sabato 31 agosto 2013

chiave lettura : bioingegneria : L’avanzamento della ricerca sulle cellule staminali mesenchimali

Da oggi in Italia i maggiori esperti sulle cellule staminali mesenchimali sono in rete tra loro, all'interno di una Onlus che si chiama First (Forum of Italian Researchers on mesenchymal and stromal STemm cells). Lo ha annunciato Lorenza Lazzari, direttore dei laboratori di ricerca della Cell Factory 'Franco Calori' del Policlinico di Milano e ora anche di First.Le cellule staminali - spiega la ricercatrice milanese - si dividono in due grandi gruppi: le 'ematopoietiche', che sono le cellule progenitrici che danno origine alle cellule del sangue, e le 'mesenchimali', contenute all'interno del midollo, che danno origine alle cellule di tutti gli altri tessuti solidi. "E' curioso, perchè si pensava che le mesenchimali le si potesse trovare solo nel midollo osseo, e invece - precisa la dottoressa Lazzari - riusciamo a trovarle anche nel sangue placentare".
Proprio queste staminali, ottenute da donazioni del cordone ombelicale, purificate e coltivate presso la Cell Factory del Policlinico, sono state testate con successo in diversi modelli animali di rigenerazione tissutale. 'Per il momento stiamo lavorando solo su animali - precisa Lazzari - ma e' indubbio che i risultati ci sono. Li abbiamo raggiunti in particolare nella riparazione del danno polmonare da fibrosi, nella riparazione dei danni al midollo osseo e cerebrali e, lavorando con il gruppo del professor Giuseppe Remuzzi del Mario Negri di Bergamo, nella riparazione del danno renale. Per questo, la collaborazione nascente tra i migliori ricercatori italiani riuniti in rete con First, non puo' che portare alimento alle ricerche in corso'.

chiave lettura : neuroscienze : cimatica : suono/immagine

..........................Ogni suono può essere trasformato in un disegno, e quelli emessi dai delfini sono molto più complessi di quanto finora sospettato. Tanto che potrebbero rappresentare dei veri e propri ideogrammi che gli individui utilizzano per comunicare, come fossero parole.
L'ultima affermazione è ancora tutta da provare, ma le immagini dei fischi dei delfini ottenute dall'ingegnere acustico inglese John Stuart Reid e dal biologo Jack Kassewitz dello SpeakDolphin Project (Florida) portano a riconsiderare le teorie sulla bioacustica di questi mammiferi marini.
Il nuovo strumento che permette di visualizzare i suoni, rivelandone i minimi dettagli della struttura, si chiama CymaScope. L'immagine ottenuta è quella dell'impronta che il suono “lascia” sull'acqua mentre la attraversa (come farebbe una formina tridimensionale, di quelle che i bambini usano per il pongo), e prende il nome di “CymaGlyph”.
I ricercatori hanno visto, infatti, che questi suoni non viaggiano nell'acqua come onde, ma come bolle tridimensionali e che ogni fischio corrisponde a un CymaGlyph, cioè a uno schema che i delfini sono in grado di ripetere con precisione.
I suoni emessi dai delfini ricadono in tre categorie: il fischio-firma (sempre uguale a se stesso, che negli animali in cattività rappresenta oltre l'80 per cento di tutte le vocalizzazioni, con cui si pensa che gli individui si identifichino), gli “squittii” (che potrebbero rappresentare una forma complessa di comunicazione) e i click, suoni a impulsi utilizzati per eco-localizzare gli oggetti. “I CymaGlyphs dei fischi-firma appaiono come bande concentriche che ricordano le immagini dei radar”, spiega Reid, “gli squittii ricordano spesso la forma dei  fiori, mentre i click hanno una struttura più complessa: una serie di bande concentriche, strettamente impacchettate, con una figura al centro”.
Fino ad ora i suoni dei cetacei sono stati studiati attraverso gli spettrogrammi, grafici che ne mostrano il variare della frequenza e dell'ampiezza. La nuova tecnica, invece, cattura le vibrazioni che il suono trasferisce all'acqua.
Al momento i ricercatori non sono in grado di dire se i delfini siano o meno capaci di percepire i CymaGlyphs. Ma, speculano i biologi, i cetacei potrebbero aver sviluppato la capacità di comunicare le informazioni in questo modo a partire dal sistema di ecolocalizzazone, che permette loro di “vedere” gli oggetti indirizzando il suono e interpretando l'eco di ritorno.
Intanto fischi, squittii e serie di click potranno essere convertiti in disegni e studiati come se fossero ideogrammi. “Registrando i delfini quando ecolocalizzano su diversi oggetti, o quando comunicano con altri esemplari, possiamo creare un archivio dei suoni, e verificare se un particolare CymaGlyphs viene usato in modo univoco per uno stesso oggetto”, conclude Kassewitz. (t.m.)
Tratto da Galileonet.it – 12/01/2009

chiave di lettura : neuroscienze: la cimatica : suono e cervello

Per esempio, determinati suoni corrispondono sempre alle stesse figure, inoltre, scoprì che acclamando i suoni di antichi linguaggi come il sanscrito o l'ebraico, le figure che si producevano, disegnavano il simbolo alfabetico che si pronunziava.Cosa scoprì Hans Jenny nelle sue ricerche ? In primo luogo, nei suoi esperimenti Jenny realizzò tanto le figure di Chladni quanto quelle di Lissajous(http://it.wikipedia.org/wiki/Figura_di_Lissajous). Scoprì inoltre che se faceva vibrare una lastra secondo frequenza e ampiezza specifiche— vibrazione — sul materiale della lastra comparivano le forme e gli schemi di movimento caratteristici di quella vibrazione. Se modificava la frequenza o l'ampiezza, variavano anche lo sviluppo e lo schema.
Scopri che se aumentava la frequenza, altrettanto accadeva alla complessità degli schemi; il numero degli elementi diventava maggiore. Se, d'altro canto, aumentava l'ampiezza, i movimenti diventavano ancor più rapidi e tumultuosi e potevano persino creare piccole eruzioni dove il materiale effettivo veniva scagliato in aria.
Le forme, le figure e gli schemi di movimento che comparivano si dimostrarono essere 
principalmente una funzione della frequenza, dell'ampiezza e delle caratteristiche Per esempio, determinati suoni corrispondono sempre alle stesse figure, inoltre, scoprì che acclamando i suoni di antichi linguaggi come il sanscrito o l'ebraico, le figure che si producevano, disegnavano il simbolo alfabetico che si pronunziava.
Cosa scoprì Hans Jenny nelle sue ricerche ? In primo luogo, nei suoi esperimenti Jenny realizzò tanto le figure di Chladni quanto quelle di Lissajous(http://it.wikipedia.org/wiki/Figura_di_Lissajous). Scoprì inoltre che se faceva vibrare una lastra secondo frequenza e ampiezza specifiche— vibrazione — sul materiale della lastra comparivano le forme e gli schemi di movimento caratteristici di quella vibrazione. Se modificava la frequenza o l'ampiezza, variavano anche lo sviluppo e lo schema.
Scopri che se aumentava la frequenza, altrettanto accadeva alla complessità degli schemi; il numero degli elementi diventava maggiore. Se, d'altro canto, aumentava l'ampiezza, i movimenti diventavano ancor più rapidi e tumultuosi e potevano persino creare piccole eruzioni dove il materiale effettivo veniva scagliato in aria.
Le forme, le figure e gli schemi di movimento che comparivano si dimostrarono essere principalmente una funzione della frequenza, dell'ampiezza e delle caratteristiche inerenti ai vari materiali.



   

Un’altra scoperta interessante rilevava che i disegni, che altrimenti si formavano, ricordavano le strutture cellulari degli organi viventi. 

