Un primo importante passo verso la riforma sanitaria è stato compiuto oggi con l'approvazione del disegno di legge 174 "Disposizioni in materia di organizzazione del Sistema sanitario regionale" che prevede la costituzione di sei Federazioni sanitarie con il compito di gestire alcune funzioni tecniche, logistiche ed amministrative delle aziende sanitarie regionali oggi svolte singolarmente da ciascuna di esse.
"Il risultato - spiega l'assessore alla Sanità Paolo Monferino - emerge da un percorso d'aula relativamente rapido grazie alla disponibilità, da parte della Giunta, ad accogliere alcuni emendamenti presentati e condivisi dalla maggioranza".
In particolare, la condivisione si é concentrata su quattro punti:
"Il risultato - spiega l'assessore alla Sanità Paolo Monferino - emerge da un percorso d'aula relativamente rapido grazie alla disponibilità, da parte della Giunta, ad accogliere alcuni emendamenti presentati e condivisi dalla maggioranza".
In particolare, la condivisione si é concentrata su quattro punti:
- individuare risorse per le Politiche sociali per raggiungere una disponibilità complessiva per il 2012 pari a circa 110 milioni di euro
- le Federazioni sanitarie saranno sei, in tale ambito sono stati accolti alcuni emendamenti relativi all'organizzazione delle stesse
- l'Azienda regionale per l'emergenza 118 non verrà costituita; l'organizzazione del sistema di emergenza sarà definita successivamente dalla Giunta regionale attraverso l'individuazione di idonei strumenti di governo
- saranno "premiati" attraverso risorse aggiuntive i Consorzi socio assistenziali e le altre forme di aggregazione che si dimensioneranno in maniera coincidente con i Distretti delle aziende sanitarie locali
"Gli obiettivi alla base del nuovo Piano socio sanitario - spiega l'assessore Monferino - ossia la razionalizzazione della rete ospedaliera e la centralizzazione dei servizi e delle attività di supporto rimangono prioritari ed imprescindibili, utili per arrivare ad un sistema sanitario sostenibile. Le proposte avanzate non modificano per nulla l'ossatura e la filosofia di fondo di tale piano, ma ci consentiranno di approdare quanto prima all'approvazione della riforma utilizzando strumenti comunque finalizzati a razionalizzare i vari servizi sanitari presenti sul territorio piemontese. Prima si approverà il Piano, prima potremo lavorare alla creazione di una sanità organizzativa mente ed economicamente sostenibile, recuperando risorse che verranno destinate al soddisfacimento dei bisogni della popolazione piemontese".
uno stralcio dal Piano................3.3.2 La rete territoriale
‐ promuove e sviluppa la
collaborazione con la popolazione e con le sue forme
associative (secondo il principio di
sussidiarietà) per la rappresentazione delle
necessità assistenziali e la
pianificazione e valutazione dell'offerta di servizi
nell'integrazione tra le diverse
istanze dei vari portatori di interesse (sanitari e
sociali);
‐ valorizza le risorse territoriali
della comunità locale, garantendo alla popolazione
risposte sanitarie coordinate ed
integrate con caratteri di continuità ed
appropriatezza rispetto ai bisogni
rilevati ed ai corrispondenti percorsi clinico
assistenziali.
Il rafforzamento dei compiti richiede
la riconsiderazione delle attuali articolazioni e
l’individuazione di aree territoriali
più ampie delle attuali, idonee a superare la
parcellizzazione oggi rappresentata da
un numero di distretti di dimensione limitata, che
non consentono lo svolgimento della
funzione di governance né le condizioni per
ricondurre a sistema la sommatoria di
servizi, interventi, prestazioni e per garantire le
necessarie efficienze organizzative.
Le ASL articoleranno il proprio
territorio in distretti, la cui dimensione ottimale viene
quantificata di norma in centomila
abitanti, fatti salvi i vincoli orografici. Per le zone a
scarsa densità abitativa o con
particolari caratteristiche territoriali si applicano le procedure
di cui all’art. 19 della legge
regionale n. 18 del 6 agosto 2007 “ Norme per la
programmazione socio sanitaria e il
riassetto del servizio socio sanitario regionale”.
