orso castano: certo gli accorpamenti, le riunificazioni, in un momento di crisi economica sono molto utili a fini di risparmio. Ma certo questi accorpamenti non risolvono automaticamente il problema della crescita soggettiva anche attraverso gruppi di auto aiuto. Questa crescita puo' servirsi anche , ma non solo , assolutamente , di tecniche psicoterapiche. Sostanzialmente si tratta di recuperare capacita' innovative in grado di innescare nuovi modelli produttivi e mentali di apprendimento. Una cosa osservavo nei Centri per l'impiego della Provincia di Torino. Questo pensare che un atteggiamento di sostegno consolatorio, o di psicologizzazione , come se il non lavoro dipendesse da una sorta di incapacita' ad utilizzare le proprie risorse mentali, fosse risolutorio. Inoltre questo coinvolgersi ed agganciarsi al servizio psicologico pubblico, ignorando gli eventuali vissuti di violazione della privacy che potevano avere i disoccupati, visti gli interventi psicologici a sfondo terapeutico; inoltre in qualche caso, inopportunamente mascherati e fatti passare come "parla che ti passa". Meglio allora gruppi di auto aiutpo assolutamente indipendenti e fatti al di fuori dell SSN, nelle onlus che dovrebbero unirsi a tal fine.
La relazione d’aiuto
tra nuove domande e cambiamenti possibili
I cambiamenti che attraversano oggi il
lavoro sociale e che assorbono le preoccupazioni degli operatori sono
dovuti a risorse che mancano e a progetti che chiudono. E tuttavia il
lavoro sociale è pur sempre chiamato a lavorare sulle prospettive
delle persone, ad aiutare le persone a “far pace” con le risorse
di cui dispongono, a proporre progressi. Il workshop vuole proseguire
il filo di una riflessione sul cambiamento nelle relazioni d’aiuto
iniziata su PSS due anni fa e che crediamo importante proseguire, nel
contesto attuale.
Un workshop per riflettere su come
accompagnare le persone verso condizioni di equilibrio con le proprie
risorse e i propri limiti in un welfare che propone l’automatismo
della coppia progetti-cambiamenti come soluzione di ogni disagio.
Raccogliamo il bisogno degli operatori dei servizi di acquisire
competenze e di potersi confrontare su come sostenere i casi più
complessi, come favorire il cambiamento possibile, come proporre
nella relazione d’aiuto la nascita di nuovi modi di vedersi. Il
workshop porrà particolare attenzione su come:
- • i cambiamenti organizzativi attuali condizionano il lavoro con le persone, le proposte costruite con le persone, i percorsi di accompagnamento;
- • le nuove domande di aiuto (più complesse, prestazionali) possono essere fronteggiate in un contesto di risorse limitate.
Ci sembrano punti di riflessione
importanti nello sforzo di disegnare il welfare del futuro. Il
workshop, dopo alcuni interventi introduttivi, darà ampio spazio
alla discussione con i partecipanti.
Bisogni complessi e integrazione professionale sociosanitaria e socio-educativa
Da anni nel nostro paese si dibatte
sull’integrazione fra mondi professionali, in particolare in campo
sociosanitario: è un confronto oggi più che mai necessario e utile,
sia per sperimentare forme di partecipazione sempre più allargata
sia per evitare inutili sprechi legati alla sovrapposizione e
ripetitività degli interventi.
Per disegnare il welfare di domani è
necessario allora trattare questo tema seguendo due possibili
direzioni di pensiero Con l’evoluzione dei bisogni e delle culture
professionali il lavoro sociale è andato progressivamente
caratterizzandosi come sociosanitario e socio educativo e la
dimensione dell’integrazione è andata assumendo valore e frequenza
crescenti. Ciò che fino a qualche anno fa veniva considerato
semplice servizio socio assistenziale oggi richiede sensibilità e
competenze integrate, nei diversi settori di intervento: disabili,
minori, anziani non autosufficienti, stranieri, adulti in difficoltà,
persone con problemi di salute mentale ecc.
In questa direzione le professioni si
sono via via attrezzate per condurre un lavoro integrato, spesso
anche prima che a livello istituzionale e organizzativo si
prevedessero forme di integrazione codificata (norme, protocolli
ecc.). Oggi i professionisti del sociale e del sociosanitario (e in
particolare le professioni più forti quali gli psicologi, gli
assistenti sociali e gli educatori) da una parte si trovano “sul
fronte”, ad affrontare gli effetti di una crisi economica e sociale
lunga e profonda che li mette quotidianamente in contatto con
problemi gravi e crescenti, dall’altra si trovano ad affrontare
tali situazioni con poche risorse, spesso precarie.