Jenny si convinse che la vita è il risultato delle vibrazioni specifiche di ogni cellula - in altre parole, ogni cellula ha il suo suono, la sua nota.
Nel capitolo conclusivo di Cymatics, Jenny riunisce questi fenomeni in un'unità suddivisa in tre parti.
Il potere generativo fondamentale risiede nella vibrazione che, con la sua periodicità, sostiene i fenomeni e i loro due poli. Ad un polo abbiamo la forma, lo schema figurativo; in corrispondenza dell'altro polo troviamo il movimento, il processo dinamico. Secondo Jenny questi tre campi — vibrazione e periodicità come campo di fondo, e forma e movimento come i due poli — costituiscono un indivisibile insieme, anche se talvolta uno di essi può avere il predominio.
Nel corso delle sue ricerche con il Fonoscopio, Jenny notò che quando venivano pronunciate le vocali delle antiche lingue fenicio-ebraica e sanscrita, la sabbia assumeva la forma dei simboli grafici delle vocali stesse mentre, d'altro canto, le nostrelingue moderne non producevano un analogo risultato !
Come è possibile ? Gli antichi Ebrei e gli Indiani ne erano a conoscenza ?
Vi è qualche connessione con la nozione di "lingua sacra", denominazione talvolta conferita ad entrambe le suddette lingue ?
Che tipo di qualità possiedono tali "lingue sacre" fra cui spesso si annoverano quella tibetana, egizia e cinese ?
Hanno forse la facoltà di influenzare e trasformare la realtà fisica, di creare cose tramite il loro insito potere ?' 
Con lo studio della CIMATICA si ha la prova che la vibrazione, il suono, influenza la materia.
Essa dimostra in modo sensazionale il rapporto tra forma e frequenza, rapporto che è alla base di tutto ciò che esiste. Il suono genera le forme e le recenti esperienze sul movimento ondulatorio confermano un nesso tra onde, sostanza e forma, riguardante anche tutti gli organismi.
Tutti gli studi e gli esperimenti condotti con l’utilizzo di frequenze d’onda confermano studi ed esperienze che risalgono ad antiche civiltà secondo le quali ogni suono, quindi ogni onda vibratoria è in collegamento con una forma nello spazio, da essa generata e tenuta in vita e in movimento. Dalla stessa consapevolezza nasce quella famosa asserzione di Pitagora per cui la geometria è musica solidificata.
Studiosi ci hanno mostrato forme molteplici, alcune geometriche, da noi conosciute come simboli, croci, stelle, ecc., sono prodotte da vari tipi di vibrazione.
Quindi se ogni suono, onda, movimento, pensiero, sentimento creano forme, anche noi di conseguenza stiamo continuamente creando forme, perché abbiamo la stessa natura vibratoria.
Il Dr. Hans Jenny, padre della Cimatica o Scienza delle Onde, ci ha offerto questa possibilità ed ha reso visibile il sottile potere attraverso il quale il suono struttura la materia, dimostrando la supremazia della vibrazione ed i suoi effetti in natura.
Nei suoi esperimenti egli poneva sabbia, polvere e fluidi su un piatto metallico collegato ad un oscillatore che produceva un ampio spettro di frequenze. Mentre osservava la sabbia o le altre sostanze organizzarsi in diverse strutture, egli udiva il suono emesso dall’oscillatore e, se toccava leggermente il piatto, poteva sentire la vibrazione nelle sue dita.
Proviamo ora ad immaginare che, per qualche ragione, voi possiate “soltanto” vedere l’aspetto statico della forma e, perciò, pensate che sia solida.
L’idea di una forma generata da un campo vibrazionale e che risuona potrebbe sembrare irrazionale. Ogni figura è invece la forma visibile di una forza invisibile ed ogni forma contiene le informazioni sulle vibrazioni che l’hanno generata.
Immaginate che qualcuno mescoli la sabbia sul piatto e cancelli la forma. Nel giro di pochi secondi, la stessa forma ricompare.
Come e’ possibile spiegarlo ?
Solo ammettendo che il SUONO ha delle proprieta’ particolari di modulare e modellare l'Energia, cioe' la materia!
Tratto da: Nexus - Articolo by Siro Fossati (pseudonimo di Carla Fleischli Caporale, sito web, evoluzioni.info): Il potere della meditazione - ediz. De Vecchi  

chiave lettura : neuroscienze : onde elettromagnetiche/cervello : I cellulari eccitano il cervello potenziandolo. Gli esperti: onde elettromagnetiche proteggono dall'Alzheimer

.............................E' quanto dimostra lo studio condotto da Paolo Maria Rossini dell'Istituto di Neurologia dell'Università Cattolica-Policlinico Gemelli di Roma in collaborazione con altri atenei romani quali il Campus Bio-Medico e La Sapienza, presentato al XIV Congresso della Società Europea di Neurofisiologia Clinica. Quello italiano non è il primo studio sui possibili effetti dei telefonini sulle funzioni cognitive: una recente ricerca su animali, condotta su roditori da Gary Arendash della University of South Florida e pubblicata sul Journal of Alzheimer's Disease, dimostrava ad esempio che l'esposizione prolungata alle onde elettromagnetiche del cellulare potenzia la memoria, protegge dal morbo di Alzheimer, e migliora la memoria divorata da questa malattia. Osservati gli effetti del telefonino sul cervello umano - "Abbiamo analizzato - spiega Rossini - le performance di soggetti sani mediante alcuni test cognitivi prima e dopo aver esposto il loro cervello alla stimolazione Gsm (reale o finta) prodotta dai telefoni cellulari. Un test consisteva nell'identificare su uno schermo la comparsa di uno stimolo raro immerso in modo casuale e imprevedibile in mezzo a una serie di stimoli frequenti, e l'altro invece era un semplice task di Go/No go (cioè comparivano a video luci verdi e rosse e il soggetto doveva cliccare sul mouse al momento della comparsa del verde)".L'esposizione reale al Gsm modifica le onde elettromagnetiche del cervello - Con un elettroencefalogramma i ricercatori hanno osservato le risposte cerebrali dei soggetti durante i test cognitivi prima e dopo che erano stati esposti alla stimolazione delle onde dei cellulari o alle 'onde finte'. E' emerso che l'esposizione reale al Gsm modifica le onde elettromagnetiche del cervello durante i test, modulando in particolare le onde alfa, quelle, cioè, associate ad attenzione e concentrazione. Inoltre questo dato si associa a un miglioramento dei tempi di reazione durante i test. "L'interpretazione che abbiamo avanzato - spiega Rossini - è che i Gsm possano in qualche maniera migliorare l'efficienza neurale e che i soggetti rispondano in maniera più veloce (minore tempo di reazione), pur attivando una quantità inferiore delle loro risorse neurali". Nell'insieme, quindi, i test erano svolti meglio e con minor dispendio di risorse sotto l'influenza del cellulare.Gli esperti: "Le onde elettromagnetiche proteggono dall'Alzheimer" - "Quindi le emissioni elettromagnetiche che escono dal cellulare (soprattutto dall'antenna) posto vicino all'orecchio - prosegue Rossini - hanno un impatto sull'eccitabilità dei neuroni sottostanti, aumentandola per un tempo di circa un'ora successiva a un uso prolungato (diciamo di 45 minuti) del cellulare. Questo dato di per sé non è né positivo, né negativo - sottolinea l'esperto: quello dei cellulari potrebbe essere un effetto positivo, per esempio, quando serva aumentare l'eccitabilità del cervello di un soggetto malato (ci sono studi in corso su modelli animali di Alzheimer che dimostrano che la deposizione di sostanza tossica beta-amiloide diminuisce in risposta a esposizione ai telefonini). Potrebbe essere un fatto negativo - conclude - quando a essere stimolato è un cervello già di per sé troppo eccitato, come in caso di epilessia".

