orso castano : un buon articolo questo della Dott,ssa Gaia Vicenzi su un argomento, come quello dei disturbi del carattere sul quale si pone poca attenzikone e che , spesso, se non tenuto presente puo' portare a formulare diagnosi piu' gravi di quelle che in realta' si pongono dinanzi allo psicoterapeuta (psichiatra e psicologo). Le valutazioni sono aggiornate al DSM5. C'e' poi una classificazikone dei Disturbi di Personalita', anche questi , pur se ion misura minore , poco usati n elle diagnosi psichiatriche, ed anche questi, se non considerati, possono portare a diagnosi fuorvianti con conseguenti trattamenti piu' cruciali di quanto in realta' sia utile fare.
di Gaia
Vicenzi
Psicologa
Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale
I termini “temperamento”,
“carattere” e
“personalità” sono
entrati a far parte del linguaggio
comune e spesso sono
considerati
come sinonimi. Inoltre,
l’associazione tra
questi termini e l’idea
che siano qualcosa
di immodificabile e
innato (“sono fatto così:
se uno nasce tondo non
diventa quadrato”)
è molto stretta. In
realtà i tre concetti si riferiscono
a tre diverse dimensioni
dell’essere
umano.
Il nostro temperamento
è, tendenzialmente,
già determinato
geneticamente e, dunque,
più difficilmente
modificabile. Esso è
la base innata ancorata
alla struttura biologica
della persona, legata
alla neurochimica
del cervello, e ne
caratterizza le tendenze
istintive, i bisogni, le
disposizioni
impulsive. In
particolare, il temperamento
(già visibile nei primi
giorni di vita), si definisce
su quattro aree. La
prima
riguarda l’evitamento
del danno, ovvero
la tendenza a
preoccuparsi per le
possibili conseguenze
delle proprie
azioni, quanto si è cauteli, apprensivi.
La seconda
riguarda la dipendenza
dalla ricompensa,
ovvero la sensibilità ai
segnali sociali e
l’attenzione alla reazione
delle altre persone
al proprio comportamento.
La
terza
rimanda alla persistenza,
ovvero la tendenza
alla determinazione,
alla costanza, la
resistenza alla frustrazione.
Infine, la quarta
si riferisce alla ricerca di
novità, ovvero la
tendenza all’esplorazione,
all’entusiasmo
per il nuovo e alla facilità di
annoiarsi per il
vecchio.
La differenza tra
“carattere” e “personalità”,
invece, è più sfumata.
Il
carattere è frutto dell’iniziativa personale,
“è
ciò che noi facciamo di noi stessi intenzionalmente”
(Cloninger,
1996). Esso si manifesta
concretamente
attraverso un tipico
comportamento,
un costante modo di reagire
agli
stimoli dell’ambiente.
La personalità, invece,
si riferisce ad una
struttura interna
all’individuo, andata costruendosi
nel corso dell’evoluzione
di vita
e sempre passibile di
modificazione (fino
all’età adulta,
assolutamente cangiante).
Con
il termine “personalità”, si intende
l’insieme
delle caratteristiche psichiche e
delle
modalità comportamentali che definiscono
il
nucleo delle differenze individuali,
nella
molteplicità dei contesti in cui la condotta
umana
si sviluppa.
Nella storia della
psicologia si sono succedute
diverse teorie sulla
personalità.
Nel 1930 è stata
formulata una teoria che
prende il nome di Lexical
Hypothesis. I ricercatori
pensarono di poter
trovare i tratti
di personalità base
tracciando e analizzando
la lista di aggettivi
presenti nel dizionario.
Trovarono un numero
vertiginoso di
aggettivi: ben 18.000 ma
si accorsero che
la lingua non permetteva
di cogliere molti
aspetti.
Successivamente, trovando
che alcuni aggettivi
si presentavano spesso in
combinazione,
suddivisero la lista in 5
categorie
principali:
nevroticismo-stabilità emotiva
(indica la stabilità
emotiva, la capacità di
gestire le emozioni
negative), estroversione-
introversione (indica
l’inclinazione
a passare del tempo in
compagnia altrui),
apertura-chiusura mentale
(indica la curiosità
intellettuale sulla vita
e sull’universo),
coscienziosità-negligenza
(indica il grado
di responsabilità e di
controllo sulla propria
vita),
gradevolezza-scontrosità (indica
la predisposizione alla
cooperazione e ad
aiutare gli altri).
