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la salute e
"I Piani di zona distrettuali per
la salute e
il benessere sociale 2009-2011:
una prima analisi dell’integrazione
della programmazione
nei documenti e nei processi "
il modello dell'Emilia-Romagna propone
uno stretto intreccio tra dinamicher sociali ed assistenza sanitaria,
linea di indirizzo classica ormai per quella Regione. Le analisi
della situazione sociale , e quindi Sanitaria, precedono e
costituiscono la base per organizzare la risposta dei Servizi
Socio-Sanitari. :
il benessere sociale 2009-2011:
una prima analisi dell’integrazione
della programmazione
nei documenti e nei processi " poi vedi anche : "Parma, 21-22 ottobre 0112 Percorsi di innovazione nelle cure primarie"
il modello dell'Emilia-Romagna propone
uno stretto intreccio tra dinamicher sociali ed assistenza sanitaria,
linea di indirizzo classica ormai per quella Regione. Le analisi
della situazione sociale , e quindi Sanitaria, precedono e
costituiscono la base per organizzare la risposta dei Servizi
Socio-Sanitari. :
..........2.4 Il target degli
interventi: alcune riflessioni .Le “tabelle 1” prevedono uno
specifico campo in cui indicare
un target o più target a cui afferisce
l’obiettivo in oggetto.
La possibilità di indicare più target
contemporaneamente, al di là del
mero fatto formale di per sé di poco
conto, ha rappresentato per la Regione
una delle sfide per la nuova stagione programmatoria distrettuale
integrata: infatti, così facendo, si è
voluto dare la possibilità di “superare” la
stretta logica programmatoria –
tipica del settore sociale –
per specifici target di popolazione,
logica che aveva dominato
la passata stagione di programmazione
sociale consolidatasi
nei Piani di zona sociali fino al
2008.
Non va inoltre dimenticato che una
delle novità più sostanziali
della nuova programmazione distrettuale
di ambito sociale e socio-sanitario rispetto alla passata
stagione era costituitadalla possibilità di programmare
avendo come riferimento finanziario il Fondo sociale locale e non più
i singoli Programmi
finalizzati che, come noto,
richiedevano una programmazione per target “in senso stretto”.
Il passaggio è stato innovativo ma non
traumatico introducendo un nuovo modello di programmazione fondato
sull’equilibrio tra “target”,“trasversalità” e
“flessibilità” delle
programmazioni locali Il Fondo Sociale locale da un lato ha
mantenuto una specifica
attenzione ai target tradizionali
(minori e famiglie,povertà ed esclusione sociale, immigrazione ecc..)
attraverso la individuazione a livello regionale di percentuali
minime di risorse da
assegnare a ciascun target mediante la
ripartizione ai singoli
ambiti territoriali.Ma per la prima volta il Fondo Sociale
Locale era compostoanche da una assegnazione di risorse
“indistinta” che consentiva una programmazione di azioni
trasversali e/o una maggiore flessibilità con le
specificità dei bisogni territoriali. Come si può intuire da questi brevi
accenni la sfida perciò andava oltre questioni formali, ma
richiedeva ai territori – che,non si dimentichi, avevano tempi
stretti di programmazione
e molte novità sostanziali da
implementare – un cambiamento sostanziale di visione
programmatoria: da compartimentale ad integrata. Nella consapevolezza che non è certo
sufficiente uno strumento affinché le politiche si integrino, si è
tuttavia voluto lasciare la possibilità ai territori –
anche a partire dallo strumento – di avvicinare le prassi
programmatorie fra settore sociale e socio-sanitario, giustamente
rivolte a target specifici di popolazione – e altre politiche -
sanitarie in primis, maanche ambientali, della mobilità,
urbanistiche - vocate a programmare interventi per tutta la
popolazione.
Questo aspetto, quello dei destinatari
delle politiche integrate, è certamente uno dei più importanti da
considerare nella presente analisi ed è anche un aspetto
sul quale si misurerà il
reale impatto delle novità
programmatorie promosse dalla Regione Emilia-Romagna per il triennio
2009-2011; è altrettanto.......
certo che l’analisi documentale non
può che suggerire parziali
riflessioni e valutazioni
sull’effettivo realizzarsi di politiche integrate. Ecco perché nei
focus valutativi con gli Uffici di piano
l’aspetto della “tenuta” della
programmazione per target è
stato ripreso e considerato. Di quanto
emerso in quella sede
si darà conto nel capitolo conclusivo
del presente rapporto.
L’analisi condotta e riportata in
dettaglio nell’Allegato 1 ha
sollecitato alcune riflessioni che si
sono poi confrontate in
sede di focus group con gli Uffici di
piano distrettuali.
