di Adriana La Porta
Tempi duri per le staminali pluripotenti indotte (iPS). Tre differenti ricerche hanno mostrato, nell’ultimo mese, i “difetti” delle cellule ottenute attraverso la tecnica di riprogrammazione cellulare messa a punto da Shinya Yamanaka, il ricercatore giapponese divenuto famoso per avere scoperto che, per ottenere staminali pluripotenti, non è necessario distruggere embrioni.
Tutto è iniziato il 3 febbraio scorso quando uno studio pubblicato su Nature ha dimostrato che, facendo tornare indietro le lancette biologiche delle iPS, Yamanaka non ha ottenuto in tutto e per tutto cellule staminali embrionali (hES), ma solo cellule che, pur somigliando moltissimo alle cellule “bambine”, conservano il ricordo della loro passata età adulta. Studiando il Dna delle iPS e delle hES di topo, i ricercatori del Salk Institute for Biological Studies di La Jolla (California), hanno riscontrato delle differenze tra i due tipi di cellule che coinvolgono i geni che regolano l’espressione del Dna, determinando delle significative imperfezioni nel processo di riprogrammazione.
A distanza di pochi giorni (l’11 febbraio), è stata la volta degli studiosi coordinati da Pier Giuseppe Pelicci, dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano (IEO), e da Thanos Halazonetis, dell’università di Ginevra. La ricerca, pubblicata sulla rivista Cell Death and Differentiation, rivela che le iPS sono talmente instabili da generare tumori. Le cellule che avrebbero potuto mettere la parola “fine” alle numerose controversie etiche legate al destino degli embrioni umani accumulano troppe mutazioni genetiche che, per il momento, le tengono inchiodate ai laboratori.
A questo proposito abbiamo ascoltato il parere del professore Gilberto Corbellini, storico delle scienze biomediche e docente di Storia della Medicina dell’università La Sapienza di Roma.
. Alcuni scienziati delle università di Helsinky (Finlandia) e Toronto (Canada), in collaborazione con altri gruppi di ricerca internazionali, sostengono, su Nature, che il materiale genetico delle simil-staminali può davvero venire compromesso durante il processo di riprogrammazione. La tecnica elaborata dal vincitore del premio Balzan 2010 per la biologia ha ancora bisogno di accurati screening genetici prima di diventare una pratica clinica diffusa.
L’ennesima “stangata”, per le cellule che potrebbero alleggerire le coscienze di chi lavora nel promettente campo della medicina rigenerativa, è arrivata il 2 marzo
Da un punto di vista scientifico, sembra che le iPS non possano sostituire completamente le hES. Quali ricadute avranno questa scoperte?
Io non sono uno scienziato, ma un modesto storico delle scienze biomediche, e ho da subito giudicato stupidaggini le affermazioni di chi sosteneva che le iPSCs avrebbero completamente sostituito le hESC. Gli scienziati che si sono lanciati in quelle previsioni, naturalmente per far piacere o tranquillizzare qualcuno, hanno fatto la figura di chi nel passato ha sostenuto che non saremmo mai riusciti a costruire aerei o che i personal computer non avrebbero avuto mercato. Le scoperte pubblicate su Nature dovrebbero ricondurre qualcuno a un po’ di modestia - ma questo di certo non succederà - e forse toglieranno a Yamanaka la speranze del Nobel… Per il resto danno solo ragione a chi conduce quotidianamente la sua ricerca sulle staminali senza parlare per slogan o abbracciare dogmi.
Ritiene che fra i compiti della scienza vi sia anche quello di fornire delle risposte etiche?
La scienza non è chiamata a fornire risposte etiche, ma a dimostrare che esiste un’etica della conoscenza scientifica - come la definì Jacques Monod - che vincola moralmente lo scienziato a rispettare il postulato dell’oggettività. Cioè a non falsificare i propri dati, e a rispettare ovvero riconoscere validità alle prove sperimentali che vengono fornite dai colleghi anche se queste vanno contro le sue teorie. E questo è già un importante contributo formativo e un esempio di come si dovrebbero condurre le discussioni, anche quelle che vanno alla ricerca di risposte etiche, nelle democrazie e tra persone civili.
Oltre alle questioni bioetiche, quali altri fattori limitano la libertà di ricerca sulle staminali?
Le questioni etiche limitano la ricerca sulle staminali solo nei paesi, come l’Italia, nei quali l’etica viene brandita come strumento per reprimere la libertà della ricerca scientifica. Ma quasi la metà degli abitanti del pianeta vive in paesi nei quali è eticamente accettato ed è anche legale fare ricerca sulle cellule staminali embrionali. La libertà di ricerca può anche essere limitata da aspettative di sfruttamento economico da parte degli stessi ricercatori di tecnologie di sviluppo delle staminali, che in questa fase servono solo ad approfondire le conoscenze sulla biologia di queste cellule. Intendo richiamare la questione dei brevetti, che non è una minaccia in sé o in modo assoluto, ma può ritardare gli avanzamenti scientifici che sono preliminari e indispensabili per qualunque applicazione medica davvero affidabile.
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