Stimolazione a onde elettromagnetiche: nuova frontiera per il trattamento di lesioni al cervello. Autore: Cinzia Pozzi, 06 Ott 2011

Premio Giornalistico OMAR Un casco, con dei mini-circuiti al suo interno, attraverso il quale si possono trasmettere onde elettromagnetiche a diversa sequenza al cervello per insegnargli a superare una lesione al tessuto nervoso. Stiamo parlando http://www.osservatoriomalattierare.it/ricerca-scientifica/1144-stimolazione-a-onde-elettromagnetiche-nuova-frontiera-per-il-trattamento-di-lesioni-al-cervellodella stimolazione transcranica a onde elettromagnetiche che rappresenta l'ultima frontiera nel trattamento delle malattie neurologiche. L'idea di base è quella di stimolare il cervello a riorganizzarsi e, quindi, a superare un danno subito per ripristinare la sua funzionalità originaria. Una lesione al tessuto nervoso, infatti, determina una disorganizzazione delle cellule nervose con conseguente trasmissione alterata degli impulsi nervosi: ciò si traduce, nel caso di paraparesi nella sclerosi multipla, in una spasticità causata proprio dalla disorganizzazione del tessuto nervoso. Le onde elettromagnetiche, in grado di penetrare fino a sei centimetri di profondità nel cervello, inducono la creazione di nuovi contatti tra una cellula nervosa  e l'altra determinando progressivamente una riorganizzazione del tessuto e un superamento della lesione. Complice la plasticità del cervello, cioè la grande adattabilità delle cellule nervose che è alla base del meccanismo di apprendimento: attraverso una stimolazione a frequenze diverse si può infattiinsegnare alle cellule nervose la funzione perduta attraverso la lesione cerebrale.

La storia dell’uso della stimolazione elettrica nel trattamento dei sintomi di malattie neurologiche inizia almeno 10 anni fa con l’idea di mimare in maniera meno aggressiva l’elettroshock adottato in casi di grave depressione. I primi risultati, nati dal tentativo di controllare proprio le malattie depressive, hanno dato risultati incoraggianti e l'applicazione di onde elettromagnetiche è in fase di sperimentazione applicato a diverse malattie neurologiche, come depressione, emicrania, morbo di Parkinson, spasticità e paraparesi. I risultati ottenuti finora sono incoraggianti.
In Italia, si è appena concluso uno studio di stimolazione transcranica a onde elettromagnetiche nel trattamento delle paraparesi da sclerosi multipla che ha determinato significativi miglioramenti nei pazienti coinvolti.

ancora un'intervista a Stocco, il ricercatore che ha partecipato alla comunicazione cervello-cervello col computer

orso castano : tanto cammino s'ha da fare prima che il cervello possa trasmettere ad un altro cervello come muoversi e dove andare. Un alone sensazionalistico circonda l'esperimento . In realta' la stimolazione transcranica con onde elettromagnetiche era gia' stata usata a scopo terapeutico nella sclerosi multipla  ed addirittura secondo alcuni studi  le onde elettromagnetiche dei telefonini stimolerebbero la neuroplasticita',( peccato che possono produrre anche tumori)


Andrea Stocco (foto University of Washington)...................A collegare i due ricercatori computer, internet e apparecchi per l'elettroencefalogramma che registrano onde cerebrali. Rajesh ha pensato di muovere il dito, l'impulso ha viaggiato nelle strade infinite dei pc ed è arrivato nell'altra stanza, costringendo Stocco a muovere l'indice della mano destra.

FUSIONE MENTALE
«La sensazione della mano che si muove da sola non è diversa da quella che si prova quando si ha un tic nervoso alle sopracciglia – racconta Stocco - In verità è stato molto meno fastidiosa di un tic che è sempre accompagnato da una sensazione di tensione ai muscoli. Finché la mano non si è mossa, non sentivo assolutamente nulla». Lo studio pilota pubblicato sulle pagine web dell'Università di Washington viene definito «comunicazione diretta cervello-cervello tra umani». L'esperimento è il frutto di notti insonni e week-end trascorsi nei laboratori. «Con Rajesh abbiamo cominciato a pensare a questo esperimento circa due anni fa – racconta Stocco - Ci abbiamo lavorato nei ritagli di tempo perché entrambi avevamo altri progetti da portare a termine. Quindi con Rajesh, mia moglie e la collaboratrice Chantel abbiamo lavorato al progetto dopo cena e nei weekend». Cosa è successo nei laboratori della prestigiosa università? Rajesh è seduto davanti a un computer che mostra un videogioco, il classico sparatutto: non può interagire, la tastiera non c'è. Un computer collegato a un apparecchio per l'elettroencefalogramma intanto decodifica le sue onde cerebrali. Andrea si trova in un'altra stanza: indossa un caschetto che lo connette a una macchina per la stimolazione magnetica transcranica collegata a un secondo pc pronto a ricevere i dati dal primo. Rajesh pensa di schiacciare il pulsante della tastiera che consente di sparare, Andrea contemporaneamente muove l'indice della mano destra. «Ho sentito la mia mano muoversi senza che io lo volessi – spiega Stocco - Durante l'esperimento indossavo delle cuffie che annullano i rumori esterni e non potevo vedere lo schermo del pc: non ero quindi sicuro che la mia mano si muovesse perché era controllata da Rajesh. Ricordo di aver guardato nella stanza: ho visto Chantel, Justin e Brianna, i mie collaboratori, sorridere e ho capito che l'esperimento era riuscito: era stato Rajesh a muovere la mia mano».

AL LAVORO CON I GENI
Stocco è entusiasta: racconta della laurea presa nel 2001 all'Università di Trieste, del dottorato di ricerca in psicologia e dell'incontro con l'uomo che, dice, gli ha cambiato la vita: «Il professor Danilo Fum, che insegnava Intelligenza artificiale e Scienze cognitive a Trieste è la causa della mia passione per neuroscienze e computer». «Nel 2005 – racconta – sono andato alla Carnegie Mellon University di Pittsburgh per una borsa di post-dottorato. Già – aggiunge con un po' di rammarico - mi rendo conto di essere uno dei tanti cervelli in fuga con poche prospettive in Italia». Ma Andrea non si è arreso: «Ho avuto l'opportunità di lavorare con autentici geni come John Anderson, Christian Lebiere, e Randall O'Reilly, personaggi che hanno fatto passi da gigante nel riprodurre le funzioni del cervello al calcolatore. E nel 2010 mi sono spostato a Seattle». Il sogno di Stocco non è finito: «Diversi esperimenti in programma riprenderanno la settimana prossima: vogliamo replicare il test con più persone e cercare di trasmettere informazioni più complesse di un semplice impulso motorio». Intanto lui pensa alle possibili applicazioni: «Un chirurgo potrebbe controllare le mie mani e aiutarmi a compiere un'operazione. Oppure, un pilota potrebbe aiutarmi a guidare un aeroplano».
laura.bogliolo@ilmessaggero.it
BLOG: Daily web
Sabato 31 Agosto 2013 - 07:55

venerdì 30 agosto 2013

chiave lettura : neuroscienze : dalle staminali il cervello in provetta

orso castano : se accoppiamo questa ricerca con quella descritta nel precedente post : creare immagini tridimensionali col cervello ed il computer , avremo una visione prospettica di quello che potra' accadere in futuro nelle neuroscienze. Le applicazioni terapeutiche saranno senza dubbio sorprendenti , ma senza dubbio , altresi', si porranno non pochi problemi etici . Cosa succedera' quando sara' possibile trasmettere la nostra memoria e le immagini immagazzinate in essa, le nostreemozioni e persino la struttura logica del nostro ensiero (magari attravero l'analisi delle onde cerebrali , vedi post sulle onde gamma) . Non sono problemi da poco, e' indispensabile aprire fin da adesso una discussione sui problemi etici e filosofici che una simile prospettiva sta aprendo.........



