venerdì 30 ottobre 2009

chi vuole controllare internet

roberto cassinelli , pdl , fa proposte poco chiare x internet , vai su .

http://menteallegra.blogspot.com/2009/10/una-proposta-di-legge-su-un-argomento.html#links

 

Ci risiamo!! Un altro disegno di legge per imbavagliare l'informazione dei blogger in Internet , vai su : http://dirittoallarete.ning.com/

f: battiato : e' molto bravo. Davvero!

clicca la freccia !!!

inneres auge

impressioni di settembre

battiato/consoli

e ti vengo a cercare

mercoledì 28 ottobre 2009

LA FAMIGLIA E L'EUROPA , clicca x art. intero

clicca immg x ingrandire    CLICCA IMMG X INGR.  

clicca immg x ingrandire

ORSO CASTANO : L'EUROPA HA BISOGNO DI NUOVE ENERGIE, DI NUOVE NASCITE. UN SUPPORTO DIFFUSO E FORTE ALLA FAMIGLIA PUO' GARANTIRE TUTTO QUESTO. MA IN MOLTI PAESI EUROPEI MANCANO ASILI NIDO E NON SI SPENDONO SOLDI PER AIUTARE LE FAMIGLIE IN QUANTO TALI. L'AIUTO E' RISERVATO AL SOGGETTO. Il SISTEMA FAMIGLIA SI INDEBOLISCE , QUSI NON AVESSE PIU' IMPORTANZA E DIGNITA'. E' UN GRAVE ERRORE : CHI SVOLGERA' LE FUNZIONI GENITORIALI ?, CHI GARANTIRA' LA PRESENZA DI UN RIPARO  DAI PROBLEMI SOCIALI ? SE SI PENSA IN TAL MODO DI GARANTIRE SOLO CON MECCANISMI DIVERSI LA SOLIDARIETA' SI RISCHIA GROSSO. IL FATTO CHE TALVOLTA LE FAMIGLIE SIANO ATTRAVERSATE DA GROSSE CONTRADDIZIONI E TENSIONI NON SIGNIFICA CHE HANNO CESSATO DI SVOLGERE LA LORO IMPORTANTISSIMA FUNZIONE SOCIALE. VANNO AIUTATE A SUPERARE QUESTI PROBLEMI. UNO STATO CHE NON SI OCCUPA DELLE SUE FAMIGLIE NON SI OCCUPA DELLE SUE CELLULE.

martedì 27 ottobre 2009

Bullismo, ritardi, arroganza: le famiglie ignorano i richiami degli insegnanti

di MARIA TERESA MARTINENGO da La Stampa del 23 ott. 09  «Vent'anni fa, alla mia prima supplenza, un giorno ho cercato di far capire ai bambini perché non si deve gettare la carta per terra. Quando siamo usciti, un padre, davanti a noi, ha appallottolato un pacchetto di sigarette e l'ha lasciato cadere sull'asfalto. Lo ricordo ancora come esempio di mancata collaborazione scuola-famiglia». Vent'anni dopo il professor Umberto Lucia, esperto di bullismo presso la Direzione Scolastica Regionale, ha verificato che agli Sos educativi che le scuole lanciano alle famiglie, risponde poco più di una famiglia su due. Il dato è contenuto nello studio sulla «Partecipazione delle famiglie al percorso educativo scolastico», curato da Lucia con la dottoressa Anna Alessandra Massa, collegato all'attuata dell'Osservatorio regionale sul Bullismo. Dal questionario, al quale hanno risposto 534 scuole piemontesi (il 78,8% del totale degli istituti di ogni ordine e grado), è emerso che in media solo nel 59% dei casi la famiglia «sostiene la scuola» quando il figlio è protagonista di comportamenti che violano le regole. Alle medie, poi, il dato crolla al 52,9%: praticamente una famiglia su due fa finta di niente di fronte ad un figlio è aggressivo nei confronti dei compagni, maleducato, oppure che arriva regolarmente in ritardo o non porta i libri e il materiale necessario per le lezioni. O, ancora, giocherella con il cellulare o l'iPod. «Il livello minimo di attenzione dei genitori è negli anni in cui i ragazzi avrebbero più bisogno di essere seguiti, quando vivono una modificazione biologica che li stravolge e cambiano la percezione di se stessi. Anche in fatto di bullismo - osserva il docente - è nei primi anni dell'adolescenza che si verificano i maggiori problemi. Eppure i genitori, che fino alla quinta elementare vedevano "piccoli" i figli, alle medie li considerano grandi, autonomi». L'indagine - punto di partenza per uno studio più ampio, finalizzato alla prevenzione, in cui il direttore dell'Ufficio Scolastico Regionale Francesco  De Sanctis ha coinvolto Scienze dell'educazione dell'Università e Ingegneria gestionale del Politecnico - è mirata a comprendere quanto le famiglie siano sensibilizzate sul fenomeno del bullismo, e quanto siano disponibili a fare la loro parte per prevenirlo. «Alle superiori -prosegue Umberto Lucia - l'attenzione dei genitori risale al 58%. Probabilmente perché la scuola ha più strumenti da mettere in campo. Per esempio, se un ragazzo viene sospeso per una settimana, la famiglia se ne accorge per forza e reagisce». ; Va meglio - ma queste percentuali sono davvero consolatorie? - alla materna e alle elementari, dove i genitori rispondono rispettivamente nel81,2% e nel 69,8% dei casi. «Ci sono situazioni che richiedono vera sinergia - dice il preside dell'Itis Avogadro Alfonso Lupo - e che a volte si possono risolvere solo con il coinvolgimento di specialisti come psicologi e a volte anche psichiatri. Da noi è solo il 20% delle famiglie a disinteressarsi dei figli. I casi più eclatanti sono nei  primi anni e riguardano ragazzi già problematici alle medie». | Un esempio è recente: due compagni di classe sorpresi a rubare in un supermercato. «Ciò che avviene immediatamente fuori non può essere ignorato dalla -; scuola. Di solito chi fa azioni del genere, a scuola non si comporta meglio». Il punto è che spesso sono proprio le famiglie di , questo genere di ragazzi a non i dare segni di vita.