In buona sostanza, l’analisi
documentale delle scelte operate dai
distretti ha posto in evidenza come
l’individuazione degli obiettivi
strategici di una programmazione
distrettuale che si vuole ed è
sempre più “integrata” renda in
alcuni casi un po’ limitata la logica programmatoria - tipicamente
sociale - per target.
Ovviamente, l’affermazione che
l’impostazione “per target”
stia diventando un po’ “stretta”
non vuol dire che deve essree superata la programmazione di
interventi specifici rivolti
ad una parte di popolazione emiliano -
romagnola soprattutto in termini promozione di politiche di
integrazione o di
sostegno a particolari situazioni di
diseguaglianza (si pensi ad
esempio al tema della povertà o
dell’integrazione sociale dei
cittadini stranieri).
E in questa sede va ricordato come è
importante finalizzare
gli interventi a livello locale su
alcune specifiche aree che altrimenti sarebbero difficilmente
considerate come prioritarie
nelle agende degli amministratori
locali, soprattutto in alcune
zone della Regione.
Probabilmente il tema strategico da
esplorare – prima ancora
a livello regionale e poi, a cascata, a
livello locale – è come
rendere la programmazione sempre
più integrata tra politiche
mirate per rispondere a specifiche
forme di svantaggio, e politiche di qualificazione complessiva del
sistema di welfare.
Analoghi ragionamenti si potrebbero
fare per altre aree delle
politiche sociali e socio-sanitarie.
Forse il percorso promosso dal
Fondo per la non autosufficienza che ha
– per l’appunto – unificato due target tradizionalmente
separati – anziani e disabili
– potrà essere esteso anche ad altri
ambiti: sostegno alla genitorialità e sostegno ad infanzia e
adolescenza rappresentano
altre aree in cui – ovviamente – i
punti di contatto e di discrimine
sono sempre più sfumati, anche tenendo
conto del fatto che
oggi aiutare e sostenere la
genitorialità appare essere la via
maestra per aiutare e sostenere i
bambini e gli adolescenti.
Uno dei rischi dell’unificazione dei
target è che si perda di
vista la realizzazione di alcune azioni
considerate come prioritarie, soprattutto in tempo di crisi
economica, ma importanti
nel lungo periodo: ci si riferisce agli
interventi di promozione
dell’agio, del lavoro di comunità,
tipicamente sociale, che aiutano a rinsaldare relazioni di auto e
mutuo aiuto, solo per citare alcuni esempi. Ma anche a tal proposito
non va
dimenticato che molto è stato fatto
dalla Regione in questi
ultimi anni e pertanto si può sperare
che alcuni obiettivi delle
politiche più promozionali e meno
riparative siano entrate nel
lessico e nelle prassi degli interventi
locali.
Almeno in alcuni settori delle
politiche – quali la non autosufficienza o l’area famiglie e
minori – interventi normativi “forti”
sostengono e monitorano la
realizzazione di questi interventi
(ad esempio le DGR 509 e 1206 del 2007
e seguenti sul FRNA,
la legge 14/2008 sulle giovani
generazioni). Per la presente e
per le future valutazioni del livello
di integrazione delle politiche
occorrerà verificare se i territori
sono riusciti a dare corpo ad
una nuova idea di programmazione
integrata, i cui obiettivi si
trovano così emblematicamente
tracciati in un Piano di zona a
proposito delle politiche giovanili:
“è necessario superare alcune
visioni stereotipate che ci portano a distinguere in due grandi
filoni gli interventi rivolti ai
giovani: la promozione di stili di vita
sani e la prevenzione del
consumo di sostanze o di comportamenti
a rischio, passando
così dalle politiche riparative o
redistributive ad un approccio
che ricomponga in un’unica visione
strategica i diversi ambiti
e che meglio favorisca la messa in
valore del capitale sociale
del territorio e della cittadinanza
attiva e favorisca la costruzione di connessioni, lo sviluppo delle
reti, per rinsaldare un
patto fra giovani e comunità, per
sviluppare un’attività di prevenzione e di accompagnamento alla
crescita, in un processo
di integrazione con le politiche
sociali e sanitarie. miglie e/o le figure genitoriali, talvolta
evidenziano situazioni
di affaticamento, solitudine,
criticità, si trovano oggi maggiormente disorientate e in difficoltà
a gestire le fasi della crescita dei loro figli, a sostenerne i
processi educativi e le
specifiche esigenze in presenza di
comportamenti a rischio
legati all’uso di sostanze e non solo
(es. disturbi alimentari)”
5[…] Le famiglie................
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