di Maurizio Ferraris' da Domenica , sole 24ore di aprile ,
ci sono dei maestri che si cercano e altri che si trovano: ci si imbatte in loro in modo imprevisto, e si im pongono con quella stéssa necessità della realtà "incontrata", nel mondo, che il percettologo Wolfgang Metzger aveva contrapposto alla rèaltà "rappresentata", nella testa. Sicuramente per me Paolo Bozzi è stato un maestro trovato. Eroarrivatoa Triéste nella prima metà degli anni Ottanta ...... e con la testa piena di ermeneutica L'idea era quella classica che il mondo è la mia rappresentazione; e che consiste in ciò che riesco a farci con le cose che penso e gli schemi concettuali che adoperò. Però alle sedute di laurea vedevo - prima ancora di capire - le tesi degli psicologi»mi sembravano qualcosa che non aveva nulla a che faré cón la filosofia, con tuttoquel parlare di figura e sfondo, immagini consecutive, pregrianze buonafòrmà.. Più tardi avrei conosciuto i lavori di Bozzi, partendo quasi dal fondo con "Fisica ingenua", uscito nel 1990 (anche qui imbattendomici per caso, grazie al mio amico Pietro Kobau, che me lo aveva prestato), e lo avrei frequentato così cóme ho frequentato i suoi allievi...... Ma l'impatto era venuto proprio dàlle tesi così sconcertanti per un ermeneuta. In un certo senso, in quelle discussioni sul vedere si trovavamo che in linguistica si chiamerebbe «conservare le àree laterali».
In un certo senso, in quelle discussioni sul vedere si trovava cio che in linguistica si chiama "conservatorio delle aree laterali .. .. la psicologia triestina conservava un retaggio austroungarico. I1 punto da cui muove Bozzi, nato nel 1939 m i una Gorizia italiana da dodici anni» comjTendiatodaunmottodelsuomaestroGaetanoKa-nizsa (una figura quasi mitologica che avevo incrociato a Trieste, intorno a cui aleggiavano gli spettri di Musatti, Benussi, Meinong, sino a Brentano): «L'occhio, se proprio si vuole che ragioni, ragiona comunque a modo suo». C'è una autonomia del vedere rispetto al pensare (di quil'interesseper le cosiddette "illusioni ottiche", in cui l'occhio non ubbidisce al cervello), che però Bozzi, filosofo prima che psicologo, trasformava in una autonomia del mondo rispetto ai nostri schemi concettuali. Con questo semplicissimo gesto Bozzi stabiliva la possibilità della ontologia, e al tenpo stesso si smarcava da un dogma endemico tra filosofi é psicologi del secolo scorso, ossia che non esista un mondo "là fuori" (si ripeteva con un certo compiacimento, ricalcando l'inglese out there), e che tutto si riduca a una battaglia tra schemi concettuali Per Bozzi, invece, quel mondo c'era, con la sua autonomia, che si spingeva sino al livello dei significati, con una consonanza con le tesi dello psicologo americano James J. Gibson, che lo aveva detto dopo di lui, ma che Bozzi aveva generosamente contribuito a tradurre e a far conoscere in Italia. Una sedia, in parole povere, significa «possibilità di appogio» tanto per un uomo quanto per un gatto. Poi certo si può risalire a significati a cui il gatto non accede (per esempio a "stile Luigi XVI"), ma l'inizio è proprio li', nel mondo esterno.È forse una chiamata di correo, ma l'ontologia che nel 2001 ho proposto nel "Mondo esterno" (e in parte già, nel 1997, la rivalutazione dell'estetica come aisthesis, come sensazione, in "Estetica razionale") prendeva l'avvio proprio da Bozzi, che mi aveva aiutato a uscire dalle secche dell'ermeneutica e a elaborare una ontologia realista Le parole che avevo messo in esergo, dedicandogli il libro, «Ex te ipso excede: in exteriore nomine habitat res», erano una variazione rispetto alla frase di Agostino citata da Husserl alla fine delle Meditazioni cartesiane, «Noliforas ire, in te redi, in inferióre nomine habitat veritas». Volevo sottolineare come l'ontologia richieda una scelta preliminare per l'esteriorità e la cosalità ,rispetto alla interiorità e alla verità. Prima degli schemi concettuali e dell'epistemologia c'è il mondo esterno. Era per appunto,l'insegnamento che veniva da Bozzi, che aveva sviluppato una fenomenologia senza epoche, cioè senza messa tra parentesi dell'atteggiamento naturale: tavoli e sedie, amici e parenti sono davvero tavolie sedie, amici e parenti - e non semplici fenomeni Così pensiamo quando non ragioniamo da filosofi e il bello è che il più delle volte non ci sbagliamo, perché il mondo è in larghissima misura così come ci appare. Non è una rappresentazione, è un tutto pieno di caratteristiche che appartengono agli oggetti prima che ai soggetti. Questa affermazione è molto potente e radicale, radicale quanto il dubbio di Cartesio, e altrettanto coraggiosa in tempi così inclini a credere che la realtà si risolva nel pensiero. Su quella base, sarebbe davvero troppo azzardato costruire una epistemologia, visto che i sensi possono ingannare, e la scienza richiede comunque schemi concettuali . Ma una ontologia, sì: il mondo esterno non è la verità (come forse , avrébbe detto Bozzi), bensì un punto d'appoggio sufficientemente forte per una ontologia caratterizzata da ciò che ho proposto di chiamare "inemendabilità", la resistenza e l'attrito di quello che c'è.........................
