orso castano riportiamo un ampio stralcio del documento sulla lotta alla corruzione di S.E. Mons.G. Crepaldi. Il documento e' interessante sia per l'analisi che fa della corruzione sia per le proposte, che riguardano sia la sfera morale ma anche quella organizzativa e comportamentale, come il riferimento ad organizzazioni internazionali ,che abbiano l'obiettivo di una "controcorruzione"globalizzata organizzata . Ma la Chiesa e' storicizzata, cioe' e' presente nel sociale e puo' svolgere un intervento corposo e determinante per il ridimenzionamento di questo fenomeno dilagante che neppure la Magistratura riesce a conbtenere e che richiederebbe una legge appoisita sulla quale si sta perdendo tempo e parole vane....
Dottrina sociale della Chiesa
e lotta alla corruzione
S. E. Mons. Giampaolo Crepaldi
Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace
1) La corruzione, per l’aspetto che ci
interessa, è un fenomeno «recente». Di corruzione si parla
nelle sedi internazionali solo da una decina di anni. Si può dire
quindi che solo tra la fine degli anni Novanta e il primo lustro del
nuovo millennio il fenomeno della corruzione è salito alla ribalta1
e viene studiato e affrontato come un insieme di dinamiche dalle
caratteristiche ormai ben definite.
Gli studiosi si sono chiesti le cause di questa emersione del
fenomeno corruzione in questi ultimi anni e, abbastanza
concordemente, lo hanno spiegato con la fine dei blocchi
politico-militari, la globalizzazione e la maggiore trasparenza
dell’informazione mondiale. «Ciascuno dei due blocchi tende ad
assimilare o ad aggregare intorno a sé, con diversi gradi di
adesione o partecipazione, altri Paesi o gruppi di Paesi» (n. 20).
In questo clima, descritto efficacemente dalla Sollicitudo rei
socialis, si riteneva che la guerra fredda giustificasse
la corruzione; l’opinione pubblica mondiale non ne veniva a
conoscenza. La globalizzazione e la maggiore informazione che ne è
seguita hanno messo in crisi il vecchio sistema, ma hanno anche
aperto la possibilità di nuove forme di corruzione, dato che si sono
moltiplicate, spesso al di fuori di ogni controllo, le comunicazioni
tra le persone e gli scambi – anche illeciti - di denaro e di beni.
Inoltre la globalizzazione permette agli Stati o alle corporations
che praticano la corruzione di diffondere il loro comportamento,
potremmo dire di esportare corruzione. Da queste brevi osservazioni sui motivi per cui la corruzione globale
sia da considerarsi un fenomeno recente, si ricava un criterio
valutativo molto importante: i fenomeni che hanno fatto emergere la
corruzione e che rischiano di diffonderla sono gli stessi che possono
combatterla. Ciò che ha fatto esplodere il fenomeno può essere
utilizzato anche per limitarlo. Se accortamente adoperate, certe leve
che possono incentivare la corruzione, possono anche diminuirla e
combatterla, prima fra tutte la globalizzazione.
2) Oltre che come recente, la corruzione si configura
anche come un fenomeno globale. Intendo la parola «globalità»
sia in modo estensivo, come sinonimo di realtà internazionale
o mondiale, sia in senso intensivo, ossia come sinonimo di
connessione tra i vari problemi sociali contemporaneamente presenti
in un dato contesto sociale in un certo momento. La corruzione, se
vista in orizzontale, ha a che fare con il superamento dei confini ed
è ormai un fenomeno internazionale che coinvolge l’intera scena
mondiale. Nello stesso tempo, se vista in verticale, essa è un
fenomeno che attraversa il sistema morale, giuridico, politico,
amministrativo di un determinato Paese. Molte ricerche empiriche
hanno dimostrato che c’è una relazione negativa tra corruzione e
crescita economica2,
tra corruzione e indice di sviluppo umano 3,
tra corruzione e funzionalità del sistema istituzionale, tra
corruzione e lotta alle ingiustizie sociali. In altri termini, una
società maggiormente corrotta tende a crescere meno dal punto di
vita economico, ad essere meno promotrice della persona, meno aperta
e meno giusta.
Questo aspetto di globalità è molto importante, perché ci fornisce
un altro criterio per valutare il fenomeno della corruzione e per
rispondervi: la corruzione si combatte in modo olistico, ossia agendo
contemporaneamente su molte leve, dato che la corruzione è fenomeno
che attraversa i diversi sottosistemi sociali.