Il territorio dei distretti, anche
accorpati rispetto a quelli attuali, costituirà l'ambito
strategico-istituzionale per le
rafforzate funzioni, mentre l’erogazione dei servizi diretti ai
cittadini verrà assicurata in punti di
erogazione che potranno essere dislocati su aree
territoriali più ristrette, con bacini
di popolazione più limitati.
L’ambito territoriale del distretto
deve, al fine di assicurare lo svolgimento delle prestazioni
dell’area dell’integrazione
socio-sanitaria, garantire l’effettiva fruibilità dei servizi ed
il
necessario raccordo con il soggetto
gestore dei servizi socio assistenziali in una logica di
razionalizzazione e contenimento della
spesa.In questo quadro programmatorio generale si inserisce la
normativa nazionale introdotta inmateria di riforma delle Autonomie
locali, che impegna ad una revisione dei modelliorganizzativi adottati in Piemonte dai
Comuni per l’esercizio della Funzione Servizi Sociali,
entro cui si colloca la programmazione
e la gestione delle prestazioni dell’area
dell’integrazione socio sanitaria.
Gli adempimenti previsti dalla
normativa statale sono complessi e differiscono a seconda
del numero di abitanti di ciascun
comune. Il recente D.L. 13 agosto 2011, n. 138,
convertito con modificazioni dalla
Legge 14 settembre 2011, n. 148, prevede che i Comuni fino a 1.000
abitanti esercitino tutte le funzioni e tutti i servizi tramite
unione,
mentre i comuni da 1.001 a 5.000
abitanti, in ottemperanza al dettato del D.L. 78/2010
convertito con legge 122/2010 e da
ultimo modificato dalla citata legge 148/2011,
dovranno esercitare le funzioni
fondamentali, tra cui quella sociale, tramite unione o
convenzione. Non sono previsti
specifici adempimenti per i comuni sopra i 5.000 abitanti.
Questo complesso quadro normativo
richiede alle Autonomie Locali decisioni istituzionali
tali da garantire la fruizione dei
servizi, afferenti all’area dell’integrazione, a livello
distrettuale.
Pertanto, proprio nel distretto, è
necessario identificare un nuovo rapporto con le
Autonomie locali e le relative
assemblee elettive nel territorio, che esprimono il bisogno e
la domanda di servizi sanitari,
socio-sanitari e sociali del territorio.
Il distretto, sede di erogazione di
prestazioni, ma anche di un approccio più articolato ai
problemi di quel territorio, può
rappresentare il cardine di un processo più lungo e
complesso che costruisce un nuova
dimensione metodologica e di gestione dei problemi
evitando la frammentazione
settoriale...............................5.2.2 I dipartimenti
territoriali
Ferma restando l’autonomia aziendale,
presso ogni ASL sono istituiti i dipartimenti previsti
da specifiche norme statali e
regionali.Tra i dipartimenti funzionali assumono particolare valore
quelli che consento connessioni e
continuità tra territorio e ospedale,
quali ad esempio il “Dipartimento materno infantile”, in
considerazione della necessità di
attuare le opportune sinergie tra ospedale e territorio nel
percorso parto e nel pieno rispetto dei
temi legati al “progetto obiettivo” materno infantile.
Con provvedimento della Giunta
regionale verranno definiti i criteri per gli assetti
dipartimentali territoriali e saranno
disciplinati i rapporti tra i dipartimenti di prevenzione e l’
Istituto Zooprofilattico Sperimentale
per il Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta al fine di
coordinare l'attività di sanità
pubblica veterinaria.
5.2.3 La Funzione della continuità
assistenziale
La mancanza di continuità
assistenziale tra ospedale, professionisti e strutture territoriali
ai
fini di una tempestiva ed efficace
presa in carico dell’assistito, impatta fortemente sulla
qualità delle prestazioni sanitarie
erogate per il trattamento di condizioni acute, che
richiedono tempestività e
coordinamento di interventi a operatori di diversi servizi e di
varia professionalità e competenza.
Tale carenza comporta rilevanti costi
aggiuntivi per il paziente e per il sistema
assistenziale a causa delle seguenti
problematiche:
- l’efficacia sub-ottimale dei
trattamenti erogati;
- il verificarsi di ricoveri evitabili
e di ricoveri ripetuti non programmati;
- il ricorso improprio ai servizi (ad
esempio il Pronto Soccorso o prestazioni
ambulatoriali);
- l’adozione di percorsi
diagnostico-terapeutici-riabilitativi di ridotta efficacia per la
dilatazione dei tempi di intervento;
- criticità della sequenza e la
ridondanza/non completezza delle procedure, alle quali
il paziente viene sottoposto in assenza
di una rete assistenziale connessa e ben
funzionante.
