domenica 15 febbraio 2015

Pesticidi.

Cronache

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Pesticidi. Contaminato il 56,9% delle acque di superficie e il 31% di quelle sotterranee. "Un cocktail di sostanze dagli effetti sconosciuti"


Informazioni legali 

L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), le Agenzie Regionali per la 
Protezione dell'Ambiente (ARPA), le Agenzie Provinciali per la Protezione dell'Ambiente (APPA) e le persone che agiscono per loro conto non sono responsabili per l’uso che può essere fatto delle 
informazioni contenute in questo rapporto. ...............

7.2 LA PREVENZIONE DELLA PRODUZIONE DEI RIFIUTI Il tema della prevenzione della produzione dei rifiuti da sempre rappresenta, nell’Unione Europea, una priorità, nell’ambito della gestione dei rifiuti; la Direttiva 2008/98/CE, all’articolo 29 introduce i “Programmi di prevenzione dei rifiuti”. La Commissione europea ha predisposto le Linee Guida, pubblicate il 25 ottobre 2012, per orientare e sostenere gli Stati membri nello sviluppo dei programmi di prevenzione di rifiuti. Nel 2014 la Commissione e l'Agenzia europea per l'ambiente, intendono valutare e confrontare i programmi nazionali di prevenzione dei rifiuti adottati dagli stati membri. Nelle Linee Guida la Commissione ritiene che il passaggio a comportamenti virtuosi diretti alla prevenzione dei rifiuti, uniti ad un migliore uso delle risorse, richieda un insieme integrato di misure; per questo propone degli esempi di programmi nazionali e regionali di prevenzione già adottati da diversi stati membri, unitamente all’illustrazione di differenti approcci e obiettivi, che, tuttavia, impiegano un mix efficace di misure. Tali misure sono abbinate all’indicazione delle risorse necessarie a realizzare i programmi. Il d.lgs. 3 aprile 2006, n.152, come modificato dal d.lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, al comma 1 bis, dell’articolo 180, stabilisce che il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare predisponga un Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti ed elabori indicazioni affinché tale programma sia integrato nei piani di gestione dei rifiuti che in tal caso dovranno identificare specifiche misure di prevenzione. Con decreto direttoriale del 7 ottobre 2013, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha adottato il Programma Nazionale di Prevenzione dei Rifiuti. Lo scopo del Programma è dissociare la crescita economica dagli impatti ambientali connessi alla produzione dei rifiuti. È stato scelto come indicatore per gli obiettivi del Programma la produzione di rifiuti rapportata all’andamento del Prodotto Interno Lordo. Sulla base dei dati rilevati dall’ISPRA, il Programma fissa i seguenti obiettivi di prevenzione al 2020 rispetto ai valori registrati nel 2010: - Riduzione del 5% della produzione di rifiuti urbani per unità di Pil. Nell’ambito del monitoraggio per verificare gli effetti delle misure, sarà considerato anche l’andamento dell’indicatore Rifiuti urbani/consumo delle famiglie; - Riduzione del 10% della produzione di rifiuti speciali pericolosi per unità di