venerdì 26 marzo 2010

SANTORO: "'RAI PER UNA NOTTE' E' STATO UN SISMA. WWWW!!!!


.............Santoro da parte sua ha dichiarato che "Rai per una notte" e' stato "un sisma di inaudite proporzioni": "I dati Auditel dicono che abbiamo fatto il 13% di ascolti, il 6% li ha fatti Sky, piu' di una partita di Champions. Ma l'Auditel e' solo un mezzo di rilevazione tradizionale. Ora servono strumenti piu' accurati perche' 'Rai per una notte' e' stato seguito su web e radio private". "Quanto accaduto ieri sera - ha concluso Santoro - "e' stato un terremoto per la tv generalista"........

B. e' incazzatissimo : "Roma, 26 mar. - Privatizzare la Rai? "Tutte le democrazie hanno un servizio pubblico. La Rai e' diventata una tv commerciale. Ha messo 'in primis' la formazione di divertire e poi dal formare. Quindi non so se e' giusto privatizzarla.Non puo' continuare cosi' se vuole che gli italiani pagano il canone". E' quanto afferma Silvio Berlusconi in un'intervista a Sky. .

giovedì 25 marzo 2010

Metafore, .... per navigare nel labirinto della vita

Per Leibniz erano non soltanto figure retoriche ma anche uno strumento di indagine fìlosofìca, come spiega uno studio di Costina Marras di Tullio Gregory da Domenica del 14/3/10 del sole24ore

.................... Lavoro particolarmente importante perché Leibniz usa la metafora non solo come figura retorica, ma soprattutto - questa la tesi centrale del volume - come strumento di un rigoroso discorso filosofia): «Le metafore, grazie alla loro ubiquità e alla loro flessibilità, mostrano di essere adeguate non solo in quanto utili e talvolta indispensabili per lo svjluppodel pensiero, ma anche per essere parte costitutiva nello sviluppo dei concetti». Infatti «l'intreccio metaforico leibniziano mostra eome le metafore passino da un dominio concettuale più circoscritto a un dominio più vasto e plurale, e come il loro uso mostri i ruoli via via più costitutì, vie strutturanti nella concettualizzazione di alcuni punti centrali della filosofia leibniziana». Cinque le tipologie di metafore prese in esame (alle quali molte altre vengono collegate): l'oceano e le metafore acquatiche e nautiche; la via e le metafore geografiche e di viaggio; lo specchio con le connesse metafore ottiche e visive; il labirinto e le metafore spaziali; la bilancia e le metafore connesse al suo uso per misurare forze e pesi, quindi -translata voce - per valutare i processi argomentativi. Attorno a esse si articolano e si affrontano temi cruciali del pensiero di Leibniz. Basti pensare alla metafora dell'oceano, ove si incrociano e si connettono tanto il concetto dell'infinità di Dio («l'oceano della divinità»), quanto la fluidità e organicità di un universo di monadi ciascuna delle quali è come una goccia che concorre nel tutto, mantenendo la propria individualità. Infine l'oceano come universo del sapere che Leibniz -nell'assiduo delineare progetti per un'enciclopedia - vede strutturato non secondo un gerarchizzato albero delle scienze, ma come il teorico tedesco aveva individualo cinque categorie, tra cui centrali quelle legate all'oceano, allo spazio e al viaggio , interconnessione di conoscenze dinamicamente collegate, come affluenti che confluiscono nell'oceano, ovvero nell'unità del sapere: «Tutto il corpo delle nostre conoscenze - scrive Leibniz - è come un oceano nel quale le differentiparti sono definite e distinte solo da confini arbitrariamente posti».La connessione di queste metafore acquatiche con le metafore derivate dal viaggiare e dalla redazione di carte geografiche è evidente: nel viaggio la via, cioè il metodo di ricerca, è essenziale, come essenziale è l'esatta descrizione delle realtà geografiche, delle terre conosciute e delle zone ancora incertamente definite o ignote. Leibniz, grande viaggiatore, abbonda in metafore legate alla sceltadelle vie, o metodi, scelti per viaggiare verso una meta - la verità - mentre il suo stesso fittissimo epistolario, nota Cristina Marras, «è una rete viaria individuale che traccia dei percorsi europei intellettuali».Dal viaggio al labirinto, altra metafora cruciale: «Vi sono due labirinti famosi - avverte Leibniz in apertura della Teodicea - ove la nostra ragione si smarrisce spesso: l'uno concerne il grande problema del libero e del necessario, soprattutto nella produzione e nell'origine del male; l'altro consiste nella discussione sul continuo e gli indivisibili che " sembrano esserne gli elementi, dove entra anche la considerazione dell'infinito. Il primo impegna quasi tutto il genere umano, l'altro è proprio dei filosofi».............. il tema dello specchio: cruciale solo che si pensi alla celebre definizione della monade: «Ogni monade è uno specchio vivente, cioè dotato di un'azione interna, che rappresenta l'universo dal proprio punto di vista», rappresentazione più o meno confusa questa della monade rispetto a Dio che solo ha tutto presente «per speculum», «cioè nell'idea che è nell'intelletto divino». Dall'oceano allo specchio, attraverso il labirinto, la via e la bilancia della ragione (essenziale nella valutazione di opposti argomenti), si profila in questo volume un itinerario leibniziano che permette di cogliere, proprio attraverso una "prospettiva metaforica", i nodi cruciali di una filosofia complessa, multiprospettica e reticolare: «Le metafore infatti - sottolinea Cristina Marras - non fanno solo da connettore tra gli stessi ambiti, ma anche tra campi lontani e diversi della filosofia leibniziana e consentono di estendere gli orizzonti del pensiero filosofia)». di  Cristina Marras, «Metaphora translata voce. Prospettive metaforiche nella filosofia di G. W. Leibniz», Leo S. Disellici Editore, Firenze, pagg. IX+183,€ 22,00.

ma anche Dante  Alighieri non mancava certo di usare spesso similitudiuni , e molto azzeccate nonche' famose :
-Diverse lingue, orribili favelle, parole di dolore, accenti d'ira, voci alte e fioche,e suon di man con elle facevano un tumulto,il qual s'aggira sempre in quell'aura sanza tempo tinta, come la rena quando turbo spira.
oppure
Come d'autunno si levan le foglie l'una appresso de l'altra, fin che 'l ramo vede a la terra tutte le sue spoglie, similmente il mal seme d'Adamo gittansi di quel lito ad una ad una,...

OPPURE
quel segnor (NDR oMERO) de l'altissimo canto che sovra li altri com'aquila vola.


martedì 23 marzo 2010

II medico batte internet

È tutta colpa del rumore di fondo,cioè dell'eccesso di informazioni difficili da verifìcare, se cala sfiducia nella rete come fornitore, di notizie sulla salute , in parallelo, torna a crescere quella nel medico. Negli ultimi anni, infatti, il ruolo di internet è cambiato, e se è vero che spesso lo si consulta per avere una prima infarinatura, o per non disturbare lo specialista fuori dall'orario di ricevimento, o quando si ritiene che il malanno non sia grave, è altrettanto vero che nulla può sostituire il colloquio con quello che viene percepito come l'unico in grado di decifrare quanto si è letto, e che chi ha che fare con una malattia acuta, o deve decidere come gestirne una cronica, ha bisogno di un rapporto personale e di un contatto costante tramite posta elettronica È per certi aspetti sorprendente il dato che emerge dalla rilevazione «Health information national trend survey», un sondaggio compiuto ogni due anni dal 2002-2003 su un totale di l6mila americani, i cui risultati sono appena stati pubblicati dal «New England Journal of Medicine». Da esso emerge con chiarezza che i timori del passato su una progressiva emarginazione del medico non erano fondati e che anzi, almeno dal 2002 a oggi, internet ha contribuito a ridare smalto a un professionista che sembrava averne perso parecchio. Non solo: l'uso dell'email ha reso più stretto il rapporto, e secondo » gli autori avrà ripercussioni sempre,' più importanti anche sull'organizzazione dell'assistenza sanitaria

consulta il servizio open science dell'U.K, clicca e visita il sito , innovativo per l'Italia

domenica 21 marzo 2010

come va l'open science sul web ?


