Più che un capitano d’industria,
Marchionne sembra Sordi ne I vitelloni di Fellini: uno
strafottente che, quando passa vicino agli operai, fa loro il gesto
dell’ombrello e urla “Lavoratori, tiè”! Ma coi tempi che
corrono, con comparse come Fassino e Chiamparino a fargli da spalla,
e capipopolo come Berlusconi e Obama ad applaudirlo, c’è poco da
sperare che l’auto su cui viaggia Marchionne si fermi di botto e
lui sia costretto a scappare come Sordi.Che Berlusconi lo applauda,
non stupisce. Basta leggere Giovanni Agnelli, la biografia che
Valerio Castronovo ha dedicato anni fa al fondatore della Fiat, per
capire come nacque la sua industria e come egli fece i suoi soldi:
esattamente come Mediaset e Berlusconi, appunto. Cioè, con
aggiottaggi, denunce, processi, corruzioni di giudici, tangenti ai
partiti, speculazioni edilizie (Bardonecchia vs. Milano Due),
controllo di una stampa addomesticata (La Stampa vs. il Giornale),
fiancheggiamenti dell’uomo forte (Mussolini vs. Craxi), e infine
discesa in campo: da primo senatore a vita nominato dal Duce l’uno,
e da presidente del Consiglio l’altro.un tale malfattore mantenesse
la proprietà di un’azienda che era prosperata sulla pelle dei
lavoratori, e nel collaborazionismo coi fascisti. Agnelli e Valletta
furono spogliati della presidenza e dell’amministrazione della
Fiat, ma la sporca realpolitik ebbe presto il sopravvento
sui puri ideali. Agnelli ebbe la compiacenza di morire, e Valletta fu
reintegrato nel suo ruolo. Vent’anni dopo sarebbe stato nominato
senatore a vita dal socialdemocratico Saragat, così come l’erede
del vecchio senatore, il rampollo Gianni, lo sarebbe stato nel 1991
dal democristiano Cossiga.E fu proprio l’avvocato a dichiarare una
volta che “la Fiat è governativa”. Cioè, pronta a scendere a
patti con qualunque governo, pur di continuare a praticare la
politica del capitalismo d’accatto che ha dissanguato l’Italia:
gli utili agli imprenditori, le perdite allo stato (e dunque, ai
lavoratori). Se la Fiat ha prosperato nel dopoguerra, è stato grazie
a una dissennata politica di privilegio dell’auto privata a scapito
dei servizi pubblici......................
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