Nel corso della mattinata il
convegno Disegnamo il welfare di domani tratterà questa
contraddizione tra bisogni sociali emergenti e riduzione delle
risorse messe a disposizione per far fronte ai segnali sempre più
evidenti di disagio sociale e di povertà. I professionisti impegnati
in situazioni così difficili, possono avere la tentazione di
‘rassegnarsi’ , lasciar correre, ‘vedere’ lo stretto
necessario e intervenire su quello: è un gesto, comprensibile, che
però limita il senso dell’intervento. Non si può stare a
guardare, come se il professionista fosse più un osservatore passivo
che un agente di cambiamento e di mediazione tra le contraddizioni
Così facendo il professionista si adatta alle situazioni di crisi su
cui è invece chiamato ad intervenire.
È allora utile incontrarci e,
all’interno di una prospettiva costruttiva, scambiarci esperienze e
proposte che ci consentano di continuare ad essere agenti presenti,
attori di creatività cambiamento innovazione nei contesti in cui
operiamo.
Nel corso del workshop intendiamo
interrogarci sull’evoluzione della pratica di intervento
sociosanitario e socio educativo, riflettendo sulle competenze che
attraverso la formazione e la pratica si sono negli ultimi tempi
sviluppate, rinforzando le professioni tradizionali (assistente
sociale, psicologo, educatore) con nuove modalità di interazione fra
di loro e attivando nuove funzioni professionali (counsellor,
mediatore, facilitatore, valutatore, social planner ecc..) che si
affiancano alle professioni tradizionali, integrandole, e a volte
modificandone i confini e arricchendone le prospettive di sviluppo.
Verso una progettazione sociale sostenibile
Nello scenario attuale di continua e
progressiva riduzione di risorse economiche destinate al welfare,
cresce sempre più il disorientamento di coloro che a vario titolo
rivestono un ruolo di primo piano in questo settore. Si aprono così
importanti interrogativi: cosa vuol dire programmare interventi
sociali oggi? Quale ruolo assumono strumenti quali la progettazione e
la valutazione?
Certamente la complessità e le
difficoltà oggi vissute impongono di ripensare teorie, metodologie e
modelli rendendo necessario riattualizzare contenuti sui quali si
sono spese riflessioni passate.
Quali in sintesi i principali
cambiamenti?
- • una forte contrazione delle risorse che “tradizionalmente” hanno sostenuto il welfare in questi ultimi anni e che pone di fronte alla difficoltà di dare continuità a interventi sia sperimentali che ordinari;
- • il crescente peso assunto da parte di soggetti terzi (es. fondazioni bancarie e private) che ha cambiato lo scenario di riferimento, imponendo agli operatori sociali di apprendere nuovi linguaggi e costruire nuove interlocuzioni;
- • orizzonti temporali sempre più limitati (spesso di una sola annualità) che sostengono lo start up di nuove iniziative ma non offrono grandi garanzie di continuità e soprattutto impegnano gli attori sociali ad occuparsi anche della sostenibilità economico-finanziaria degli interventi che propongono;
- • la richiesta da parte dei soggetti erogatori di aggregarsi in partenariati per poter usufruire delle risorse messe a disposizione, che richiede una rivisitazione dell’idea di mercato e di concorrenza.
Tutti questi elementi, e altri ancora,
suggeriscono quindi di interrogarsi sul significato che la
progettazione e la valutazione dell’intervento sociale possono
assumere. La percezione è che siano sempre più spesso pratiche
svuotate di senso dove la progettazione coincide con lo “scrivere
progetti” per ottenere finanziamenti e la valutazione con un
“adempimento” nella costruzione di batterie di indicatori che poi
difficilmente vengono rilevati.
La deriva più rischiosa è pensare
che, nell’estemporaneità e nella residualità in cui si stanno
trovando i servizi, non ci sia né spazio né tempo per progettare
gli interventi e tanto meno per poterne valutare i risultati.
Crediamo che proprio per il contesto in
cui ci troviamo, per i tratti che sinteticamente abbiamo fin qui
tratteggiato, sia quanto mai necessario recuperare il senso della
progettazione (proicere: gettare avanti) e
della valutazione (vàlere: attribuire
valore), proprio perché in un contesto generale che rischia di
ridimensionare il significato e la portata dell’azione sociale e di
schiacciarla nel “qui ed ora” dell’azione, si possano
riattivare processi di ipotizzazione, analisi e la costruzione di una
nuova realtà sociale.
Questo workshop si propone di aprire un
dialogo intorno alla progettazione e alla valutazione tra i
principali protagonisti del welfare: i promotori di politiche e gli
operatori sul campo, ovvero tra chi definisce gli indirizzi da
perseguire, mette in campo le risorse e promuove sistemi di
progettazione e valutazione e chi, dall’altra parte, operando sul
campo, conosce i problemi da vicino, promuove i processi di
trasformazione verso il benessere e ne comprende limiti e risorse.
L’apertura al dialogo e al confronto
tra questi soggetti vuole rappresentare un’occasione per esplorare
la possibilità offerta dall’adozione di punti di vista “altri”
e altresì ridurre la distanza tra coloro che rivestono un ruolo
chiave nel “welfare di oggi”, affinché siano sempre meno
antagonisti e sempre più co-protagonisti nella costruzione del
“welfare di domani”.
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