In un certo senso, in quelle discussioni sul vedere si trovava cio che in linguistica si chiama "conservatorio delle aree laterali .. .. la psicologia triestina conservava un retaggio austroungarico. I1 punto da cui muove Bozzi, nato nel 1939 m i una Gorizia italiana da dodici anni» comjTendiatodaunmottodelsuomaestroGaetanoKa-nizsa (una figura quasi mitologica che avevo incrociato a Trieste, intorno a cui aleggiavano gli spettri di Musatti, Benussi, Meinong, sino a Brentano): «L'occhio, se proprio si vuole che ragioni, ragiona comunque a modo suo». C'è una autonomia del vedere rispetto al pensare (di quil'interesseper le cosiddette "illusioni ottiche", in cui l'occhio non ubbidisce al cervello), che però Bozzi, filosofo prima che psicologo, trasformava in una autonomia del mondo rispetto ai nostri schemi concettuali. Con questo semplicissimo gesto Bozzi stabiliva la possibilità della ontologia, e al tenpo stesso si smarcava da un dogma endemico tra filosofi é psicologi del secolo scorso, ossia che non esista un mondo "là fuori" (si ripeteva con un certo compiacimento, ricalcando l'inglese out there), e che tutto si riduca a una battaglia tra schemi concettuali Per Bozzi, invece, quel mondo c'era, con la sua autonomia, che si spingeva sino al livello dei significati, con una consonanza con le tesi dello psicologo americano James J. Gibson, che lo aveva detto dopo di lui, ma che Bozzi aveva generosamente contribuito a tradurre e a far conoscere in Italia. Una sedia, in parole povere, significa «possibilità di appogio» tanto per un uomo quanto per un gatto. Poi certo si può risalire a significati a cui il gatto non accede (per esempio a "stile Luigi XVI"), ma l'inizio è proprio li', nel mondo esterno.È forse una chiamata di correo, ma l'ontologia che nel 2001 ho proposto nel "Mondo esterno" (e in parte già, nel 1997, la rivalutazione dell'estetica come aisthesis, come sensazione, in "Estetica razionale") prendeva l'avvio proprio da Bozzi, che mi aveva aiutato a uscire dalle secche dell'ermeneutica e a elaborare una ontologia realista Le parole che avevo messo in esergo, dedicandogli il libro, «Ex te ipso excede: in exteriore nomine habitat res», erano una variazione rispetto alla frase di Agostino citata da Husserl alla fine delle Meditazioni cartesiane, «Noliforas ire, in te redi, in inferióre nomine habitat veritas». Volevo sottolineare come l'ontologia richieda una scelta preliminare per l'esteriorità e la cosalità ,rispetto alla interiorità e alla verità. Prima degli schemi concettuali e dell'epistemologia c'è il mondo esterno. Era per appunto,l'insegnamento che veniva da Bozzi, che aveva sviluppato una fenomenologia senza epoche, cioè senza messa tra parentesi dell'atteggiamento naturale: tavoli e sedie, amici e parenti sono davvero tavolie sedie, amici e parenti - e non semplici fenomeni Così pensiamo quando non ragioniamo da filosofi e il bello è che il più delle volte non ci sbagliamo, perché il mondo è in larghissima misura così come ci appare. Non è una rappresentazione, è un tutto pieno di caratteristiche che appartengono agli oggetti prima che ai soggetti. Questa affermazione è molto potente e radicale, radicale quanto il dubbio di Cartesio, e altrettanto coraggiosa in tempi così inclini a credere che la realtà si risolva nel pensiero. Su quella base, sarebbe davvero troppo azzardato costruire una epistemologia, visto che i sensi possono ingannare, e la scienza richiede comunque schemi concettuali . Ma una ontologia, sì: il mondo esterno non è la verità (come forse , avrébbe detto Bozzi), bensì un punto d'appoggio sufficientemente forte per una ontologia caratterizzata da ciò che ho proposto di chiamare "inemendabilità", la resistenza e l'attrito di quello che c'è.........................
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