giovedì 30 giugno 2016

Strimvelis: la prima terapia genica con cellule staminali approvata dall'Unione Europea



l.m. il S. Raffaele si conferma un'eccellenza . Speriamo che questa terapia funzioni , ma , comunque, l'aver "bucato" il muro delle terapie per i "bambini bolla" e l'aver utilizzato in maniera cosi' abile l'ingegneria genetica e' sicuramente un punto molto positivo per la ricerca italiana
http://www.vita.it/it/article/2016/06/27/strimvelis-la-prima-terapia-genica-con-cellule-staminali-approvata-dal/139936/


immunodeficienza severa combinata da deficit di adenosina- deaminasi, sintetizzata nell’acronimo ADA-SCID e meglio conosciuta come sindrome dei bambini bolla. Questi bambini, in sintesi, erano costretti a “non” vivere in un ambiente asettico perché qualsiasi infezione, anche la più banale, avrebbe potuto costare loro la vita. Fino a circa 15 anni fa, quando all’ospedale San Raffaele di Milano è iniziata la sperimentazione di una terapia genica rivoluzionaria. Grazie all’utilizzo delle cellule staminali degli stessi pazienti e alla sostituzione del gene malato attraverso un agente virale opportunamente attenuato e utilizzato come cavallo di Troia, medici e ricercatori hanno potuto non solo curare, ma restituire l’infanzia e una prospettiva di vita a Sebastian, Nicolas, Rafael e a tutti gli altri. Ora questa terapia ha un nome, Strimvelis ed è stata messa a punto grazie all’impegno congiunto di tre grandi istituzioni: la Fondazione Telethon, l’Ospedale San Raffaele e GSK

.Strimvelis viene somministrato una sola volta e non richiede la disponibilità di un donatore, per cui non c’è il rischio di incompatibilità immunologica che provoca la reazione del trapianto contro l’ospite (Graft Versus Host Disease), comune effetto collaterale del trapianto di midollo osseo. Con Strimvelis, le cellule vengono prelevate dal midollo osseo del paziente e viene impiegato un vettore per inserire una copia normale del gene di ADA all’interno delle cellule stesse. Questo passaggio è chiamato trasduzione. Le cellule con il gene corretto vengono poi reintrodotte nel paziente attraverso un’infusione endovenosa, dopo la quale alcune di queste stesse cellule ritornano nel midollo osseo

venerdì 24 giugno 2016

connessioni cognitivo-motorie cerebrali.

la novita' data dale ricerche della Tomasino e' data dal fatto che aggiunge informazioni  a quelle note sui neuroni dell'empatia. Un'ulteriore conferma delle connessioni tra neuroni cognitivi e quelli motori anche durante esercizi di simulazione. Il cervello sempre piu'mostra di essere un organo"olistico"
......................Gli studi di neuroimaging indagati hanno infatti riportato attivazione funzionale nella corteccia motoria durante sei diverse categorie di compiti cognitivi: l’immaginazione motoria, la memoria di lavoro, la rotazione mentale, l’elaborazione sociale, la lingua e l'elaborazione uditiva. 
«Il nostro lavoro - spiega Barbara Tomasino, ricercatrice dell’Irccs Medea responsabile dello studio - conferma le nuove ipotesi che propongono un coinvolgimento della corteccia motoria anche in compiti cognitivi come il linguaggio, l'empatia, le abilità visuomotorie. La nostra interpretazione è che quest'area si attivi probabilmente come prodotto della simulazione mentale, implicita o esplicita, o di meccanismi di attenzione motoria. Ovvero i soggetti potrebbero usare la simulazione mentale durante lo svolgimento dei compiti appartenenti alle sei categorie studiate, e questo attiverebbe la corteccia motoria primaria».

