orso castano : la "mente cibernetica " spiega , attraverso una visione sistemica complessiva , le caratteristiche generali del sistema ma non spiega le intenzionalita' delle parti del sistema (sopratutto di quelli umani) , non spiega , attraverso la ricomposizione delle intenzionalita' delle parti, l'autopoiesi , il senso e la direzione della crescita autopoietica del sistema. Focalizzare l'attenzione su ciascuna delle componenti del sistema non significa comnque negare l'importanza dell'ottica sistemica, ma significa solo descriverne la sua complessita' per meglio comprendere il senso e la direzione della sua crescita e del suo movimento.
Dipartimento di Scienze dell'Educazione
Alma Mater Studiorum Università di Bologna
di Silvia Demozzi
Per comprendere l'accezione di “sistema vivente” in Gregory Bateson, è necessario
scavare fino alle radici epistemologiche che sostengono l'intero suo apparato di
pensiero, ovvero fino alla biologia. Per Bateson, infatti, la lettura attraverso le lenti della
biologia sarebbe l'unica in grado di parlare con e del mondo vivente: la scienza naturale
diviene una sorta di meta-scienza con cui è possibile non solo studiare gli organismi in
sé, bensì anche le loro “aggregazioni” capaci di conoscere, pensare e decidere. Queste
“aggregazioni” in grado di apprendere nella relazione con l'ambiente sono – assieme
all'ambiente stesso – ciò che per Bateson può essere considerato un sistema vivente: il
mondo dell'evoluzione, il pensiero, l'adattamento...
Ma facciamo qualche passo indietro. Alla fine del '700, Jean-Baptiste Lamarck (1809) ......
invece, era convinto che tutti gli esseri viventi potessero subire dei cambiamenti a seguito della
pressione dell'ambiente circostante (e tale cambiamento, di conseguenza, era la prova di
un processo di evoluzione). Ma come era possibile, secondo questa nuova ottica,
intendere la “mente” che fino ad allora era regina incontrastata del suo operare?
Lamarck per questo venne irrimediabilmente contrastato e, negli anni successivi, nuove
e più fortunate teorie evoluzionistiche si affermarono (Darwin, 1859), le quali, ancora
una volta, escludevano al loro interno qualsiasi analisi dei principi esplicativi della
“mente”. Si dovettero aspettare gli anni di Bateson (metà '900) e, in particolare, la
diffusione di teorie quali quelle sistemiche, dell'informazione e della cibernetica (N.
Wiener, 1948), per tornare a porre al centro della riflessione una domanda ben precisa:
“Cos'è una mente?”. Per i cibernetici, infatti, “l'errore” di Darwin era stato quello di
identificare – nel contesto della selezione naturale - “l'unità di sopravvivenza” nel
singolo individuo riproduttore, nella singola famiglia, nella sottospecie o, al più,
nell'insieme omogeneo di individui di una stessa specie. Tuttavia, se un insieme di
individui/organismi agisce “avendo di mira” solamente la propria sopravvivenza, il suo
“progresso” finisce inevitabilmente per distruggere anche il suo ambiente (Bateson,
1972, tr. it. 1977, pag. 491). L'unità minima di sopravvivenza non può essere
individuata, quindi, nel singolo individuo riproduttore o nella singola famiglia: questo
perché ciascuna unità evolutiva non è geneticamente omogenea e si caratterizza,
piuttosto, di una struttura alquanto flessibile, pronta a rispondere al cambiamento
esterno. Così come flessibile, di fatto, è l'ambiente che la circonda.
Nei termini batesoniani, esso si sarebbe dovuto configurare come
(Bateson, 1972, tr. it. 1977, pag. 491):
organismo flessibile + ambiente flessibile
=
“complesso flessibile organismo-nel-suo-ambiente”.........
Questa “flessibilità” che costituisce, di fatto, il dialogo
incessante che avviene all'interno di questo “complesso” - un dialogo che si configura
per Bateson come una “danza creatrice”............ ”. Scrive Bateson che “l'ecologia della mente è
questa nuova forma di definizione in cui ogni organismo produce se stesso in un
riconoscimento auto-riflessivo; tale riconoscimento si intreccia con il contesto di vita
dell'organismo in una continua spirale costruttiva, una “danza di parti interagenti”
(1972, tr. it. 1997, pag.89). Da qui, necessariamente, nasce e prende avvio l'assunto per
cui ogni sistema vivente è un sistema mentale (e viceversa). Per Gregory Bateson,
infatti, è impensabile perdurare nel dualismo culturalmente consolidato per cui il
“mondo fisico” - esterno – è un qualcosa di separato dal “mondo mentale” - interno. Le
due entità, per il nostro pensatore, sono interconnesse, ciò che differisce, piuttosto,
è il modo in cui vengono trasmesse le informazioni al loro interno. Il mondo fisico è il
territorio (e per questo descrivibile con un linguaggio “cosale”), mentre il mondo
mentale sono le mappe, descrivibili solo e soltanto con il linguaggio dell'interpretazione.