3) La corruzione è un fenomeno immateriale e come
tale ha a che fare con l’«ecologia umana» di cui parla la
Centesimus annus (n. 38). La corruzione è un insieme di
relazioni, atteggiamenti, complicità, oscuramento delle coscienze,
ricatti, minacce, patti non scritti, connivenze. Certamente essa
muove ingenti risorse materiali, ma nella sua essenza è qualcosa di
immateriale. Questa caratteristica rende la corruzione
particolarmente conforme alla società di oggi. Perfino l’incertezza
o la discrezionalità, caratteristiche tipiche di una società molto
flessibile, pluralista e destrutturata, costituiscono un terreno
adatto alla corruzione. Le società rigide erano senz’altro meno
esposte.
Anche questa terza indicazione è di capitale importanza per la lotta
alla corruzione. Essa dovrà avvalersi di interventi sicuramente di
tipo materiale, ma soprattutto di azioni che si collocano a livello
immateriale: una «ecologia umana» fatta di buone leggi, sani legami
sociali, valida educazione e istruzione, giustizia e solidarietà,
tenuta della moralità di base, formazione delle coscienze è un
potente antidoto contro la corruzione così come le necessarie
operazioni di investigazione e repressione del fenomeno.
4) Un quarto criterio si ricava direttamente dal paragrafo 25
della Centesimus annus: «L’uomo tende verso il bene ma è
pure capace di male; può trascendere il suo interesse immediato e,
tuttavia, rimanere a esso legato. L’ordine sociale sarà tanto più
solido, quanto più terrà conto di questo fatto e non opporrà
l’interesse personale a quello della società nel suo insieme, ma
cercherà piuttosto i modi della loro fruttuosa coordinazione». Si
tratta di un criterio realistico molto interessante. Esso ci dice di
puntare sui tratti virtuosi dell’uomo, ma anche di incentivarli; di
pensare che la lotta alla corruzione è un valore, ma è anche un
bisogno; che la corruzione è un male, ma è anche un costo; che il
rifiuto della corruzione è un bene, ma è anche un vantaggio; che
l’abbandono di pratiche corrotte può generare sviluppo e
benessere; che i comportamenti onesti vanno incentivati e quelli
disonesti puniti.
Tutti questi quattro criteri, e non solo l’ultimo, sono
perfettamente in linea con la dottrina sociale della Chiesa e, nello
stesso tempo, esprimono le esigenze concrete della lotta alla
corruzione oggi.
Lotta alla corruzione e sistema politico
Le indagini empiriche pongono in relazione negativa i comportamenti
corrotti e il buon funzionamento del sistema politico. La democrazia
autentica, che è possibile solo in uno «Stato di diritto» (cf.
Centesimus annus, n. 46), è meno aperta alla
corruzione rispetto ai sistemi chiusi, autoritari o dittatoriali. Nei
sistemi politici in cui è presente una legislazione chiara e
trasparente, in cui le leggi sono stabili e far valere i propri
diritti è abbastanza agevole, là dove c’è un reciproco controllo
tra gli organi del potere pubblico4,
la corruzione è minore. Quando gli organi di controllo, nel settore
finanziario o in altri, non sono funzionali o non ci sono strumenti
di supervisione, le possibilità per la corruzione aumentano. Quando
il sistema giudiziario è troppo lento e non garantisce una giustizia
efficace, l’intero sistema della legalità finisce per subire un
discredito che alimenta le pratiche corrotte. La dottrina sociale
della Chiesa concorda su tutto ciò, aggiungendo tuttavia la
necessità di collegare tra loro legalità, socialità e moralità.
Un sistema politico è fisiologicamente orientato al bene comune e
quindi capace di rintuzzare fenomeni di corruzione se utilizza la
legalità come espressione della socialità e se fonda ambedue –
legalità e socialità - su una concezione etica del bene comune. È
bene approfondire questo punto.
C’è uno stretto legame tra legalità e socialità: il non rispetto
della legge, l’impunità e la corruzione inducono ad atteggiamenti
di sfiducia nella società, provocano chiusure nel privato con la
tentazione di costruirsi percorsi individuali più che passare con
pazienza attraverso politiche condivise. La notizia di ampi fenomeni
di corruzione demoralizza il cittadino. Nello stesso tempo però, il
non rispetto della legge nasce dall’individualismo, dalla sfiducia
e dalla rassegnazione, dalla mancanza di un’etica sociale. La
corruzione produce omertà e disimpegno, ma nasce anche dalla omertà
e dal disimpegno.