DI FEDERIGO FERRAZZA da No'va (sole24ore) del 11/3/2010
Alice e' una ricercatrice di filosofia ed insegna in un'università italiana lo scorso anno ha tenuto un corso sul "Conflitto delle facoltà", per preparare il quale ha tradotto due capitoli dall'"Akademie Ausgabe" dell'opera di Kant, tutta online e ad accesso aperto, curata e pubblicata dall'Università di Bonn. Per lavorare sui testi, ha utilizzato due dizionari tedeschi importanti del tempo, anch'essi completanente online. Ha poi pubblicate le sue traduzioni su una rivista ad accesso aperto con una licenza Creative Commons così che, se altri studiosi decidono di utilizzarla volendo modificarne alcune parti, possono farlo senza chiederle il permesso (devono solo citarla come fonte). Nel frattempo, ha sottoposto il suo progettò al comitato scientifico della collana del suo dipartimento, che pubblica con Lulu.com, un editore online, che offre servizi editoriali su scala globale e a prezzi molto vantaggiosi. Ogni volta che ha trovato qualcosa di utile e interessante l'ha registrato su Citeulike, che ospita la sua bibliografia di lavoro, contrassegnando la singola fonte con parole chiave e indicandola come già letta o da leggere (e con quale urgenza). Quando invece ha trovato pagine web non strettamente accademiche, le ha archiviate su Delicious».
La storia di Alice è (per ora) ancora un'utopia. In Italia e nel resto del mondo. E non perché gli strumenti di cui si avvale la ricercatrice non siano disponibili. Ma perché oggi la ricerca scientifica - sia pubblica che privata - non è pensata per vivere sulla rete e avvalersi di internet. Ne è convinta Francesca Di Donato, ricercatri-ce precaria del dipartimento di Scienze politiche e sociali dell'Università di Pisa e autrice del saggio "La scienza e la rete. L'uso pubblico della ragione nell'età del web" (Firenze University Press) nel quale c'è - in versione più estesa - la storia di Alice.
Secondo Di Donato, se il web si sta evolvendo, la scienza non riesce a stargli dietro, «Eppure la ricerca avrebbe tutto da guadagnare, migliorando la sua qualità ed efficienza - spiega -: si immagini quanto sarebbe importante affiancare al classico sistema del peer
review, un meccanismo che dia ai ricercatori dei feedback prima della pubblicazione ufficiale, e non solo della comunità accademica».
E poi si potrebbe usare il web anche per fare ricerca. Gli strumenti ci sarebbero tutti.  Qualche esempio? Da Citeulike, sito di social bookmarking per ricercatori, a Zotero, estensione di Firefox per gestire, tra l'altro, le proprie fonti. «Ma oggi - dice Di Donato -la maggior parte dei gruppi di lavoro non usa la rete in maniera intelligente, ricorrendo, per esempio, a strumenti collaborativi e bibliografici o alla licenze Creative Commons che consentirebbero una maggiore diffusione dei risultati».
A tal proposito, Di Donato sottolinea come sia singolare che la diffusione delle ricerche pubbliche passi soprattutto per riviste come quelle scientifiche. Supporti come la carta («per di più a pagamento») riducono la possibilità che i risultati circolino velocemente creando conoscenza e valore per tutti: aziende, ricercatori e singoli cittadini. «Per questo - continua Di Donato- è importante che le università stabiliscano delle pratiche chiare di accesso aperto, come ha fatto recentemente la Luiss». Che ha un archivio digitale, LuisSearch, che - come si legge in una nota dell'ateneo -, «contiene allo stato attuale le registrazioni relative ai lavori scientifici prodotti dalla comunità di ricerca della Luiss a partire dal 2007. Tali registrazioni si compongono dei metadati bibliografici e, quando consentito dalla normativa del diritto d'autore, del loro testo integrale ad accesso aperto».
«È infatti fondamentale che non siano disponibili solo documenti e articoli scientifici - dice la ricercatrice pisana -: sarebbe importante accedere anche ai dati che magari non sono interpretabili da un essere umano, ma da una macchina che, recuperandoli, potrebbe analizzarli e gettare le basi per una nuova ricerca».
In questa dirczione, all'estero ci sono esperienze interessanti. È il caso di un sito messo in piedi dal governo britannico per permettere ai cittadini di accedere a tutti i dati (non sensibili allaprivacy) della pubblica amministrazione, università comprese.www.data.gov.uk, «Ma non bisogna muoversi solo nel campo della ricerca Occorre investire anche nella formazione insegnando agli studenti come si usa la rete e far loro capire quali sono i limiti, che ci sono, di internet - conclude Di Donato -. Oggi, per esempio, per le loro ricerche gli studenti usano soprattutto Google, non sapendo molto spesso che il suo algoritmo (page rank, ndr) da solo non basta perché è un indice di popolarità. Ma non di qualità».

per una visita panoramica alternativa sull'open science :

www.data.gov.uk : unlocking innovation dal governo U.K.

Firefox extension to help you collect, manage, cite, and share your research sources. It lives right where you do your work—in the web browser itself.: zotero

  LUISSearch - Archivio istituzionale della ricerca LUISS :http://eprints.luiss.it/


The tastiest bookmarks on the web.Save your own or see what's fresh now!  http://delicious.com/


free service for managing and discovering scholarly references : http://www.citeulike.org/ :  




orso castano: interessante e condivisibile l'articolo e le indicazioni contenute. Speriamo contribuiscano allo sviluppo dell'open science. Si attendono commenti

la terra e' piena di immigrati

di Remo Bodei , dalla rivista del sole24ore "Domenica"
Tratterò il problema della comunità attraverso il Suo rovescio: lo sradicamento da essa, in forma di esilio, deportazione, emigrazione o autoesclusione, con il conseguente, difficile o impossibile, inserimento nel mondo in cui,si è stati costretti o indotti a cercare asilo. Parlerò, quindi, di tutte quelle condizioni umane ove si è spinti ad abbandonare o a ricostruire nell'immaginazione - la pròpria patria, a diventare, come si dice in spagnolo, desterrados. La patria può essere sia spaziale, geografica, che temporale, storica. In quest'ultimo caso ci si trova di fronte a un'ulteriore biforcazione: da una parte, l'esilio riguarda ognuno di noi, perché, a ogni momento, veniamo, tutti inesorabilmente   espulsi dal tempo finora vissuto, dal nostro passato. Siamo, infatti, tutti emigranti  nel  tempo, esuli dal nostro passato, perché continuamente in transito, attraverso l'evanescente passerella del facescente, dall'irrecuperabile vita trascorsa verso  futuro ancora ignoto. Dall'altra parte, l'esilio è intcriore e ci riguarda , nei periodi di persecuzioni, di illibertà, di profonda crisi sociale quando ci  si rifugia in un sfondo proprio, pur senza abbandonare materialmente il proprio Paese.
Considerando dapprima lo sradicamento dalla' Comunità in termini geografici e per ragioni politiche ed economiche, si è colti da sgomento nel constatare l'estensione del fenomeno. Di esiliati, di profughi, di fuggiaschi, di deportati il mondo era ed è| anche oggi letteralmente pieno, Ogni guerr ra civile o internazionale, ogni colpo di Stato, ogni mutamento di regime o di rapporti di forza, ogni situazione di miseria o dicarestia, ogni cataclisma climatico  rovescia un numero ingente di esuli  sulle zone  fortunate del pianeta. .............
Per gli esili di gruppo basti ricordare alcuni episodi. Quello del commovente incontro del giovane Mazzini con gli esuli in partenza dal porto di Genova dopo i falliti moti carbonari del 1821. A quelli della mia generazione veniva sottolineata a scuola la profonda impressione che gli fece la vista del giovane alto e barbuto che dignitosamente chiedeva la carità per i proscritti. Ma si pensi anche alla deportazione, dopo il 1872, dei comunardi francesi sconfitti nella Guyaria e nella Nuova Caledonia o ai Tedeschi del Volga e ai Tartari strappati alle proprie regioni nell'Unione sovietica di Stalin. O, ancora, guardando più vicino a noi, alla cacciata degli italiani d'Istria nel secondo dopoguerra, a càusa della loro identifiicazione con i fascisti e alla ritorsione iugoslava. Tutti - e sono decine  di milioni - perdono insieme, casa e patria. Un immane cumulodi dolore e di nostalgia si nasconde dietro ogni esilio o emigrazione, dietro le innurerevoli separazióni dai luoghi e dalle persone che si amano. Del resto, la vita di ciascuno di noi sperimenta  ontinuainente la separazione: dal corpo della madre, dai genitori dagli amici, dalla  propria città. L'esistenza individuale e sociale è un àlternarsi di separazioni e ricongungimenti, di fratturee di saldature, di addio al passato e di scoperte del nuovo. ............ Ci si sforza, per lo più, di abituarsi al distacco e di farsene una ragione, specie quando coincide con una perdita irreparabile. Si sopravvive eosì alle separazioni elaborando diverse strategie, che permettono di svettare nuovamente al di sopra del sentimento luttuoso della perdita.
L'intenzione di quanti, da una posizione di potere, bandiscono individui e popoli è quella di reciderne le radici, nell'attesa che inaridiscano e muoiano. L'esilio viene a tal fine mostrato come più "umano" dell'assassinio e del genocidio. E, in fffefti, un riscatto è possibile. Chi ha vissuto nell'esilio o nell'emigrazione è strato sottoposto alla pròva   suprema: quella di riformulare se stesso, di apprendere, in un ambiente estraneo e spesso ostile, regole pensate per un mondo che non è il suo. Devè diventare una sorta di anfibio, un essere dapace di vivere simultaneamente in due mondi, dentro e fuori il suo habitat iniziale...........