Confronto tra l'organoide (sulla destra) e il cervello in fase di sviluppo (a sinistra) le cellule staminali sono evidenziate in rosso, in verde i neuroni (fonte Marko Repic e Madeline A Lancaster)

Ha un aspetto biancastro, lattiginoso, una forma indefinita ed è minuscolo: è la prima versione in miniatura del cervello umano, ottenuta in provetta dopo anni di ricerche. Sebbene il mini-cervello raggiunga appena i quattro millimetri, è uno strumento gigantesco a disposizione dei ricercatori, che finora non avevano mai potuto avere a disposizione un modello per studiare il cervello umano.Il risultato, pubblicato sulla rivista Nature, è frutto di una ricerca internazionale guidata dall’Istituto di Biotecnologie molecolari dell’Accademia Austriaca delle Scienze, in collaborazione con le università di Edimburgo e Londra e con l’istituto britannico Sanger, della Wellcome Trust.”Siamo fiduciosi che questo metodo permetterà di studiare una varietà di malattie legate allo sviluppo neurologico”, osservano i ricercatori, coordinati da Madeline Lancaster e Juergen Knoblich.Il cervello in miniatura si è rivelato uno strumento unico per studiare l’intero processo di sviluppo del cervello umano: ”lo sviluppo delle regioni della corteccia – dicono i ricercatori riferendosi al mini cervello artificiale – avviene secondo un’organizzazione simile a quella che si osserva nei primi stadi di sviluppo del cervello umano”.
Il mini cervello è anche un laboratorio nel quale riprodurre malattie neurologiche finora impossibili da studiare in un modello. ”La complessità del cervello umano – osservano gli autori della ricerca – rendeva impossibile studiare molti disordini in organismi modello”. Adesso, invece, nel cervello in provetta è già stata riprodotta la prima malattia: la microcefalia. Il cervello è stato costruito a partire da cellule staminali umane pluripotenti, ossia cellule immature in grado di svilupparsi in ogni direzione. Nella ricerca sono state utilizzate sia cellule staminali embrionali, sia cellule adulte riprogrammate, le cosiddette Staminali pluripotenti indotte (Ips). Una volta isolate e immerse in un ambiente capace di stimolarne lo sviluppo, le cellule sono diventate neuroni e si sono assemblate spontaneamente in una struttura tridimensionale. Non è un vero e proprio organo, quello che le cellule hanno ”costruito”, ma un organoide.

chiave lettura : neuroscienze :neurocibernetica : I pensieri si stampano in 3D

orso castano : piu' velocemente di quanto pensiamo : siamo agli oggetti immaginati dai bambini, al loro mondo fantastico popolato di fate/simbolo o di mostri/simbolo , ma gia' da questo si possono dedurre quali emozioni si stanno provando. Si registrera' anche il pensiero? Ci stanno provando. Cosa ne conseguira'. Vedremo : le neuroscienze corrono indipendenti dall'etica che non puo' confondersi con la ricerca scientifica, ma puo' pero' criticarne gli eccessi o i rischi . il contesto, la societa' degli uomini ha bisogno di entrambe per non eludere qull'eqiilibrio e quella saggezza che deve guidare il nostro cammino. 

da
 Ebook a 1.99€
ROMA - Due cervelli collegati tra loro attraverso internet e pc. Succede all'università di Washington dove due ricercatori sono riusciti nel primo esperimento di questo genere. L'annuncio viene dato sul sito dell'università dove si spiega: la Duke University aveva dimostrato la possibilità di connessione tra due topi, i ricercatori di Harvard tra un uomo e un topo, ma questa è la prima volta che la connessione avviene tra due uomini, Rajesh Rao Andrea Stocco, italiano. In pratica le onde neurali sono state trasmesse da pc al cervello di un altro uomo. Onde cerebrali, computer e applicazioni reale: tempo fa è natto il progetto Thinker Thing per stampare i pensieri dei bambini.

http://video.ilmessaggero.it/index.jsp?videoId=12538&sectionId=18&t=cervelli-connessi-grazie-al-web     la connessione ha consentito a Stocco di muovere l'indice come risultato dello stimolo lanciato dall'altro ricercatore. “Internet può generalmente connettere computer, adesso è dimostrato che può creare collegamenti acnhe tra cervelli" ha detto Stocco. I ricercatori hanno registrato l'esperimento in un video dove si vededono i due scienziati distanti l'uno dall'altro in due diversi laboratori.

GUARDA IL VIDEO

Il 12 agosto Rao seduto nel suo laboratorio ha indossato un berretto con elettrodi collegato a una macchina di elettroencefalografia, che legge l'attività elettrica nel cervello. La macchina era collegata a un pc che ha inviato un segnale a un secondo pc che
controllava una macchina per la stimolazione magnetica trascranica. Raoè stato messo di fronte a un pc con un videogioco: ha quindi immaginato di spostare la mano destra per poter sparare con un cannone su un bersaglio. Quasi istantaneamente Stocco ha spostato l'indice destro per spingere la barra spiaziatrice della tastiera. Il ricercatore ha definito il movimento del dito come un tic.

"E 'stato eccitante e nello stesso inquietante vedere come un'azione immaginata dal mio cervello possa essere stata tradotta in azione reale in un altro cervello", ha detto Rao.
laura.bogliolo@ilmessaggero.it
blog: Daily web
link a th.think :http://www.thinkerthing.com/
Thinker Thing

siamo tutti spiati

da L'Espresso

M5S: 'Servizi spia, basta silenzio'

di Stefania Maurizi
Dopo le rivelazioni de 'l'Espresso' sui sistemi di sorveglianza che intercettano anche in Italia, interviene il senatore Vito Crimi: «Di questa vicenda deve occuparsi subito il Copasir. E il governo italiano non può continuare a stare zitto»
(30 agosto 2013)
Il senatore Vito CrimiIl senatore Vito CrimiMutismo assoluto. Dopo le rivelazioni de "l'Espresso" sulle informazioni top secret contenute nei file di Edward Snowden, il silenzio del governo italiano è assoluto. Sì, perché dalle notizie ottenute dal nostro giornale, risulta che nei documenti di Snowden vengono elencati una serie di cavi sottomarini a fibra ottica intercettati dai servizi inglesi del Gchq, l'omologo britannico dell'americana Nsa e che con la Nsa ha una relazione speciale di collaborazione.
Tra i cavi intercettati dal Gchq ce ne sono tre che interessano il nostro Paese e che permettono di accedere ad alcuni dei dati più personali degli italiani: quelli delle loro interazioni sociali, ovvero telefonate, email, traffico Internet, incluso ogni sito che visitiamo ogni giorno, navigando sul web, e ogni interazione su social network come Facebook.

Già nel giugno scorso, appena scoppiato il caso Datagate, l'Espresso aveva rivelato come anche il nostro Paese fosse spiato dalla Nsa. E anche allora, mentre in tutto il mondo infuriava la polemica, la nostra politica brillò per l'assenza di reazioni ufficiali. Ora, però, che dai file di Snowden emergono informazioni circostanziate sull'Italia e sulle infrastrutture intercettate, il silenzio del governo italiano ha dell'incredibile. L'Espresso ha interpellato il senatore Vito Crimi del Movimento Cinque Stelle, membro del Comitato parlamentare per il controllo sui servizi di intelligence (Copasir).

Senatore Crimi, non è possibile che in Italia non succeda nulla. Il Movimento Cinque Stelle come pensa di agire?
«Io assicuro che al primo incontro del Copasir, immediatamente la settimana di rientro a settembre, questo argomento verrà posto all'ordine del giorno. E credo che questo caso potrebbe essere posto anche in aula. Sicuramente porremo l'attenzione su questo argomento, che non è più esclusivamente di intelligence, ma è ormai un argomento di rapporti tra stati. Avendo delle informazioni precise, credo che sia dovere del governo italiano chiedere al governo inglese conferma di questa informazione e, se è il caso, andare a verificare direttamente, fare le ricerche necessarie, se non si ricevono le risposte dagli inglesi». 

