venerdì 7 novembre 2014

orso castano: il tanto vituperato Bersani, la sua determinatezza nel cercare sponde , convergenze, sintonier con i 5 stellati alla fine stanno producendo risultati storici. La riforma sulla reponsabilita' civiledei magistrati e' finalmente passata. dovra' attraversare Scilla e Cariddi ma in commissione e' passata. Bravo Bersani , onori ritardati ma molto molto meritati. Speriamo che si possa ricostruire una sinistra  liberale e seria , meno disponibile a comnpromessi , per il bene dell'Italia.
Studio Cataldi: diritto e notizie giuridiche
La responsabilità civile dei magistratinell'ambito dell'esercizio delle funzioni giudiziarie è disciplinata dalla legge n. 117 del 13 aprile 1988 (c.d. "legge Vassalli"), approvata a seguito del referendum abrogativo della previgente normativa (d.p.r. n. 497/1987) considerata fortemente limitativa sul piano della responsabilità civilistica dei giudici. 
La nuova legge ha cercato di contemperare i due principi della responsabilità civile dei giudici con l'esigenza di salvaguardarne l'indipendenza e l'autonomia, tuttavia, prevedendo una responsabilità diretta dello Stato e soltanto indiretta del magistrato (previa rivalsa dello Stato stesso) e una c.d. "clausola di salvaguardia" ha corrisposto solo in parte agli obiettivi originari fissati con il referendum, realizzando di fatto una responsabilità più virtuale che reale. 
Il danno ingiusto e la clausola di salvaguardia
La legge n. 117/1988 prevede, all'art. 2, che chiunque abbia subito undanno ingiusto, a causa di un "comportamento", un "atto" o un "provvedimento giudiziario" posto in essere da qualunque magistratonell'esercizio delle sue funzioni "può agire contro lo Stato per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e anche di quelli non patrimoniali che derivino da privazione della libertà personale" (art. 2, comma 1). 
La parte può agire anche direttamente contro il magistrato solo nel caso in cui il danno sia derivato da un fatto che costituisce reato (art. 13). 
Il danno deve rappresentare l'effetto di un comportamento, atto o provvedimento giudiziario posto in essere da un magistrato con "dolo" o "colpa grave" nell'esercizio delle sue funzioni oppure conseguente "a diniego di giustizia". 
Ex art. 2, comma 3, della legge costituiscono colpa grave: la grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile;l'affermazione e la negazione, determinate da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento; l'emissione di provvedimento concernente la libertà della persona fuori dei casi consentiti dalla legge o senza motivazione. 
Per la giurisprudenza, la colpa grave di cui all'art. 2, comma 3 della l. n. 117/1988 è ravvisabile quando "il comportamento del magistrato si concretizza in una violazione grossolana e macroscopica della norma ovvero in una lettura di essa contrastante con ogni criterio logico, che comporta l'adozione di scelte aberranti nella ricostruzione della volontà del legislatore, la manipolazione assolutamente arbitraria del testo normativo e lo sconfinamento dell'interpretazione nel diritto libero" (cfr. ex multis, Cass. n. 7272/2008). Invece, la negligenza inescusabile postula un "quid pluris"rispetto alla colpa grave, "richiedendo che essa si presenti come non spiegabile, senza agganci con le particolarità della vicenda atti a rendere comprensibile (anche se non giustificato) l'errore del giudice" (Cass. n. 6950/1994; n. 16935/2002). 
L'art. 3 della legge afferma che anche il diniego di giustizia può dare luogo alla responsabilità civile del magistrato. Esso si configura nei casi di ritardi, rifiuti o omissioni nel compimento di uno o più atti di ufficio, quando, trascorso il termine di legge per il compimento dell'atto, la parte ha presentato istanza per ottenere il provvedimento e dalla data di deposito (in cancelleria) siano decorsi inutilmente, senza giustificati motivi, i trenta giorni previsti. 
Inoltre, nel caso in cui il ritardo o l'omissione, immotivati e ingiustificati, riguardino direttamente la libertà personale dell'imputato, la scadenza è diminuita improrogabilmente a cinque giorni, a partire dal deposito dell'istanza, o è coincidente con lo stesso giorno in cui si è verificata una situazione (o è decorso un termine) che renda incompatibile la permanenza della misura restrittiva della libertà personale (art. 3, comma 3, l. n. 117/1988). 
La legge Vassalli prevede, tuttavia, una "clausola di salvaguardia" sancendo all'art. 2, comma 2, che "non può dar luogo a responsabilità l'attività di interpretazione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove". In tali ipotesi, la tutela delle parti è esclusivamente di natura endoprocessuale, potendo attuarsi attraverso l'impugnazione del provvedimento giurisdizionale che si assume essere viziato. 
