domenica 30 dicembre 2012

Tornatore presenta il suo ultimo film "La migliore offerta". "La mia storia d'amore come forma d'arte"


da  italy
-----«Volevo realizzare una storia d’amore improbabile e quindi altamente verosimile, raccontando l’incontro di due ossessioni», dice Giuseppe Tornatore a proposito di “La migliore offerta”, il suo nuovo film che esce nelle sale il 1° gennaio.Protagonista di questa storia d’amore in forma di thriller è Virgil, un antiquario esperto d’arte, interpretato da Geoffrey Rush (“Il discorso del Re”) che nel giorno del suo sessantatreesimo compleanno riceve un incarico molto particolare. Una ragazza alquanto misteriosa (interpretata da Sylvia Hoeks) lo chiama per occuparsi della dismissione delle opere d’arte contenute nella sua vecchia casa di famiglia, una dimora decadente e bellissima, senza però presentarsi all’incontro.
(Guarda il trailer del film e le foto dal set in fondo all'articolo)
E’ con queste premesse che nasce fra i due una relazione d’amore sui generis che Tornatore costruisce come una partita a scacchi. La posta in gioco, questa volta, sembra la possibilità stessa dell’amore, come via di fuga, come liberazione e redenzione. «Perché - spiega Tornatore - da una parte c’è un uomo ossessionato dall’altro sesso, incapace di provare emozioni che non siano quelle codificate della forma e della bellezza artistica; un uomo insomma che per tutta la vita si è tenuto alla larga dalla complessità delle emozioni, rifuggendole completamente. Tanto che non riesce a dare del tu nemmeno al suo assistente (interpretato da Jim Sturgess) e dall’altra c’è una donna che ha questa fobia per i grandi spazi, che non riesce a vivere fuori della propria casa e che quindi vive come barricata dentro un universo ristretto e protetto». Logico che l’incontro di queste due esistenze al limite, ossessionate soprattutto dal rapporto con l’esterno, cambi le prospettive sul mondo dei due protagonisti (bravissimi, come del resto Donald Sutherland, nei panni del miglior amico di Virgil). «Non volevo fare un film che descrivesse il mondo dell’arte – prosegue Tornatore – che mi ha sempre affascinato, tra l’altro. E che seguo come estimatore. Il mio desiderio era quello di realizzare una storia d’amore partendo dall’idea contemplativa dell’arte. Anche perché l’amore è una forma d’arte»................

I cattolici e il polo dei ricchi 23 dicembre 2012

orso castano : la Chiesa perderebbe in credibilita' ed immagine se si lasciasse sorpassare da una sinistra riunita , determinata , comunque composita e dialettica , propositrice di  valori di solidarieta', appoggiata dai maggiori sindacati, rinnovatrice del welfare, propulsiva di innovazioni scientifiche e tecnologiche, che mette al centro il lavoro e la sua dignita', la professionalita' e la crescita personale in sapere. Quindi deve rinnovarsi, vigilare sul piano della concreta realizzazione dei valori , del loro rispetto, del rilancio del valore della solidarieta' e carita'. In questo forse e' complementare e dialettica in positivo di una sinistra che , come spesso e' accaduto, historia docet , e' incline al compromesso e smarrisce i bisogni di coloro che dovrebbe difendere. Ci facciamo tutti tanti auguri, da noi stessi per noi stessi.   




