Questi ceti – prevalentemente di estrazione socio-culturale molto modesta – avevano acquisito in breve tempo, grazie appunto all'espansione della spesa pubblica, livelli di stabilità occupazionale e sicurezza sociale praticamente senza precedenti nella storia. Ma, ciò che è ancor più importante, almeno fino agli anni Ottanta essi avevano profondamente interiorizzato la convinzione che il proprio status economico e la propria rilevanza sociale sarebbero costantemente migliorati nel corso del tempo, e che le generazioni successive alla loro avrebbero potuto aspirare a divenire parte delle classi dirigenti.
A questa fascia sociale vanno poi aggiunti settori rilevanti delle cosiddette "professioni liberali" (medici, avvocati, architetti, giornalisti), i quali hanno trovato anch'essi per decenni nell'espansione dell'interventismo statale notevoli occasioni di carriera e di ascesa socio-economica, e che in molti casi sono oggi i figli proprio di quel ceto impegatizio statale che, per la prima volta nella loro tradizione familiare, hanno potuto accedere agli studi universitari. Infine, non a caso da quella classe piccolo-borghese proviene anche gran parte delle nuove leve della magistratura italiana: alla generazione di magistrati ideologizzati e "rivoluzionari" degli anni Sessanta ne è subentrata un'altra, molto più numerosa, tendente a considerare l'appartenenza al "terzo potere" come una sorta di ramo privilegiato del pubblico impiego.
In generale, in tutta la nuova piccola e media borghesia "garantita" del dopoguerra l'ottimismo per le future prospettive di status era fondata sulla convinzione di una naturale corrispondenza tra avanzamento del livello di istruzione e miglioramento della condizione lavorativa e sociale.
La progressiva crisi e disgregazione del consenso euro-occidentale fondato su economia mista e sicurezza sociale dagli anni Ottanta in poi, la dissoluzione del sistema formativo legata all'egualitarismo e alla pan-sindacalizzazione post-'68, e infine l'ondata della globalizzazione economica, in breve volgere di tempo incrinavano anche nel nostro paese le certezze coltivate da quei ceti. In Italia, rispetto ad altri contesti occidentali, il processo di erosione è stato più lento e diseguale, a causa di una radicata strutturazione corporativa della società che ha resistito tenacemente ai mutamenti, tanto più in presenza di una classe politica indebolita dalla "democrazia bloccata". Ma nelle fasce sociali di più recente ascesa anche smottamenti tutto sommato limitati della "rete di sicurezza" hanno prodotto un dilagare di incertezza e pessimismo. Che in breve tempo si sono trasformati in un'enorme carica di frustrazione, di rancore, di invidia sociale: verso i ceti imprenditoriali e del terziario più o meno integrati con i nuovi equilibri economici, immediatamente bollati da condanna morale come evasori fiscali e corruttori; e verso i politici accusati di favorirli ai danni dei "cittadini onesti"............
Recensione: del Dott.
Roberto Vincenzi del libro
Wilhelm Reich, "La rivoluzione sessuale"
Feltrinelli, Milano 1972
Negli anni '30 a Vienna, Wilhelm Reich
diresse, per un certo periodo, un "Consultorio di Igiene
Sessuale" che offriva servizi medici e psicologici gratuiti, a
favore di chi non aveva la possibilità di pagare. Un gesto forse
anche di rottura nei confronti di Freud, che era stato sempre il
sostenitore della regola degli alti onorari.
Da questa esperienza sul campo, Reich
trae due importanti conclusioni:
- la maggior parte delle popolazione soffre di patologie psichiche di vario genere;
- tutti i disturbi e le patologie di carattere psichico, senza eccezione e senza distinzione, sono frutto della repressione sessuale imposta dalla società borghese.
Nota inoltre che, rispetto a quella
borghese, la gioventù operaia soffre di patologie di minore gravità
ed è sessualmente più libera.
Quest'ultima osservazione viene
inserita da Reich in una visione marxista, nella dinamica del
conflitto di classe. Il proletariato, nel combattere per il
miglioramento delle condizioni di lavoro e della retribuzione,
combatte anche per la propria ideologie politica.
Ma, affinché la liberazione sia
totale, è necessario che a questa battaglia di carattere collettivo,
si accompagni un percorso individuale di liberazione dalla moralità
borghese.
A questo movimento rivoluzionario
si oppone l'istituto della famiglia, "che costituisce l'apparato
educativo per il quale deve passare ogni membro della società
borghese". La mentalità borghese, attraverso la famiglia,
condiziona il bambino fin dalla nascita, ne influenza per sempre la
vita e la visione del mondo.
Per Reich la famiglia "fa da
intermediario tra la struttura economica della società borghese e la
sua sovrastruttura ideologica".
Dal momento che la morale borghese
disapprova "relazioni sessuali durevoli", le coppie
conviventi, criticate o messe al bando, devono ricorrere al
"matrimonio coattivo" per regolarizzare la propria
posizione e recuperare dignità sociale.