Per superare queste carenze, gli
strumenti principali per assicurare la continuità della
presa in carico e dell’assistenza tra
ospedale e territorio sono il modello organizzativo, le
reti, i processi, i ruoli e le
competenze.
Il conseguimento della migliore
integrazione dei servizi sanitari con i sociali, nonché la
migliore gestione delle informazioni,
rappresentano strategie adeguate per poter
razionalizzare l’uso di risorse,
ridurre gli sprechi, eliminare le inefficienze, continuando a
garantire il livello essenziale di
assistenza. Risulta quindi basilare il miglioramento e la
concreta realizzazione
dell’integrazione ospedale/territorio, nonché delle pratiche e
degli
strumenti per la valutazione “precoce”
del paziente, in una prospettiva multidimensionale,
che consideri tutti gli aspetti che
possono influire sull’esito del percorso assistenziale.
L’altro elemento significativo per
assicurare continuità assistenziale è rappresentato dalle
reti di servizi sanitari e
socio-assistenziali integrate, la cui presenza assicura maggiore
equità e minore dispendio di risorse,
limitando i fenomeni competitivi fra i singoli erogatori
ed esaltandone l’integrazione e la
cooperazione, secondo i diversi livelli di complessità
dell’intervento loro attribuito.
Il modello organizzativo deve
sviluppare e consolidare le relazioni tra gli specialisti
ospedalieri e quelli presenti sul
territorio, regolando il percorso verso le modalità
assistenziali più adeguate. L’ambito
di confronto/rapporto tra ospedale e territorio
interessa vari aspetti: modalità di
accesso, relazioni durante il ricovero, modalità di
dimissioni, condivisione dei percorsi
di continuità assistenziale.
Premesso quanto sopra elemento centrale
del processo di continuità assistenziale è la
“presa in carico” del paziente
dall’inizio fino al completamento del suo percorso di salute,
senza alcuna soluzione di continuità
nel ricevere le cure/assistenza dai vari soggetti
erogatori.
Questo processo vede, quindi,
coinvolti:- il Medico di medicina generale che, svolgendo un ruolo di
tutela e assistenza nei
confronti dei suoi pazienti, ha la più
ampia conoscenza del loro quadro sociosanitario.
- Le strutture di ricovero ospedaliero
sia per attività in acuzie e post-acuzie.
- Le strutture specialistiche
ambulatoriali.
- Le strutture che assicurano
l’assistenza domiciliare e riabilitativa.
- Le strutture dell’assistenza
socio-sanitaria distrettuale.
A questo scopo si individuano le
seguenti azioni prioritarie per la garanzia di un’efficace
continuità ospedale-territorio:
1. rafforzamento del ruolo del
Distretto, soggetto unico responsabile per le azioni
organizzative a supporto dell’assistito
e come tale l’interlocutore specifico del
medico convenzionato da un lato e del
presidio ospedaliero dall’altro;
2. creazione del nucleo distrettuale di
continuità delle cure, per la presa in carico, la
realizzazione dei percorsi integrati di
cura, il successivo monitoraggio nelle varie
fasi del processo.
3. attivazione presso i presidi
ospedalieri del nucleo ospedaliero di continuità delle
cure, in grado di colloquiare con il
nucleo distrettuale di continuità assistenziale;
4. creazione di un sistema informativo
a supporto del nucleo distrettuale di continuità
assistenziale e del nucleo ospedaliero
di continuità assistenziale a garanzia della
completezza e della tempestività della
trasmissione delle informazioni cliniche e
terapeutiche necessarie ai vari punti
della rete,
5. definizione di protocolli tra il
Pronto Soccorso, il presidio ospedaliero e il Distretto.
Questi protocolli saranno basati sulle
linee guida internazionali, nazionali e
regionali adattate alla necessità di
creare una catena di cura e un’appropriatezza
clinica ed organizzativa;
6. attivazione di una banca dati
regionale che, utilizzando i dati del sistema
informativo, permetta al Distretto la
conoscenza dell’intero percorso di continuità
delle cure usufruito dai propri
assistiti indipendentemente dal luogo delle cure
prescelto.
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