...........................I dati del monitoraggio , clicca x documento intero  In base a quanto riassunto, il problema della relazione scuola-famiglia si esplicita in particolare nella partecipazione consapevole dei rappresentanti dei genitori agli organi collegiali. Per comprendere quanto sia correttamente realizzata questa condivisione di responsabilità tra genitori e scuola all’interno della gestione delle istituzioni scolastiche, si è avviato un monitoraggio sulla Partecipazione delle famiglie al percorso educativo scolastico. Le informazioni richieste riguardano: il numero dei consigli di classe, il numero totale di rappresentanti dei genitori previsti nei consigli di classe, il numero totale di rappresentanti dei genitori eletti nei consigli di classe, il numero totale di rappresentanti dei genitori previsti nel consiglio di istituto della scuola, il numero totale di rappresentanti dei genitori eletti nel consiglio di istituto della scuola, il numero di riunioni dei Consigli di Classe allargate ai genitori, il numero di rappresentanti dei genitori presenti a questi Consigli di Classe allargati, il numero di riunioni del Consiglio di Istituto con i genitori, il numero di rappresentanti dei genitori presenti al Consiglio di Istituto, il numero di patti di corresponsabilità consegnati e restituiti, la tipologia di contatto con le famiglie. I dati sono inerenti all’anno scolastico in corso (2008/2009). Hanno risposto 534 scuole pari al 78,8% delle istituzioni scolastiche del Piemonte. Nella Tabella 1 si riportano il numero dei consigli di classe ed il numero di famiglie per grado di istruzione in Piemonte. Nelle Tabelle 2 e 3 si riassumono i dati per il numero di rappresentati dei genitori previsti dalla normativa per i differenti gradi di istruzione. Nella Tabella 4 si indica l’impegno, espresso in numero di riunioni, previsto per i differenti organi collegiali per grado di istruzione. Infine, la Tabella 5 riporta i dati inerenti i patti di corresponsabilità. Nelle Tabelle 8, 9, 10 e 11 si riportano gli stessi dati per Provincia. Nella Tabella 6 si verifica la disponibilità delle famiglie in relazioni al non rispetto delle regole da parte degli alunni e nella Tabella 7 il supporto delle famiglie in relazione alle problematiche comportamentali dei figli. Nella Tabella 12 si riportano gli stessi dati per Ufficio Scolastico Provinciale. In particolare emerge che: 1. nel 21% dei consigli di classe della scuola secondaria di II grado non sono stati eletti rappresentanti dei genitori, 2. si rileva una diminuzione di partecipazione dalla scuola primaria alla secondaria di II grado; 3. la partecipazione alle attività del Consiglio di Istituto risulta maggiore rispetto a quella degli altri organi collegiali; 4. in media i patti di corresponsabilità non restituiti dalle famiglie risultano circa il 10%; 5. circa il 60% delle famiglie sostiene la scuola in interventi connessi con il comportamento dei propri figli.

qualche consiglio su come intervenire sul bullismo , clicca qui'

................Il contesto terapeutico più idoneo, in questi casi, è la psicoterapia familiare. Gli obiettivi di tale intervento si concentrano in diverse direzioni, in particolare il lavoro è orientato: a sostenere i genitori nell’aiutare i propri figli in questo particolare momento della loro crescita; l’immagine di sé del ragazzo in questi casi può non corrispondere alla realtà: come in uno specchio deformante, il ragazzo può vedersi più o meno forte, efficace o degno di stima. I genitori, se adeguatamente incoraggiati, possono restituirgli un’ immagine più realistica di quella percepita. Inoltre i ragazzi tendono ad utilizzare i genitori come modello quindi, grazie all’intervento dei genitori come risorsa terapeutica, è possibile fornire modelli di comportamento adeguati, soprattutto rispetto ad una buona gestione dei conflitti, a lavorare sul riconoscimento delle emozioni proprie ed altrui: poiché sia nelle vittime che nei prevaricatori sembra esserci una difficoltà nel distinguere le emozioni. - Per le vittime, ad esempio, è difficile riconoscere gli specifici segnali emotivi relativi alla rabbia; da un lato tali difficoltà potrebbero impedire al bambino di riconoscere l’altro come potenziale aggressore e quindi di difendersi e, dall’altro, non leggere tale emozione nell’interlocutore, potrebbe favorire l’utilizzo di modalità relazionali che finiscono con il provocarlo ulteriormente in modo involontario. - Per i bulli, invece, si riscontra una generale immaturità nel riconoscimento delle emozioni, soprattutto per quanto riguarda la felicità. In altre parole sembrano soggetti carenti di empatia. In terapia si può favorire il riconoscimento di tali emozioni, in particolare della rabbia propria ed altrui, e nuove modalità per esprimerle. -ad aiutare il ragazzo vittima di prevaricazioni ad elaborare i propri vissuti portandolo a raccontare con chiarezza, fermezza e senza timore le situazioni di cui è stato protagonista, recuperando il controllo della situazione, imparando a proteggersi da solo, riacquistando la fiducia in sé stesso, superando i sentimenti di vergogna, frustrazione ed impotenza che, se espressi e condivisi con altre persone in grado di accogliere e comprendere, possono liberare il malcapitato da un grande peso . I risultati di questo lavoro si ripercuoteranno positivamente anche sull’autostima poiché un contesto terapeutico attento, è in grado di aiutare il ragazzo o la famiglia a trarre beneficio dalle esperienze negative e spiacevoli, attraverso una nuova forza e nuove risorse personali.

Diritti Negati !!

I Responsabili (nominati  oggi direttamente dal Direttore Generale) delle Strutture delle varie ASL  pubblichino sul web quanti soldi ricevono ogni anno e cosa ne fanno! Sono soldi dei cittadini !!

linee di indirizzo generali ed azioni a livello nazionale per la prevenzione e la lotta al bullismo