per saperne di piu' :
http://www.cestim.it/index06tesi-it.htm

http://www.mapforid.it/index2.htm.

venerdì 19 marzo 2010

B. minaccia un golpe ? La situazione politica precipita .........!!




Berlusconi: presto elezione diretta del Capo dello Stato

Dopo le regionali"
Dopo le elezioni regionali faremo le riforme tra cui "l'elezione diretta del presidente della Repubblica e la riduzione dei parlamentari". Lo ha detto il premier Silvio Berlusconi nel corso della presentazione di un suo libro. Berlusconi ha detto che è importante che le regionali vadano bene, perché con un "mandato pieno" potremo "lavorare bene e con serenità: per esempio per modernizzare il Paese, magari introducendo l'elezione diretta del presidente della Repubblica o la riduzione del numero dei parlamentari". "Serve una grande, grande, grande, grande riforma radicale della giustizia per mettere fine a una patologia terribile nella nostra democrazia", ha aggiunto Berlusconi.

la situazione del lavoro e' sempre piu' precaria

17/03/2010   il CENSIS vede rosa :
Solo con il terziario usciremo dalla crisi, un settore che vale il 71% della ricchezza prodotta nel Paese ma che deve trovare forme organizzative di tipo industriale. Questa in sintesi l'indicazione che esce dalla ricerca 'Il terziario e' un'industria?' realizzata dal Censis e presentata oggi a Roma. L'onda della crisi ha portato a una razionalizzazione del sistema d'impresa terziari. Tra i settori che hanno resistito, va iscritto tutto il mondo dei servizi sociali alla persona e alla famiglia che ha segnato nell'ultimo quinquennio l'incremento piu' significativo di nuovi occupati (+29,5% tra il 2004 e il 2009).
17/03/2010 Laureati in crisi: più disoccupati e pagati meno
L'indagine Almalaurea: scende l'occupazione, salari giù per tutte le tipologie. Senza contare il potere d'acquisto. Male anche le “lauree forti” come ingegneria. Crolla la richiesta delle aziende: -31% nel I bimestre 2010.Trovano meno lavoro e, se ci riescono, guadagnano meno di un anno fa. Questo il quadro attuale dei laureati italiani secondo Almalaurea, che ha presentato oggi (mercoledì 17 marzo) il tradizionale rapporto sulla loro condizione occupazionale. L’indagine coinvolge oltre 210mila giovani, laureati nel 2008 e interpellati un anno dopo la tesi: emerge un aumento sensibile della disoccupazione, non solo fra i laureati triennali (dal 16,5 al 22%), ma anche per chi ha scelto una “laurea forte” come ingegneria. In calo anche la stabilità dell'impiego a 12 mesi dal titolo e la consistenza delle buste paga: a un anno dalla fine degli studi il guadagno supera appena i 1.050 euro netti mensili, la contrazione oscilla dal 2% fra i laureati di primo livello, al 3% tra i colleghi a ciclo unico fino ad arrivare al 5% tra gli specialistici.

La crisi delle “lauree forti”
Le difficoltà sono generalizzate, dunque, anche per chi sceglie una laurea specialistica a ciclo unico (medici, architetti, veterinari, ecc.). Per questi il tasso di disoccupazione è salito dal 9% al 15%. La tendenza si registra indipendentemente dal corso di studio: anche indirizzi tradizionalmente più solidi, come ingegneria, non offrono certezze di lavoro. Frena il flusso di entrata nel mercato del lavoro: tra i laureati di primo livello l’occupazione scende quasi del 7% (62% rispetto al 69% del 2009). Gli specialistici superano anche la contrazione di 7 punti (45,5% contro il 53% dell’anno scorso), quelli a ciclo unico scendono del 5% (dal 43% al 37%).Buste paga più leggere per tutti.....A un anno dalla laurea, come detto, si guadagnano 1.050 euro mensili: nello specifico, 1.057 per gli specialistici, 1.109 per il primo livello, 1.110 euro per gli specialistici a ciclo unico. Rispetto alla precedente indagine, spiega, gli stipendi calano per tutte le tipologie: 2% per i laureati primo livello, 3% per il ciclo unico, 5% per la specialistica. Con queste premesse, secondo il consorzio, è naturale attendere un quadro più critico se si considerano le retribuzioni reali, ovvero i cambiamenti del potere d’acquisto.Aziende, -31% richieste nel I bimestreScenario fosco anche da parte delle aziende: nel periodo gennaio-febbraio 2010 le richieste di laureati sono crollate del 31%, rispetto agli stessi due mesi dell’anno precedente. La contrazione della domanda coinvolge quasi tutti i percorsi di studio, fa notare l’indagine, anche quelli solitamente al vertice dell’occupazione (per esempio -37% nelle facoltà economico-statistiche, -9% per ingegneria). Infine la situazione degli stage. L’esperienza resta un vantaggio occupazionale rispetto a chi non la intraprende, sostiene Almalaurea, ma è un vantaggio che diminuisce su base annua: il tasso di occupazione degli stagisti è pari al 49% contro il 46% degli altri (+3% contro il +6,5% del 2009).

giovedì 18 marzo 2010

un sito che promette .......ma poi mantiene ? Quanti farmaci vengono consumati , quanti ricoveri e di che tipo?

il sito , lo abbiamo scorso a lungo , ma chissa' , qualche dato ci sra' sfuggito! Ci sembra strano che un sito tanto strombazzato, costruito per la salute dei cittadini , non informi , ad esempio, su quanti tumori e di che tipo , si ammalano i torinesi. Ma allora che cosa significa sito sulla salute? forse le solite raccomandazioni gia' presenti a tonnellate su internet , oppure informazioni sulle meravigliose e "progressive " attrezzature ospedaliere, per diagnosi di malattie che sarebbe piu' utile prevenire, (attrezzature a carico del cittadino per la soddifazione e la  gloria delle case produttrici , e non si vuole con questo sminuire l'importanza delle novita' tecnologiche) . Ma tant'e' della prevenzione se ne parla sempre meno , neppure quanto basta per qulche "sano gargarismo".....
clicca sulla immg x il sito e ...buona navigazione. Se scoprite qualcosa che contraddice le nostre osservazioni siete stracaldamente pregati di farcelo sapere....

domenica 14 marzo 2010

Il lavoro e la crisi: esigiamo le risposte. Guglielmo Epifani a Piazza del Popolo

http://www.radioarticolo1.it/audio/2009/11/14/3613/il-lavoro-e-la-crisi-esigiamo-le-risposte-lintervento-di-guglielmo-epifani
clicca su freccia (dopo microfonino) x il discorso

la coscienza secondo le neuroscienze...........uno strumento x misurarne lo stato ?

