Un quadro impietoso della condizione delle donne italiane per quanto riguarda il lavoro e la pensione, aggravato dalla crisi ma fondato su uno svantaggio strutturale di genere che le espone in misura molto maggiore degli uomini alla disoccupazione e alla povertà. E' questo in sintesi il contenuto dell'ultimo documento del Cnel - il -Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, organismo di consulenza al servizio delle istituzioni - dal titolo "Il lavoro delle donne in Italia: osservazioni e proposte". Tra queste, il rapporto sottolinea come "Incentivi all’’assunzione delle donne sono necessari laddove le imprese percepiscano il costo di una lavoratrice come maggiore del costo di un lavoratore". E ripete più volte che è necessario definire una politica di interventi integrati di medio-lungo termine, con una pluralità d misure che - seppur dispendiose - farebbero effetti economici più che postivi. Questo il rapporto............il tasso di occupazione delle donne tra i 15 e i 64 anni è sceso nel 2009 al 46,4%, un valore molto lontano da quello dell’Unione europea (58,6%). E come se non bastasse, mentre negli altri paesi l’occupazione femminile aumenta al crescere dell’età dei figli, con un tipico andamento a “U” (cioè con una rapida discesa nei tre anni immediatamente successivi alla nascita del figlio e un successivo graduale ritorno al lavoro), in Italia continua a diminuire. La probabilità di non lavorare 18-21 mesi dopo la nascita di un figlio è di quasi il 50% ed è influenzata in maniera significativa dall’età della madre: le meno giovani rientrano più frequentemente al lavoro, mentre quelle sotto i 25 anni sperimentano maggiori difficoltà. Anche rispetto a questo problema, il grado di istruzione è un fattore molto importante: le donne con un titolo di studio più elevato riescono a conciliare meglio lavoro e famiglia, e hanno più probabilità di trovare lavoro anche dopo l’assenza per maternità.
consulta il rapporto CNEL!"!!
.........3. Alcune considerazioni
Alla luce degli approfondimenti realizzati con gli Istituti previdenziali, si possono svolgere sostanzialmente alcune considerazioni di carattere generale. L’’analisi condotta conferma l’’esistenza di discriminazioni salariali tra donne e uomini, dovuta alle caratteristiche del mercato del lavoro e alle condizioni dell’’occupazione femminile (carriere discontinue, ““tetto di cristallo””, lavoro di cura, etc.) e, conseguentemente, di differenziali pensionistici di genere. I differenziali salariali tra donne e uomini, tema al quale il Cnel ha dedicato particolare attenzione promuovendo come già ricordato, un ciclo seminariale in
collaborazione con l’’Isfol, si traducono in differenti trattamenti previdenziali, che rendono le donne anziane normalmente più povere degli uomini loro coetanei. Pur in presenza di un’’anzianità anagrafica maggiore di quella degli uomini, l’’anzianità contributiva risulta inferiore a quella dei colleghi maschi. Per quanto riguarda il settore pubblico, i dati elaborati dall’’Inpdap mostrano l’’esistenza di un differenziale pensionistico di genere, che si traduce in una differenza di alcune
centinaia di euro.----------
consulta il rapporto CNEL!"!!
.........3. Alcune considerazioni
Alla luce degli approfondimenti realizzati con gli Istituti previdenziali, si possono svolgere sostanzialmente alcune considerazioni di carattere generale. L’’analisi condotta conferma l’’esistenza di discriminazioni salariali tra donne e uomini, dovuta alle caratteristiche del mercato del lavoro e alle condizioni dell’’occupazione femminile (carriere discontinue, ““tetto di cristallo””, lavoro di cura, etc.) e, conseguentemente, di differenziali pensionistici di genere. I differenziali salariali tra donne e uomini, tema al quale il Cnel ha dedicato particolare attenzione promuovendo come già ricordato, un ciclo seminariale in
collaborazione con l’’Isfol, si traducono in differenti trattamenti previdenziali, che rendono le donne anziane normalmente più povere degli uomini loro coetanei. Pur in presenza di un’’anzianità anagrafica maggiore di quella degli uomini, l’’anzianità contributiva risulta inferiore a quella dei colleghi maschi. Per quanto riguarda il settore pubblico, i dati elaborati dall’’Inpdap mostrano l’’esistenza di un differenziale pensionistico di genere, che si traduce in una differenza di alcune
centinaia di euro.----------
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