Il pensiero di Reich non è contrario
al concetto generale di famiglia, ma alla famiglia borghese,
espressione storica del capitalismo.
In questo contesto, matrimonio e
famiglia svolgono una triplice funzione:
- economica: espressione della mentalità capitalista;
- politica: apparato educativo della borghesia;
- sociale: dipendenza economica della donna dal marito.
Dal punto di vista delle dinamiche
familiari, Reich concorda con Freud nell'osservare che questo tipo di
famiglia è caratterizzata da una "struttura triangolare"
(genitori - figlio), che produce nel figlio un attaccamento
affettuoso ma anche sensuale nei confronti dei genitori, alla
tirannia dei quali il bambino è esposto senza difese.
La negazione della sessualità infatti
colpisce anche i genitori, per i quali l'amore per il figlio, ed il
suo accudimento, rischiano di diventare l'unico motivo per continuare
a stare insieme.
Questi genitori pretendono dal bambino
amore ed obbedienza; soffocano le sue pulsioni sessuali
trasformandole in affetto familiare. Nel bambino si produce così una
fissazione in senso sessuale ed autoritario verso i genitori, una
infantilizzazione che permane anche in età adulta: la rimozione
della sessualità nel mondo dell'inconscio.
Soltanto una futura presa di distacco
dalle figure dei genitori, e la consapevolezza della diversità tra
il genitore introiettato e quello reale, possono garantire ai figli
di queste famiglie una sana vita sessuale. Altrimenti, l'unica strada
che rimane è quella della nevrosi, che non realizza una coscienza
sessuale adulta, ma mette in atto comportamenti sessuali pulsionali,
poco controllabili, patologici, tentativi di compromesso tra la
realtà e i sensi di colpa.
Nella visione di Reich, queste
conseguenze nefaste dell'educazione borghese, possono essere
combattute, lasciando che i bambini stiano tra di loro e sviluppino
la loro sessualità.
Nell'ultima parte infine, il testo di
Reich si occupa della "lotta per la nuova vita in Unione
Sovietica", all'indomani delle Rivoluzione Russa.
Nel periodo appena successivo alla
Rivoluzione, si osservò una progressiva disgregazione della
"famiglia coattiva" voluta dalle leggi zariste.
Questo fenomeno, che colpì anche il
proletariato, fu dovuto "al fatto che i bisogni sessuali ruppero
le catene costituite dai legami economici e autoritari della
famiglia. Rappresentò una separazione tra economia e sessualità."
L'impegno lavorativo e politico
assorbiva energie che prima erano rivolte verso la famiglia; i
bambini e gli adolescenti, immessi nelle scuole delle Comuni e dei
Collettivi, assaporavano una libertà prima neanche pensabile e si
distaccavano più velocemente dalla figura dei genitori come unico
riferimento nella vita.
La normativa si adeguò ai tempi che
cambiavano: ben presto fu emessa una legge che permetteva, entro tre
mesi dalla gravidanza, l'aborto gratuito, gestito dalle strutture
pubbliche. Nello stesso tempo, fu attuata una grandiosa campagna di
informazione sessuale sui metodi contraccettivi.
Di pari passo, nuove leggi permettevano
il divorzio, tutelavano le ragazze madri e ne favorivano il rientro
al lavoro, proteggevano la gravidanza della donna lavoratrice con
periodi retribuiti di assenze dal lavoro prima e dopo il parto.
Osservando questi dati rileviamo che la
legalizzazione dell'aborto e i contraccettivi legittimano la
sessualità anche come solo atto di piacere, non necessariamente
riproduttivo.
Ma, come spesso avviene, una volta
defluita l'ondata rivoluzionaria, cominciarono a prevalere quelle
forze reazionarie, che in seguito avrebbero portato l'Unione
Sovietica a diventare uno stato di tipo totalitario, dove la politica
prendeva le forme della burocrazia e la libertà sessuale perdeva il
significato politico rivoluzionario che aveva prima.
Un tipo di governo come quello che
seguì riportò indietro la mentalità sovietica; Reich, con
tristezza, ne datò la fine al giugno del 1934, quando venne
ripristinata la legge che puniva l'omosessualità.Seguono poi le sue
considerazioni su che cosa si possa imparare dall'esperienza
sovietica.
orso castano . siamo distanti nella prima analisi , basata sull'invidia sociale e la frustrazione derivata del picccolo borghese he non c'e' la fa a divenare imprenditore , da quella di Reich che dava per assodato che il capitalismo non avrebbe mai permesso alle classi subalterne di prendere il suo posto e poneva , a baluardo dell'ordine sociale la famiglia borghese repressiva. Ma in mezzo a questa , si fa per dire, dialettica, essendo il pensiero di Reich ben aderente alla realta' dell'epoca , e' nato in occidente il pensiero femminista.
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