da WIRED Abbiamo letto per voi il libro di Roberto Giacobbo sull’epigenetica


l.m. : articolo da leggere . Le bufale che vengono propinate all'opinione pubblica in nome dell'epigenetica  sminuiscono fortemente gli studi piu' seri dell'epigenetica


http://www.wired.it/play/libri/2016/06/17/libro-giacobbo-epigenetica/ 


Nella mani del conduttore di Voyager l’epigenetica diventa un pretesto per riproporre le bufale che hanno reso celebre il programma.
Un mese fa il ricercatore e divulgatore  Siddhartha Mukherjee, premioPulitzer per L’imperatore del Male (2010), ha pubblicato su The New Yorker un estratto del suo ultimo libro The Gene: An Intimate History. Il testo parlava in particolare dell’epigenetica, che studia particolari modifiche al dna che influiscono sull’espressione di geni senza però cambiare le sequenze li costituiscono. Queste modifiche sono causate dall’ambiente, e in alcuni casi possono essere ereditate dalle generazioni successive. Molti biologi non hanno affatto gradito come Mukherjee aveva presentato la disciplina:raccogliendo sul suo blog le critiche dei colleghi il biologo evolutivo Jerry Coyne ha definito il pezzo “superficiale e ingannevole”.
Secondo i critici, il principale errore dell’autore è stato presentare alcuni meccanismi epigenetici (modificazione degli istoni e metilazione del dna) come se fossero alla base della regolazione genica, quando in realtà il loro ruolo è legato all’attività dei fattori di trascrizione, che Mukherjee non nomina mai nonostante siano studiati da decenni.
Altrettanto azzardato è stato parlare di una possibile evoluzione Lamarckiana a partire da meccanismi che, per quanto ne sappiamo ora, non hanno un peso particolarmente rilevante rispetto alle altre forze dell’evoluzione.
Se parlando di un tema così specifico un affermato ricercatore edesperto divulgatore può fare delle scivolate (secondo Mukherjee il problema è nato dai tagli necessari per adattare un intero capitolo allo spazio a disposizione su  The New Yorker ), che cosa potrebbe succedere se un conduttore televisivo, famoso per una trasmissione basata sul sensazionalismo e le pseudoscienze, affrontasse lo stesso argomento?
Ebbene sì, Roberto Giacobbo ha scritto un altro libro: Le carezze cambiano il dna. Il segreto dell’epigenetica (Rai-Eri/Mondadori).
In copertina si legge “come carezze, cultura e dieta cambiano il codice genetico che trasmettiamo ai nostri figli“, e forse basterebbero solo queste righe per toglierci ogni dubbio sul contenuto. Non sappiamo infatti se e come le carezze determinino modifiche epigenetiche nel dna degli esseri: esistono solo studi sui ratti. Il conduttore di Voyager nel testo cita furbamente un altro studio che confermerebbe il fenomeno nei bambini, ma in realtà lo studio riguarda effetti positivi della cosiddetta canguro-terapia per i bimbi prematuri, non parla né di epigenetica, né di dna. Come se non bastasse il codice genetico è, come dice la parola, un codice. È universale, e non viene tramandato nelle generazioni, quello è il dna........................................http://www.wired.it/play/libri/2016/06/17/libro-giacobbo-epigenetica/

giovedì 23 giugno 2016

immunoterapia e cancro

l.m. : non sono un immunologo, ma osservo una continua ricerca di nuove tecniche terapeutiche , sopratutto in campo immunologico per trovare le giuste terapie contro "il male del secolo" , il  cancro. E' anche opinione diffusa che se non si pone attenzione a tutte le forme di prevenzione primaria e secondaria la soluzione a questo enorme problema sanitario , che  a cascata , coinvolge tutte le altre patologie a carattere autoimmunitario, questa battaglia difficilmente potra' essere vinta. L'ambiente , con i sui fattori inquinanti che epigeneticamente e tramite i micro RNA interferiscono  con la nostra mappa genetica , e l'alimentazione , sopratutto l'industria alimentare, l'agricoltura, gli allevatori, che continuano ad utilizzare , per scopi commerciali, sostanze altamente tossiche , (ovviamente non tutti) devono porre al centro la salute e non ilprofitto. Per far questo e' indispensabile dare piu' voce in capitolo alle organizzazioni dei cittadino espeti inquesticampi. Siamo ancora lontani da questo!! 