Nuove tecniche dineuroimàging aprono la strada allo sviluppo di un marker oggettivo di  francesca CERATI da no'va del Sole24ore del 11/2/2010
..... il campo della neuroimaging è destinato ad assumere un ruolo sempre più importante nella valutazione" degli stati vegetativi, anche se la cautela nell'interpretazione dei risultati anche con questi strumenti è d'obbligo.
Certo è che la diagnosi dei pazienti in coma ha dei forti limiti, visto che si basa sull'osservazione delle risposte comportamentali a determinati stimoli. In caso di lesioni motorie è impossibile che il soggetto riesca a esprimere il suo stato di coscienza. «Di fatto, - spiega Marcello Massimini, del dipartimento di Scienze cllniche Luigi Sacco dell'Università di Milano - all'esame clinico esiste una tendenza a sottostimare il livello di coscienza, che interessa il 40% dei casi».
Per bypassare questo ostacolo, i più recenti studi utitìzzano la risonanza magnetica funzionale (l'ultimo è apparso su Lancet due settimane fa), che sfrutta un livello più profondo del cervello, quello che utilizza l'immaginazione mentale e la memoria, ma anche in questo caso ci sono ampi margini di dubbio e le risposte che si ottengono possono avere diverse interpretazioni. «In effetti - continua Marcello Massimini -, esistono delle difficoltà oggettive imputabili al fatto che spesso questi pazienti hanno movimenti involontari che possono sfalsare i risultati, ma può anche capitare che il paziente non si presti, per varie ragioni, a seguire questo percorso mentale».
Così il gruppo di Massimini, in collaborazione con quello di Giulio Tononi, dell'Università del Wisconsin, ha pensato di sviluppare un marker oggettivo del livello di coscienza. «Ci siamo chiesti che cosa dobbiamo oggettìvamente misurare nel cervello per capire il livello di coscienza - continua Massimini -. Evidenze convergenti, che derivano da misure sperimentali e dalle più accreditate considerazioni di neuroscienze teoriche, formulate peraltro dallo stesso Tononi, suggeriscono che la coscienza dipende dalla capacità delle diverse aree che compongono la corteccia cerebrale di comunicare efficacemente tra di loro. Se blocchiamo questa comunicazione infatti non si è più coscienti».
Come prima cosa i ricercatori hanno cercato di capire se veramente la comunicazione interna è correlata con lapresenza o l'assenza di coscienza facendo esperimenti sullo stato disonno e veglia. «Nel 2005 abbiamo studiato cosa succede quando ci addormentiamo: nella fase rem la coscienza svanisce e la connettività cerebrale crolla. Il lavoro, che è stato pubblicato su Science, è stato ripetuto e confermato nel 2007. Il nostro ultimo lavoro, pubblicato su Pnos una settimana fa, estende questi risultati all'anestesia: allaperdita di coscienza indotta dal farmaco corrisponde infatti uno spegnimento del dialogo interno alla corteccia cerebrale. A questo punto iniziamo ad avere un'idea più precisa e abreve possiamo avviare uno studio diretto sui pazienti in coma. In questo caso lo scopo è di verificare se il recupero clinico del soggetto è preceduto o accompagnato anche dal recupero della comunicazione interna. Se questo parallelismo tra dialogo tra le aree corticali del cervello e recupero della coscienza sarà confermato, avremo uno strumento complementare per la diagnosi di pazienti portatori di gravi lesioni cerebrali, quali i locked-in o in stato di coscienza minimale.
La tecnica di imaging impiegata dai ricercatori combina la stimolazione magnetica transcranica, con l'elettroencefalografia. «La stimolazione magnetica è l'unico modo per attivare un'area di cervello in modo indolore e non invasivo: lo stimolo passa indisturbato tutti i tessuti e arriva direttamente sui neuroni accendendoli».
E anche se è ancora presto considerare tanto la risonanza magnetica funzionale quanto il marker oggettivo del livello dlcoscienza delle tecnica valide, capaci di dare risposte certe sullo stato vegetativo, certamente rappresentano un avanzamento importante per comprendere sempre meglio e di più quella "scatola nera" che chiamiamo cervello.
francesca.cerati@ilsole24ore.com

per saperne di piu sulla risonanza magnetica funzionale :stralciato da wikipedia (clicca x link)...........si hanno così, oltre che variazioni del flusso sanguigno cerebrale, anche modificazioni localizzate del volume sanguigno cerebrale e della concentrazione relativa di ossiemoglobina (emoglobina ossigenata) e deossiemoglobina (emoglobina non ossigenata).L'emoglobina è diamagnetica quando ossigenata ma paramagnetica quando non ossigenata e il segnale dato dal sangue nella risonanza magnetica nucleare (RMN) varia in funzione del livello di ossigenazione. Questi differenti segnali possono essere rilevati usando un'appropriata sequenza di impulsi RMN, ad esempio il contrasto Blood Oxygenation Level Dependent (BOLD). Maggiori intensità del segnale BOLD derivano da diminuzioni nella concentrazione di emoglobina non ossigenata, dal momento che lasuscettività magnetica del sangue risulta avere un valore più vicino a quello dei tessuti. Mediante analisi con scanner per imaging a risonanza magnetica, usando parametri sensibili alla variazione della suscettività magnetica, è possibile stimare le variazioni del contrasto BOLD, che possono risultare di segno positivo o negativo in funzione delle variazioni relative del flusso sanguigno cerebrale e del consumo d'ossigeno.............

orso castano : passi avanti  utili, certo,  ma nulla ancora rispetto ai "vissuti", all'intensita' delle emozioni, alla speranza , al progetto esistenziale, alla complessita' delle relazioni , ecc......illuminare queste aree, anche se e' scontato che vi siano interpretazioni , e' possibibile solo nell'incontro tra esseri umani....


la prospettiva neuroetica..... (seguito , clicca x art. precedente)