da     , sotto il link 

 ..................La risposta dei cattolici, già a fine Ottocento, fu un energico impegno sul piano sociale e sindacale prima che politico. Alla visione conflittuale il pensiero cattolico opponeva una visione interclassista, che non rifiutava l’idea di una divergenza di interessi ma ne vedeva la soluzione in una composizione, realizzata a livello politico anche mediante la spesa sociale......... Nel disorientamento culturale e ideologico della sinistra post-1989, il processo si è spinto peraltro molto oltre: non solo si è negata rilevanza al conflitto capitale-lavoro nella comprensione delle dinamiche sociali, ma si è messa in discussione la stessa centralità del lavoro. Del resto, si è detto, esiste ancora il lavoro nell’economia post-fordista? Il lavoro è frammentato, articolato. Il suo rapporto con il capitale è meno definito, e il conflitto di interessi tra lavoratori e capitalisti è una delle tante dimensioni di divergenza di interessi cui ci pone di fronte un’economia di mercato. L’individuo, si è sostenuto, non è solo lavoratore, è anche consumatore. E il capitale in un’economia globalizzata va attratto, non combattuto. Semmai, dobbiamo distinguere tra il capitale inserito in un contesto concorrenziale, quello che genera innovazione, e quello speculativo, finanziario, che si alimenta di posizioni di rendita.
E ancora: se il lavoro è uno dei tanti beni, se il mercato del lavoro è un mercato come gli altri (e non quella «istituzione sociale» di cui ci parla il padre della teoria economica della crescita Bob Solow) allora come leggere il ruolo di regolazione e protezione dei sindacati? Il conflitto è tra lavoratori protetti e non protetti, tra privilegiati e meno privilegiati, giovani e anziani........... Ad esempio: una cosa è relativizzare l’idea conflittuale tra capitale e lavoro, un’altra è rinunciare ad affermare la centralità del lavoro, o a considerare l’elevazione della sua qualità come chiave di valutazione del progresso economico. Rimettere al centro il lavoro è poi un’operazione opportuna sul piano politico: è il punto di caduta della migliore tradizione socialista “lavorista” e del pensiero sociale cattolico. «Il lavoro» afferma l’enciclica Laborem exercens «per il suo carattere soggettivo e personale è superiore a ogni altro fattore di produzione». La Costituzione dell’unica Repubblica “fondata sul lavoro” ribadisce il punto........... Le foto di gruppo del nascente polo di centro hanno finora inquadrato manager e imprenditori miliardari, restituendoci un vago sapore di partito di classe. Se è così, non sarà sufficiente la spolverata di solidarismo che può venire da qualche esponente dell’associazionismo cattolico, né velate benedizioni di questa o quella curia o il placet del Partito popolare europeo, a contendere al Partito democratico il voto dei lavoratori cattolici e l’eredità della tradizione popolare.

sabato 29 dicembre 2012

A proposito di Unità d'Italia: il ruolo dei cattolici


da CULTURA CATTOLICA:IT

Autore: Tanduo, Luca e Paolo  Curatore: Leonardi, Enrico
Fonte: CulturaCattolica.it


L’anniversario dei 150 anni dell’Unità d’Italia è un’occasione per ripercorrere la storia con particolare attenzione al contributo dei cattolici, promuovendo anche la conoscenza della storia della Chiesa e dei suoi documenti in questo periodo storico, scoprendo quanto di positivo è stato espresso. È necessario far “riemergere il senso positivo dell'essere italiani: servono visioni grandi, non per fare della retorica, ma per nutrire gli spiriti e seminare nuovo, ragionevole, ottimismo” come sottolineato dal card. Angelo Bagnasco nel suo intervento al Convegno per le Settimane Sociali della Cei a Genova.
Pensiamo che questo anniversario debba e possa essere anche l’occasione per interrogarsi sul contributo e sul ruolo dei cattolici nel loro rapporto con la società e le istituzioni. Abbiamo cercato di farlo ripercorrendo la storia dell’Unità d’Italia attraverso le diverse componenti del pensiero cattolico del tempo: personalità politiche, filosofi, economisti, giornalisti, sacerdoti, papi, beati e santi.