nuovo percorso, ancora agli inizi contro il cancro
................Lo studio tedesco
http://www.popsci.it/tumori-larma-per-sconfiggerli-e-nellimmunoterapia.html

Messo a punto da esperti dell’Università Johannes Gutenberg a Mainz, il vaccino è costituito da una capsula di molecole di grasso e contiene un ‘cuore genetico’, un piccolo Rna su cui sono scritte le ‘istruzioni’ per attivare le cellule del sistema immunitario del paziente a sferrare una forte risposta immunitaria contro il tumore. Secondo quanto riferito su Nature, appunto, la sua unicità sta nel fatto che il vaccino funziona in maniera semplicissima e induce una forte reazione immunitaria: iniettato endovena, infatti, raggiunge i distretti immunitari del corpo (milza, linfonodi, midollo osseo) dove attiva una forte risposta immunitaria contro il tumore, sostenuta nel tempo. Il carattere di potenziale universalità del vaccino risiede nel fatto che l’Rna inserito nella capsula è intercambiabile a seconda del tumore, così da essere tradotto in un antigene tumore-specifico. Gli esperti hanno prima dimostrato l’efficacia del vaccino sui topi con diversi tipi di cancro; successivamente hanno iniziato i test sull’uomo, concentrandosi inizialmente sul melanoma. Testato su tre pazienti in stadio avanzato di malattia, il vaccino, già a basse dosi, si è mostrato capace di dare avvio a una forte risposta immunitaria. Proprio per il ristretto numero di pazienti su cui è stato testato, il vaccino ha ancora bisogno di ulteriori verifiche. Proprio per questo motivo Ascierto si dice scettico e anzi ribadisce il carattere del tutto prematuro della notizia stessa, nonostante la certa efficacia delle cure immunoterapiche.
L’immunoterapia, spiega Ascierto, ”mira ad attivare il sistema immunitario contro le cellule cancerose, per combatterle e distruggerle, ed è un’arma vincente che sta dando grandi risultati, ma lo studio tedesco presenta dati ancora troppo preliminari, anche perché è successo varie volte che un vaccino efficace nei topi non fosse poi risultato tale nell’uomo, sebbene in questo caso sia stato testato su tre pazienti con melanoma”. Se tali risultati ”dovessero essere confermati – spiega quindi l’esperto – si tratterebbe di una nuova arma importante che va ad affiancarsi alle armi di cui oggi già disponiamo e che stanno dando risultati concreti di efficacia sui pazienti”.
La soluzione vincente contro i tumori, insomma, potrebbe trovarsi nel nostro stesso organismo, attivando appunto il sistema immunitario, ma a cambiare è il metodo; ”con il vaccino si introducono nell’organismo le proteine del tumore, in modo che il sistema immunitario sia sollecitato a riconoscerle ed a distruggere le cellule tumorali in quanto estranee. Con le molecole immunoterapiche che oggi abbiamo, invece, si riesce a rimuovere i freni inibitori che il tumore utilizza per rallentare l’azione del sistema immunitario”. Queste molecole si chiamano ANTI-CTLAe ANTI-PD1 e ”rappresentano – afferma Ascierto – un’importante realtà che, in futuro, potrà essere impiegata in combinazione con altre terapie che funzionano, come si spera possa essere un vaccino terapeutico”.
I risultati concreti dell’azione delle molecole immunoterapiche già sono evidenti. ”Nel caso del melanoma, ad esempio, si è visto che ben il 20% dei pazienti in stadio avanzato trattatati con questi farmaci immunoterapici arriva a cronicizzare la malattia a 10 anni”. E ”buoni risultati si stanno registrando anche per il trattamento di altre forme di tumore come quello al polmone, rene, vescica, con nuovi farmaci immunoterapici che hanno avuto l’approvazione dall’ente statunitense di controllo per i farmaci Fda”, precisa ancora Ascierto.
“Il messaggio che bisogna lanciare quindi è che i tanti malati non devono pensare che in questo momento non ci siano armi efficaci, anzi ed il vaccino, quando e se arriveranno conferme definitive, rappresenterà un ulteriore importante strumento che andrà ad integrare le terapie importanti già esistenti”, conclude Ascierto.