questi farmaci, aumenta il rischio di un loro utilizzo scorretto. Basti considerare il fatto che negli USA, le prescrizioni per stimolanti (in particolar modo di metil-fenidato (Ritalin) - dopaminergico che aumenta le performance cognitive -) nelle scuole medie superiori appare secondario solamente all'uso di cannabis. (15-16). Il metilfenidato costituisce un farmaco la cui indicazione terapeutica è la sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) nei bambini. È un farmaco stimolante del sistema nervoso centrale ha effetto calmante e riduce il comportamento impulsivo dei bambini; i suoi effetti collaterali sono inferiori a quelli delle altre anfe-tamine analoghe. Nonostante l'indubbia efficacia del farmaco spesso il suo uso non appare lecitamente giustificato, soprattutto negli Stati Uniti è stato evidenziato un incremento esponenziale delle prescrizioni di metilfenidato (Ritalin) da parte dei pediatri. Già nel 1999 l'incidenza della ADHD negli USA era stimata al 4% mentre la prescrizione di Ritalin era intorno al 1,5%; suddividendo però la popolazione infantile affetta da ADHD si evidenziava come in alcune zone degli Stati Uniti il metilfenidato venisse somministrato al 10-12% dei bambini compresi tra i 6 ed i 12 anni (17). Da diversi studi si evince come il 12,5% dei bambini ai quali è stata fatta diagnosi di ADHD, secondo i criteri del DSM-III, sono in terapia con metilfenidato (18). Sulla sovraprescrizione di questo farmaco si è espresso nel 2005 l'ONU che ha fatto appello a diverse nazioni affinchè la diagnosi di ADHD non sia sovrastimata e l'uso di metilfenidato non raggiunga livelli allarmanti. A conferma di quanto detto esiste uno studio di Brighi G.M., et al. (2008) (19) che prende in considerazione 545 soggetti trattati per ADHD evidenziando le percentuali di uso improprio dei f armaci somministrati. Dai risultati riportati si osserva come dei 545 pazienti (di cui 89,2% trattati per ADHD) il 14,3% faccia abuso degli stimolanti somministratigli. Le sostanze di cui più frequentemente si è riscontrato un eccessivo utilizzo sono un insieme di diverse anfetamine (40% Adderai) a seguire anfetamine a lento rilascio (14,2% Adderai XR) e metilfenidato (15% Ritalin), inoltre, la frantumazione delle compresse con successiva aspirazione, appare la più comune via di assunzione, riscontrata ben nel 75% dei casi. Da recenti ricerche si è evidenziato come altri farmaci risultino spesso utilizzati con scopi illecitamente diversi da quelli per i quali vengono comunemente prescritti. È questo il caso del Donepezil, inibitore dell'acetilcolinesterasi ed usato nel trattamento dell' Alzheimer, viene assunto invece dai piloti delle linee aeree commerciali poiché si è osservato migliori le prestazioni nelle simulazioni di volo.Mentre l'uso di un bloccante dei recettori (3-adrenergici (Propanololo) potrebbe secondo recenti studi eliminare i ricordi spiacevoli legati a stress post-traumatici. A tale proposito è Pitman et al. (2002) (21) ad affettuare uno studio a doppio-cieco su soggetti con acuto PTSD somministrando a 18 persone propanololo e a 23 placebo a sei ore dall'evento e prolungando la somministrazione per 10 giorni. Allo scadere di questa data egli afferma che nei soggetti trattati con propanololo le conseguenze negative legate al trauma sono significativamente inferiori rispetto ai soggetti a cui è stato somministrato solo placebo. Successivamente Brunet et al. (2008) hanno effettuato uno studio a doppio-cieco simile al precedente ma su soggetti affetti da disturbo post-traumatico da stress cronico. Anche in questo caso tra tutti i pazienti (di cui 9 trattati con propanololo e 10 con placebo) si è osservato come coloro che ricevevano il farmaco avevano risposte fisiologicamente inferiori ai ricordi traumatici rispetto agli altri. Dati statistici evidenziano come il Provigil (Modafinil farmaco utilizzato nella terapia della narcolessia, poiché riduce la sonnolenza diurna provocata da tale malattia) venga impropriamente utilizzato nel 90% dei casi per migliorare prestazioni sportive (nonostante non sia stato provato un suo effetto certo dopante) e per ridurre la sonnolenza dovuta al jet-lag . Esiste inoltre un acceso dibattito su come tale farmaco venga impropriamente usato da soggetti sani come potenziatore cognitivo, i ricercatori appaiono concordi nell' affermare che il moda-finil potenzi effettivamente alcuni aspetti della memoria, ma vi sono dubbi sulla sua efficacia nella memoria spaziale e nelle funzioni esecutive e nell'attenzione .
Le basi neurobiologiche dell'empatia
Si pensi ad esempio alla questione dei mirror neurons emersa negli anni '80 e '90 con il gruppo di ricercatori dell'Università di Parma coordinato da Giacomo Rizzo-latti, e conscguentemente dell'empatia. I neuroni specchio sono una classe di neuroni specifici che si attivano sia quando si compie un'azione sia quando la si osserva mentre è compiuta da altri (in particolare tra conspecifici). I neuroni dell'osservatore "rispecchiano" quindi il comportamento dell'osservato, come se stesse compiendo l'azione egli stesso. Nell'uomo, oltre ad essere localizzati in aree motorie e premotorie, si trovano anche nell'area di Broca e nella corteccia parietale inferiore.Un esperimento di Tania Singer (University of Zurich) ha suscitato un notevole dibattito ed è stato replicato con modalità e risultati differenti con la TMS invece della fRMI. Esso presenta alcuni motivi di interesse :
• studia regioni diverse da quelle dei neuroni specchio (corteccia insulare anteriore e frontale, corteccia cingolata anteriore)
• i soggetti dell'esperimento sono coppie con un legame affettivo (la donna è sottoposta a fMRI)
• non assegna alcun ruolo all'espressione del volto. I risultati mostrano che la risposta empatica non comporta l'attivazione dell'intera pain matrix, bensì solo delle componenti associate con la dimensione affettiva//dell'esperienza del dolore (sgradevolezza soggettiva e ansia rispetto all'anticipazione del dolore), escludendo quelle che danno informazioni sensorie sull'intensità, sulla localizzazione e sulla qualità dello stimolo doloroso.Lo studio dimostra inoltre una relazione tra l'attività del cervello collegata all'empatia e la differenza individuale nelFempatizzare, valutata mediante questionari sulla base di una scala stabilita.
Risulta inoltre che la risposta empatica si innesca automaticamente anche senza contorno emotivo (espressioni del volto), sostituito dalla presentazione di un indicatore fittizio che segnala lo stato emotivo dell'altra persona. Le aree responsabili dell'empatia del dolore, in conformità con questi dati sperimentali, sarebbero quelle dell'esperienza soggettiva affettiva (anticipazione, ansia).
Tania Singer fa riferimento alla tesi che il dolore sia un'emozione strettamente legata all'omeostasi, ossia rifletta lo stato interno del corpo, la sua condizione fisiologica (temperatura, eccitazione sessuale, fame, ecc.). tale sentirsi corporeo è mappato in alcune aree del cervello (insula posteriore, corteccia sensorimotoria). Nell'empatia del dolore interverrebbero quindi rirappresentazioni corticali dell'introcezione, ossia della rappresentazione dello stato fisiologico interno corporeo. Esse fungono da base neuronaie per la capacità di comprendere l'importanza emotiva di un particolare stimolo per un'altra persona e anticiparne le conseguenze . Sentire/capire che l'altro prova dolore non richiede dunque una riproduzione sulla propria pelle dell'intensità, della localizzazione e della qualità dello stimolo nocivo, bensì la rappresentazione della rilevanza soggettiva dello stimolo così come si riflette nella spiacevolezza avvertita dall'altro.In sostanza, la nostra capacità di empatizzare dipende dal sistema del "sentirsi corporeo" (omeostasi e rappresentazione degli stati interni corporei) e dallo sviluppo del sé come entità affettiva.La costruzione complessa degli esperimenti sul dolore e i diversi modelli di riferimento implicano che minime variazioni possono portare a risultati differenti. Ne consegue che l'evidenza neurobiologica della quale si dice potrebbe fornire la "base" dell'empatia, può essere considerata una componente (non l'unica) di una capacità di base consistente nel rispondersi dei corpi a partire da una comune appartenenza a un sistema di reciprocità e reversibilità tra il sé e il mondo (la mano che tocca ed è toccata, il dolore ed altre sensazioni somati-che) (29).
Conclusioni
Lo studio del cervello rende ormai evidente che nell'attività di ponderazione delle scelte, di previsione del futuro, di discernimento e valutazione delle opportunità di agire, fondamentale è il ruolo delle emozioni rispetto alle funzioni cognitive. Tutta la nostra vita è intessuta di valutazioni emotivamente connotate che non riguardano solo ciò che è utile o dannoso per la sopravvivenza, ma anche valori socialmente considerati buoni o cattivi e suscettibili quindi di violazioni (30-31). D'altra parte, la molteplice gamma di possibilità inscritte nel cervello umano e la sua plasticità rendono impossibile, almeno allo stato attuale delle conoscenze, ricondurre anche solo un unico comportamento morale esclusivamente a funzionamenti organici. I dati forniti dagli esperimenti condotti con tecniche di neuroimaging che vertono su atteggiamenti sociali o di valore (aggressività, altruismo, utilitarismo, amore romantico, ecc.) hanno carattere correlativo, indiretto ed eminentemente descrittivo, non esplicativo del funzionamento cerebrale . Gli esempi citati in questo articolo infatti, mettono in luce una scorretta interpretazione dei dati di neuroimaging possa prestarsi a fraintendimenti; le principali critiche comprendono :
• II segnale BOLO è solo una misura indiretta dell'attività neurale ed è quindi suscettibile di influenza da parte di fenomeni fisiologici non neurali.
• Aree differenti del cervello potrebbero avere diverse risposte emodinamiche, che non sarebbero rappresentate accuratamente dal modello generale lineare, spesso usato per filtrare i segnali temporali della RMF.
• La fRMI è stata spesso usata per individuare dove avvengano le attivazioni neurali nel cervello e ciò ha portato al nascere di critiche che la accusano di essere quasi una nuova forma di frenologia.
• La fRMI è spesso usata per visualizzare l'attivazione localizzata in regioni specifiche, senza rappresentare adeguatamente la natura distribuita del funzionamento delle reti neurali biologiche, (analisi statistica multi-variata vs univariata).
• Nonostante sia una tecnica non invasiva, la fRMI fornisce una risoluzione spaziale abbastanza buona. Tuttavia, la risposta temporale relativa all'afflusso sanguigno, su cui si basa la fRMI, è piuttosto inadeguata a rappresentare i segnali elettrici veicolo delle comunicazioni neuronali. Alcuni gruppi di ricerca stanno quindi lavorando su questo problema, combinando la fRMI con dati forniti da altri tipi di esami, come l'elettroencefalografia (EEG) o magnetoencefalogra-fia (MEG).
• La scelta delle condizioni basali (background brain ac-tivity) e la soglia statistica che determina il rigore del test sono entrambe materia di giudizio individuale e possono avere una influenza diretta sull'esito e l'in-terpretazione dell'esperimento.
• Inoltre, come in tutte le analisi statistiche di regressione, anche se un'area cerebrale modifica il suo pattern di attivazione, l'evidenza di correlazione tra le variabili (l'area del cervello e la risposta emozionale) non implica necessariamente un rapporto causale tra le variabili. Come conseguenza emergono due ulteriori caveats:

• L'"attivazione" di un'area cerebrale rivela poco circa lo stato fisiologico attuale delle cellule cerebrali.
• fMRI non è in grado di distinguere tra funzioni eccitatorie e inibitorie del cervello, poiché entrambe determinano un aumento del flusso ematico. Quando ci si riferisce all'approccio neurobiologico alle questioni morali, è giusto chiarire che le neuroscienze possono essere utilmente interrogate in relazione ad una ambito determinato e sicuramente non esaustivo della complessità dell'esperienza morale, quello delle precondizioni o condizioni di possibilità della capacità morale.Si può dunque affermare che la neurotica è interessata alla morale prima della morale, ossia all'ambito di una sensibilità morale che inizia a manifestarsi nella vita organica, risponde a esigenze specifiche dell'organismo nel rapporto con l'ambiente, ma non assumerebbe il suo significato propriamente umano se non la guardassimo alla luce della ricchezza complessiva della vita morale quale la sperimentiamo o vanamente la inseguiamo giorno per giorno .Il tracciato neurale di un artista non ci spiega cosa sia un'opera d'arte.I neuroni specchio ci permettono di capire meglio l'efficacia di una rappresentazione o l'attrazione che proviamo per una narrazione coinvolgente, ma non tolgono nulla alla magia della letteratura, del teatro, della pittura.
Queste sfaccettature mostrano quanto sia fuorviante accusare di "riduzionismo", o di "scientismo", qualsiasi tentativo di indagine naturalistica sulla mente umana. Chi intravede una minaccia ai fondamenti della morale, e persino della "dignità umana" nelle teorie neuroscientifiche, forse nutre una fiducia eccessiva nella biologia, confondendo il condizionamento biologico con una determinazione inflessibile.
U.C.O. di Cllnica Psichiatrica , Dipartimento di Scienze Cllniche, Morfologiche e Tecnologiche Università degli Studi di Trieste
BIBLIOGRAFIA..............................


orso castano : benche' non "leggero" inviterei il lettore a scorrere ancora alcune riflessioni starlciate dal librosul libero arbitrio  di  S. Agostino che mi sembrano individuano paletti difficilmente sormontabili anche dalle scoperte piu' eclatanti delle neuroscienze, appartenendo il bene ed il male ad altre sfere mentali..: Intelligenza e apprendimento del male.(Clicca x dialogo intero)
1. 3. E. - Io penso addirittura che esistano due apprendimento: uno per cui si apprende ad agir bene e un altro per cui si apprende ad agir male. Ma mentre mi chiedevi se l'apprendimento è un bene, l'amore del bene in sé ha mosso il mio interesse. Ho dunque tenuto presente l'apprendimento relativo all'agir bene e per questo ho risposto che esso è un bene. Ed ora rifletto che ve n'è un altro, ritengo fermamente che è un male e ne chiedo il principio.
A. - Ma, secondo te, almeno l'intelligenza è un bene in senso assoluto?
E. - La ritengo tanto buona da non sembrarmi che nell'uomo vi possa essere qualche cosa di più nobile e non direi proprio che una qualche intelligenza possa esser cattiva.
A. - E quando un individuo viene istruito, se non usa l'intelligenza, secondo te viene istruito?
E. - Assolutamente impossibile.
A. - Dunque se l'intelligenza è in sé buona e non si apprende se non si compie un atto d'intelligenza, nell'apprendere si agisce bene perché nell'apprender si compie un atto d'intelligenza e nel compierlo si agisce bene. Quindi nell'indagare sul principio per cui un qualche cosa si apprende, s'indaga indiscutibilmente sul principio per cui si agisce bene. Smettila dunque. di investigare su non saprei quale cattivo educatore. Se è cattivo, non educa, se educa non è cattivo.

la prospettiva neuroetica


Riportiamo quasi per intero un articolo di un gruppo di ricercatori : M De Vanna, C. Alagni, R. Marin, D. Carlino dell'Universita' degli studi di Firenze.Alcune riflessioni su tali titpi di studi verranno fatte nella continuazione dell'articolo. L'articolo e' tratto da "L'altro" rivista quadrimestrale della SIFIT.

