A festeggiare i dieci anni del Progetto genoma umano ci ha pensato il giudice newyorchese Robert W. Sweet che con un tempismo perfetto ha invalidato due brevetti genetici (e costosi) della Miriad Genetìcs. Un "gift" tutt'altro che gradito quello che è stato costretto a ricevere il comparto biotech, già in crisi, dopo anni inebrianti, per non aver mantenuto le promesse fatte dieci anni or sono. Eppure, il progetto genoma umano è stata una delle più grandi indagini scientifiche della fine del XX secolo e ha attratto investimenti al di là di ogni previsione razionale. Qualcuno lo ha addirittura paragonato al progetto Manhattan o al programma Apollo, ma forse il più azzeccato accostamento è quello alla geometria frattale di Mandelbrot, che svela i più profondi livelli di complessità quanto più si osservano. Il nocciolo della questione è infatti questo: dopo 10 anni si è capito che la biologia è molto più complessa di quanto si fosse immaginato e che la vita non può essere ridotta alla lettura di un singolo gene. In altre parole, il valore determinante del genoma così come è stato letto fino a oggi si è rilevato una delusione. E i risultati lo confermano: dopo aver investito 3 miliardi di dollari nello Human genome project (Hgp), la comunità scientifica non ha portato a grandi blockbuster. A oggi i farmaci in commercio si contano sulle dita di una mano: sono4molecole anticancro. Rispetto alle aspettative, che riguardavano soprattutto questa malattia, è davvero poco.Cosa non ha funzionato? «Quando siamo partiti l'idea era che le vie di segnalazione fossero abbastanza semplici e lineari -, spiega Giorgio Casari, direttore del Centro di genomica del informatica e biostatistica dell'Istituto scientifico universitario San Raffaele -. Ora sappiamo che le informazioni nelle cellule sono organizzate attraverso reti. E questo è infinitamente più complesso. Va detto, però, che per accedere al genoma si sono messi in campo idee brillanti e capitali che hanno creato comunque innovazione. Cosa che con la fredda logica della ragione sarebbero state considerate troppo rischiose».Vero, ma in questo modo la tecnologia ha superato di gran lunga la conoscenza: le società che si occupano di sequenziamento sono cresciute come funghi (alcune sono anche fallite, altre per sopravvivere trovano geni associati alle cose più stravaganti, come la religiosità o le credenze politiche), le macchine sono diventate sempre più veloci, piccole ed economiche. Tutto questo però ha creato e crea quello che il direttore scientifico del Nhgri (National human genome research institute) statunitense, Eric Green, ha definito uno «tsunami di informazioni che sovraccarica il cervello degli scienziati e le capacità dei computer». A fronte di circa 21mila geni umani (pensare che il riso ne ha ben 50mila...). Eppure qualche segnale le prime scoperte lo avevano già dato: i genetisti, per esempio, si aspettavano di trovare l00mila geni, il conteggio finale invece è stato più vicino a 21mila. Ma poi con loro sono arrivati a sorpresa molecole accessorio, fattori di trascrizione, piccoli Rna, tutti linkati in un'interazione dinamica. La cosiddetta "ereditarietà mancata", che spiega i limiti del modello di tratti del Dna degli studi del Genome-wide association studies (Gwas), basati su varianti genetiche relativamente comuni nelle regioni di genoma che codifica proteine. Sottostimando così, tutta quella parte che, oggi, a ragion veduta, non ha più senso chiamare"junk Dna", ricco anch'esso di informazioni determinanti e che costituisce i due terzi del codice genetico. Così la definizione stessa di gene potrebbe cambiare se verrà incluso anche l'Rna capace di "silenziare" i geni impedendo loro di produrre proteine. E raddoppiare il numero di geni stimato. E non si tratterebbe di una pura questione semantica. «Si sta completamente cambiando il modo di fare scienza - continua Casari - soprattutto in quest'ultimo anno c'è in atto una rivoluzione copernicana rispetto al Duemila, anno del sequenziamento. Con le nuove tecnologie è possibile vedere sequenze che fino a ieri erano impensabili. E questo apre prospettive interessanti, pur aumentando la complessità».
È come se il settore fosse vittima del proprio successo. E al momento il settore che ci fa intravedere il futuro della medicina resta quello della tecnologia. Anche perché con le nuove scoperte occorre rivedere tutti i dati sotto una nuova lente. Non mancano comunque gli aspetti positivi di questo intricato groviglio che è il nostro codice della vita. Prima di tutto il Progetto genoma è stato pioniere nel rendere i dati scientifici accessibili a tutti. Lo stesso Francis Collins, che ha contribuito a mappare il Dna, scrive su Nature: «Con i mezzi di oggi il progetto potrebbe essere realizzato in pochi giorni da un neolaureato collegato a internet...». Secondo: le malattie monogeniche, che possono beneficiare delle scoperte genetiche, possono costituire un modello anche per quelle multifattoriali. Infine le opportunità di lavoro nel campo della bioinformatica non conoscono crisi. Riguardo al futuro, come diceva Antoine de Sain-Exupry «il nostro compito non è quello di prevederlo, ma di attivarlo».
orso castano : gli studi sul genoma hanno mostrato , se mai ce ne fosse stato bisogno che la complessita' e' sempre li' presente a "stuzzicare" la comprensione del mondo "reale" ed a "falsificare" le ipotesi scientifiche.
La psichiatria , a parte gli studi sulle neuroscienze e le conseguenze a cascata che apportano (se del caso) nuovi modi di vedere , in questi ultimi tempi , si potrebbe dire, "tace" e non accetta la sfida della complessita'. Eppure non fosse altro che per deduzione dagli studi delle altre branche della scienza dovrebbe essere "mossa" a rivedere certi "assoluti" ed autocriticamente a riflettere su possibili nuovi modi di vedere la sofferenza mentale . Certo non avverra' questo inseguendo falsi specialismi (non molto trasparenti , vedi operazione DSMV) che sembrano molto vicini al disease mongering , cioe' descrivendo nuove ed improbabili sindromi per vuote ricerche per nuovi farmaci "smuovimercato". La stessa psichiatria di comunita' ripete in modo martellante le medesime proposte , che (ma ci sara' pure una ragione!) che non producono movimenti sostanziosi e , sopratutto, reali cioe' riguardanti una massa significativa di "sofferenti". Eppure come si fa ad ignorare , ad esempio, le straordinarie novita' che , ad un ritmo sempre piu' incalzante stanno trasformando il nostro modo di comunicare con ricadute significative anche sulle modalita' di esprimere la sofferenza umana ?..........ma tant'e'....
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