Mieloma: combinazione di tre farmaci riduce progressione della malattia 
..............................I risultati dello studio
Dopo più di sette mesi, il 61% in meno dei pazienti trattati con la combinazione con Darzalex ha sperimentato un peggioramento della propria malattia rispetto a quelli trattati con il regime standard dei due farmaci, centrando l’obiettivo principale del trial. Il tempo mediano della progressione della malattia non è ancora stato raggiunto per il gruppo Darzalex, mentre per i pazienti che assumono la combinazione di due farmaci è di 7,2 mesi.
Lo studio è stato interrotto a marzo 2016, dopo che un comitato indipendente ha confermato che il regime con Darzalex ha mostrato un beneficio statisticamente significativo.
Circa il 19% dei pazienti nel gruppo Darzalex non ha mostrato alcun segno ulteriore della malattia, contro il 9% di quelli trattati con Velcade e desametasone. Una riduzione significativa malattia è stata osservata nell’83% di chi ha assunto Darzalex, contro il 63% della combinazione standard.
Come agisce daratumumab
Il farmaco blocca la proteina CD38 che si trova nelle cellule colpite dal mieloma. È stato approvato sulla base di dati favorevoli provenienti da due studi più piccoli, tra cui un lavoro in cui i tumori si sono contratti nel 29% dei pazienti.
Antonio Palumbo, ricercatore principale dello studio, ha dichiarato che la tossicità generale del regime Darzalex è simile a quella osservata con i due trattamenti standard. “Questo dato– ha aggiunto – può aiutare il farmaco a diventare un trattamento di seconda linea, in combinazione con bortezomib e desametasone”.
Gli effetti indesiderati più comuni per entrambe le combinazioni di farmaci includono piastrine basse nel sangue, diarrea e anemia.
Palumbo, responsabile dell’Unità del mieloma all’Università di Torino, fa sapere che i dati provenienti da un altro studio in fase avanzata sul Darzalex sono previsti a fine mese e probabilmente replicheranno gli ottimi risultati emersi nel suo lavoro.
Fonte: Congresso ASCO 2016

venerdì 3 giugno 2016

stimolazione magnetica transcranica , TMS. Attenti : puo' essere una delle tante strade per condizionare il cervello umano