Legalità e socialità richiamano poi la moralità. Senza la
condivisione di valori ritenuti «di tutti», senza un potere
politico moralmente autorevole oltre che legittimamente detentore di
autorità, senza una percezione dell’azione politica dei governi e
di quella legislativa dei parlamenti come eticamente qualificata si
corrodono i legami sociali e la tenuta della legalità diventa
problematica. Leggi contrarie al bene dell’uomo, come quelle che
prevedono l’aborto, leggi che permettono la trasgressione morale
minano la legalità, diffondono una cultura antisociale, perdono la
valenza educativa. La dottrina sociale della Chiesa pone chiaramente
in relazione tra loro questi tre aspetti intendendo la giustizia
inseparabilmente in senso legale, in senso sociale e in senso morale.
Questi tre aspetti vengono considerati inseparabili, poiché li deve
tenere insieme il principio di sussidiarietà come modalità di
articolazione del bene comune.
Anche questo fatto ha un riflesso notevole sul tema della corruzione.
L’esistenza di apparati statali che, come afferma la Deus
caritas est pretendano di provvedere a tutti i bisogni
impedendo od ostacolando l’assunzione di responsabilità delle
persone e dei gruppi intermedi creano situazioni favorevoli alla
corruzione, a meno che non siano compensati da una forte moralità
negli amministratori pubblici e da una forte tradizione al servizio
al bene comune. Viceversa, quando le persone e i gruppi intermedi
siano eccessivamente lasciati a se stessi, senza un insieme di regole
comuni e di controlli, in ugual modo la corruzione può allignare e
svilupparsi. Quando la dottrina sociale della Chiesa richiama questo
principio non lo fa per demonizzare lo Stato e idealizzare la società
civile né, viceversa, per idealizzare lo Stato e demonizzare la
società civile. Sa bene che la corruzione può egualmente
svilupparsi nel privato, nel privato sociale e nella pubblica
amministrazione. Lo fa per collocarli nel loro giusto rapporto, dato
che, se non ci sono sovrapposizioni e invadenze, si matura un
capitale sociale che opera in senso contrario alla corruzione. Non
c’è dubbio che tanto la «privatizzazione del pubblico» quanto la
«pubblicizzazione del privato» innescano meccanismi perversi nei
rapporti tra i privati, i corpi intermedi e le istituzioni,
meccanismi che fomentano fenomeni complessi di corruzione. La
sussidiarietà è di notevole importanza per collocare i vari attori
al loro posto e in rapporti fisiologici reciproci; lo è ancora di
più per suscitare partecipazione e assunzione di responsabilità,
senza le quali si ha un burocratismo cieco che favorisce la
corruzione; ma essa stessa dipende dal principio del bene comune che
lega tra loro i diversi attori – privato, società civile, Stato –
evitando così i moti centrifughi e le collusioni pericolose.
Di grande importanza nella lotta alla corruzione mi sembra
l’applicazione del principio di sussidiarietà all’autorità. Pio
XI, che nella Quadragesimo anno si era occupato non
direttamente della corruzione, ma dei fenomeni di speculazione e
pirateria dell’economia e della finanza internazionale, aveva
dichiarato che «molte cose non si possono più compiere se non da
grandi associazioni, laddove prima si eseguivano anche dalle piccole»
(n. 80). Egli anticipava così il concetto di Giovanni XXIII secondo
il quale c’è ormai bisogno di una autorità mondiale. Subito dopo,
però, Pio XI enunciava il principio di sussidiarietà espresso nella
sua formulazione classica e diventata quasi canonica. Questo
significa qualcosa anche per la corruzione. Si tratta di un fenomeno
globale che va combattuto a tale livello, ma articolando le autorità
che se ne occupano in modo sussidiario, coordinandole in vista del
principio del bene comune mondiale da raggiungere.