Campo di applicazione e azioni
L'art. 1, comma 1, della l. n. 117/1998 delinea il campo di applicazione della responsabilità civile dei magistrati, sancendo che le disposizioni legislative "si applicano a tutti gli appartenenti alle magistrature ordinaria, amministrativa, contabile, militare e speciali, che esercitano l'attività giudiziaria, indipendentemente dalla natura delle funzioni, nonché agli estranei che partecipano all'esercizio della funzione giudiziaria". Il comma successivo estende il campo di applicazione anche ai magistrati che esercitano le proprie funzioni in organi collegiali
Per quanto concerne l'azione in giudizio, chi ha subito il danno ingiusto non può agire direttamente nei confronti del magistrato, ma contro lo Stato, nella persona del Presidente del Consiglio dei Ministri (art. 4). 
La competenza spetta al tribunale del capoluogo del distretto della Corte d'appello, da determinarsi a norma dell'art. 11 c.p.p. e dell'art. 1 delle disp. att. c.p.p. 
L'azione può essere esercitata soltanto quando siano stati già esperiti i mezzi ordinari di impugnazione o gli altri rimedi previsti avverso i provvedimenti cautelari e sommari, e in ogni caso quando non è più possibile modificare o revocare il procedimento, ovvero se tali rimedi non sono previsti, quando sia esaurito il grado del procedimento nell'ambito del quale si è verificato il fatto che ha cagionato il danno. 
A proposito delle tempistiche, invece, è opportuno ricordare che l'azione va proposta entro due anni, a pena di decadenza, a partire dal momento in cui è possibile esperirla, ovvero dopo tre anni dalla data in cui il fatto è avvenuto nel caso in cui il grado del procedimento in cui si è verificato il fatto non sia ancora concluso. 
Il tribunale, sentite le parti, dichiara l'ammissibilità della domanda e dispone per la prosecuzione del processo (art. 5). 
Ove non siano rispettati i termini o i presupposti di cui agli artt. 2, 3 e 4 ovvero quando la domanda è manifestamente infondata, il tribunale può dichiararne, con decreto motivato, l'inammissibilità, la quale è impugnabile, nei modi e nelle forme stabiliti dall'art. 739 c.p.c., innanzi alla corte d'Appello.
La rivalsa dello Stato
A seguito dell'accertamento della responsabilità del magistrato, ed entro un anno dal risarcimento, lo Stato esercita l'azione di rivalsa nei confronti dello stesso (art. 7). 
L'azione è promossa dal Presidente del Consiglio dei Ministri davanti al Tribunale del capoluogo del distretto della Corte d'appello, da determinarsi a norma dell'art. 11 c.p.p. e dell'art. 1 delle norme di attuazione del codice di procedura penale (art. 8). 
Quanto alla misura della rivalsa, la legge dispone che la stessa "non può superare una somma pari al terzo di una annualità dello stipendio, al netto delle trattenute fiscali, percepito dal magistrato al tempo in cui l'azione di risarcimento è proposta, anche se dal fatto è derivato danno a più persone e queste hanno agito con distinte azioni di responsabilità". Tale limite è escluso, tuttavia, se il fatto è stato commesso con dolo. 
Analoghe disposizioni si applicano anche agli estranei che partecipano all'esercizio delle funzioni giudiziarie. Per costoro, la misura della rivalsa è calcolata in rapporto allo stipendio iniziale annuo, al netto delle trattenute fiscali, che compete al magistrato di tribunale, ovvero, se l'estraneo percepisce uno stipendio (o un reddito di lavoro autonomo) inferiore, è calcolata in rapporto allo stesso al tempo della proposizione dell'azione di risarcimento. 
Prospettive di riforma
Di fronte ai risultati prodotti dalla legge Vassalli, giudicati da più parti non rispondenti agli obiettivi originari posti con l'esito referendario, sono stati presentati nel tempo svariati progetti di legge , volti ad introdurre modifiche sia sotto il profilo sostanziale che sotto quello procedurale, al fine di contemperare, da un lato, l'esigenza di una reale applicabilità della responsabilità civile dei magistrati, dall'altro di non comprometterne le necessarie autonomia ed indipendenza. 
I vari disegni di legge si muovono sostanzialmente nell'ottica di una introduzione di forme dirette di responsabilità del magistrato, almeno in caso di dolo, di una semplificazione del procedimento per la responsabilità in caso di colpa grave, di una garanzia di terzietà dell'organo giudicante con la previsione di una composizione mista (anche di cittadini), della revoca del limite della posta risarcitoria. 