IL MINISTRO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE   Roma, 5 febbraio 2007   Premessa: espressioni del fenomeno dentro e fuori la scuola I fatti di bullismo e di violenza che hanno interessato anche le nostre scuole, talvolta eccessivamente enfatizzati dai media, configurano un quadro preoccupante, che pone la necessità di fornire alle istituzioni scolastiche ulteriori risorse e strumenti che consentano l'incremento di azioni volte a favorire la piena e concreta realizzazione delle finalità poste a fondamento dell'autonomia scolastica, quali la valorizzazione della persona, la crescita e lo sviluppo educativo, cognitivo e sociale del singolo discente mediante percorsi di apprendimento individualizzati e interconnessi con la realtà sociale del territorio, la cooperazione, la promozione della cultura della legalità e del benessere di bambini e adolescenti. ......................................Il problema del bullismo si configura come un fenomeno estremamente complesso, non riducibile alla sola condotta di singoli (bambini, ragazzi preadolescenti e adolescenti; maschi e femmine) ma riguardante il gruppo dei pari nel suo insieme. Tra i coetanei, infatti, il fenomeno spesso si diffonde grazie a dinamiche di gruppo, soprattutto in presenza di atteggiamenti di tacita accettazione delle prepotenze o di rinuncia a contrastare attivamente le sopraffazioni ai danni dei più deboli. E' importante definire il bullismo poiché troppo spesso viene confuso o omologato ad altre tipologie di comportamenti, dai quali va distinto, e che configurano dei veri e propri reati (ad esempio discriminazione, microcriminalità, vandalismo, furti, etc..). Il termine italiano "bullismo" è la traduzione letterale di "bullying", parola inglese comunemente usata nella letteratura internazionale per caratterizzare il fenomeno delle prepotenze tra pari in contesto di gruppo. Il bullismo si configura come un fenomeno dinamico, multidimensionale e relazionale che riguarda non solo l'interazione del prevaricatore con la vittima, che assume atteggiamenti di rassegnazione, ma tutti gli appartenenti allo stesso gruppo con ruoli diversi. Il comportamento del bullo è un tipo di azione continuativa e persistente che mira deliberatamente a far del male o danneggiare qualcuno. La modalità diretta si manifesta in prepotenze fisiche e/o verbali. La forma indiretta di prevaricazione riguarda una serie di dicerie sul conto della vittima, l'esclusione dal gruppo dei pari, l'isolamento, la diffusione di calunnie e di pettegolezzi e altre modalità definite di "cyberbullying" inteso quest'ultimo come particolare tipo di aggressività intenzionale agita attraverso forme elettroniche. Questa nuova forma di prevaricazione, che non consente a chi la subisce di sfuggire o nascondersi e coinvolge un numero sempre più ampio di vittime, è in costante aumento e non ha ancora un contesto definito. Ciò che appare rilevante è che oggi non è più sufficiente educare a decodificare l'immagine perché i nuovi mezzi hanno dato la possibilità a chiunque non solo di registrare immagini ma anche di divulgarle...............L'entrata in vigore dello Statuto delle Studentesse e degli Studenti, il D.P.R. 24 giugno 1998, n. 249, ha consentito di superare un modello sanzionatorio di natura esclusivamente repressiva - punitiva, quale era delineato dal previgente Regio Decreto n. 653 del 1925, introducendo un nuovo sistema ispirato al principio educativo in base al quale il provvedimento disciplinare verso il discente deve prevedere anche comportamenti attivi di natura "riparatoria - risarcitoria". In altre parole si afferma il principio innovativo per cui la sanzione irrogata, anziché orientarsi ad "espellere" lo studente dalla scuola, deve tendere sempre verso una responsabilizzazione del discente all'interno della comunità di cui è parte. In base ai principi sanciti dallo Statuto, e tradotti nella realtà scolastica autonoma dal regolamento di istituto, si deve puntare a condurre colui che ha violato i propri doveri non solo ad assumere consapevolezza del disvalore sociale della propria condotta contra legem, ma anche a porre in essere dei comportamenti volti a "riparare" il danno arrecato...................Ciò posto, va precisato che per quanto riguarda tutti gli altri principi di cui all'art. 4 (finalità educativa del provvedimento disciplinare, natura personale della responsabilità disciplinare, principio di separazione della condotta dalla valutazione del profitto, principio di riparazione del danno, facoltà per lo studente di esporre le proprie ragioni, convertibilità delle sanzioni in attività a favore della comunità scolastica, obbligo di mantenere, per quanto possibile, un rapporto della scuola con lo studente e con i genitori anche durante periodi di allontanamento dalla comunità al fine di favorire il rientro, l'attribuzione in capo ad un organo collegiale del potere di decidere l'allontanamento dalla scuola, facoltà per lo studente di iscriversi, anche in corso d'anno, ad altra scuola nei casi di cui al comma 10), questi ultimi sono da intendersi tutti come inderogabili e, pertanto, trovano integrale applicazione anche nei casi più gravi previsti dal comma 9. Si ravvisa, infine, l'opportunità di informare che sono allo studio norme per la semplificazione delle procedure previste per l'irrogazione delle sanzioni disciplinari verso gli studenti ed un repertorio condiviso di sanzioni che non si limitino ad allontanare i giovani dalla scuola, circostanza sempre pericolosa per la crescita e lo sviluppo della persona, ma diano luogo anche a percorsi educativi di recupero..............Costituzione di osservatori regionali permanenti sul bullismo Presso ciascun Ufficio scolastico regionale sono istituiti degli osservatori regionali permanenti sul fenomeno del bullismo mediante appositi fondi assegnati dal Ministero della Pubblica Istruzione. Ogni osservatorio sarà un centro polifunzionale al servizio delle istituzioni scolastiche che operano, anche in rete, sul territorio. Lavorerà in stretta connessione con l'amministrazione centrale e periferica, in collaborazione con le diverse agenzie educative nel territorio per la realizzazione di attività, ricercando e valorizzando tutto il patrimonio di buone pratiche, materiali e competenze che in questi anni si sono sviluppati localmente grazie all'impegno delle scuole e delle istituzioni locali (Regioni, Università, Asl, Comuni, Province,...) e associazioni. Tra le priorità degli osservatori vi sarà il coinvolgimento dei soggetti già attivi su questi temi, nonché la raccolta e la valorizzazione delle ricerche, delle esperienze e dei materiali didattici più significativi e l'individuazione e la segnalazione di specifiche competenze. Gli osservatori garantiranno sia una rilevazione e un monitoraggio costante del fenomeno sia il supporto alle attività promosse dalle istituzioni scolastiche singolarmente e/o in collaborazione con altre strutture operanti nel territorio. Garantiranno, inoltre, il collegamento con le diverse istituzioni che a livello nazionale si occupano di educazione alla legalità. Il portale internet (www.smontailbullo.it) sarà il "luogo" di raccordo di tutti i soggetti coinvolti. All'interno di ogni osservatorio si prevederà un nucleo di monitoraggio e di verifica degli interventi messi in atto..............................F.to IL MINISTRO Giuseppe Fioroni..................... 10/10/09 - Si muovono in gruppo, sono violente, prepotenti: le nuove baby gang tutte al femminile. Paola Durastante, Centro di Giustizia minorile Abruzzo-Marche-Molise, racconta la sua esperienza , clicca sulla freccia  Vincitore del Festival Young About 2009. Il tema del bullismo visto all'interno di un gruppo di ragazze in cui l'indifferenza scatena conseguenze imprevedibili ed inquietanti. Clicca sulla freccia

lunedì 26 ottobre 2009

Workplace bullying , bullismo sul posto di lavoro (inteso in senso lato) in USA

(traduci con google  traduttore , clicca qui')

Thank you very much to  the author of the research, research very timely. Let also the address of the publication for those who want to read it in its entirety.  Thanks  :Dr. Judy Fisher-Blando http://www.workplaceviolence911.com/docs/20081215.pdf

l'articolo e' tratto da wikipedia articol. Da leggere , molto sintetico ma, comunque, panoramico. 

like childhood bullying, is the tendency of individuals or groups to use persistent aggressive or unreasonable behavior against a co-worker. Workplace bullying can include such tactics as verbal, nonverbal, psychological, physical abuse and humiliation. This type of aggression is particularly difficult because unlike the typical forms of school bullying, workplace bullies often operate within the established rules and policies of their organization and their society. Bullying in the workplace therefore takes a wide variety of forms such as:

  • being rude or belligerent

  • talking in a dismissive tone ("talking down") to subordinates and/or peers

  • screaming or cursing

  • having an arrogant attitude in general, e.g., "I'm right and everyone else is always wrong"

  • being quick to criticize and slow to praise

  • destruction of property or work product

  • character assassination

  • spreading malicious rumors

  • gossiping about others

  • not providing appropriate resources and amenities in a fair and equitable manner

  • social ostracism

  • physical assault.

Bullying can be covert (in the form of relational aggressive or passive aggressive behaviour) or overt.

Definition

While there is no single formal definition of workplace bullying, several researchers have endeavoured to define it. Some categorize all harmful boss-behavior and actions of malintent directed at employees as bullying. Bullying behaviours may be couched in humiliation and hazing rites and iterative programs or protocols framed as being in the best interests of employee development and coaching. Others separate behaviors into different patterns, labeling a subset of those behaviors as bullying, explaining that there are different ways to deal effectively with specific patterns of behavior. Some workplace bullying is defined as involving an employee’s immediate supervisor, manager or boss in conjunction with other employees as complicit, while other workplace bullying is defined as involving only an employee’s immediate supervisor, manager or boss.

  • According to Tracy, Lutgen-Sandvik, and Alberts[1], researchers associated with the Project for Wellness and Work-Life, workplace bullying is most often "a combination of tactics in which numerous types of hostile communication and behavior are used" (p. 152).