l.m.  : il problema vero che sta dietro tutte queste ricerche sul cervello umano che a priori scartano altre vie (ad es. quelle della musica in combine con le immagini: cosa molto piu' fisiologica) e' dove vogliono arrivare, cosa  e chi vogliono condizionare. C'e' qualcosa che va oltre il puro interesse economico , a vendere attrezzature "futuriste2 che come le perline colorate di Colombo quando scopri' lì'America incantavano i nativi, poi regolarmente massacrati per imposse4ssarsi delle loro terre da parte europea. E' bevdente che si vuole condizionare il cervello umano, come sostiene apertamente bil boss di Facebook  ,zuckermann a comprare , a dirigere l'occhio della menmte dove il boss vuole. A consumare quello che il mercato chiede. C'e' qualcosa di moltom pericoloso in questo. Il capitale ha bisogno di controllare le menti dei "sudditi2 e si attrezza per farlo. Attenti , un avvertimento per tutti i condizionati dai social, analizzate bene prima di restarev affascinati dalle loro "magnifiche sorti e progressive."
dal sito del centro  VeronesiRisultati immagini per tms cervello
«La stimolazione magnetica transcranica o Tms è una tecnica approvata dalla Food and Drug Administration per le forme depressive resistenti, come sembra il caso di chi scrive. Non è dunque uno strumento di prima scelta. Noi la impieghiamo con soggetti che non hanno risposte brillanti con i farmaci e, comunque, sempre associata ai farmaci.
E’ vero, nessuna corrente elettrica passa per la testa del paziente. Al quale viene messo, per esempio, un cerchietto di ceramica intorno al capo o coil, bobina, dove viene fatta circolare della corrente che crea un campo elettromagnetico. E questo stimola certe aree del cervello. Quel che ci interessa per la depressione è l’area frontale destra.
In tutto la seduta dura dieci minuti e se ne fanno 7-8. Il paziente non sente nulla, a volte può presentare un po’ di arrossamento al capo nella zona corrispondente all’area del cervello stimolata.
Abbiamo fatto la Tms anche in abbinamento con la risonanza magnetica che mostra la struttura del cervello e, con la brain navigation, la navigazione attraverso le zone cerebrali, permette di vedere dove esattamente va a colpire la stimolazione. Ed eventualmente può aiutare a correggere il tiro.
L’efficacia di questa terapia? Diciamo che i risultati sono discreti.
Come la Tms, oggi si impiegano, a parte l’elettrochoc, altre due terapie cosiddette “fisiche”: la stimolazione vagale e la stimolazione cerebrale profonda o Dbs.
La prima consiste nell’introdurre sotto cute, nel collo, un elettrodo posto sul nervo vago: è uno stimolatore continuo che va a stimolare certe aree cerebrali. Diciamo che è un antidepressivo portatile perché resta addosso al paziente, come accade per esempio con il pacemaker per il cuore. Il principio è lo stesso.La stimolazione cerebrale profonda è un po’ più complessa perché l’elettrodo va messo dentro il cervello, quindi è necessario trapanare il cranio. Sia questa tecnica che la vagale si fanno insieme con i neurochirurghi. Quel che si introduce, stabilmente, è un elettrodo sottilissimo, un sondino, che stimola il nucleo accumbens del cervello.
Questa tecnica ovviamente si impiega per forme molto gravi, quando la depressione resiste a tutto e non passa mai».
pro e contro  :Stimolaziomne elettrica transcraanica (sembra quasi un elettroschok lieve|)
