I progetti dell'associazione sono rimasti però lettera morta e oggi, visto che l'Europa sembra intenzionata ad andare avanti, secondo i trader c'è uno scenario abbastanza cupo che si profila all'orizzonte. Potrebbe innescarsi, cioè, una reazione a catena che porterà a un crollo della liquidità sui mercati colpiti dalla Tobin Tax e a una maggiore difficoltà per le imprese a finanziarsi in borsa o a gestire la propria tesoreria con vari tipi di strumenti d'investimento. Senza dimenticare, poi, i maggiori costi che le banche sosterrebbero per l'utilizzo di alcuni prodotti derivati che finiscono nel portafoglio dei clienti (come quelli usati per creare i popolarissimi mutui col cap, i quali proteggono i debitori dal rischio di un aumento dei tassi d'interesse). Naturalmente, gli istituti di credito saranno subito spinti a far ricadere questi maggiori costi sulle tasche dei clienti che, seppur indirettamente, pagherebbero dunque il conto più salato dell'introduzione della Tobin Tax.
Per adesso, l'imposta sulle transazioni finanziarie colpisce soltanto le azioni di società italiane che hanno una capitalizzazione (cioè un valore in borsa) superiore a 500 milioni di euro e verrà estesa ai derivati soltanto dal 1° luglio. Gli effetti a Piazza Affari, però, si sono già visti, poiché c'è stato un calo dei volumi di scambio nel settore azionario del 12%. In Francia è andata anche peggio: sui mercati d'Oltralpe, dove l'aliquota della Tobin Tax è dello 0,2% (contro lo 0,12% del nostro paese)la diminuzione dei volumi è stata di ben il 20%. Ma le cose potrebbero andare peggio in futuro, se questo nuovo balzello verrà ulteriormente esteso su larga scala, come vorrebbe l'Europa. Per questo, la battaglia del popolo dei trader non è finita.
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