“Non è assolutamente vero che aumenterà il lavoro per gli avvocati – attacca subito -, anzi la nostra categoria sarà particolarmente penalizzata. Le nuove norme che rendono di nuovo obbligatoria la conciliazione, sono gradite infatti agli uffici vertenze dei sindacati – insinua Vaglio - e fanno pensare che è già iniziata la campagna mediatica per indurre anche il lavoratore a fare a meno del patrocinio di un avvocato”.
“Siamo colpiti dalla reintroduzione di un tentativo di conciliazione obbligatorio, abolito nel 2010 – spiega ancora meglio Vaglio -. Questa volta è stato pensato come strumento addirittura preventivo rispetto al licenziamento, che deve svolgersi presso le direzioni territoriali del lavoro e che può portare, per non dire indurre, ad una risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, senza l’assistenza di un avvocato, potendo bastare un rappresentante sindacale”.
Insomma, secondo questa lettura, gli avvocati si vedrebbero sfilare dalle mano potenziali assistiti, con rischi che secondo Vaglio sarebbero addirittura di natura costituzionale. “Nel nostro Paese – afferma infatti il presidente degli avvocati romani - l’unico obiettivo non può essere quello di‘ridurre l’input delle cause’, eliminando la possibilità di proporle con ogni mezzo. A maggior ragione quando sono in gioco diritti così importanti, di rilievo costituzionale, che riguardano i lavoratori”.
E a non convincere gli avvocati è anche il fatto che ai nuovi eventuali processi per cause di licenziamento siano stati imposti tempi contingentati. “A Roma – sottolinea Vaglio - i nostri giudici del lavoro di primo grado garantiscono una sentenza entro dodici/quindici mesi dalla data di deposito del ricorso. Non avevano e non hanno certo bisogno di un nuovo rito veloce, perché il processo del lavoro, se applicato con diligenza e nel rispetto dei tempi, non ha bisogno di surrogati che potrebbero inceppare la macchina organizzativa”.
Senza contare poi la maggiore discrezionalità che la nuova normativa lascia ai giudici tra reintegro e risarcimento, un’ambiguità che di certo gli avvocati non vedono come positiva, anzi tutt’altro. “Ci trova assolutamente contrari – taglia corto Vaglio - poiché così viene meno la certezza del diritto e si potrebbero venire a determinare disparità di trattamento a seconda che una causa venga assegnata all’uno o all’altro giudice”.
In conclusione dunque, secondo gli avvocati la riforma del mercato del lavoro, così come concepita, non solo non li favorisce, ma addirittura creerà loro non pochi problemi. Ed è per questo dunque che Vaglio lancia la sua sfida al Parlamento che si appresta a discutere la nuova norma. “Resisteremo con tutte le forze a questa politica – afferma il presidente degli avvocati romani - perché è contro il cittadino e contro i lavoratori, non certo per difendere gli interessi di una casta, visto che 240mila avvocati potrebbero essere ormai definiti ‘operai della legalità’”.
- Giovedì 12 Aprile 2012
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