Al Copasir avete mai incontrato resistenze, omissioni su questo caso?
«In teoria no, tutto ci è stato dichiarato in maniera molto trasparente, chiara, lampante, tutto ci è stato spiegato. Il caso Datagate è stato fin dai primi tempi l'argomento principale delle nostre discussioni al Copasir, nel senso che in ogni riunione veniva fuori e noi abbiamo preso abbastanza seriamente il lavoro. Quello che ho da dire - ovviamente nei limiti di quelle che sono le informazioni che posso dare, visto il tipo di riservatezza che comporta l'incarico - è questo: il Copasir è, purtroppo, uno strumento parlamentare con le armi spuntate. Noi svolgiamo fondamentalmente il nostro lavoro facendo audizioni: ascoltiamo i responsabili o dei servizi di intelligence o di altro, per esempio abbiamo ascoltato anche il garante della privacy sul caso Datagate. Le audizioni cosa comportano? Che i responsabili dei servizi ci danno delle informazioni e sulla base di queste informazioni noi possiamo formulare il nostro controllo. In realtà è un meccanismo, diciamo, strano, perché è il controllato che ci fornisce gli strumenti per controllarlo. Non abbiamo, di fatto, strumenti ispettivi, che hanno invece altri tipi di commissioni, proprio perché si tratta di servizi segreti».

Dalle informazioni in possesso del nostro giornale risulta anche che nei documenti di Snowden si parla di un accordo di terzo livello (third party agreement) tra il GCHQ e l'Italia...
«Questo lo verificheremo, chiederemo in sede di Copasir accesso a questi atti, per capire di che si tratta, perché è vero che c'è uno scambio di informazione tra i servizi di intelligence, che è una cosa ordinaria e naturale- se non ci fosse non ci sarebbe il contrasto del terrorismo a livello internazionale- ma non è detto che questo scambio di informazioni contenga gli estremi del modo in cui vengono reperite quelle informazioni. Parlo formalmente del protocollo, poi informalmente io ho seri dubbi che l'intelligence italiana non fosse consapevole dei sistemi adottati dagli inglesi e dagli Stati Uniti per intercettare in maniera massiva il flusso di informazioni, e mi preoccuperei se non fossero stati almeno a conoscenza di ciò».

lunedì 26 agosto 2013

"paradigma"opp. "chiave di lettura" "neuroscienze" :Ragionamento logico

orso castano : gli studi delle neuroscienze , sempre meno invasivi, fanno ben speraren sulla comprensione del modo di funzionare del cervello. Beninteso: capire sempre piu' come funziona il cervello signica solo come "gira il motore" e non dove vuole dirigersi e le riflessioni che lo hanno indotto ad imboccare una certa starada. questo e' materia di sudio della psicologia. 

Che cosa c’è di nuovo e interessante nel campo dello studio scientifico delle basi neuronali del ragionamento logico? Almeno due (link)fatti. Le frequenze della "banda gamma" sarebbero funzionalmente necessarie per i processi intellettivi – e una stimolazione cerebrale non invasiva all’interno di questa banda sarebbe in grado di migliorare la capacità di ragionamento logico dell’uomo.
Ad affermare di aver dimostrato questi due fatti sono gli autori (Santarnecchi et al.) di una recente pubblicazione per Current Biology "Frequency-Dependent Enhancement of Fluid Intelligence Induced by Transcranial Oscillatory Potentials". Santarnecchi et al. hanno condotto uno studio al fine di determinare  l’influenza  della stimolazione cerebrale non invasiva delle aree prefrontali sull’intelligenza fluida (Gf).
Per intelligenza fluida, in psicologia, si intende l’abilità di ragionare in modo logicamente corretto e risolvere problemi nuovi, non risolvibili esclusivamente per mezzo delle conoscenze pregresse. Venti soggetti sani sono stati stimolati (tramite tACS = stimolazione transcranica a corrente alternata) nella porzione del giro frontale mediale (MFG) mentre svolgevano una versione estesa delle matrici di Raven (test per l’intelligenza non verbale).
Il test di Raven ha permesso di misurare l’abilità di integrare dati percettivi e di relazione spaziale e l’abilità di ragionamento logico e astratto, mentre la stimolazione ha coinvolto la regione prefrontale poiché questa sembra essere il sostrato neuronale maggiormente legato all’intelligenza fluida. Il risultato dello studio è che la stimolazione ritmica all’interno e solo all’interno della banda gamma (γ-tACS) ha determinato un miglioramento specifico del ragionamento logico astratto.
I soggetti stimolati, rispetto ai controllo, hanno impiegato meno tempo nel fornire la risposta corretta nei compiti di ragionamento astratto di tipo logico e condizionale. Se la percentuale di risposte corrette non è stata funzione della stimolazione, lo è stato il tempo impiegato per fornire tali risposte.
La dimostrazione di un coinvolgimento diretto delle frequenze della banda gamma nei meccanismi cerebrali responsabili della cognizione superiore è, secondo gli autori, una novità. Finora non si era trovata alcuna evidenza empirica del ruolo causale della sincronizzazione dell’attività neuronale a livello di tale banda nella cognizione superiore. Inoltre i risultati, in questo senso nuovi ma interessanti, porterebbero evidenza contraria all’ipotesi dell’attività della banda γ come epifenomeno dell’attività neuronale (cfr. Jia & Kohn, 2011).
Oltre a rappresentare un importante avanzamento teorico nella comprensione dei sostrati neuronali dell’intelligenza fluida, i risultati di Santarnecchi e colleghi, rappresentano una speranza per il difficile compito di riabilitazione della capacità di ragionamento logico.
Francesco Margoni
da Treccani.it  (link)
La stimolazione cerebrale elettrica e magnetica per il trattamento di malattie neurologiche e psichiatriche ha origini antiche. Nonostante uno sviluppo lento, spesso ostacolato da pregiudizi, le nuove metodiche di stimolazione invasiva e non invasiva si sono dimostrate in grado di determinare consistenti effetti clinici. La stimolazione magnetica transcranica e la stimolazione transcranica a correnti dirette rappresentano le principali metodiche di stimolazione non invasiva del sistema nervoso, in grado di modulare, anche in modo prolungato, l’eccitabilità neuronale di potenziale impiego nel trattamento di pazienti affetti da ictus, depressione e dolore cronico. La stimolazione cerebrale profonda rappresenta invece la principale metodica di stimolazione invasiva per il trattamento della malattia di Parkinson avanzata...........

sabato 24 agosto 2013

paradigma opp. chiave di lettura "ambient/stress :Identità urbane: pratiche, progetto, senso dei luoghi

orso castano : i percorsi  soggettivi che concorrono alla costruzione della nostra identita' sono molteplici. tra i piu' imprtanti quelli che ci fanno usare la citta', o il luogo dove abitiamo , secondo il nostro immaginario soggettivo e sociale. Questo immaginario legato sia ai luoghi che frequentiamo che all'uso che di questi luoghi facciamo  sono mutevoli nel tempo di vita del soggetto e degli abitanti della citta' , pur restando i "centri storici" e "le periferie" le due grandi divisioni presenti nella nostra conoscenza della citta'. Questo post consiste in stralci ampi dell'intervento di Carlo Cellammare , docente di Urbanistica c/o l'Universita' di Roma  tenuto durante un convegno di cui al titolo del  post. L'intervento e' da leggere perche' esamina il problema della nostra identita' dal punto di vista della pratica delle citta'. Le nostre citta' sono piene di storia , quindi le nostre identita' dovrebbero essere "ricche e complesse" come le immagini del contesto urbano quotidiano che ci portiamo dentro e che rimanda spesso a secoli di storia , che proprio perche' contribuiscono a formare la nostra identita' non deve essere  dimenticata . 
cellamare2

.................................................................Identità e contesti urbani (link)