  • Gary and Ruth Namie[2] define workplace bullying as "repeated, health-harming mistreatment, verbal abuse, or conduct which is threatening, humiliating, intimidating, or sabotage that interferes with work or some combination of the three."

  • Pamela Lutgen-Sandvik[3] expands this definition, stating that workplace bullying is "persistent verbal and nonverbal aggression at work, that includes personal attacks, social ostracism, and a multitude of other painful messages and hostile interactions."

  • Noa Davenport, Ruth Distler-Schwartz and Gail Pursell-Elliot identify “mobbing” as a particular type of bullying that is not as apparent as most, defining it as "…an emotional assault. It begins when an individual becomes the target of disrespectful and harmful behavior. Through innuendo, rumors, and public discrediting, a hostile environment is created in which one individual gathers others to willingly, or unwillingly, participate in continuous malevolent actions to force a person out of the workplace."[4]

Because it can occur in a variety of contexts and forms, it is also useful to define workplace bullying by the key features that these behaviors possess. Bullying is characterized by (Einarsen, 1999; Keashly & Harvey 2004; Lutgen-Sandvik, 2006):

  • repetition (occurs regularly)

  • duration (is enduring)

  • escalation (increasing aggression)

  • power disparity (the target lacks the power to successfully defend themself).

  • attributed intent.

This distinguishes bullying from isolated behaviors and other forms of job stress and allows the term workplace bullying to be applied in various contexts and to behaviors that meet these characteristics.

According to Pamela Lutgin-Sandvik[5], the lack of unifying language to name the phenomenon of workplace bullying is a problem because without a unifying term or phrase, individuals have difficulty naming their experiences of abuse, and therefore have trouble pursuing justice against the bully. Unlike the term "sexual harassment," which named a specific problem and is now recognized in U.S. law (and many international laws), workplace bullying is still being established as a relevant social problem and is in need of a specific vernacular.

Statistics

Statistics[6] from the 2007 WBI-Zogby survey show that 13% of U.S. employees are currently bullied, 24% have been bullied in the past and 12% witness workplace bullying. Nearly half of all American workers (49%) have been affected by workplace bullying, either being a target themselves or having witnessed abusive behavior against a co-worker.

Although socio-economic factors may play a role in the abuse, researchers from the Project for Wellness and Work-Life[1] suggest that "workplace bullying, by definition, is not explicitly connected to demographic markers such as sex and ethnicity" (p. 151). Because 1 in 10 employees experiences workplace bullying, the prevalence of this issue is cause for great concern, even as initial data about this issue are reviewed.

In 2008, Dr. Judy Fisher-Blando [1] wrote a doctoral research dissertation on Aggressive Behavior: Workplace Bullying and Its Effect on Job Satisfaction and Productivity. [2] The scientific study determined that almost 75% of employees surveyed had been affected by workplace bullying, whether as a Target or a witness. Further research showed the types of bullying behavior, and organizational support.

Gender

In terms of gender, the Workplace Bullying Institute (2007)[6] states that women appear to be at greater risk of becoming a bullying target, as 57% of those who reported being targeted for abuse were women. Men are more likely to participate in aggressive bullying behavior (60%), however if the bully is a woman, her target is more likely to be a woman as well (71%) .

Race

Race also may play a role in the experience of workplace bullying. According to the Workplace Bullying Institute (2007)[6], the comparison of combined bullying (current + ever bullied) prevalence percentages reveals the pattern from most to least:

  1. Hispanics (52.1%)

  2. African-Americans (46%)

  3. Whites (33.5%)

  4. Asian-Americans (30.6%)

The reported rates of witnessing bullying were:

  1. African-Americans (21.1%)

  2. Hispanics (14%)

  3. Whites (10.8%)

  4. Asian-Americans (8.5%)

The percentages of those claiming to have neither experienced nor witnessed mistreatment were among

  1. Asian-Americans (57.3%)

  2. Whites (49.7%)

  3. Hispanics (32.2%)

  4. African-Americans (23.4%)

Health effects

According to Gary and Ruth Namie, as well as Tracy, et al.[7], workplace bullying can harm the health of the targets of bullying. Organizations are beginning to take note of workplace bullying because of the costs the organization in terms of the health of their employees.

According to scholars at the The Project for Wellness and Work-Life at Arizona State University, "workplace bullying is linked to a host of physical, psychological, organizational, and social costs." Stress is the most predominant health effect associated with bullying in the workplace. Research indicates that workplace stress has significant negative effects that are correlated to poor mental health and poor physical health, resulting in an increase in the use of "sick days" or time off from work (Farrell & Geist-Martin, 2005).

In addition, co-workers who witness workplace bullying can also have negative effects, such as fear, stress, and emotional exhaustion[3]. Those who witness repetitive workplace abuse often choose to leave the place of employment where the abuse took place. Workplace bullying can also hinder the organizational dynamics such as group cohesion, peer communication, and overall performance. Bullying is not a good thing, it can scar people for life.

Financial costs to employers

Several studies have attempted to quantify the cost of bullying to an organization.

  • According to the National Institute of Occupational Safety Health (NIOSH) mental illness among the workforce leads to a loss in employment amounting to $19 billion and a drop in productivity of $3 billion (Sauter, et al., 1990).

  • In a report commissioned by the ILO, Hoel, Sparks, & Cooper did a comprehensive analysis of the costs involved in bullying.[8] They estimated a cost 1.88 Billion Pounds plus the cost of lost productivity.

  • Based on replacement cost of those who leave as a result of being or witnessing bullying, Rayner and Keashly (2004) estimated that for an organization of 1000 people, the cost would be $1.2 million US. This estimate did not include the cost of litigation should victims bring suit against the organization.

  • A recent Finnish study of more than 5,000 hospital staff found that those who had been bullied had 26% more certified sickness absence than those who were not bullied, when figures were adjusted for base-line measures one year prior to the survey (Kivimaki et al., 2000). According to the researchers these figures are probably an underestimation as many of the targets are likely to have been bullied already at the time the base-line measures were obtained.

Research by Dr Dan Dana has shown organizations suffer a large financial cost by not accurately managing conflict and bullying type behaviors. He has developed a tool to assist with calculating the cost of conflict.[9] In addition, researcher Tamara Parris discusses how employers need to be more attentive in managing various discordant behaviors in the workplace, such as, bullying, as it not only creates a financial cost to the organization, but also erodes the company's human resources assets. [10]

Types

Tim Field suggested that workplace bullying takes these forms[11]:

  • Serial bullying — the source of all dysfunction can be traced to one individual, who picks on one employee after another and destroys them, then moves on. Probably the most common type of bullying.

  • Secondary bullying — the pressure of having to deal with a serial bully causes the general behavior to decline and sink to the lowest level.

  • Pair bullying — this takes place with two people, one active and verbal, the other often watching and listening.

  • Gang bullying or group bullying — is a serial bully with colleagues. Gangs can occur anywhere, but flourish in corporate bullying climates. It is often called mobbing and usually involves scapegoating and victimisation.

  • Vicarious bullying — two parties are encouraged to fight. This is the typical "Triangulation" where the aggression gets passed around.