In gergo scientifico, si chiama stimolazione elettrica transcranialediretta (tDCS): solleticare alcune aree del cervello applicando una leggera corrente elettrica tramite elettrodi sul cuoio capelluto. È una tecnica che ha già dato buoni effetti: gli scienziati l’hanno utilizzata con successo per accelerare la riabilitazione di pazienti colpiti da ictus. E anche il Darpa, l’agenzia per la difesa statunitense, ha studiato a lungo la tDCS per migliorare le capacità di apprendimento dei militari. Ma, come si suol dire, non è tutto oro quel che luccica: un nuovo studio, pubblicato sul Journal of Neuroscience, suggerisce che potrebbe esserci un rovescio della medaglia: i miglioramenti ottenuti grazie alla tDCS nel campo delle abilità cognitive potrebbero comportare dei deficit in un altro campo.
Il neuroscienziato cognitivo Roi Cohen Kadosh, della University of Oxford, che ha condotto lo studio, ha studiato in dettaglio la tDCS allo scopo di aumentare le abilità matematiche degli studenti. In particolare, ha fatto richiesta per un brevetto di uno stimolatore cerebrale che nelle aspettative potrà aiutare chi studia matematica ad acquisire più velocemente le basi teoriche e le abilità pratiche necessarie allo studio della disciplina.
Assieme alla collega Teresa Iuculano di Stanford, Kadosh ha sottoposto a 19 volontari lo studio di un nuovo sistema numerico basandosi su un procedimento di prove ed errori. Il sistema si basa su simboli arbitrari, cioè forme geometriche astratte che rappresentano le cifre decimali. In varie sessioni di allenamento, ai volontari sono stati mostrati due simboli e gli è stato chiesto di indicare quale dei due rappresentasse una quantità maggiore. I risultati delle prove, naturalmente, sono diventati sempre più precisi man mano che l’apprendimento andava avanti.
A tutti i volontari sono stati applicati degli elettrodi sul cuoio capelluto: alcuni hanno ricevuto una lieve stimolazione elettrica della corteccia parietale posteriore, l’area coinvolta nei processi cognitivi numerici, mentre altri hanno ricevuto la stimolazione della corteccia prefrontale dorsolaterale, la regione attivata durante le fasi di apprendimento ememorizzazione. Un terzo gruppo di controllo, infine, ha ricevuto una stimolazione fasulla, che causava soltanto un piccolo formicolio sulla pelle e nessun cambiamento nell’attività cerebrale.
Questi i risultati: i volontari che avevano ricevuto la stimolazione della corteccia parietale hanno imparato il nuovo sistema numerico prima del gruppo di controllo, ma i loro tempi di reazione, a distanza di una settimana, erano più lenti quando dovevano utilizzare le nuove conoscenze per risolvere compiti per cui non si erano allenati. In sostanza, spiega Kadosh, “è come se avessero avuto difficoltà nell’accesso a quello che avevano appena imparato”.
Il gruppo che ha ricevuto la stimolazione dell’area prefrontale, invece, ha mostrato il comportamento opposto: era più lento del gruppo di controllo nell’apprendimento, ma ha ottenuto risultati migliori, in termini di velocità, nel test eseguito alla fine dell’esperimento. I neuroscienziati sono arrivati alla conclusione che stimolare le regioni del cervello abbia i suoi pro e contro: “Proprio come i farmaci, la stimolazione cerebrale ha degli effetti collaterali”, sottolinea Kadosh. Lo scienziato è convinto che siano necessarie ulteriori ricerche per massimizzare i benefici e ridurre gli svantaggi della tecnica: l’approccio della tDCS può dare qualche risultato solo se utilizzato strategicamente, selezionando la regione del cervello giusta e applicando la stimolazione a margine di una strategia di allenamento convenzionale. Sfuma così, dunque, la chimera di imparare nuovi concetti senza alcuno sforzo mentre si dorme, per esempio: “La stimolazione è inutile, o addirittura dannosa, a meno che non la si effettui in combinazione con altre strategie di apprendimento”, conclude Kadosh.