Lotta alla corruzione e sistema economico
Per la dottrina sociale della Chiesa il problema dello sviluppo non è
solo problema economico e materiale, ma prima di tutto umano e
immateriale. La corruzione, come fenomeno immateriale, è alla radice
anche di povertà e sottosviluppo. La sua negatività, prima ancora
di distogliere risorse alla crescita e pesare sul sistema con costi
molto pesanti, consiste nel fatto che essa contribuisce a creare un
contesto etico, sociale e culturale di freno allo sviluppo. Abbiamo
accennato all’enciclica di Giovanni Paolo II Sollicitudo rei
socialis che configura appunto la corruzione tra le cause del
sottosviluppo di tanti Paesi. È però vero anche il contrario, e
cioè che una situazione di degrado e di povertà, di carenze di
istruzione e di lavoro può favorire, anche se non determinare,
fenomeni di corruzione.
La dottrina sociale della Chiesa crede nell’economia e le affida un
grande ruolo nello sviluppo umano; contemporaneamente crede che il
vero sviluppo sia frutto di un’ economia «pulita» e che
l’attività imprenditoriale richieda per propria natura delle virtù
che contraddicono la corruzione: «la diligenza, la laboriosità, la
prudenza nell’assumere i ragionevoli rischi, l’affidabilità e la
fedeltà nei rapporti interpersonali, la fortezza nell’esecuzione
di decisioni difficili e dolorose, ma necessarie» (Centesimus
annus, n. 32). Un’economia «pulita» risponde sia alle
esigenze dell’etica sia a quelle dell’economia stessa: da ambedue
infatti proviene all’economia una «domanda di
qualità» (ivi, n. 36).
Tra le conclusioni delle indagini empiriche e i principi della
dottrina sociale della Chiesa si nota a questo proposito una
consonanza significativa. I mercati dominati dalla corruzione
favoriscono gli operatori meno capaci; nei mercati corrotti
prevalgono le rendite parassitarie; i mercati non possono sussistere
senza la presenza di regole scritte e non scritte, che di fatto la
corruzione invece elimina; il mercato non vive senza una circolazione
di informazioni, che invece la corruzione inquina; un mercato
distorto dalla corruzione impedisce l’ingresso di nuove imprese; la
corruzione si alimenta di eccessi di burocrazia che frenano la
dinamicità dei mercati; la connessione tra economia e politica, con
la partecipazione di uomini politici ai consigli di amministrazione
delle imprese, alimenta la corruzione e frena contemporaneamente
l’efficienza produttiva ed economica. Ho fatto solo alcuni esempi
di come l’evidenza empirica continuamente attesti quanto la
dottrina sociale della Chiesa afferma circa il rapporto tra etica ed
economia, rapporto che la corruzione, invece, tende ad eliminare.
Per la lotta alla corruzione, in altre parole, servono mercati aperti
ma regolati, sia giuridicamente che moralmente. Facciamo l’esempio
dell’apertura al commercio internazionale. Quando un’economia
nazionale si apre ai commerci internazionali, i soggetti che
praticano la corruzione trovano maggiori spazi per i propri
comportamenti illeciti. In questo caso, quindi, l’apertura
tenderebbe a dare maggiori possibilità ai corrotti. Tuttavia, le
persone e i centri di corruzione tendono a frenare l’apertura dei
mercati per vari motivi: per non moltiplicare gli attori e quindi i
soggetti da corrompere, per limitare i controlli, per poter mantenere
i vecchi e consolidati rapporti clientelari. Facendo un bilancio
delle due tendenze si vede comunque che l’apertura è un dato
favorevole in quanto si dà un rapporto negativo tra essa e la
corruzione. Mercati aperti sono meno intaccabili dalla corruzione
rispetto a quelli chiusi. Questa regola vale sia per i mercati
internazionali sia per i mercati interni ad una Nazione. Chiusure,
monopoli, oligopoli, rendite di posizione favoriscono la corruzione.
Apertura, concorrenza, democrazia economica, dinamicità del mercato
la rendono più difficile. Ma ad un patto: che tutto questo sia
regolato e che cresca, assieme alle regole e ai controlli, anche la
competenza etica degli operatori. I mercati più competitivi sono
quelli in cui vige una concorrenza efficientemente regolata.
La solidarietà della
lotta alla corruzione
Se quanto abbiamo detto è vero, appare allora chiaro che c’è oggi
un nuovo fronte della solidarietà, quello di aiutare
sussidiariamente a liberarsi dalla corruzione. Si tratta di un nuovo
fronte anche per la cooperazione. Questa nuova dimensione della
solidarietà va intesa sia all’interno delle Nazioni sia nella
cooperazione internazionale.