  • Regulation bullying — where a serial bully forces their target to comply with rules, regulations, procedures or laws regardless of their appropriateness, applicability or necessity.

  • Residual bullying — after the serial bully has left or been fired, the behavior continues. It can go on for years.

  • Legal bullying — the bringing of a vexatious legal action to control and punish a person. It is one of the nastiest forms of bullying.

  • Pressure bullying or unwitting bullying — having to work to unrealistic time scales and/or inadequate resources.

  • Corporate bullying — where an employee abuses an employee with impunity, knowing the law is weak and the job market is soft.

  • Organizational bullying — a combination of pressure bullying and corporate bullying. Occurs when an organization struggles to adapt to changing markets, reduced income, cuts in budgets, imposed expectations and other extreme pressures.

  • Institutional bullying — entrenched and is accepted as part of the culture.

  • Client bullying — an employee is bullied by those they serve, for instance subway attendants or public servants.

  • Cyber bullying — the use of information and communication technologies to support deliberate, repeated, and hostile behaviour by an individual or group, that is intended to harm others.

Workplace bullying tactics

 clicca qui' per il clip :http://www.youtube.com/watch?v=8jnrREFYlwc

Research by the Workplace Bullying Institute, see[12], suggests that the following are the most common 25 tactics used by workplace bullies.

  1. Falsely accused someone of "errors" not actually made (71 percent).

  2. Stared, glared, was nonverbally intimidating and was clearly showing hostility (68 percent).

  3. Discounted the person's thoughts or feelings ("oh, that's silly") in meetings (64 percent).

  4. Used the "silent treatment" to "ice out" and separate from others (64 percent).

  5. Exhibited presumably uncontrollable mood swings in front of the group (61 percent).

  6. Made up own rules on the fly that even she/he did not follow (61 percent).

  7. Disregarded satisfactory or exemplary quality of completed work despite evidence (58 percent).

  8. Harshly and constantly criticized having a different standard for the target (57 percent).

  9. Started, or failed to stop, destructive rumors or gossip about the person (56 percent).

  10. Encouraged people to turn against the person being tormented (55 percent).

  11. Singled out and isolated one person from coworkers, either socially or physically (54 percent).

  12. Publicly displayed gross, undignified, but not illegal, behavior (53 percent).

  13. Yelled, screamed, threw tantrums in front of others to humiliate a person (53 percent).

  14. Stole credit for work done by others (plagiarism) (47 percent).

  15. Abused the evaluation process by lying about the person's performance (46 percent).

  16. Declared target "insubordinate" for failing to follow arbitrary commands (46 percent).

  17. Used confidential information about a person to humiliate privately or publicly (45 percent).

  18. Retaliated against the person after a complaint was filed (45 percent).

  19. Made verbal put-downs/insults based on gender, race, accent or language, disability (44 percent).

  20. Age is another factor.

  21. Assigned undesirable work as punishment (44 percent).

  22. Created unrealistic demands (workload, deadlines, duties) for person singled out (44 percent).

  23. Launched a baseless campaign to oust the person; effort not stopped by the employer (43 percent).

  24. Encouraged the person to quit or transfer rather than to face more mistreatment (43 percent).

  25. Sabotaged the person's contribution to a team goal and reward (41 percent).

  26. Ensured failure of person's project by not performing required tasks, such as sign-offs, taking calls, working with collaborators (40 percent)

Bullying and personality disorders

Personality disorders and executives

In 2005, psychologists Belinda Board and Katarina Fritzon at the University of Surrey, UK, interviewed and gave personality tests to high-level British executives and compared their profiles with those of criminal psychiatric patients at Broadmoor Hospital in the UK. They found that three out of eleven personality disorders were actually more common in executives than in the disturbed criminals, they were:

  • Histrionic personality disorder: including superficial charm, insincerity, egocentricity and manipulation

  • Narcissistic personality disorder: including grandiosity, self-focused lack of empathy for others, exploitativeness and independence.

  • Obsessive-compulsive personality disorder: including perfectionism, excessive devotion to work, rigidity, stubbornness and dictatorial tendencies.

They described the business people as successful psychopaths and the criminals as unsuccessful psychopaths. [13]

Psychopathy and workplace bullying

Robert Hare and Paul Babiak discuss psychopathy and workplace bullying thus[14]:

Bullies react aggressively in response to provocation or perceived insults or slights. It is unclear whether their acts of bullying give them pleasure or are just the most effective way they have learned to get what they want from others. Similar to manipulators, however, psychopathic bullies do not feel remorse, guilt or empathy. They lack insight into their own behaviour, and seem unwilling or unable to moderate it, even when it is to their own advantage. Not being able to understand the harm they do to themselves (let alone their victims), psychopathic bullies are particularly dangerous.”

Of course, not all bullies are psychopathic, though this may be of little concern to their victims. Bullies come in many psychological and physical sizes and shapes. In many cases, “garden variety” bullies have deep seated psychological problems, including feelings of inferiority or inadequacy and difficulty in relating to others. Some may simply have learned at an early stage that their size, strength, or verbal talent was the only effective tool they had for social behaviour. Some of these individuals may be context-specific bullies, behaving badly at work but more or less normally in other contexts. But the psychopathic bully is what he is: a callous, vindictive, controlling individual with little or no empathy or concern for the rights and feelings of the victim, no matter what the context.”

Narcissism

In 2007, researchers Catherine Mattice and Brian Spitzberg at San Diego State University, USA, also found that: "Narcissism revealed a small significant positive relationship with bullying and was found to be significantly related to indirect bullying tactics rather than direct tactics. Narcissism also revealed a strong relationship with overall bullying motivation and a moderate relationship with bullying satisfaction."[15].

Legal aspects

Australia

Each state has its own legislation.

In Queensland there is no law against workplace bullying although anti-discrimination and stalking laws could be used to prosecute if appropriate.

In Victoria, legislation comes from Worksafe Victoria. If bullying endangers a worker's health causing stress or any other physical harm, a corporation can be found liable for not providing a safe place for their employees to work.[16]

Canada

The Canadian Province of Quebec introduced legislation addressing workplace bullying on 1 June 2004. In its Act representing Labour Standards "psychological harassment" is prohibited. The Commission des normes du travail is the organization responsible for the application of this act.[17]

Under the Ontario Occupational Health and Safety Act 1979, "all employers must take every precautions reasonable in the circumstances to protect the health and safety of their workers in the workplace. This includes protecting them against the risk of workplace violence "[18]. The Act requires establishment of Joint Occupational Health and Safety Committees for larger employers.

Under the act, workplace violence is defined as "...the attempted or actual exercise of any intentional physical force that causes or may cause physical injury to a worker. It also includes any threats which give a worker reasonable grounds to believe he or she is at risk of physical injury"[18][19]. Currently, as the Act is written, the Ontario Occupational Health and Safety Act does not specifically cover the issue of psychological harassment [18].

