E a livello individuale cosa si può fare per abbattere l’ansia da lavoro?
Per sbloccare situazioni di tensione e ansia che si ripetono tutti i giorni in ufficio io consiglio, quando possibile, un supporto terapeutico o dei colloqui di sostegno. La persona, però, ha degli ampi margini per lavorare su se stessa e sui propri pensieri: praticare delle tecniche di rilassamento, cambiare i propri schemi mentali in senso positivo e cambiare di conseguenza anche il modo di affrontare la precarietà, le tensioni o il maggior carico di lavoro. Mi rendo conto che da soli è difficile. Il colloquio in questo senso è utile perché dà un radicamento, è un percorso di crescita che permette all’individuo di ritrovare le certezze dentro se stesso riscoprendo eriattivando le proprie risorse energetiche e psichiche per affrontare eventi della vita che possono destabilizzarlo. Tramite il lavoro su se stesso, il rilassamento, la consapevolezza e l’aiuto di un terapeuta, può recuperare una centratura e gestire meglio l’ansia. Il metodo della Bioenergetica di Lowen che io utilizzo per andare oltre le corazze difensive della persona e lavorare su blocchi corporei ed emozionali è efficace perché mi consente di raggiungere la sua profondità senza entrare a gamba tesa.
Secondo lei quanto di questo stress da lavoro si ripercuote sulle relazioni, sulla loro difficoltà o assenza?
Partiamo con il sottolineare quanto il nostro modo di vivere sia diventato individualista: le persone tendono a pensare molto più a se stesse e sono meno propense a impegnarsi con qualcuno perché questo comporterebbe dei compromessi che non sanno accettare. Al narcisismo egoriferito che caratterizza la nostra società si aggiunge il carico dei pensieri, delle preoccupazioni e delle paure legate alla precarietà o assenza di lavoro che certo non lascia molto spazio alle relazioni e nemmeno predispone a coltivarne di serie. Lo stress è sia quello del disoccupato che, depresso, non riesce ad avere una vita sociale sia del lavoratore che, impegnato a fare straordinari non pagati, non riesce a sua volta ad averne una per altri motivi. Non parliamo poi dello sposarsi e mettere su famiglia, prospettiva che o non è fattibile o richiede una presa di responsabilità cui si è sempre meno propensi.
Come si esce da questa spirale?
Ritagliandosi del tempo per meditare, per telefonare a un amico, per condividere momenti gratificanti con le persone che amiamo. Non aver paura di mostrarsi nella propria autenticità. Potrà suonare banale ma spesso l’ansia e i problemi del lavoro creano una sofferenza che fa chiudere le persone e le isola, spesso perché non se la sentono di portare una maschera. Ma si tratta di problemi condivisi da molti. Non sto dicendo di scaricare la propria negatività sugli altri ma di far capire a chi fa parte della nostra vita affettiva quali sono i problemi che stiamo affrontando, permettendo loro di comprendere che dietro a certi comportamenti, come la mancanza di disponibilità, c’è una ragione. L’essere sinceri, il sapersi mostrare vulnerabili, il saper condividere anche i problemi pur se in modo costruttivo con gli amici e i potenziali partner è un modo per assicurarsi una vita sociale e affettiva anche nei momenti di crisi. È anche un modo di alleggerire il carico quando si è sopraffatti dall’ansia. Inutile fare gli eroi o fingere, può solo servire ad aumentare la tensione.
Gruppi e strategie motivazionali
Come possiamo fare per contrastare questa tendenza?
IInnanzi tutto le aziende devono riprendere a considerare gli individui appunto come risorseper cui se la dirigenza riuscisse a supportare i propri dipendenti con delle strategie di gruppiche non devono essere per forza terapeutici ma possono essere gruppi di confronto, motivazionali, volti a far sentire il dipendente importante e compreso nelle sue esigenze e difficoltà. Molti si lamentano del fatto che questo genere di iniziative, così come i corsi di aggiornamento, sono diminuiti a causa delle minori risorse da investire in formazione ma è anche vero che, avendo meno dipendenti che devono produrre di più, consentire loro di vivere più serenamente il tempo in ufficio può fare la differenza. Le piccole aziende non se lo possono permettere ma le multinazionali sì ed è proprio in questi ambiti che si stanno più sviluppando queste strategie motivazionali. Spesso l’azienda, tramite convenzioni con i centri che gestiscono i gruppi, riesce ad abbattere i costi perché gli accordi si traducono in reciproca visibilità. Ecco che la cosa diventa più fattibile.
Non tutti credono nei gruppi, li considerano “americanate”
Sulla base della mia esperienza, invece, devo dire che io li considero molto efficaci perché consentono di abbattere i livelli di ansia e di aumentare la produttività. Il gruppo consente di rielaborare dei vissuti spesso comuni, problemi che si ingigantiscono partendo da banalità, situazioni di stallo che si sbloccano grazie al dialogo. Parlare, ridimensionare le cose, chiarire i malintesi è la prima cosa da fare per recuperare risorse psico-fisiche e produttività.
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