La solidarietà, scriveva Giovanni Paolo II nella Sollicitudo rei
socialis «non è un sentimento di vaga compassione o di
superficiale intenerimento per i mali di tante persone, vicine o
lontane. Al contrario, è la determinazione ferma e
perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per
il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siamo veramente
responsabili di tutti» (n. 38). Come forma di applicazione di
una simile solidarietà, Giovanni Paolo II indicava nella medesima
Enciclica anche la riforma del sistema internazionale di commercio,
la riforma del sistema monetario e finanziario mondiale, la revisione
degli scambi delle tecnologie, la revisione delle strutture delle
Organizzazioni internazionali (n. 43). Il Papa ne parlava in rapporto
al problema dello sviluppo, ma non credo sia una forzatura parlarne
anche in rapporto al nostro tema, quella della corruzione, dato il
suo collegamento, di cui abbiamo ampiamente parlato, con lo sviluppo.
Le quattro riforme di cui parlava Giovanni Paolo II andrebbero anche
finalizzate a migliorare le relazioni internazionali sul tema della
lotta alla corruzione. La Chiesa ha sempre riposto grande fiducia
negli Organismi internazionali; Paolo VI scrisse: «Questa
collaborazione internazionale a vocazione mondiale richiede delle
istituzioni che la preparino, la coordinino e la reggano, fino a
costituire un ordine giuridico universalmente riconosciuto. Di tutto
cuore Noi incoraggiamo le organizzazioni che hanno preso in mano
questa collaborazione» (Populorum progressio, n. 78).
Come allora anche oggi la Chiesa incoraggia queste organizzazioni nel
loro lavoro di coordinamento, assieme ai governi, alla società
civile internazionale e ai soggetti economici transnazionali e
nazionali, per azioni sempre più efficaci contro la corruzione.
1
La messa a punto del Corruption Perceptions Index da parte di
Trasparency International risale solo al 2001. La Convenzione
anticorruzione dell’ONU è del 29 settembre 2003. Nello stesso
anno viene firmata la dichiarazione contro la corruzione dai Paesi
del G8 riuniti ad Evian (Francia). Certamente ci sono state anche
iniziative precedenti. Per esempio, contro il riciclaggio del denaro
sporco – fenomeno almeno collegato con la corruzione – i Paesi
del G7 hanno costituito nel 1989 la Financial Action Task Force
on Money Laundering (FATF), con la collaborazione del Fondo
Monetario Internazionale. La Banca Mondiale porta vanti progetti di
assistenza contro la corruzione fin dal 1996 e conduce operazioni
sia investigative sia operative. Come si vede, però, anche in
questi casi, non si va molto indietro nel tempo. Per farlo occorre
risalire al U.S. Foreign Corrupt Practices Act, la legge
statunitense del 1977 contro la corruzione di ufficiali stranieri da
parte delle multinazionali americane. Ma si era solo agli inizi.
Altre importanti convenzioni e programmi di azione di Organismi
internazionali si collocano dopo il 1996. Ricordiamo qui le
principali: 1996: Convenzione dell’Organizzazione degli Stati
Americani; Dichiarazione contro la Corruzione della Assemblea delle
Nazioni Unite – 1997: Convenzione per la Lotta contro la
Corruzione delle Comunità Europee, sottoscritta dal Consiglio
d’Europa ed entrata in vigore nel 2002; Convenzione contro il
pagamento di tangenti dell’OCSE – 1999: Convenzione di legge
penale sulla corruzione del Consiglio d’Europa e istituzione del
Group of States against Corruption; Convenzione di legge
civile sulla corruzione del Consiglio d’Europa – 2003:
Convenzione anti-corruzione dell’Unione Africana.
2
La corruzione aumenta il rischio per gli investitori e disincentiva
gli investimenti diretti esteri, produce un aumento del costo del
credito, frena l’apertura al commercio internazionale (Cf
Arnone-Iliopulos, La corruzione costa cit., pp. 63-86).
3
Dato che l’Indice di sviluppo umano riguarda soprattutto l’accesso
all’istruzione, l’uguaglianza di genere e la speranza di vita, è
chiaro che si possono stabilire nessi circolari causali tra ognuno
di questi ambiti e la corruzione. In altre parole, la corruzione è
un fenomeno che frena non solo la crescita economia, ma anche lo
sviluppo umano.
4
Del rapporto tra legalità e corruzione si è occupata nel 1991 la
Commissione ecclesiale Giustizia e Pace della Conferenza episcopale
italiana con il Documento «Educare alla legalità».
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