di VITTORIO LONGHI L'Ilo fa il punto sulle tendenze globali: 40 milioni di occupati poveri in più rispetto al 2007, i giovani senza impiego sono due volte e mezzo gli adulti, la metà dei posti perduti riguarda i Paesi ricchi. E non si prevede un miglioramento a breve.
IL numero dei disoccupati nel mondo si attesta oggi a circa 205 milioni. Non è aumentato molto tra 2009 e 2010 ma è ancora forte lo scarto rispetto al 2007, prima della crisi, di 27,6 milioni. Secondo i ricercatori dell'agenzia Onu nel 2011 il numero complessivo dovrebbe scendere a 203,3 milioni.Oltre la metà dei posti persi riguarda le economie sviluppate e l'Unione Europea, nonostante la regione rappresenti solo il 15 per cento della forza lavoro mondiale. Il lavoro nell'industria europea, ad esempio, è crollato di 9,5 milioni fra il 2007 e il 2009. Al contrario, in Paesi come Brasile, Kazakistan, Sri Lanka, Thailandia e Uruguay l'industria si sta riprendendo e il tasso di disoccupazione è tornato al di sotto dei livelli pre-crisi.La minore disoccupazione non si traduce automaticamente in migliore occupazione, però. I lavori precari, quelli dell'economia informale, non sono cresciuti rispetto al 2008 ma è significativo che questo tasso di "occupazione vulnerabile" abbia interrotto il lungo calo registrato fino al 2007. Infatti oggi ci sono 40 milioni di lavoratori poveri in più, con un aumento dell'1,6 per cento rispetto ad allora. Per "poveri" si intende quei lavoratori che vivono con meno di 1,25 dollari al giorno. L'altro dato preoccupante è relativo al numero dei disoccupati giovani: sono due volte e mezzo il numero dei disoccupati adulti e sono sempre più scoraggiati. Nei 56 Paesi per cui si hanno i dati sono scomparsi dal mercato del lavoro 1,7 milioni di giovani. Si tratta di quelli non calcolati come disoccupati perché non risultano più essere alla ricerca attiva di un posto. . "Questa situazione dimostra l'incapacità dell'economia mondiale di garantire un futuro ai giovani", ha dichiarato il direttore generale dell'Ilo, Juan Somavia. "E questo mina la famiglia, la coesione sociale e la credibilità delle politiche realizzate".........
orso castano : i sindacati europei, forse i primi sindacati comparsi sulla scena internazionale per via della rivoluzione industriale che negli ultimi due secoli ha trovato in Europa il suo nascere ed il suo sviluppo , possono (e debbono giocare un ruolo fondamentale nella globalizzazione che sta attraversando al galoppo il mondo. Se pensiamo ai sindacati della tedeschi della volkwsagen , al loro contratto, alla loro partecipazione alle strategie industriali e governative in tema di investimenti in ricerca e reti sociali di supporto , potremo concludere che certo , mutatis mutandis , non mancano buoni esempi per superare questa crisi in Europa . Il che induce ad un moderato ottimismo...
Nessun commento:
Posta un commento