Introduzione
II termine ha fatto la sua comparsa alla fine degli anni '80 del secolo scorso in un articolo del neurologo R. Cranford del 1989, benché tenda ad assumersene la paternità il commentatore del New York Times William Safire, scrittore che si occupa da tempo di politica e linguistica e chairman della Dana Foundation. Secondo Safire la neuroetica è un «ambito della filosofia, che discute del trattamento e del potenziamento del cervello umano».
Più tardi il neuroscienziato Michael Gazzaniga ha esteso la definizione, facendo rientrare nella neuroetica la riflessione sulla gestione di «alcune tematiche sociali -quali la malattia, la mortalità, la normalità, lo stile di vita e la filosofia della vita», nel tentativo addirittura di uniformare i nostri intendimenti ai meccanismi del cervello che li sottendono .
La neuroetica ......disciplina che cerca il massimo dei benefici da eventuali cure mediche del cervello...ma anche....sforzo di elaborare una filosofia della vita, basata sul cervello»........È possibile pensare che il senso etico - che ognuno di noi si forma attraverso l'educazione, l'ambiente sociale, le pratiche religiose, la formazione spirituale - riesca a far buon uso delle nuove conoscenze scientifiche? C'è una comunità politica e morale in grado di proteggere dai rischi della ricerca? Oggi sappiamo che alcune disfunzioni cerebrali hanno una certa probabilità di essere associate a comportamenti antisociali. Ma se domani gli strumenti di imaging cerebrale ci permettessero di identificare dei marcatori neurofisiologici per determinati profili comportamentali, per esempio stupri e omicidi, cosa succederebbe nelle aule di tribunale?
......Nell'ambito di ciò che siamo in grado di fare, i fronti più caldi riguardano il neuroimaging predittivo, e le relative applicazioni giudizi-arie e l'enhancement......La nascita di quella che potremmo chiamare la moderna "neurologia forense" risale alle osservazioni compiute nel XIX secolo da John Harlow sul caso di Phineas P. Cage. Gage, un operaio delle ferrovie, ebbe la sfortuna di avere la parte anteriore del cervello trapassata violentemente da una sbarra di ferro, che gli procurò vasti danni alla corteccia prefrontale. Nonostante un miracoloso recupero delle facoltà fisiche e intellettuali, vennero osservati grandi cambiamenti nella sua personalità. L'uomo che era stato una volta cortese e diligente divenne decisamente antisociale. Facendo seguito all'impressionante descrizione computa da Harlow, ricostruzioni computerizzate basate sulle fratture craniche di Gage hanno individuato più precisamente le regioni danneggiate della corteccia prefrontale, che le prove oggi disponibili associano al controllo delle funzioni involontarie, delle abilità sociali e dell'affettività. Il caso di Phineas Gage è fondamentale sia per i neuroscienziati sia per gli studiosi di diritto, perché ha indicato per la prima volta che le facoltà raziocinative e il rispetto per gli altri possono essere compromessi da un danno al lobo frontale. Le osservazioni di Harlow hanno condotto molti esperti a ipotizzare che un insulto neurologico potrebbe costituire un fattore importante nel comportamento criminale recidivo e violento. Le ricerche empiriche moderne confermano l'affermazione che la corteccia prefrontale umana, uno degli ultimi arrivati nella filogenesi del cervello, è ciò che conferisce le facoltà razionali, intellettuali e morali
(tab.l):che alcuni tipi di comportamento criminale sono associati a disfunzioni di regioni differenti del cervello (8). Tuttavia, più che la fRMI, sono le risposte, elettroence-falografiche dei sospetti a essere state utilizzate con qualche risultato nel tentativo di discriminare gli stimoli generalmente connessi al crimine da quelli noti solo al suo esecutore. Il metodo "Brain Fingerprinting", per esempio, riguarda una particolare applicazione dei potenziali evento-relati basata sull'assunto che gli stimoli presentati, derivati dal contesto del crimine, producano risposte elettriche (P300) diverse a seconda che il soggetto riconosca o meno la rilevanza dell'informazione in essi contenuta e ne apprezzi o meno i dettagli, sconosciuti alla persona innocente. Negli USA, questo tipo di esame è stato ammesso nell'ambito processuale e ne è stato proposto l'uso allo scopo di identificare potenziali terroristi; in Italia, invece, i risultati di questo tipo di esame non hanno valore probatorio. La neuroetica sta discutendo anche dei bias sociali: alcuni esempi emblematici riguardano il neuromarketing, i bias razziali ed il brain fingerprinting. Il neuromarketing si serve della fRMI per misurare l'influenza dei vari prodotti sul sistema limbico dei consumatori. In uno studio recente (9) si è visto che l'attivazione cerebrale associata alla preferenza per la bibita coincideva con quella per il suo nome, ma la Coca Cola produceva un'attivazione maggiore della Pepsi. Poiché queste strutture cerebrali sono coinvolte nell'elaborazione di emozioni, la loro sensibilità all'esposizione a certi prodotti significa che i gusti del consumatore sono orientabili. Una logica analoga è stata applicata anche all'identificazione dei correlati cerebrali delle preferenze politiche degli elettori indecisi, ricevendo condivisibili critiche.
Corteccia cingolate anteriore  : Empatia
CPF orbitale  :Rimorso
CPF ventromediale : Decisioni morali
CPF ventrolaterale : Inibizione del comportamento
CPF dorsolaterale : Ragionamento
Per esempio, numerosi studi su pazienti con ferite localizzate nel lobo frontale hanno avvalorato la tesi di Harlow. In uno degli studi più ampi finora eseguiti su pazienti con danno cerebrale, Moli J et al. hanno scoperto che punteggi crescenti su una scala di aggressività/violenza erano associati più strettamente a lesioni della corteccia prefrontale localizzate in modo simile in un campione di 279 veterani della guerra del Vietnam. Punteggi più alti, tuttavia, erano associati più strettamente ad aggressioni verbali che ad aggressioni fisiche, in accordo anche qui con le osservazioni di Harlow su Gage. Questi studi, insieme alle osservazioni cliniche, hanno indotto molti a suggerire che un danno alla corteccia prefrontale dia origine a una "sociopatia acquisita", o "pseudopsicopatia".Un tipico esempio si ha nel caso del quindicenne Kip Kinkel, che nel 1998 uccise a colpi di arma da fuoco i propri genitori e due suoi compagni di liceo nello stato dell'Oregon. L'imaging cerebrale venne impiegato come prova in aula per sostenere la tesi della difesa di Kinkel della "non colpevolezza per infermità mentale". Fu documentato l'esistenza di piccole cavità nel lobo frontale del giovane. Benché non ci fosse nessuna prova che questa anomalia avesse causato il comportamento di Kinkel (che alla fine venne giudicato come adulto e condannato ad anni di prigione), sviluppi futuri delle neuroscienze potrebbero di nuovo aiutare i tribunali in questo tipo di indagini.
Vanno inoltre considerate recenti acquisizioni che suggeriscono come la corteccia prefrontale continui a maturare fino all'età di 25 anni, e che questa correlazione sia correlata all'abilità nel ragionamento controfattuale (se-allora). Una corteccia prefrontale ventrolaterale poco sviluppata può essere associata direttamente a un controllo cognitivo insufficiente, che alcuni considerano una variabile fondamentale nel comportamento criminale. Questa teoria richiede probabilmente seria attenzione, data la robusta relazione esistente tra l'età e i crimini violenti. Per esempio, le statistiche della British Crime Survey mostrano che gli individui compresi tra 16 e 24 anni commettono più atti violenti di tutti gli altri gruppi di età presi assieme.
Raine et al. (2006) (5) hanno impiegato tecniche non invasive di imaging strutturale del cervello per evidenziare una riduzione dell'I 1% nella materia grigia della corteccia prefrontale in pazienti con disturbo di personalità antisociale. Riduzioni analoghe sono state osservate in uno studio di pazienti aggressivi e di bugiardi patologici. Ciononostante, queste anomalie morfologi-che e volumetriche non sono necessariamente collegate al comportamento.
La corteccia prefrontale non è, comunque, l'unica area in cui un danno può incrementare la propensione a comportamenti ritenuti criminali o antisociali. L'amigdala è stata uno degli obiettivi principali dei tentativi di spiegare i bassi livelli di empatia e di reazione alla paura osservati nei criminali psicopatici. Usando la risonanza magnetica funzionale, Birbaumer et al. (2005) hanno sottoposto alcuni soggetti a uno schema sperimentale nel quale l'apparizione di un viso su uno schermo era seguita da una scarica dolorosa in certi casi, ma non in altri. L'analisi dei risultati ha dimostrato come i volontari normali esibissero un'accresciuta attività nell'amigdala in risposta ai visi associati con la scarica, mentre gli individui psicopatici non mostravano alcun cambiamento significativo nell'attività di questa regione. Inoltre gli psicopatici non mostravano neppure i normali incrementi nelle reazioni misurate a livello di conduttanza della pelle. È importante notare che le scoperte del gruppo di Birbaumer sono state corroborate da studi che mostrano come le strutture limbiche (cioè l'amigdala e l'ippocampo) risultino funzionalmente anormali nei criminali psicopatici durante l'esercizio della memoria emozionale, e da studi che mostrano come l'attività dell'amigdala diminuisca al crescere dei punteggi ottenuti nello Psychopathy Personality Inventory. L'ipotesi ritenuta più probabile è che nei criminali psicopatici le connessioni nell'amigdala prefrontale siano alterate, causando un deficit nel condizionamento contestuale alla paura, nel rimorso, nel sentimento di colpa e nella regolazione dell'affettività.
È chiaro, almeno in alcuni contesti, che comportamenti violenti antisociali diversi possono avere cause diverse. Studi condotti sugli animali hanno mostrato che reti distinte sono alla base di tipi differenti di aggressione (come l'attacco di un predatore e la violenza a scopo di difesa) questi studi lascerebbero supporre che negli esseri umani esistano topografie neurali differenti nei crimini sessuali, nei sadici omicidi e nei terroristi politici. A prima vista, questo ragionamento suona come una follia frenologica; tuttavia, esistono prove che suggeriscono in effetti come il comportamento violento possa essere posto in due ampie ma distinte categorie: l'aggressione affettiva (cioè impulsiva, involontaria, e legata alle emozioni) e l'aggressione predatoria (cioè premeditata, diretta a un obiettivo, e priva di contenuto emotivo. Con questa dicotomia in mente, Raine et al. (2006) (5) hanno rianalizzato dati ottenuti con la tomografia ad emissione di positroni, per evidenziare differenze funzionali tra psicopatici autori di delitti premeditati e assassini affettivi che avevano agito d'impulso. Paragonati al gruppo di controllo, gli assassini impulsivi mostravano una ridotta attivazione della corteccia prefrontale bilaterale, mentre l'attività nelle strutture limbiche era incrementata. Al contrario, gli psicopatici predatori mostravano un funzionamento prefrontale relativamente normale, ma un'accresciuta attività nell'area subcorticale di destra, che comprendeva l'amigdala e l'ippocampo. Questi risultati suggeriscono che gli psicopatici predatori sono capaci di controllare i propri impulsi, al contrario degli assassini impulsivi, a cui mancano i meccanismi prefrontali inibitori che potrebbero impedire loro di commettere crimini violenti. Benché altro lavoro sia necessario, questi studi suggeriscono con forza che alcuni tipi di comportamento criminale sono associati a disfunzioni di regioni differenti del cervello.Tuttavia, più che la fRMI, sono le risposte, elettroencefalografiche dei sospetti a essere state utilizzate con qualche risultato nel tentativo di discriminare gli stimoli generalmente connessi al crimine da quelli noti solo al suo esecutore. Il metodo "Brain Fingerprinting", per esempio, riguarda una particolare applicazione dei potenziali evento-relati basata sull'assunto che gli stimoli presentati, derivati dal contesto del crimine, producano risposte elettriche (P300) diverse a seconda che il soggetto riconosca o meno la rilevanza dell'informazione in essi contenuta e ne apprezzi o meno i dettagli, sconosciuti alla persona innocente. Negli USA, questo tipo di esame è stato ammesso nell'ambito processuale e ne è stato proposto l'uso allo scopo di identificare potenziali terroristi; in Italia, invece, i risultati di questo tipo di esame non hanno valore probatorio. La neuroetica sta discutendo anche dei bias sociali: alcuni esempi emblematici riguardano il neuromarketing, i bias razziali ed il brain fingerprinting. Il neuromarketing si serve della fRMI per misurare l'influenza dei vari prodotti sul sistema limbico dei consumatori. In uno studio recente si è visto che l'attivazione cerebrale associata alla preferenza per la bibita coincideva con quella per il suo nome, ma la Coca Cola produceva un'attivazione maggiore della Pepsi. Poiché queste strutture cerebrali sono coinvolte nell'elaborazione di emozioni, la loro sensibilità all'esposizione a certi prodotti significa che i gusti del consumatore sono orientabili. Una logica analoga è stata applicata anche all'identificazione dei correlati cerebrali delle preferenze politiche degli elettori indecisi, ricevendo condivisibili critiche.
Per quanto riguarda il secondo punto, la ricerca psicologica ha mostrato che, in generale, siamo più veloci e accurati nel riconoscere facce che appartengono al nostro gruppo rispetto a quelle di un gruppo diverso. L'effetto, noto come same-race advantage, sarebbe dovuto al fatto che vediamo più spesso facce del nostro gruppo e ne abbiamo una maggiore esperienza. E soggetti americani bianchi che avevano dimostrato di avere un bias negativo maggiore a prove indirette (riflesso di trasalimento e Implicit Association Test), mostravano anche un'attivazione dell'amigdala maggiore quando osservano facce di persone di colore. Nell'insieme, le neuroimmagini sembrano aver raggiunto poco o nulla alla nostra comprensione dei bias razziali rispetto a ciò che sapevamo già sulla scorta degli studi comportamentali. Non è invece chiaro se questi risultati possono essere generalizzati dai bianchi americani ad altri gruppi o estesi ad altri stimoli o quale sia il ruolo esatto dell'amigdala.
Altre serie preoccupazioni nascono dalle macchine della verità basate sullo scanning cerebrale. Larry Farwell, dei Brain Fingerprinting Laboratories, lavora a contratto con investigatori pubblici e privati per condurre questo tipo di test, che vengono chiamati MERA (Multifaceted Electroencephalographic Response Analysis) . A sentire Farwell, il test è in grado di stabilire se un sospetto abbia familiarità con la scena di un crimine, con una faccia, con un pezzo di mobilio o di abbigliamento, tutte informazioni che servono ad identificare l'effettivo colpevole .
Al sospetto di turno viene fatto indossare un piccolo copricapo pieno di sensori tipo EEG (electroencephalogram) e vengono fatte vedere alcune immagini sullo schermo in modo da monitorare le variazioni della sua attività neuronaie in corrispondenza con immagini a lui familiari. Il metodo è stato usato con successo per scagionare Terry Harrington, presunto colpevole di omicidio. Secondo i neuroetici, però, tale metodo potrebbe anche essere usato facilmente per pilotare determinati verdetti.
È il paradosso caratteristico della società del controllo: chi controlla i controllori ? I neuroetici sono preoccupati anche dalle possibili discriminazioni a cui potrebbe condurre l'uso di queste tecnologie. Ad esempio, nella ricerca del personale, che verrebbe sottoposto a test atti-tudinali super-invasivi, o anche nella selezione degli studenti alle università e alle scuole specializzate. Al momento, non è stata varata ancora nessuna legge specifica. Esistono due leggi federali, l'American With Disabilities Act e l'Health Insurance Portability and Ac-countability Act, che dovrebbero salvaguardare la privacy delle informazioni mediche. Il rischio che queste tecnologie vadano ad alimentare database segreti con le preferenze politiche, culturali, sessuali e i dati medici della popolazione, per essere poi vendute ai migliori offerenti, c'è, inutile nasconderlo. E crescerà insieme agli avanzamenti tecnologici dell'emergente industria neuro-informatica.Neuroenhancement
II termine inglese "enhancement" trova la sua traduzione letterale come "miglioramento" ed è insito nell'essere umano la tendenza a migliorarsi utilizzando strumenti di diverso tipo. Oggi nella società contemporanea il miglioramento viene ottenuto attraverso l'uso della tecnologia e le sostanze chimiche. Con il termine neuroenhancement si intende la possibilità di migliorare il cervello, dunque le nostre prestazioni. Già 15 anni fa, si era acceso il dibattito attorno all'uso sempre maggiore del Prozac, che dava la possibilità a chiunque di aumentare il tono dell'umore anche in chi non era affetto da depressione. Oggi, nel 2008 Nora Volkow ha pubblicato un articolo dal titolo: "The action of enhancers can lead to addic-tion" affermando che l'uso di sostanze in grado di migliorare le prestazioni può condurre alla dipendenza. In questo articolo vengo presi in considerazione quattro milioni di persone che vengono quotidianamente trattati con stimolanti.L'uso di queste sostanze sotto prestazione medica è legittimo, ma la facile reperibilità di.........(l'articolo continua : clicca qui')