La personalità evolve,
modificandosi. Essa
subisce una grande
metamorfosi in adolescenza,
a seguito
dell’esposizione ai modelli
dei coetanei. Durante
questa fase del
ciclo di vita si
stabilizzano dei tratti che nel
corso dell’età adulta
possono permanere in
modo più o meno stabile.
Sicuramente durante
l’adolescenza i giovani
tendono ad uniformarsi al
gruppo, mentre
solo successivamente va
prendendo
forma una dimensione
sempre più autonoma
del proprio sé.
Quando uno pensa a sé e
alla propria personalità,
deve prendere in
considerazione
molti fattori e
dimensioni, anche in relazione
ai diversi contesti in
cui opera. Modificare
la propria personalità,
se vi sono aspetti
disfunzionali, è
possibile. Un primo passo,
comunque, è iniziare a
prendere in considerazione
l’idea di accettarsi e
quella non
tanto di modificare se
stessi in toto ma di
modificare la propria
autostima, ovvero l’idea
che abbiamo di noi
stessi.
- Il DSM, Fourth Edition Text Revision (DSM-IV-TR) divise 10 disturbi di personalità in 3 cluster. Il nuovo DSM-5 non fa uso di cluster e riconosce un minor numero di disturbi; questi disturbi sono approfonditi in questa sezione.
- Disturbo schizotipico di personalità
Il disturbo schizotipico
di personalità, come i suoi cugini storici i tipi di personalità
paranoide e schizoide, implica il ritiro sociale e la freddezza
emotiva. Tuttavia, il disturbo schizotipico di personalità comporta
anche bizzarrie del pensiero, della percezione e della comunicazione,
come il pensiero magico, la chiaroveggenza, le idee di riferimento o
l'ideazione paranoide. I pazienti tendono a essere sospettosi dei
cambiamenti e spesso attribuiscono erroneamente le azioni degli altri
a motivazioni ostili e malevole. Queste bizzarrie suggeriscono la
diagnosi di schizofrenia (see p. Schizofrenia ) ma non sono
mai abbastanza gravi da soddisfarne i criteri. Si pensa che i
soggetti con disturbo schizotipico di personalità abbiano
un'espressione attenuata dei geni che causano la schizofrenia.
- Disturbo borderline di personalità
Il disturbo borderline di
personalità viene incontrato comunemente in tutti gli ambienti
psichiatrici e medici. Si contraddistingue per l'instabilità
dell'immagine di sé, del tono dell'umore, del comportamento e delle
relazioni.
Il disturbo istrionico di
personalità può rappresentare un sottogruppo dei pazienti con
disturbo borderline di personalità con cui condivide l'incostanza e
l'instabilità emotiva nelle relazioni.
Le persone con disturbo
borderline di personalità sono ipersensibili. Ritengono di essere
stati privati delle cure adeguate durante l'infanzia e di conseguenza
si sentono vuoti, arrabbiati e in diritto di ricevere accudimento.
Per tali motivi, cercano incessantemente attenzione e sono
suscettibili a percepirne l'assenza. I loro rapporti interpersonali
tendono a essere intensi e importanti. Quando percepiscono che ci si
prende cura di loro, si mostrano come trovatelli solitari che
chiedono aiuto per la loro depressione, per l'abuso di sostanze, per
i disturbi del comportamento alimentare, per i dolori somatici e i
maltrattamenti passati. Quando temono di perdere la persona che si
prende cura di loro, spesso manifestano una rabbia intensa e
inappropriata. Tali mutamenti di umore si accompagnano tipicamente a
drastiche variazioni nella loro visione del mondo, di se stessi e
degli altri, p.es., da cattivo a buono, da odiato ad amato. Quando
sono arrabbiati o si disprezzano, spesso si feriscono. Quando si
sentono abbandonati, si dissociano, hanno brevi episodi di pensiero
psicotico, o diventano disperatamente impulsivi, a volte
intraprendono comportamenti suicidari.
I pazienti con disturbo
borderline di personalità inizialmente tendono a evocare reazioni
protettive intense in chi si prende cura di loro, ma dopo ripetute
crisi, vaghe e infondate lagnanze e fallimenti nell'aderenza alle
raccomandazioni terapeutiche, questi pazienti possono evocare
risposte ostili e negative.