La conformazione degli spazi influisce fortemente sull’identità, ma analogamente i processi sociali e culturali conformano gli spazi. Si tratta di un rapporto biunivoco, ben rappresentato da Simmel (1908) che va anche oltre la locuzione “fatti sociali formati nello spazio” (Bagnasco, 1994) che ha poi avuto fortuna in Italia negli anni ’90 ma che ancora interpreta lo spazio come uno “sfondo” o che comunque mantiene separate le due dimensioni, quella spaziale e quella sociale. Simmel interpretava infatti la spazialità come un attributo dei processi sociali, come una proprietà intrinseca dei fenomeni sociali, che non si danno se non spazialmente. In alcune splendide pagine de Lo spazio e gli ordinamenti spaziali della società (1908), Simmel considera lo spazio come una condizione di esistenza delle organizzazioni sociali; non come un fatto oggettuale ma come una proprietà delle società. La definizione dello spazio come a priori logico percettivo, permette di considerare questa dimensione non come qualcosa di cui si fa esperienza, ma come un modo di fare esperienza. Lo spazio non è mai un aspetto oggettivo, ma, come dice Simmel, un’attività dell’anima, contemporaneamente condizione (ciò che limita, vincola) e simbolo (cioè la creatività, la costruzione sociale) dei rapporti tra gli uomini (Mandich, 1996, p. 38), esito quindi di un’ambiguità e di un intreccio: “il rapporto con lo spazio è soltanto da un lato la condizione, dall’altro il simbolo dei rapporti con gli uomini” (Simmel, 1908, p. 580). Lo spazio non è, “di per sé”, una forma, ma produce forme nello strutturare i rapporti di interazione. Le forme spaziali sono quindi quelle configurazioni di relazioni sociali che trovano nello spazio la loro concretizzazione. Le società si configurano spazialmente; in un intreccio inestricabile tra fisicità degli spazi, rappresentazioni sociali, pratiche di vita, immaginari, ecc. (Cellamare, 2008). 
Analogamente non è possibile definire in forma deterministica un’identità, così come non è possibile associare in forma deterministica un’identità definita (e bloccata nel tempo) ad un contesto urbano definito.
La città è una città plurale. E’ realtà plurale, per eccellenza. L’identità sociale e urbana che si costituisce localmente è in realtà plurima, esito dell’interazione di soggetti e processi diversi, che sono a loro volta portatori e produttori di identità diverse. L’identità di un contesto urbano, di un “quartiere”, è la stratificazione di identità diverse, comprese sia quelle “prodotte localmente” sia quelle definite o imposte dall’esterno in relazione alle immagini che si hanno di quel contesto.
La stessa idea di “quartiere” viene qui messa in tensione, come alcuni sociologi urbani (Tosi, 2001) tendono a sottolineare. Un “quartiere” non è dato a priori, ma è un grumo di storie, di nodi di reti, di conformazioni spaziali, di pratiche, ecc. con un’identità plurima ed evanescente. Per questo, sebbene esista nel senso comune, non è facilmente identificabile come tale, come entità reificata. Sebbene alcune conformazioni spaziali (il tessuto urbano, le tipologie edilizie prevalenti, le fasi storiche che hanno portato alla sua costruzione, ecc.) possono essere identificate e definite anche chiaramente, e spesso costituiscono il riferimento per la vita degli abitanti o dei suoi frequentatori, un “quartiere” rimane difficile da definire.
Se prendiamo in considerazione il rione Monti, nel centro storico di Roma [fig. 1], e chiediamo a soggetti diversi di individuarlo e perimetrarlo, non otterremo risultati omogenei o coincidenti. E tale diversità non si pone solo tra gli abitanti del rione ed il resto della città, ma anche tra gli abitanti stessi. 
L’identità evolutiva dei quartieri è ben studiata e documentata, ad esempio, dai lavori di PeriMetroLab, un laboratorio di studio e ricerca sulle periferie metropolitane dell’Università Bicocca di Milano (Zajczyk et al., 2005; Borlini, Memo, 2008), che sviluppano un’interessante riflessione sulle “traiettorie” dei quartieri; di come, cioè, i quartieri nati con alcune caratteristiche urbane e sociali siano evoluti nel tempo sotto la pressione di fenomeni diversi e tutt’oggi abbiano davanti a sé percorsi differenti in relazione ai processi di valorizzazione, di trasformazione urbana, di pressione sociale, di andamento del mercato immobiliare, di rappresentazioni sociali prodotte, ecc..
Analogamente, gli sforzi di identificare alcuni “quartieri” prevalentemente attraverso parametri di tipo morfologico o funzionale, o al più di frequentazione d’uso, risultano generalmente insoddisfacenti perché semplificano, perdendola, la complessità dei fenomeni, della vita e delle relazioni che portano alla costituzione dei “quartieri” come tali ...........................................................................................

Identità e immaginari urbani
Non bisogna sottovalutare le dimensioni immateriali che influiscono sulla formazione delle identità (ed anche sul progetto urbano). In particolare, si deve sottolineare la rilevanza degli immaginari urbani e delle rappresentazioni sociali, sia quelle prodotte localmente nell’ambito delle collettività interessate, sia quelle prodotte in contesti più allargati riguardo ad ambiti specifici. Ovvero, detto in parole più semplici, quello che la città pensa di un certo quartiere, l’idea che spesso il senso comune dà di un certo luogo. Anche qui bisogna considerare come i processi siano piuttosto complessi nel passaggio dalle condizioni esperite alla costruzione di rappresentazioni sociali prodotte localmente, alla formazione di un senso comune, al rapporto con un’immagine definita in un altrove e spesso imposta attraverso i mezzi di comunicazione, anche nella loro evoluzione temporale. Pensiamo a come abbiano pesato le vicende della banda della Magliana nella costruzione degli immaginari legati a quel contesto, o quelle del “gobbo del Quarticciolo” (vere o false che siano, costruite e sostenute dalla stessa collettività locale) rispetto all’immagine che ancora permane di quel quartiere. O ancora l’idea di “popolanità” di cui si fregiano ancora alcuni rioni storici di Roma, come Monti o Trastevere, sebbene attualmente (e non solo attualmente) questa immagine sia molto discutibile o venga filtrata attraverso ben altre dinamiche. Tali immaginari urbani comportano quindi notevoli ambiguità.
Per altri versi, bisogna sottolineare le stigmatizzazioni che hanno subito numerosi quartieri, e soprattutto quelli di edilizia economica e popolare costruiti negli anni ’70 e poi ancora negli anni ’80. Pensiamo a quelli che vengono regolarmente citati come lo ZEN di Palermo (Fava, 2008) o, a Roma, Corviale, Laurentino 38 e Tor Bella Monaca. O analoghi quartieri considerati degradati o malfamati; e che difficilmente possono levarsi di dosso una certa immagine, sia essa giustificata o meno. Non è un caso che, al Corviale di Roma, un importante progetto di riqualificazione, Immaginare Corviale (Gennari Santori, Pietromarchi, a cura di, 2006), abbia posto al centro dell’attenzione, oltre allo studio delle pratiche reali e delle condizioni d’uso del complesso di edilizia residenziale pubblica, proprio gli aspetti legati alla costruzione dell’immagine del quartiere e alla possibilità di pensarlo diversamente o di farlo pensare diversamente a chi non lo vive, anche ai fini di una progettazione degli interventi fisici di riqualificazione. Nell’ambito del progetto è stata attivata una televisione locale, Corviale Network, che – tra le altre cose – aveva lo scopo di far raccontare agli abitanti le situazioni, le condizioni di vita e la rappresentazioni che loro avevano del proprio complesso residenziale, anche al fine di mettere in discussione l’immaginario che la città ha di quel posto. Un indicatore dell’ambiguità di questo immaginario è dato dal fatto che gli abitanti dei quartieri ex-abusivi limitrofi criticano le politiche pubbliche, in quanto ritengono che favoriscano troppo Corviale (proprio perché se ne parla così tanto e ha un certo immaginario associato) in rapporto a quelle che sono invece le loro esigenze e necessità, considerate più gravose che non quelle del quartiere pubblico.
Esistono immaginari associati a quartieri “ghetto” così come immaginari associati alle gated communities o ai quartieri considerati benestanti. E questo influisce significativamente sulla formazione del mercato immobiliare e del valore delle aree e degli immobili. Pensiamo al fatto che negli Stati Uniti gli abitanti di un certo stabile svolgono una selezione sui potenziali nuovi inquilini, valutando se adeguati alle caratteristiche della loro abitazione. Così come, spesso, le persone selezionano il proprio luogo di residenza proprio sulla base della sua “identità urbana”, comprendendo sia gli aspetti materiali e logistici, sia le condizioni sociali e di vita, ma anche evidentemente l’immaginario ed il modello di vita ad esso associati. 
Il rione Monti, ad esempio, è particolarmente ambito da una fascia medio-borghese, comprensiva di professionisti ed intellettuali, che cercano in quel quartiere proprio il suo carattere “popolano”, dove la dimensione umana è ancora significativa ed il tessuto sociale sembra tenere; un modello di vita molto ricercato in un mondo dove lo stress e le condizioni di vita ordinaria sembrano cancellare questa dimensione. Salvo determinare, proprio per questo, il cambiamento di quella identità (per la quale peraltro si battono vigorosamente) inducendo un aumento dei valori immobiliari (tra la metà degli anni ’90 e gli inizi del 2000 il costo della casa è passato da 3.000-5.000 €/mq a 10-12.000 €/mq) con gli effetti che ne derivano e che innescano potenziali situazioni di gentrification: sfratti, allontanamento del tessuto sociale tradizionale, chiusura delle botteghe artigiane, aumento degli esercizi pubblici che si possono permettere affitti elevati, aumento dei “tavolini” e della “movida” notturna, ecc., ecc.. 
Alcuni studiosi (Semi, 2004) ci fanno notare, in proposito, riferendosi alle attività commerciali che caratterizzano alcuni quartieri, come la loro localizzazione sia in un rapporto strettamente biunivoco con l’identità di un quartiere. Anzi, sottolineano come con i prodotti venduti “si venda” anche l’immagine che di quel quartiere si ha.
La città, e quindi la sua identità, è l’esito imprevisto, imprevedibile, eventuale dell’interazione (anche conflittuale) tra pratiche, politiche, immaginari, “idee di città”, vissuti configurati nello spazio (Cellamare, 2008)................