Via: Wired.itRisultati immagini per tms cervello

wikipedia   
La stimolazione magnetica transcranica (TMS) è una tecnica non invasiva di stimolazione elettromagnetica del tessuto cerebrale. Mediante questa tecnica, è possibile studiare il funzionamento dei circuiti e delle connessioni neuronali all'interno del cervello, provocando uno squilibrio piuttosto ridotto e transitorio. È possibile adottare anche questa tecnica in modo ripetuto, ciclicamente, per trattare disturbi psichiatrici e neurologici quali la depressione, le allucinazioni, la malattia di Parkinson etc.; gli studi su questi presunti effetti terapeutici sono stati tuttavia condotti, finora, solo su scala ridotta ed hanno dato risultati contrastanti. Infatti, l'utilizzo della TMS è stato approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) per essere utilizzata nell'emicrania[1] e l'utilizzo della TMS ripetuta (rTMS) è stato approvato nel trattamento della depressione resistente ad altri trattamenti.[2]Risultati immagini per tms cervello

giovedì 2 giugno 2016

le staminali plastiche del cervello


Gli astrociti possono generare nuovi neuroni in seguito a lesioni del sistema nervosoNuove prospettive terapeutiche nell’ambito delle malattie neurodegenrative

ABSTRACT Gli astrociti possono dividersi e generare nuovi neuroni in seguito a lesioni a carico del Sistema Nervoso. Dopo una breve descrizione degli astrociti, si è fatto riferimento a come queste cellule, al pari dei neuroni, possono comunicare con questi ultimi liberando neurotrasmettitori, come il glutammato. E’ stato altresì riportato uno studio che spiega come, in seguito ad infusione dell’antimitotico ARA-C nella zona subventricolare, sia stato possibile eliminare i progenitori neurali ed osservare in seguito gli astrociti intenti a dividersi. Per ultimo, si è fatto riferimento a come gli astrociti, in seguito all’infusione del virus SOX2, possono essere riprogrammati a diventare neuroblasti, che poi diventeranno neuroni maturi, andando a ripristinare una lesione del midollo spinale.

Einstein e l'entanglement : la dimostrazione della sua esistenza e' , a ben pensarci, qualcosa di rivoluzionario.

(foto: Corbis Images)
http://www.wired.it/scienza/lab/2015/04/01/einstein-fotoni-entanglement-quantistico/
Einstein non poteva digerire il cosiddetto fenomeno dell’entaglement (una traduzione italiana è praticamente impossibile), che prevede che due o più particelle siano intrinsecamente collegate in modo tale che le azioni o misure eseguite su una di esse abbiano effetto istantaneo sulle altre. Bene, gli scienziati del Centre for Quantum Dynamics alla Griffith University sono riusciti, per la prima volta al mondo, a dimostrare sperimentalmente, misurandolo, l’entanglement quantistico di un singolo fotone, dopo che questo si è diviso in due particelle. ................Nel mondo subatomico, regolato dalle leggi della meccanica quantistica, una particella può essere in due diverse condizioni, o stati, nello stesso tempo. Per esempio, semplificando un po’, una particella può ruotare in una direzione o nell’altra (in su o in giù, il cosiddetto spin), ma anche in entrambe le direzioni contemporaneamente. Questo doppio stato, detto anche sovrapposizione quantistica, permane finché non si misura lo spin, momento in cui esso collassa su uno solo dei due stati. A complicare le cose c’è poi, per l’appunto, l’entanglement: due particelle possono essere intrinsecamente collegate in modo tale che entrambi abbiano la stessa sovrapposizione di stati allo stesso tempo. Se si esegue una misura sulla prima particella, provocandone il collasso, per esempio, nello stato di spin su, la seconda collasserà istantaneamente nello stato di spin giù. Anche se è molto distante.

Tutto questo può succedere anche con una singola particella. Un fotone, per esempio, può essere diviso in due particelle ancora connesse (in senso quantistico) tra loro. La funzione d’onda, l’equazione matematica che descrive lo stato della particella, si estende su distanze grandissime, ma la particella stessa, in sé, non si trova mai in alcuna posizione – o meglio, si trova in tutte le posizioni con diverse probabilità: nel momento in cui viene rilevata da uno strumento, lo stato collassa, come vi abbiamo spiegato prima. Il fenomeno è stato per l’appunto descritto nel 1935 da Albert Einstein, Boris Podolsky e Nathan Rosen in un articolo dal titolo La descrizione quantomeccanica della realtà fisica si può considerare completa? ed è passato alla storia con il nome di paradosso Epr. La conclusione del lavoro era piuttosto apodittica: l’entanglement quantistico di singola particella è impossibile.
L’équipe della Griffith University, a quanto pare, ha appena mostrato il contrario. Usando dei rivelatori particolari – strumenti in grado di misurare le proprietà delle onde – gli scienziati, coordinati da Howard Wiseman, sono riusciti, in effetti, a osservare il collasso della funzione d’onda da entanglement di un singolo fotone. In particolare, i ricercatori hanno diviso un singolo fotone in due particelle diverse, dirottate verso due laboratori distanti tra loro, per verificare se le misure effettuate su una di esse si ripercuotessero in un cambiamento immediato nello stato quantistico dell’altra.
“Einstein non ha mai accettato la meccanica quantisticaortodossa, e la sua critica più importante riguardava l’entanglement di singola particella”, spiega Wiseman. “Per questo consideriamo così importante dimostrare il collasso non locale della funzione d’onda con una singola particella”. Nella visione di Einstein, invece, ogni particella si trova sempre in un unico punto e il collasso istantaneo della funzione d’onda in tutte le altre posizioni è fisicamente impossibile. “Noi non abbiamo misurato solo la presenza o l’assenza della particella”, prosegue Wiseman.“Siamo andati oltre: i nostri strumenti consentivano di misurare diverse grandezze simultaneamente per verificare il fenomeno. E abbiamo effettivamente osservato il collasso della funzione d’onda in sei modi diversi, il che prova la sua esistenza e mostra che Einstein si sbagliava”.

