Di Maria Carla Rota
Ventisette minuti per sfasciare trent'anni di matrimonio. In un tribunale che sembra un girone infernale in cui avvocati e famiglie barattano i pezzi di una relazione andata in frantumi. Inizia così un percorso kafkiano che porterà alla separazione e al divorzio, tra lunghe attese, esborsi economici e figli contesi. E' un affresco della realtà efficace e amaro quello dipinto dall'avvocato Gian Ettore Gassani, presidente dell'AMI (Associazione Matrimonialisti italiani), nel suo libro "I perplessi sposi" (Aliberti Editore), in questi giorni in libreria. Un'inchiesta che denuncia le lungaggini della macchina giudiziaria italiana e le anomalie rispetto alla maggior parte dei Paesi esteri in materia di diritto di famiglia.
Avvocato, il divorzio è "un lusso a cui gli operai non hanno diritto"?
"Assolutamente sì. Oggi i 'milleuristi' che vogliono separarsi o divorziare devono rinunciare ad altri diritti, come un'abitazione decorosa, la possibilità di rifarsi una vita e anche la propria dignità di uomo. O non ti separi oppure lo fai, ma rinunci a tutto il resto. E' l'anticamera della morte civile. I costi delle cause sono molto elevati ma solo in pochissimi hanno diritto al gratuito patrocinio, previsto per chi ha un reddito netto di 10.200 euro all'anno, quindi con una situazione di partenza già al limite. Divorziare può richiedere fino a 12 anni e un esborso di 20-30mila euro, nel caso magari di una separazione giudiziale con perizie e controperizie. Non perché le parcelle siano elevate, anzi. Quelle italiane sono le più basse d'Europa. Ma la pachidermica burocrazia italiana esaspera i tempi. Ed ecco perché sta aumentando il fenomeno del turismo divorzile, ovvero le coppie che scappano all'estero per divorziare".
"Ci sono tre diverse situazioni che fanno accendere un campanello d'allarme. Oltre all'impoverimento progressivo delle fasce di reddito basse, c'è il dramma della violenza in famiglia, che può essere non solo fisica e sessuale, ma anche economica e psicologica. E poi il problema delle tante donne punite dai loro ex mariti benestanti. Quando Paperone si separa, organizza tutto per tempo, mettendo al riparo le proprie ricchezze ed evitando così di passare alla cassa e dover versare soldi all'ex moglie. C'è un male trasversale in questa lotta di genere che si consuma ogni giorno nel nostro paese".
Qual è la cultura del matrimonio nel codice civile?
"L'Italia in questo campo è al livello di Paesi come la Polonia, l'Irlanda del Nord, Malta. Perfino la cattolicissima Spagna è più evoluta. La maggior parte dei Paesi esteri non prevede la fase della separazione, che allunga i tempi inutilmente, visto che nel 95% dei casi chi agisce in giudiziale per una separazione non torna più indietro. Invece, in Italia la separazione è vista come un momento di riflessione per dare la possibilità ai coniugi di cambiare idea. Nonostante si teorizzi la separazione tra Stato e Chiesa, il nostro codice civile ha leggi che seguono fedelmente la cultura religiosa. C'è un carissimo prezzo da pagare per chi osa toccare il matrimonio, una sorta di via crucis da espiare".
Quali sono gli altri mali della giustizia familiare in Italia?
"Gli addetti ai lavori non sono all'altezza dell'improvviso carico di lavoro. In dieci anni in Italia separazioni e divorzi sono triplicati e hanno invaso i tribunali, prima occupati principalmente in cause per sfratto, recupero crediti, questioni societarie. Ora sono sommersi di istanze di separazione, domande di revisione degli accordi di mantenimento e affido, cause dei figli verso i genitori e dei genitori verso i figli. E' nato un nuovo filone giudiziario che ha trovato impreparata la giustizia italiana. Manca la specializzazione, tutti fanno tutto, avvocati e magistrati. Invece questa non è una pratica come le altre: la procedura per una separazione richiede competenze e sensibilità diverse".
Che altre differenze ci sono rispetto all'estero?
"Io conosco molto bene la situazione francese, avendo uno studio a Parigi. In due ore di volo cambio completamente realtà. Basti pensare che in Italia abbiamo più magistrati dei francesi e degli inglesi. E dieci volte gli avvocati che ha la Francia: solo a Roma lavora un numero di avvocati pari al totale dei nostri vicini. In Italia si contano 220mila avvocati, quando ne basterebbero 40mila. Eppure, in Francia la macchina giudiziaria è più efficiente perché meglio organizzata. E' tutto concentrato in un numero limitato di grandi tribunali, ognuno con sezioni specializzate. In Italia, invece, abbiamo voluto i tribunali 'di campanile', cioè sotto casa, e ci ritroviamo con magistrati in piccoli centri costretti a fare tutto e barcamenarsi nel corso della giornata in diverse branche giudiziarie".
Lei denuncia fortemente anche la questione deontologica.
"La classe forense italiana attraversa una fase di profonda crisi morale ed è sempre più invisa ai cittadini. Proprio per l'elevatissimo numero di avvocati, c'è una paurosa disoccupazione giovanile e una corsa al lavoro in cui la deontologia viene accantonata. L'avvocatura oggi non vive più quella situazione di agiatezza economica che aveva negli Anni Ottanta, ora ci sono avvocati che non arrivano alla fine del mese".
Il prossimo 9 e 10 dicembre si terrà il congresso dell'Ami, che conta 2mila iscritti. Che richieste farete?
"Oltre a discutere della deontologia dell'avvocato matrimonialista, che richiede un insieme di norme ad hoc, ci concentreremo sulla legge per l'affidamento condiviso, che è il solito compromesso all'italiana. E' stata mal scritta. Imporre a due ex coniugi che di fatto si odiano la condivisione per legge dell'educazione dei figli è impossibile. Al contrario quello è un traguardo a cui bisogna arrivare gradualmente, con l'aiuto della mediazione familiare e il mutuo rispetto. All'Italia serve una nuova cultura sociale, che spezzi certi stereotipi sul ruolo della donna e dell'uomo. In Francia i figli non sono considerati "proprietà" dei genitori, in Italia invece si litiga per questo. E così nascono gli omicidi in famiglia, i processi penali per violenze più o meno vere, le guerre senza quartiere tra ex coniugi. I bambini non sono alla mercé dei genitori, ma da noi nessuno li difende. All'estero lo stato si fa garante della loro dignità, proteggendoli, se serve, con un avvocato che li difende dal comportamento dei genitori. In Italia siamo a livelli di terzo mondo".
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