’industria della tecnologia della salute. Non a caso il rapporto 2006 di Transparency International (34) è tutto dedicato alla “Corruzione nel   settore   sanitario”.   Infatti,   asimmetria   informativa,   complessità   e   incertezza   danno   ai produttori,   ai   fornitori   e   ai   prescrittori di beni e servizi   sanitari   una   rendita   di   posizione sconosciuta agli altri settori economici di largo consumo. Essa è in grado di manipolare le preferenze  dei   cittadini   che,   nella   loro  quasi    totalità,  preferiscono  ovviamente  vivere piuttosto che morire. L’uso dell’e-health e di internet può o potrà aiutare il cittadino a distinguere il “grano dal loglio”? Probabilmente già ora i giovani (più abili in informatica) nella misura in cui conoscono la lingua inglese e sono minimamente “letterati” al gergo medico-sanitario possono accedere a siti di qualità come ad esempio quelli prodotti dal National Health Service britannico o da altre agenzie pubbliche e, in Italia, dall’Istituto Mario Negri (www.partecipasalute.it). Sicuramente in un prossimo futuro internet e l’e-health saranno un potentissimo strumento di “empowerment” del cittadino-consumatore che tuttavia necessiterà, in particolare per il paziente, della verifica tramite la comunicazione interpersonale con un professionista della sanità.   Tuttavia   il   confronto   dialettico   ne   sarà   probabilmente   arricchito   per   tutte   quelle 
situazioni     dove     l’urgenza     non    imporrà     decisioni    immediate.       “Secondo      Google      sto benissimo” è una frase che, sempre più spesso, comincia a diffondersi (35). 
segue bibliografia
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