giovedì 11 marzo 2010

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la presentazione del libro di Puccini:
Se è vero che le previsioni sono fatte apposta per essere smentite, quella che il New York Times fece nel 1939 appare clamorosa: «La tv non sarà mai rivale della radio perché obbliga la gente a tenere gli occhi fissi su un video; le persone in America non hanno abbastanza tempo per dedicarsi alla sua visione».In oltre mezzo secolo di storia lo sviluppo della televisione ha contraddetto appunto in modo clamoroso questa previsione.Naturalmente, questo è avvenuto tra progressi e innovazioni, in una vera e propria “mediamorfosi” continua, come la definisce Enrico Pulcini nel suo libro “Click tv” (Franco Angeli, 2006; 160 pagine, 16 euro), dall’eloquente sottotitolo “come internet e il digitale cambieranno la televisione”. All’inizio, Pulcini sgombra il terreno su quello che considera un falso problema. La caratteristica invasiva ed ecumenica del mezzo ha sortito nella vasta schiera di chi lo vede e chi parla un effetto pro e contro, apocalittici e integrati, Coppi-Bartali. Pulcini consiglia di mettersi l’animo in pace: la vera natura ed essenza del piccolo schermo saranno ben chiare solo tra chissà quanti anni; al momento quello che non si può mettere in discussione è che la tv è indispensabile a parecchi milioni di persone. Ma quale tv?Da qualche anno, le reti commerciali americane il 5% di pubblico e di pubblicità. È ormai assodato che la tv broadcast, quella ecumenica e popolare, dà segni di crisi. Alla base sta una parola magica: interattività, che non appartiene certo alla tv broadcast. Milioni di persone interagiscono sempre più con media personalizzanti come internet, telefoni mobili, videoregistratori, e altri dispositivi sofisticati. Tutto questo, complice la mitica convergenza, è destinato a cambiare la stessa tv, che “si fa digitale”. Internet e l’avvento della digitalità nelle trasmissioni trasformeranno l’intero settore televisivo portando sul televisore contenuti e servizi inediti e, finalmente, interattivi. Un mondo che Pulcini chiama “fibersfera”, dove non ha senso sfruttare la digitalità per riprodurre schemi e modelli della tv generalista.I progressi tecnologici (avete presente il fenomeno TiVo negli States) ci consegneranno apparecchi televisivi sempre più simili al computer, capaci di svolgere molteplici funzioni e i sistemi trasmissivi, sempre più potenti faranno fluire immagini e dati digitali rendendo gli utenti più padroni dell’universo televisivo e meno subordinati all’operatore. Si aprirà l’era della Ip-Tv (che è diversa dalla Web-tv, avverte l’autore), la scommessa di diffondere la tv via internet, ma anche quella della tv sul telefonino (la tv da passeggio) e quella del digitale terrestre. Convergenza, dunque, tra mondi che saranno sempre più simili.Le tecnologie consentiranno agli utenti di produrre contenuti (la voglia c’è, basta guardare il proliferare di blog) e di intervenire nella comunicazione televisiva digitale, col risultato di moltiplicare i canali sui quali realizzare e ricevere immagini. Il libro parla espressamente di neo-contenuti come le webfiction, produzioni simili alle fiction televisive ma di costo ridotto, caratterizzate da interattività alta e linearità frammentata, pensate direttamente per la distribuzione via Web.Anche la pubblicità è destinata a cambiare, per rispondere all’esigenza di un modello interattivo rivolto a un target sempre più segmentato, specifico ed esigente. L’advertising sarà sempre meno tale e diventerà sempre più intrattenimento, senza escludere forme futuribili di fusione con il grande schermo del cinema e con la console del videogame. Il libro descrive insomma una vera e propria rivoluzione dei media che interesserà utenti, studiosi, operatori e aziende del settore televisivo, giornalisti, editori. Pulcini dedica a loro il suo libro, e a tutti quelli che ritengono che lo sviluppo della tv digitale sia un cammino (senza ritorno) verso una frontiera che cambierà per sempre il mondo della comunicazione.
Enrico Pulcini

Click Tv - Come Internet e il digitale cambieranno la televisione
Edizioni Franco Angeli
160 pagine, euro 16,00

















solo uno stralcio che mi sembra tratti un aspetto rilevante : "come funziona l'informazione personalizzata":