On Dec 13, 2007 MPP Andrea Horwath introduced for first reading a new Bill, Bill-29, to make an amendment to the Ontario Occupational Health and Safety Act. This Bill-29 is proposing "to protect workers from harassment and violence in the workplace" and will include protection from psychological abuse and bullying behaviors in the workplace in Ontario. [20]

The Canadian Province of Saskatchewan made workplace bullying illegal in 2007 by passing The Occupational Health and Safety (Harassment Prevention) Amendment Act, 2007. The act broadened the definition of harassment, as defined in the The Occupational Health and Safety Act 1993, to include psychological harassment.[21]

Ireland

In Ireland, there is a Code of Practice for employers and employees on the prevention and resolution of bullying at work.[22] The Code notes the provision in the Safety, Health and Welfare Act 2005 requiring employers to manage work activities to prevent improper conduct or behaviour at work. The Code of Practice provides both employer and employee with the means and the machinery to identify and to stamp out bullying in the workplace in a way which benefits all sides.

Sweden

Workplace bullying in Sweden is covered by the Ordinance of the Swedish National Board of Occupational Safety and Health containing Provisions on measures against Victimization at Work, which defines victimisation as "...recurrent reprehensible or distinctly negative actions which are directed against individual employees in an offensive manner and can result in those employees being placed outside the workplace community."[23]

The act places the onus on employers to plan and organise work so as to prevent victimisation and to make it clear to employees that victimisation is not acceptable. The employer is also responsible for the early detection of signs of victimisation, prompt counter measures to deal with victimisation and making support available to employees who have been targeted.

United Kingdom

See also: UK employment discrimination law

In the United Kingdom, although bullying is not specifically mentioned in workplace legislation, there are means to obtain legal redress for bullying. The Protection from Harassment Act 1997[24] is a recent addition to the more traditional approaches using employment-only legislation. Notable cases include Majrowski v Guy's & St Thomas' NHS Trust[25] wherein it was held that an employer is vicariously liable for one employee's harassment of another, and Green v DB Group Services (UK) Ltd,[26] where a bullied worker was awarded over £800,000 in damages. In the latter case, at paragraph 99, the judge Mr Justice Owen said,

"...I am satisfied that the behaviour amounted to a deliberate and concerted campaign of bullying within the ordinary meaning of that term."

Bullying behaviour breaches other UK laws. An implied term of every employment contract in the UK is that parties to the contract have a (legal) duty of trust and confidence to each other. Bullying, or an employer tolerating bullying, typically breaches that contractual term. Such a breach creates circumstances entitling an employee to terminate his or her contract of employment without notice, which can lead to a finding by an Employment Tribunal of unfair dismissal, colloquially called constructive dismissal. An employee bullied in response to asserting a statutory right can be compensated for the detriment under Part V of the Employment Rights Act 1996, and if dismissed, Part X of the same Act provides that the dismissal is automatically unfair. Where a person is bullied on grounds of sex, race or disability et al., it is outlawed under anti-discrimination laws.

It was argued, following the obiter comments of Lord Hoffmann in Johnson v Unisys in March 2001,[27][28] that claims could be made before an Employment Tribunal for injury to feelings arising from unfair dismissal. It was re-established that this was not what the law provided, in Dunnachie v Kingston upon Hull City Council, July 2004 [29] wherein the Lords confirmed that the position established in Norton Tool v Tewson in 1972, that compensation for unfair dismissal was limited to financial loss alone. Unfair dismissal compensation is subject to a statutory cap set at £60600 from Feb 2006. Discriminatory dismissal continues to attract compensation for injury to feelings and financial loss, and there is no statutory cap.

United States

In the United States, comprehensive workplace bullying legislation has yet to be passed by the federal government or by any U.S. state government, but since 2003, many state legislatures have considered bills.[30] As of April 2009, 16 U.S. states have proposed legislation; these are:[31]

  • Nevada (2009)

  • Illinois (2009)

  • Utah (2009)

  • New Jersey (2007)

  • Washington (2007, 2005)

  • New York (2006)

  • Vermont (2007)

  • Oregon (2007, 2005)

  • Montana (2007)

  • Connecticut (2007)

  • Hawaii (2007, 2006, 2005, 2004)

  • Oklahoma (2007, 2004)

  • Kansas (2006)

  • Missouri (2006)

  • Massachusetts (2005)

  • California (2003)

These workplace bullying bills have typically allowed employees to sue their employers for creating an "abusive work environment," and most have been supported by the notion that laws against workplace bullying are necessary to protect public health.

Although most U.S. states operate under the 19th Century doctrine of at-will employment (which, in theory, allows an employer to fire an employee for any reason or no reason), American workers have gained significant legal leverage through discrimination and harassment laws, workplace safety laws, union-protection laws. etc., such that it would be illegal under federal and the laws of most states to fire employees for a whole host of reasons. These employment laws typically forbid retaliation for good faith complaints or exercising legal rights, such as organizing a union. Discrimination and harassment laws enable employees to sue for creating a "hostile work environment," which can include bullying, but the bullying/hostility usually is tied in some way to a characteristic protected under the discrimination/harassment law, such as race, sex, religion, age, disability, sexual orientation, etc.

Some organizations have long-established policies forbidding any kind of harassment. See for example the decades-old MIT policy on Harassment at http://web.mit.edu/policies/9/9.5.html .

Notable researchers and references.........................................................