da LIMES : Tsunami sul fronte sud




LimesSono in evidenza: l'Egitto, dove si è verificato un colpo di Stato militare; la Tunisia dove è in corso la transizione; i paesi a instabilità latente tra cui Turchia, Iraq, Giordania, Algeria, Niger e Ciad (in giallo senape); quelli in cui ci sono scontri violenti (Sudan, Sud Sudan e Yemen); il Mali in cui c'è un rischio secessione ed è in corso la guerra al terrore; la guerra civile siriana (in rosa); l'Iran a rischio guerra (in viola) e il Marocco (in azzurro), dove le proteste sono accompagnate da tentativi di riforma della costituzione.

Le frecce in nero illustrano i flussi di rifugiati dalla Libia, mentre l'ellisse color giallo mostra l'instabilità caucaso-caspica.

I numeri riportati all'interno dei confini di ciascuno Stato - o nel riquadro in alto a destra per alcuni paesi - indicano il pil procapite in dollari Usa (all'interno del cerchio verde) e la percentuale della popolazione sotto i 25 anni.

La carta descrive inoltre la composizione del Consiglio di cooperazione del Golfo e i paesi invitati a farne parte.

In evidenza anche la guerra afghana, il Pakistan in bilico e le basi Usa in Medio Oriente.

La carta, infine, segnala alcune dinamiche in corso sulla sponda Nord del Mediterraneo: Grecia e Cipro in bancarotta di fatto, il Portogallo e la Spagna a rischio default, l'Italia nella spirale recessiva e l'alto rischio d'insolvenza bancaria della Francia.



Carta tratta dall'editoriale "Nego dunque sono" di Limes 2/2011 "L'Italia dopo l'Italia" - Clicca sulla carta per ingrandirla

L'Italia ha una posizione strategica nel Mediterraneo, che la pone al centro dei traffici europei.

La carta evidenzia quali porti sono maggiormente coinvolti nelle rotte del mare. Cerchiati in rosso si segnalano i passaggi strategici come lo stretto di Gibilterra, il canale di Suez e il corridioio siculo-tunisino. In blu sono rappresentate le principali rotte delle navi che collegano il nord Europa all' Asia.

I dati riportati nella carta riguardano
 i teu dei vari porti coinvolti in questi traffici. Per quanto riguarda l'Italia, Genova rappresenta il maggior snodo commerciale per il trasporto delle merci.
(2/05/2011)

Che cos'è l'Economia della Conoscenza?

orso castano : articolo molto interessante , da leggere per intero e , poi, rifletterci sopra. Il web e' una risorsa incredibile che si sta diffondendo a macchia d'olio in tutto il mondo. Facebook lo propone apertamente, le connessioni mondiali dovranno arrivare al 99%. La diffusione delle "conoscenze" scientifiche e tecniche cresce in maniera esponenziale e l'autore dell'articolo pone l'urgenza di una comprensione approfondita delle modalita' attraverso cui questo avviene . Pone altresi' di  trovare un equilibrio tra la diffusione libera e compartecipata , e la difesa della proprieta' intellettuale . Raccomandiamo la lettura integrale dell'articolo cui dovrebbe, speriamo, seguire una discussione aperta ed approfondita .