È probabile che il
disturbo borderline di personalità vada incontro a remissione (circa
il 50% in 2 anni e 85% in 10 anni), e una volta cessato, solitamente
non recidiva. Tuttavia, questa riduzione dei sintomi non è associata
a un analogo miglioramento del funzionamento sociale. Dopo 10 anni,
solo il 20% ha rapporti stabili od un lavoro a tempo pieno. (V. anche
the American Psychiatric Association’s Guideline Watch: Practice
Guideline for the Treatment of Patients With Borderline Personality
Disorder).
- Disturbo antisociale di personalità
Il disturbo antisociale
di personalità (ed il disturbo di personalità psicopatica
storicamente connesso ad esso) è caratterizzato da un cinico
disprezzo dei diritti e dei sentimenti altrui. I soggetti affetti
utilizzano gli altri per un guadagno materiale o per gratificazione
personale. Essi diventano facilmente frustrati e tollerano poco le
frustrazioni. Caratteristicamente, agiscono i loro conflitti in
maniera impulsiva e irresponsabile, talvolta con ostilità e
violenza. Solitamente non prevedono le conseguenze dei loro
comportamenti e non provano rimorsi o sensi di colpa. Molti di loro
possiedono una capacità ben sviluppata di spiegare con disinvoltura
il proprio comportamento e/o di incolpare gli altri. La disonestà e
l'inganno pervadono le loro relazioni interpersonali. La punizione
raramente modifica il loro comportamento o ne migliora il giudizio.
La personalità
antisociale spesso conduce all'alcolismo, alla tossicodipendenza,
alla promiscuità, al fallimento nell'adempimento delle
responsabilità, a frequenti trasferimenti e a difficoltà nel
conformarsi alle leggi. L'aspettativa di vita è ridotta, ma il
disturbo tende a migliorare o a stabilizzarsi con l'età.
- Disturbo narcisistico di personalità
Il tratto centrale del
disturbo narcisistico di personalità è la grandiosità. I soggetti
affetti possiedono un esagerato senso di superiorità e si aspettano
di essere trattati con deferenza. Essi possono anche utilizzare gli
altri poiché ritengono che la loro superiorità lo giustifichi. I
loro rapporti sono caratterizzati dalla necessità di essere
ammirati. Spesso credono che gli altri li invidino e sono
estremamente sensibili alle critiche, ai fallimenti o alle sconfitte.
Quando si trovano di fronte all'incapacità di soddisfare l'elevata
opinione che essi hanno di sé, possono arrabbiarsi o deprimersi
profondamente e suicidarsi.
- Disturbo evitante di personalità
Il disturbo evitante di
personalità è caratterizzato dall'evitamento di persone o
situazioni in cui potrebbero verificarsi il rifiuto, il fallimento, o
il conflitto. Le persone affette temono di intraprendere relazioni o
una qualsiasi altra cosa nuova per il rischio che possa deludere o
andare incontro ad insuccesso. Dato che i soggetti colpiti hanno un
intenso e conscio desiderio di affetto e accettazione, soffrono in
maniera evidente per il loro isolamento e la loro incapacità di
relazionarsi in modo soddisfacente con le altre persone.
- Disturbo ossessivo-compulsivo di personalità
Il disturbo
ossessivo-compulsivo di personalità è caratterizzato da diligenza,
ordine e serietà. Tuttavia, le persone colpite sono spesso anche
rigide e quindi incapaci di adattarsi ai cambiamenti. Assumono le
responsabilità con serietà, ma dato che odiano gli errori e
l'incompletezza, possono perdersi nei dettagli e dimenticare lo scopo
dei loro compiti. Di conseguenza hanno difficoltà nel prendere le
decisioni e nel portare a termine i compiti. Tali problemi rendono
l'avere responsabilità una fonte di ansia e raramente sono
soddisfatti dei risultati. Tuttavia, la maggior parte dei tratti
ossessivo-compulsivi sono adattativi; fino a quando i caratteri non
sono troppo marcati, le persone con queste caratteristiche spesso
ottengono molto, soprattutto in ambito scientifico e in altri campi
accademici che beneficiano di organizzazione, perfezionismo, e
perseveranza. Tuttavia, i sentimenti e i conflitti interpersonali
potrebbero metterli a disagio nelle situazioni in cui sono privi di
controllo, che richiedano di contare su altre persone, o che siano
imprevedibili.
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