neuroscienze : avanti tutta......per controllare e vendere.Consentiranno di individuare i nostri interessi e , forse, le nostre emozioni.Ci rinchiuderanno in una nicchia prefabbricata rispondendo a quello che cerchiamo cosi' velocemnte che se vogliamo essere veloci saremo spinti ad utilizzare quelle informazioni. Un gigantesco passo avanti verso un Grande e Terribile Fratello.

CAPIRA' tutto ciò che scriviamo con un'accuratezza "quasi umana". È l'intelligenza artificiale di Facebook, che adesso ha a disposizione un nuovo strumento, appena annunciato in un post sul blog ufficiale della compagnia e firmato da tre dipendenti: Aparna LakshmiratanAhmad Abdulkader e Joy Zhang. Chiamato DeepText, stando a quanto dicono i suoi creatori, è già in grado di capire il contenuto testuale di svariate centinaia di post al secondo, in più di venti linguaggi differenti. Ma farà sempre meglio, giorno dopo giorno. Un sistema che trae la propria forza dal deep learning, cioè da quella tecnologia d'apprendimento automatico, sviluppata a partire dagli anni Ottanta, che simula il comportamento dei neuroni umani. E si affina con l'esperienza.
Una scelta quasi obbligata. Perché, come spiegano dal team, la lettura di un testo richiede molteplici abilità: la capacità di fare classificazioni generali che sono necessarie per stabilire quello di cui si parla; il riconoscimento dei soggetti, ad esempio i nomi dei giocatori, e di altre informazioni utili. Così l'obiettivo da raggiungere è insegnare ai computer a comprendere slang e doppi sensi di cui ci serviamo nei discorsi quotidiani. A capire se quando si digita "Mi piace BlackBerry", che in italiano vuol dire mora, si intende la marca dello smartphone oppure il frutto. In altri termini, ad avere piena padronanza del linguaggio naturale. O quasi. Un obiettivo verso cui si stanno indirizzando gli sforzi di molti big del mondo della tecnologia. ................ "È un passo in avanti verso la costruzione di macchine intelligenti in grado di comunicare con gli umani in modo smart", ha commentato in un'intervista alla rivista statunitenseSlate Hussein Mehana, uno degli ingegneri a servizio di Mark Zuckerberg..............Obiettivo? Sottoporci contenuti più appropriati, pertinenti ai nostri interessi. Pubblicità inclusa. L'idea di fondo è quella di imitare le reti neurali della neocorteccia cerebrale per andare a fondo nell'analisi di post, foto, commenti e aggiornamenti. Acciuffando il tema di cui gli utenti discutiamo anche se mancano le parole chiave fondamentali alla comprensione. Un approccio semantico, insomma, che dedurrà i significati (e dunque interessi e preferenze) dal complesso della discussione. (A cura di Simone Cosimi)