Pil; - Riduzione del 5% della produzione di rifiuti speciali non pericolosi per unità di Pil. Sulla base di nuovi dati relativi alla produzione dei rifiuti speciali, tale obiettivo potrà essere rivisto. Entro un anno le Regioni sono tenute a integrare la loro pianificazione territoriale con le indicazioni contenute nel Programma nazionale. L’articolo 199, al comma 3, lett. r), infatti, stabilisce che il piano regionale “preveda un programma di prevenzione della produzione dei rifiuti, elaborato sulla base del programma nazionale di prevenzione dei rifiuti di cui all'articolo 180, che descriva le misure di prevenzione esistenti e fissi ulteriori misure adeguate.” Il programma deve fissare anche gli obiettivi di prevenzione e deve contenere specifici parametri qualitativi e quantitativi per le misure di prevenzione al fine di monitorare e valutare i progressi realizzati, anche mediante la fissazione di indicatori. Per quanto riguarda la raccolta, l’elaborazione dei dati, il popolamento degli indicatori, nonché la definizione di nuovi indicatori, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare si avvale di ISPRA. Al fine di assicurare la trasparenza e la condivisione del Programma, è stato istituito, presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, un Tavolo di lavoro permanente che coinvolge i soggetti pubblici e i portatori di interesse attivi nell’attuazione delle misure previste dal Programma. 202 LA PIANIFICAZIONE TERRITORIALE 222 Tra le misure generali rientrano la produzione sostenibile, il Green Public Procurement per le pubbliche amministrazioni, il riutilizzo, l’informazione e sensibilizzazione, gli strumenti economici, fiscali e di regolamentazione, nonché la promozione della ricerca. Sul tema del riutilizzo il Ministero dovrà predisporre i decreti attuativi previsti dall’articolo 180 bis, comma 2 del d.lgs. 152/2006. In conformità a quanto previsto dalle linee guida della Commissione europea sono state individuate alcune misure specifiche di prevenzione su particolari flussi di prodotti/rifiuti ritenuti prioritari: rifiuti biodegradabili, rifiuti cartacei, rifiuti di imballaggio, rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, rifiuti da costruzione e demolizione. Con il presente Rapporto sono rappresentati, i dati di sintesi, aggiornati, a luglio 2014, dello stato di attuazione della pianificazione regionale sulla gestione dei rifiuti. I dati sono stati acquisiti da ISPRA, anche, grazie alla collaborazione degli enti che provvedono all’elaborazione dei piani stessi (Regioni, Province, ARPA/APPA). Sulla base delle informazioni disponibili, si riportano, nella tabella seguente, i provvedimenti con i quali le Regioni hanno dato corso agli adempimenti necessari all’adozione/approvazione dei piani regionali di gestione dei rifiuti; inoltre, sono indicati i provvedimenti regionali di adozione dei programmi di prevenzione dei rifiuti o le misure di prevenzione previste all’interno dei piani di gestione dei rifiuti............................
vedi anche 
 http://ambientstress.blogspot.com/2015/02/inquinamento-falde-acquifere-le-falde.html