sabato 24 ottobre 2009

Epifani ed il posto fisso o a tempo indeterminato

da "il Fattto di vener. 23 ott , Guglielmo Epifani, segretario generale della Cgil dì Stefano Feltri In Italia c'è una generazione che ha conosciuto solo il lavoro precario. Il problema vero è che adesso non ha più neppure quello. I precari sono stati i primi a sparire, i più esposti insieme ai lavoratori di 40-45 anni che perdono il lavoro e hanno grandi difficoltà a essere reimpiegati", Guglielmo Epifani incontra "II Fatto" nella sede centrale della Cgil, a Roma, per discutere dell'uscita di Giulio Tremonti sul posto fisso, quando pochi giorni fa il ministro ha detto che "la precarietà in sé non è un valore"....... Segretario, che ideasi è fatto del dibattito seguito all'elogio da parte di Tremonti del posto fisso?..... Si è espresso con parole un po' desuete. Oggi si parla di "posto sicuro", di lavoro "a tempo indeterminato", non di "posto fisso". Il ministro ha comunque una sua fisionomia ormai abbastanza definita, teorizza il primato del pubblico sul privato in campo economico e difende un'idea forte economia sociale e di mercato. In questo quadro ha inserito le parole sulla stabilità del lavoro e sulla qualità della vita, con un riferimento all'enciclica del Papa che pochi hanno notato. Il punto è che non c'è un rapporto tra le parole e i fatti. L'esempio più evidente è la vicenda dei precari nel settore pubblico: Tremonti poteva trovare quelle - poche - risorse che servivano a stabilizzarli, ma non l'ha fatto. Dopo il suo intervento, ho chiesto al governo di aprire un tavolo. Ma subito il ministro del Welfare Maurizio Sacconi ha detto di no. Ma proviamo a prendere sul serio le parole di Tremonti. C'è qualcosa che si può fare, qui e ora, nel mezzo della crisi, per intervenire a favore dei precari? La prima cosa sarebbe appunto stabilizzare i precari della pubblica amministrazione, perché è un'idea di risparmio molto singolare quella che prevede di lasciare disoccupate migliaia di persone a cui lo Stato paga però l'indennità di disoccupazione, come nel caso della scuola: con gradualità si potevano stabilizzare tutti, visto che c'èun ampio turn over per l'età media elevata. Invece questa volontà non c'è perché l'idea è quella diuna riduzione strutturale dell'organico. Poi si dovrebbero riformare gli ammortizzatori sociali per chi perde il lavoro e ridurre il numero di contratti di lavoro atipici, ce ne sono più di trenta. Da questo punto di vista siamo davvero un Paese impresentabile. Di questo avremmo voluto parlare al tavolo, ma il governo non è interessato. Forse perché non ha molto da dire. Ieri Berlusconi ha promesso di nuovo l'abolizione dell'lrap, un'imposta che vale 38 miliardi. Una proposta che, insieme all'elogio del posto fìsso, sembra un tentativo di impostare un dibattito da "dopo crisi". Sacconi ha già detto che non ci sono i soldi. C'è una strategia di comunicazione dietro queste uscita. Il governo si sta segnalando per dire cose che poi non fa, come il ponte sullo Stretto: non stanno partendo i lavori ma si sta solo completando un collegamento ferroviario che andava comunque fatto. Prima hanno detto per mesi che l'Italia sarebbe uscita dalla crisi meglio degli altri, poi hanno spiegato che il problema era solo di fiducia, ma al G20 di Pittsburgh si sono smentiti, sottoscrivendo un documento in cui si diceva che non è ancora tempo di exit strategy perché la crisi occupazionale più grave arriva adesso....... L'autunno, dal punto di vista della disoccupazione, si sta rivelando così duro come si temeva?......... Mentre le Borse ritrovano l'euforia e il sistema bancario italiano si riassesta, nell'economia reale la situazione è sempre più grave. E questo è colpa della lunghezza della crisi: anche chi ha resistito finora senza tagliare i posti di lavoro, ora lo fa. O perché non riesce più a resistere e deve ridurre i costi o addirittura chiudere, oppure perché ne approfitta per ristrutturarsi in modo da essere pronto ad agganciare la ripresa. La Confindustria prima ha approvato la Finanziaria, poi ha iniziato a dire che non era sufficiente. Ed è abbastanza chiara la ragione: le imprese hanno fatto capire che non ce la fanno più. Nel settore metalmeccanico siamo al 72-73 per cento della produzione dello scorso anno e questo non può che avere ripercussioni pesanti sul lavoro. Il14 novembre la Cgil sarà in piazza a Roma, con una manifestazione....... Qual è il vostro obiettivo? Cosa chiedete? ......E' una manifestazione nel senso etimologico del termine: manifestare la permanenza della crisi. Vogliamo riportare l'attenzione sulla crisi e questa esigenza è tanto più forte ora che si assiste ai diversi tentativi del governo di parlare d'altro. Poi ci sono situazioni riguardo alle quali il governo deve dare una risposta chiara. Prendiamo il settore dell'auto: serve politica industriale, se il governo decide di investire, anche attraverso gli incentivi, qualcosa in un settore lo può fare, ma deve ottenere garanzie occupazionali dalla Fiat, soprattutto ora che ha presentato dei buoni conti trimestrali. Domenica ci sono le primarie del Partito democratico. Dopo, forse, il partito sarà in grado di occuparsi meglio di questioni diverse dagli equilibri interni. Cosa può fare, sulla crisi, l'opposizione? Finora ha fatto qualche battaglia, anche con noi. Ma deve ritrovare un legame con il territorio, deve andare nelle fabbriche che chiudono. Se non lo fa e gli unici gazebo che gli operai vedono sono quelli della Lega, non ci si può stupire se poi votano da quella parte. In questo momento non si può fare un partito leggero o si consumerà il divorzio definitivo tra sinistra e mondo del lavoro. E questo sarebbe contrario alla sua essenza e tradizione. orso castano: ha ragione Epifani , il disagio sociale aumenta e chi lo soffre e' alla disperata ricerca di punti politici di riferimento , resta da chiedersi perche' un partito che arriva da una tradizione di difesa delle classi piu' deboli si sia allontanato pericolosamente da questa strada inseguendo indicatori come "fluidita'" e leggerezza".....

giovedì 22 ottobre 2009

VIVA IL NUCLEARE IN PIEMONTE !! LA REGIONE DELL'ETERNIT CHE TANTA BUONA SALUTE CI HA DATO !! CHE NE PENSA ASSESSORE ALLA SANITA ? ?

SI DICE CHE IN PIEMONTE SIANO IN AUMENTO I TUMORI, VORREMMO CHE LE ASL PUBBLICASSERO SISTEMATICAMENTE I DATI AGGIORNATI SULLE MALATTIE ( ASL X ASL) NONCHE' LA TIPOLOGIA DEI FARMACI CHE ( ASL X ASL) VENGONO CONSUMATI.

PERCHE' LE ASL NON PUBBLICANO QUESTI DATI ? PERCHE' I POLITICI E L'ASSESSRE ALLA SANITA' , LA BRAVISSIMA DOTT.SSA ARTESIO NON LI FA PUBBLICARE ? EPPURE FA CAPO A RIFONDAZIONE COMUNISTA , CIOE' DOVREBBE ESSERE A FAVORE DEL PROLETARIATO E DELLE CLASSI SUBALTERNE (ED AMMALATE DI TUMORE).........

PIEMONTE RADIOATTIVO : PERCHE' COME i SINDACI CALABRESI , QUELLI PIEMONTESI NON PROTESTANO A ROMA ??

Il Piemonte è una regione radioattiva. Grazie ai centri di Saluggia, Trino e Bosco Marengo è prima assoluta in Italia per le scorie radioattive. L'85% delle scorie. Un record insuperabile. Per la vecchia regola che spazzatura chiama spazzatura (provate a buttare un sacchetto per strada e per miracolo in poco tempo ne appariranno altri dieci), le scorie piemontesi chiamano altre scorie. Obiettivo 99%. La società Sogin si occupa di rifiuti nucleari, dovrebbe quindi trovare una collocazione più sicura per quelli esistenti in Piemonte. Che sono vicini a centri abitati, alla Dora Baltea, a falde acquifere. Sogin invece raddoppia. E vuole costruire un sito nucleare a Bosco Marengo. Le associazioni di cittadini bloccano Sogin con un ricorso al Tar. Sogin si rivolge al Consiglio di Stato. I membri delle associazioni mi hanno chiesto aiuto e visibilità sul blog. Se vince Bosco Marengo in Italia nessuno potrà costruire una centrale senza l'assenso dei cittadini. E' una battaglia importante. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.............................................

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dirittii dei malati , le asl nicchiano !!