......................Le risorse economiche classiche si caratterizzano per essere scarse (hanno valore perché ogni uso le sottrae ad usi alternativi), divisibili (ogni risorsa ha un valore determinato, disgiungibile dagli altri valori coinvolti nel processo produttivo sociale, perché può essere associata a costi e ricavi ad essa imputabili) e strumentali (le risorse sono puri mezzi, da ottimizzare, calcolando le allocazioni migliori per soddisfare fini dati). Ebbene, la conoscenza è una risorsa che, per sua natura (e specialmente se è conoscenza riproducibile) non è scarsa (avendo un costo di riproduzione nullo o quasi), non è divisibile (essendo i suoi costi e i suoi ricavi associati a processi sociali che legano passato e futuro e che intrecciano l'economia di un operatore con quella degli altri), e non è strumentale(perché il conoscere non elabora solo i mezzi, ma cambia le relazioni e le identità degli attori in gioco, modificando i fini, ossia le preferenze degli stessi).
Attenzione: la conoscenza produce valore propagandosi e rinnovandosi, con nuovi investimenti in apprendimento, proprio grazie a queste anomalie. Ossia proprio perché è moltiplicabile (non scarsa), è condivisibile (non divisibile) ed èriflessiva, potendo retroagire sui fini, invece di essere banalmente strumentale.
L'economia teorica tradizionale sta oggi riconoscendo l'importanza della conoscenza con due secoli di ritardo. Ma, in questo riconoscimento, rischia di fare più danni di quanto abbia fatto la sua secolare disattenzione. Infatti, una volta detto che la conoscenza è una risorsa produttiva fondamentale, l'economia tradizionale ha il riflesso condizionale di voler "normalizzare" le anomalie che la conoscenza presenta in quanto risorsa non scarsa, non divisibile e non strumentale. Senza pensare che sono proprio queste anomalie che la rendono una straordinaria fonte di valore economico, mettendo in moto una propagazione che sarebbe gravemente ostacolata una volta che la conoscenza - sottoposta alla terapia della normalizzazione - fosse diventata scarsa, divisibile e strumentale.
Si rischia, per questa incomprensione di fondo, di buttare via il bambino con l'acqua sporca: una conoscenza divenuta artificiosamente scarsa, divisibile e strumentale non sarà capace di propagarsi e di rinnovarsi con la stessa velocità e con la stessa qualità della conoscenza "anomala", che violava i principi classici dell'economia. Si tratta allora di percorrere la strada esattamente opposta, ossia di organizzare le proprietà anomale della conoscenza per renderle compatibili con la sostenibilità del processo di investimento nella produzione di nuova conoscenza. Ciò può essere fatto organizzando, con regole appropriate e in contesti adeguati, la moltiplicazione, la condivisione e la riflessività della conoscenza, in modo da utilizzare fino in fondo le proprietà generative che derivano da queste anomalie..................Le cose cambiano con Internet e con la New Economy: per la prima volta si ha la possibilità di una propagazione istantanea e globale, di tipo non proprietario, ma aperta alla divisione del lavoro tra molti attori autonomi, anche di piccola dimensione. Sembra la quadratura del cerchio (massima propagazione possibile), ma non lo è: il limite è dato dal fatto che la propagazione è massima e a costo minimo solo se le conoscenze che vengono propagate da Internet sono codificate e automatizzate.
Negli ultimi anni, gli usi di Internet si sono evoluti rispetto a questo modello iniziale, che era in parte illusorio, perché non teneva conto del fatto che la conoscenza è utile soprattutto in situazioni complesse (varie, variabili e indeterminate), che sono quelle in cui la codificazione e l'automazione risultano spesso difficili o controproducenti. L'uso di Internet si evolve per tener conto della crescente complessità del mondo contemporaneo a tutti i livelli, affiancando ai canali in cui corre conoscenza codificata o banale, canali in cui invece si utilizzano le facoltà dell'intelligenza umana, l'apprendimento interattivo, la condivisione di progetti e di innovazioni.
Di qui la conseguenza a cui allude la distinzione tra e.learning e net.learning: la rete può essere vista in due modi abbastanza diversi. Ossia, come strumento per distribuire a costo zero e in tempo reale conoscenza pre-codificata (informazione), indifferente al contesto di uso; o come strumento per mettere in comunicazione, ad un costo più alto e in tempi non nulli, persone che si attrezzano - mentalmente, operativamente, fiduciariamente - per interagire tra loro nonostante la barriera della distanza.....................Creatività, significa, in questo caso, capacità di rendere compatibili due aspetti ugualmente importanti della propagazione delle conoscenze: usando una distinzione proposta da Jim March, occorre legare l'esplorazione del nuovo (exploration) con la replicazione degli usi (exploitation). In questo senso, non è creativo (nella produzione di valore economico), l'inventore, l'artista o l'intrattenitore che si cura solo dell'exploration, pensando al "pezzo unico" (utilizzabile solo  na volta); e non è creativo il burocrate, l'amministratore, l'esecutore che bada soprattutto all'exploitation, replicando simboli procedure e codici già assestati. E' invece creativo colui che - qualunque posizione occupi nella filiera - ricerca soluzioni che consentono di avanzare su ambedue questi fronti, o almeno su uno di essi senza sacrificare l'altro. Per completezza, la creatività andrebbe integrata con la capacità di trovare soluzioni che rispettano anche il terzo requisito della propagazione: la sostenibilità degli investimenti in produzione di nuova conoscenza. Le soluzioni trovate dall'operatore creativo, nella filiera, devono essere in grado di legare elasticamente exploration (del nuovo), exploitation (ri-uso) ed extraction (del profitto), in modo che il "motore" della produzione di valore a mezzo di conoscenza possa girare senza intoppi.
Ma chi sono gli operatori creativi in questo senso?.....................Come abbiamo detto, la conoscenza non è mai una risorsa soltanto strumentale. Dunque, c'è sempre un problema di senso per chi lavora, a qualsiasi titolo, in un processo cognitivo. Creatività allora significa anche legare la funzione utile svolta per il consumatore finale al senso del proprio lavoro: il cantante riceve un valore dal suo lavoro non solo perché è pagato (dal consumatore finale), ma anche perché assegna valore ad un lavoro che fa per passione e non solo per denaro. Lo stesso vale, in una certa misura, per tutti i lavori dotati di contenuto cognitivo: il ricercatore fa ricerche utili (per gli altri), ma assegna valore anche al suo ricercare perché lo considera un lavoro dotato di senso dal punto di vista della sua personalità e della sua visione del mondo. Il calciatore, l'attore, il poliziotto, l'amministratore pubblico ecc. fanno lo stesso: un po' lo fanno per denaro, un po' per il senso (più complesso) che danno al loro lavoro. Non c'è un modo precostituito che tenga insieme exploration, exploitation, extraction e senso. Chi sta nella filiera cognitiva (compreso il consumatore) deve procedere senza soluzioni fisse e prefabbricate, ma ricercando creativamente percorsi non immediatamente visibili e non certi. Creatività significa anche assunzione di rischio: rischio di investire in percorsi ciechi o in perdita, rischio di non trovare interlocutori validi, rischio di stufarsi per strada dopo aver fatto gli investimenti iniziali. In questo senso, la creatività non può essere solo una qualità individuale, ma piuttosto diventa una proprietà dei processi di condivisione: si crea insieme, condividendo un progetto, e se ne assume il rischio insieme..................Da questo punto di vista non bisogna essere pessimisti: la società aperta di stile popperiano, che coltiva l'intelligenza critica della falsificazione, è rimasta sulla breccia in tutta la storia della modernità non solo perché c'è chi l'ha difesa, ma anche per la sua intrinseca capacità di usare bene la conoscenza, meglio dei sistemi autoritari o dei sistemi mercantili allo stato puro.
Ciò detto, non bisogna trascurare il fatto che il mercato - dando la possibilità di comprare una conoscenza da chi si vuole, in funzione del prezzo - è anche un potente fattore di liberazione delle soggettività individuali e sociali, che, proprio grazie al mercato, possono - se vogliono - superare l'orizzonte del contesto in cui le ha incasellate la storia o l'origine anagrafica. Il mercato è un ottimo propagatore delle conoscenze quando la propagazione non ha bisogno di usare legami e comunicazioni interpersonali. E' sbagliato considerarlo l'unico mezzo moderno di propagazione, ma è anche riduttivo considerarlo un male in sé. Piuttosto, possiamo vederlo come un solvente che continuamente scioglie i precedenti legami e le precedenti formazioni sociali, ma anche come un collante che, in parte, ricostruisce legami alternativi, sia pure standardizzati e poveri di significato.
Il problema, dunque, deve essere visto non tanto in termini di difesa dalle pressioni della mercificazione, stabilendo un'opposizione di principio tra conoscenze mercantili e conoscenze di altro genere, ma in termini pragmatici, in modo da conciliare l'interesse statico alla massima propagazione della conoscenza con l'interesse dinamico all'incentivazione degli investimenti in conoscenza. ........................C'è da chiedersi se i proprietari originali di reti e di standard che si affermano sul mercato possano sfruttare liberamente il monopolio che si viene a creare in questo modo, o se reti e standard, una volta che diventino di interesse pubblico, non siano da considerare beni collettivi, da regolare o da pubblicizzare, magari con adeguati indennizzi ai privati che vengono privati della loro libera disponibilità...............Se l'obiettivo non è quello di "tutelare la proprietà", ma quello - assai più relativo - di garantire le premesse per la propagazione dinamica delle conoscenze (rendendo conveniente investire nella produzione di nuove conoscenze), allora il diritto di esclusione deve essere limitato a quanto serve per raggiungere questo obiettivo, escludendo tutti i casi in cui l'esclusione avrebbe un effetto controproducente (limitando la propagazione statica e dinamica, invece di incentivarla)..................Accanto a questo, c'è da portare avanti un lavoro che punta alla creazione di rapporti di condivisione consapevole e dialogica di conoscenze, linguaggi, regole, progetti. Questo lavoro è insostituibile se si vuole uscire dalla logica della scarsità e abbracciare quella della moltiplicazione organizzata.