Nel difficile dibattito sul tema si è incisivamente inserita anche la Corte di Giustizia dell'Unione europea, che si è pronunciata in più occasioni (causa C-224/01 "Kobler"; causa C-173/03 "Traghetti del Mediterraneo SpA") riguardo alla mancata rispondenza della legge Vassalli alle norme del diritto comunitario, soprattutto in merito alla responsabilità indiretta del magistrato e all'esclusione della stessa nei casi di interpretazione di norme di diritto o della valutazione di fatti e prove (c.d. clausola di salvaguardia), avviando, da ultimo, una procedura di infrazione, conclusa con una sentenza di condanna per l'Italia (Commissione c. Italia 24.11.2011) per violazione del diritto dell'Unione Europea. 
La necessità di un intervento legislativo è, pertanto, ormai ineludibile. Attualmente, in Parlamento, oltre ai numerosi progetti di legge (cfr. ddl n. 3129 e n. 1850/2013), è in corso l'iter di discussione sul ddl "Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione Europea", al quale è stato apportato un emendamento, approvato nei giorni scorsi dalla Camera e ora all'esame del Senato, che introduce una responsabilità diretta del magistrato per ogni comportamento, atto o provvedimento posto in essere con dolo, colpa grave o per diniego di giustizia. 
Un compiuto excursus sui progetti di legge e sugli emendamenti proposti in materia è presente sul sito della Camera a questa pagina
E' possibile visualizzare il Testo della legge 117/1988 sulla Responsabilità civile dei magistrati attualmente in vigore, in attesa che la responsabilità diretta dei magistrati venga definitivamente approvata (o respinta).
Autore: Nemes 
Per completezza di informazioni pubblichiamo qui di seguito un estratto del DDL 3129:

Estratto del Disegno di legge 3129 in relazione alle modifiche proposte alla legge 117/1988 sulla responsabilità civile dei magistratri.
Art. 25. (Modifiche alla legge 13 aprile 1988, n. 117)
     1. All’articolo 2 della legge 13 aprile 1988, n. 117, sono apportate le seguenti modificazioni:
        a) il comma 1 è sostituito dal seguente:
    «1. Chi ha subìto un danno ingiusto per effetto di un comportamento, di un atto o di un provvedimento giudiziario posto in essere dal magistrato in violazione manifesta del diritto o con dolo o colpa grave nell’esercizio delle sue funzioni ovvero per diniego di giustizia può agire contro lo Stato e contro il soggetto riconosciuto colpevole per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e anche di quelli non patrimoniali che derivino da privazione della libertà personale. Costituisce dolo il carattere intenzionale della violazione del diritto»;
        b) il comma 2 è sostituito dal seguente:
    «2. Salvi i casi previsti dai commi 3 e 3-bis, nell’esercizio delle funzioni giudiziarie non può dar luogo a responsabilità l’attività di valutazione del fatto e delle prove»;
        c) dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:
    «3-bis. Ai fini della determinazione dei casi in cui sussiste una violazione manifesta del diritto ai sensi del comma 1, deve essere valutato se il giudice abbia tenuto conto di tutti gli elementi che caratterizzano la controversia sottoposta al suo sindacato, con particolare riferimento al grado di chiarezza e di precisione della norma violata, al carattere intenzionale della violazione, alla scusabilità o inescusabilità dell’errore di diritto. In caso di violazione del diritto dell’Unione europea, si deve tener conto se il giudice abbia ignorato la posizione adottata eventualmente da un’istituzione dell’Unione europea, se non abbia osservato l’obbligo di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267, terzo paragrafo, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, nonché se abbia ignorato manifestamente la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea».
    2. Agli oneri derivanti dall’attuazione del comma 1, valutati in 2,45 milioni di euro per l’anno 2011 e in 4,9 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2012, si provvede, quanto a 2,45 milioni di euro per l’anno 2011, mediante utilizzo delle risorse di cui all’articolo 1, comma 14, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, e, quanto a 4,9 milioni di euro a decorrere dall’anno 2012, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa prevista all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, relativa al Fondo per interventi strutturali di politica economica.
    3. Ai sensi dell’articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, il Ministro della giustizia provvede al monitoraggio degli oneri di cui al presente articolo e riferisce in merito al Ministro dell’economia e delle finanze. Nel caso si verifichino, o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di cui al comma 2 del presente articolo, il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro della giustizia, provvede, con proprio decreto, alla riduzione, nella misura necessaria alla copertura finanziaria del maggior onere risultante dall’attività di monitoraggio, delle dotazioni finanziarie di parte corrente iscritte, nell’ambito delle spese rimodulabili di cui all’articolo 21, comma 5, lettera b), della citata legge n. 196 del 2009, nel programma «Giustizia civile e penale» della missione «Giustizia» dello stato di previsione del Ministero della giustizia. Il Ministro dell’economia e delle finanze riferisce senza ritardo alle Camere con apposita relazione in merito alle cause degli scostamenti e all’adozione delle misure di cui al secondo periodo.

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