Navi dei veleni: sit-in di 50 sindaci calabresi davanti Palazzo Chigi

clicca x i video  

ANSA.it > Cronaca > News

Scontro sugli interventi da attuare dopo il ritrovamento di un relitto che conterrebbe rifiuti tossici

parlano il PM ed il pentito , clicca x video

Nave veleni: governo, alti livelli radioattivita' , clicca sulle frecce x video

E' confermata dallo stesso governo la situazione di "inquinamento grave" in alcune zone del comune di Aiello Calabro (Cosenza), con valori radioattivi "da tre a sei volte superiori alla norma". Lo ha detto il sottosegretario all'Ambiente Roberto Menia nel corso dell'informativa del governo alla Camera sulla cosiddetta nave dei veleni scoperta al largo della Calabria. Sulla terraferma sono quattro le aree critiche indicate da Menia: nella zona di Valle del Signore è stata scoperta una cava "riempita di rifiuti di diversa tipologia"; in località Carbonara gli esperti hanno ravvisato la presenza di "migliaia di metri cubi di rifiuti urbani e industriali"; in due diversi punti in località Foresta sono stati individuati sia una zona (2.000 metri quadri per uno spessore di tre metri) piena di rifiuti composti da "polvere di marmo, caratterizzato dalla presenza di metalli pesanti con valori superiori a quelli consentiti dalla legge per siti industriali e una presenza di Cesio 137", sia un manufatto di cemento, alla profondità di 11 metri, pieno di "rifiuti con concentrazioni elevatissime di metalli pesanti quali mercurio, cobalto, selenio"..............pescherie in crisi , clicca x video

da yahoo notizie , clicca Il pentito di 'ndrangheta Francesco Forti, che ha permesso il ritrovamento del relitto di una nave con a bordo sospetti rifiuti tossici nel Mar Tirreno, è tornato a beneficiare del programma di protezione dei pentiti. Lo hanno riferito oggi fonti giudiziarie. Continua a leggere questa notizia Foto/Video correlati Forti ha indicato il luogo al largo di Cetraro (Cosenza), dove lui e altri affiliati al clan Muto avrebbero fatto affondare con esplosivo la motonave Kunski, a bordo della quale, ha detto, si trovavano 120 fusti di scorie radioattive. Sul contenuto dei fusti in fondo al mare devono ancora essere ancora compiuti degli accertamenti.

ridere per non piangere

Calano le vendite al dettaglio, cresce il debito pubblico , viva B & B

clicca x ingr.  L'Istat ha reso noti i dati di agosto sul commercio nella grande e piccola distribuzione, calato del 2,9% su base annua. Eurostat segnala invece l'aumento del debito pubblico. Italia al 2,7% del Pil, media Ue al 2%

Stentano a riprendersi le vendite al dettaglio del commercio fisso (i comuni negozi, boutique, centri commerciali), che - secondo i dati resi noti dall'Istat - ad agosto hanno fatto segnare con -2,9% su base tendenziale il terzo ribasso dell'anno. Rispetto al mese di luglio, il calo è contenuto a -0,1%, ma si tratta del settimo ribasso rilevato dagli statistici nel corso del 2009.................In queste ore sono giunti freschi dati anche dall'Europa. L'Eurostat ha infatti diffuso le sue rilevazioni sulla dinamica del deficit pubblico, riferite al confronto 2007-2008. Ebbene, la tendenza registrata è risultata, come del resto era prevedibile, in peggioramento. La media dei Paesi dell'Unione si è attestata infatti al 2% del Pil, contro lo 0,6% rilevato nel 2007. In Italia, dove il deficit pesa tradizionalmente in modo più consistente della media, esso è salito al 2,7%, dall'1,5% del 2007.

orso castano : i dati si autocommentano

(alla faccia della "ripresina") Caritas: la gente ci chiede piu' aiuti, +20% Aumenti in un anno, soprattutto al Sud

stralcio dall'ANSA , 22 ottobre, clicca qui' In un anno sono aumentate del 20% le persone che hanno chiesto aiuto ai Centri di ascolto della Caritas. E, tra queste, non ci sono solo stranieri: nel 2008, rispetto al 2007, l'incidenza degli italiani è cresciuta del 10%, soprattutto al Sud. E' quanto emerge dall'ultimo rapporto sulla povertà ed esclusione sociale in Italia presentato a Roma e realizzato dalla Caritas Italiana e dalla Fondazione Zancan. L'indagine si basa sui dati raccolti da 372 Centri di ascolto (Cda), sui 6 mila attivi, appartenenti a 137 diocesi (su 220). Nel 2007, si sono rivolte ai Cda 80.041 persone, di cui il 70,3% stranieri. Le persone in difficoltà non appartengono alla categoria comunemente indicata come povertà estrema: tutti vivono in una normale abitazione, il 76,4% vive con i propri familiari; il 44,9% ha figli minori. Ecco qualche dato sulle realtà locali: alla fine del 2007 la Caritas diocesana di Potenza sosteneva 836 famiglie, dopo un anno sono diventate 1.020 (+22%); a Como sono stati erogati 26 mila pasti, il 17% in più rispetto all'anno precedente; a Treviso gli italiani che si sono rivolti alla Caritas sono aumentati del 22%; nella diocesi di Termoli-Larino (Molise), in soli tre mesi (novembre 2008-gennaio 2009) sono passati dal 42% al 59%. L'incidenza è maggiore nel Mezzogiorno (17,7%). Valori elevati, superiori al 20%, si registrano in Sicilia, Basilicata e Sardegna.  Il fenomeno è meno evidente nel Nord (2,9%); al Centro la situazione è articolata (17,5% nel Lazio, 2,4% nelle Marche). Oltre 5 mila famiglie hanno manifestato alla Caritas problematiche relative a un "reddito insufficiente rispetto alle normali esigenze della vita", il 20,8% degli italiani ha manifestato la necessità di un sussidio economico e il 33,5% degli stranieri il bisogno di un lavoro. Se nel 2008 il benessere degli italiani è diminuito, nel 2009 "è probabile che gli 'impoveriti' aumentino". Tra questi potrebbero contarsi "migliaia di titolari di contratti a termine, di lavoratori a progetto, di impiegati che perdono il posto di lavoro senza preavviso, di dipendenti di piccole aziende cui è stato tolto l'appalto dei servizi, di cassintegrati che vedono avvicinarsi il termine del sussidio". Gli effetti della crisi economica al Nord hanno già determinato casi di "povertà inattesa" a causa dell'aumento della Cassa Integrazione e del calo delle assunzioni, mentre al Sud hanno aggravato una situazione già compromessa. Secondo Caritas e Fondazione Zancan per far fronte alla povertà bisognerebbe "trasformare gli attuali trasferimenti monetari in servizi da erogare alle famiglie a basso reddito, a titolo gratuito o con una significativa riduzione del costo di fruizione e bonificare e semplificare i percorsi delle erogazioni monetarie", ponendo anche fine "all'anomalia tutta italiana" in base alla quale, per far fronte alla povertà, spendono di più le Regioni in cui si contano un minor numero di persone indigenti.

mentre a Monte Carlo.......clicca qui' ,

LE SFILATE (ecologihe!!!)  A MONTE CARLO DI JAP  13 ott 2009 di MARIA BOLOGNA Lo scorso 30 settembre, alla presenza di numerose personalità e clienti, si è svolto nell'ampio salone del Fairmont di Monte-Carlo, il JAP FASHION SHOW dedicato alla nuova collezione di pellicce autunno-inverno 2009-2010 del marchio JAP Fur Couture della Maison appartenente all’italiano Carlo Ramello.E’ stata una Sfilata degna dei grandi eventi mondani internazionali, delle grandi capitali della moda, che ha proposto su una passerella essenziale ma concreta, ben 70 uniche creazioni, vivamente applaudite da una platea attenta ed estremamente elegante. Pelliccia dalle mille fogge, colori, smontabili e reversibili, preziose quanto originali hanno vestito le fresche modelle, bambine ma anche deliziosi cagnolini....................