In altre parole, quindi, non si tratta di mondi diversi, bensì di diversi linguaggi per
descrivere uno stesso mondo (da qui, l'elogio batesoniano della “doppia descrizione”).
Purtroppo, ci dice Bateson, il linguaggio della descrizione resta comunque sempre
gerarchico e non permette di “trasferire” quelle flessibilità ed eterogeneità che
effettivamente esistono nell'unità “organismo-nel-suo-ambiente”......una
mente (o un “sistema mentale”) è costituita da diversi “canali di informazione”, molti
dei quali, di fatto, si trovano ben al di fuori dei limiti demarcati dall'epidermide di un
individuo.Ma in che senso per Bateson un sistema mentale è anche “fuori” da noi?
La risposta, forse, si può trovare in uno degli esempi batesoniani più famosi
(Bateson, 1972, tr. it.1977, pag. 499): si consideri un uomo che sta tagliando un albero;
l'ascia che l'uomo maneggia fende dapprima l'aria e, una volta raggiunto il tronco, produce
certi tipi ditacche in un preesistente taglio nel fianco dell'albero. Se vogliamo spiegare questo
fenomeno, per Bateson, non possiamo limitarci a dire “che un uomo sta tagliando un
albero”, bensì dobbiamo prendere in considerazione una serie di differenze: nel fianco
intaccato dell'albero, nella retina dell'uomo, nel comportamento dei suoi muscoli, ecc.
Dobbiamo, in altre parole, prendere in considerazione un “circuito” che Gregory
Bateson definisce “l'unità mentale più semplice” e, nello specifico dell'esempio, un
“sistema mentale uomo-ascia-albero”. Tale definizione è ripresa direttamente dal
linguaggio cibernetico e fa riferimento ai messaggi (le differenze) che viaggiano nel
circuito (uomo-ascia-albero): l'unità minima che costituisce il circuito mentale è
rappresentata dall'organismo-nel-suo-ambiente. La mente individuale è, quindi,
immanente alla struttura evolutiva totale (corpo delimitato dall'epidermide e ambiente
esterno). “La spiegazione dei fenomeni mentali deve sempre trovarsi nell'organizzazione
e nell'interazione di parti multiple” (Bateson, 1979, tr. it 1984, pag. 126): Bateson non
ci dice, quindi, cosa sia una mente, ma piuttosto cerca di spiegarci come essa funzioni.
La significativa differenza tra il cosa e il come attraversa l'intera epistemologia di Beatson......
.i sistemi viventi - sono un sistema cibernetico,ovvero un sistema che elabora l'informa
zione e completa il procedimento per “tentativi ed errori” (uomo che taglia un albero con
un'ascia e cieco che cammina col suo bastone). É solamente all'interno di questo sistema
globale e complesso – incerto ed imprevedibile – che, per Bateson, possiamo identificare
una gerarchia di sotto-sistemi cui dare il nome di “menti individuali”............Ogni gradino
della gerarchia – che sia il DNA nella cellula o la cellula nel corpo o il corpo nell'ambiente –
deve essere pensato come un sistema e non come una parte espunta dal tutto e in
opposizione alle altre parti. Ponendo in parallelo i due processi che costituiscono il
pensiero e l'evoluzione biologica e sottolineandone le omologie, Gregory Bateson
stabilisce quella “sacra unità” (sacra perché necessaria) tra mente e natura, in cui non
esiste una mente separata dal corpo, né un dio separato dalla sua creazione. …......Riuscire a collocare, infatti, ciò che chiamiamo “mente” all'interno dell'ecosistema, significa considerare
che questa stessa mente è immanente all struttura evolutiva totale. Significa, per esempio,
cominciare a parlare di sistemi e di circuiti che vanno oltre a quanto contenuto nell'epidermide
di un singolo individuo: ciò che è contenuto nell'epidermide, infatti, prima o poi muore. E
cosa resta allora? Per esempio, ci dice Bateson, restano le idee; sotto forma di libri o di
opere d'arte. Non si tratta più, quindi, di considerare una mente implosa verso l'interno
(tanto cara a Freud e alla psicoanalisi), bensì un concetto che si dilata verso l'esterno,
riducendo l'ambito dell'“io conscio” e, con esso, la sua onnipotenza..........l'arte È in grado,
infine, di creare insieme alle creature: non fuori di esse, non per mezzo di esse, bensì
con esse. Proprio come insieme co-creano organismo e ambiente, mente e natura, forma
e sostanza.