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inquinamento falde acquifere
 Le falde acquifere forniscono circa il 65% di tutta l’acqua potabile europea. Il 20% di tutte le falde acquifere dell’Unione Europea è seriamente minacciato dall’inquinamento. Una goccia di sostanza pericolosa può inquinare migliaia di litri di acqua. L’inquinamento causato oggi può rimanere per generazioni nelle falde acquifere che noi usiamo per ricavare l’acqua potabile. Le risorse idriche sono influenzate dai differenti utilizzi dell’acqua: agricoli, industriali e domestici.
Parliamo della nostra Italia. Dalla relazione territoriale sugli illeciti connessi al ciclo dei rifiuti tossici della Regione Campania (oltre 700 pagine), emerge un quadro veramente inquietante. Si stima che per i prossimi 50 anni ci saranno terreni e falde acquifere inquinate, con conseguenze drammatiche per la salute e per l’ambiente! Una tragedia, provocata anche dal pesante condizionamento della malavita nella gestione del ciclo dei rifiuti in Campania. Un caso eclatante,  preso come esempio, è quello dell’avvelenamento delle falde acquifere di Giugliano e delle zone limitrofe: inquinamento causato dallo smaltimento di 30.700 tonnellate di rifiuti pericolosiprovenienti dalla bonifica dell’Acna di Cengio (Savona). La storia. Tra la fine degli anni ‘80 e la metà degli anni ’90 il boss Bidognetti avrebbe smaltito illegalmente, in alcune discariche site a Giugliano di Napoli, attraverso la società “Ecologia 89” che dirigeva, oltre 800mila tonnellate di rifiuti, in gran parte pericolosi, provenienti da aziende del Nord, come l’Acna di Cengio; rifiuti che avrebbero prodotto 57mila tonnellate di percolato che avrebbe poi avvelenato le falde acquifere.
Si tratta della discarica della RESIT, società amministrata dal plurindagato avvocato-imprenditore Cipriano Chianese; la discarica della Novambiente, di proprietà di Gaetano Vassallo, il manager “pentito” dei rifiuti, l’inventore dei traffici di rifiuti tossici dal nord Italia verso la Campania che molto ha rivelato sui meccanismi interni di questo settore e sulle sue connessioni con la classe politica locale e nazionale; la discarica Masseria del Pozzo; la discarica Schiavi e la discarica cava Giuliani. Tutti i siti sono collegati fra loro dalla cosiddetta “Strada della Vergogna”, che è di per sé più una discarica di rifiuti tossici,  regolarmente dati alle fiamme,  che una strada. Alle discariche naturalmente si alternano i campi coltivati del giuglianese, una delle zone agricole più produttive d’Italia. Il professor Balestri, un geologo incaricato dalla Procura di Napoli di relazionare sulla situazione della zona, stima che l’enorme massa di percolato che lentamente sta contaminando le falde acquifere toccherà la punta massima di inquinamento nel 2064. Ha calcolato che la contaminazione da percolato produrrà effetti nocivi sulla popolazione, in particolare sui bambini, ma anche sull’agricoltura, che in zona è ancora molto praticata, fino al 2080.
Consideriamo le possibili conseguenze derivantidalla coltivazione e relativo consumo di prodotti ortofrutticoli provenienti da aree agricole gravemente inquinate in seguito allo sversamento, quasi sempre illegale, di ingenti quantitativi di rifiuti tossici da parte della malavita locale. Le falde acquifere di quelle zone sono inquinate, eppure oggi vengono usate per irrigare terreni dove vengono coltivate verdure o alberi da frutta che finiscono sulle tavole dei consumatori locali e non; vengono allevati animali che brucano erba e forniscono latte per il consumo diretto oppure per produrre formaggi. Potenzialmente, sono migliaia le persone che si potrebbero ammalare o morire per aver ingerito cibi contaminati dalle acque di falda di queste aree. Teniamo inoltre presente che gli scarichi industriali contengono una grande quantità di inquinanti e la loro composizione varia a secondo del tipo di processo produttivo. Il loro impatto sull’ambiente è complesso: spesso le sostanze tossiche contenute in questi scarichi rinforzano reciprocamente i propri effetti dannosi e quindi il danno complessivo risulta maggiore della somma dei singoli effetti.
Non va meglio nel Lazio, in particolare nella Provincia di Latina, dove le falde acquifere di Borgo Montello risultano fortemente inquinate a causa di alcuni materiali radioattivi, interrati illegalmente da esponenti della camorra e finanziati, pare, con fondi regionali.
Smaltimenti illeciti di materiali pericolosi sono stati rilevati anche in 4 aree di circa 12mila metri quadri a Sutri e Castel Sant’Elia (Viterbo), con un elevatissimo inquinamento dei terreni, con conseguenze dannose sulla salute, al quale contribuiscono anche le carcasse di animali e i loro escrementi gettati nei canali o in mare. Rifiuti di ogni genere sono stati rinvenuti anche in una vasta area della borgata palermitana di Partanna Mondello.
E anche al Nord la situazione è tutt’altro che rosea. Cantieri delle autostradeusati come discariche abusive. Una discarica colma di pericolosi scarti di fonderia, nascosta sotto il cantiere della nuova autostrada veneta che dovrebbe collegare le province di Vicenza e Rovigo. Centinaia di tonnellate di scorie – sepolte e ricoperte dal manto d’asfalto che scorre tra icampi coltivati – contenenti alte concentrazioni di metalli pesanti e sostanze chimiche (come cromo,amianto, piombo, nichel e altri ancora).
C’è solo un modo per evitare tutto ciò: emanare norme al fine di tutelare l’ambiente naturale. E, soprattutto, farle rispettare. 

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