L’Unità d’Italia non può essere ridotta solo alle battaglie per l’unificazione territoriale. Significativo il concetto di Unità d’Italia che Alessandro Manzoni proclama nell’ode Marzo 1821 che introduce un nuovo e più alto concetto di "nazione": «Una gente che libera tutta /o fia serva tra l’Alpe e il mare;/ una d’arme, di lingua, d’altare,/ di memorie, di sangue e di cor».
Particolarmente significativa nell’ambito cattolico fu la componente cattolico liberale, dove è presente l’idea che la fede cattolica e la Chiesa hanno svolto un ruolo civilizzatore della società. Nel sostenere e promuovere la causa nazionale i cattolici liberali ne sottolineano l’elemento popolare, intriso di religiosità cristiana, e per questo criticano soluzioni rivoluzionarie e mazziniane. Tommaseo scrive in Dell’Italia: “Chi vuol distruggere la credenza cattolica della quale l’Italia è centro si fa nemico della Patria”. Gioberti nel Primato morale e civile degli italianiteorizza il ruolo universale e di guida dell’Italia per la presenza da 18 secoli del Papa e quindi il suo primato tra le Nazioni. Gioberti e Rosmini sono i due grandi teorizzatori dell’Italia federale in una Lega di Stati. Ma questo pensiero era comune a molti altri cattolici che vedevano inscindibile il legame tra il cristianesimo e la libertà e la democrazia. Cantù disse : “Un comune e un Santo ecco gli elementi di cui si compone la nostra libertà”. Tommaseo in Dell’Italia scrive “politica senza moralità, moralità senza religione, riesce ipocrisia”. Balbo e Gioberti in Piemonte furono primi ministri ed ebbero fino al 1848 ruoli primari durante la prima guerra d’Indipendenza poi persa dai piemontesi e unica guerra combattuta solo dagli italiani. Tommaseo col Dizionario della lingua Italiana, Cantù con la Storia Universale, D’Azeglio con Ettore Fieramosca sono gli autori dei romanzi storici che fornirono le basi linguistiche e culturali del Risorgimento italiano. Manzoni “combatte” per l’unità dell’Italia con lo strumento che gli è più congeniale: la letteratura. Rosmini sottolinea la centralità del cristianesimo nella e per la società e rilancia il diritto naturale. Vuole restaurare la filosofia per metterla al servizio della fede e del progresso. La filosofia per Rosmini è strumento di carità, perché “il risorgimento dell’uomo è innanzitutto intellettuale e morale”. Rosmini chiede un nuovo slancio anche al clero e alla Chiesa ponendo a modello la chiesa dei primi secoli.

Una persona sicuramente centrale nelle vicende risorgimentali fu papa Pio IX che, in un periodo difficilissimo, difese la teologia cristiana e la Chiesa dal liberismo, dal naturalismo e dal razionalismo assoluto che volevano ridurre o eliminare il Cristianesimo e il legame tra fede e ragione. Pio IX proclamò due nuovi dogmi: l’Immacolata Concezione di Maria e l’Infallibilità del papa. Pio IX proponeva un patto doganale di libera circolazione delle merci come primo passo verso l'unità; se ci pensiamo è la stessa modalità usata per incominciare l'unificazione europea nel rispetto delle diversità. Ma il pericolo di scissione con la chiesa austriaca, il cambio del governo piemontese che passò dall’appoggio del progetto di Confederazione di Rosmini ad un progetto espansionistico, il pericolo che prevalesse l’ala più liberista anticattolica come nella insurrezione di Roma che portò alla repubblica Romana spinsero Pio IX a mettersi sulla difensiva. I contrasti aumentarono con le leggi di esproprio dei beni ecclesiastici e la chiusura degli ordini religiosi in Piemonte prima, e in tutto il regno d’Italia dopo. Pio IX è nominato venerabile da Paolo VI il 6 luglio 1975 e beato il 3 settembre 2000 da Giovanni Paolo II che così ricorda la sua figura: “Fedele in ogni circostanza agli impegni del suo ministero, seppe sempre dare il primato assoluto a Dio ed ai valori spirituali. Fu molto amato, ma anche odiato e calunniato. Ma fu proprio in mezzo a questi contrasti che brillò più vivida la luce delle sue virtù”. Pio IX non ebbe poi consiglieri capaci come Cavour, che invece si distinse per doti diplomatiche tanto da guadagnarsi l’appoggio della Francia che nella seconda e terza guerra d’Indipendenza fu determinante nelle campagne militari contro l’Austria, e degli inglesi che finanziarono l’impresa dei Mille. La sconfitta del 1848 aveva determinato l’impossibilità che l’unità avvenisse con il solo contributo degli italiani. Il Regno d’Italia è proclamato il 17 marzo 1861. La presa di Porta Pia nel 1870 col mancato riconoscimento del ruolo internazionale del papa e l’interruzione del Concilio Vaticano I provocano la rottura dei rapporti tra il regno d’Italia e il papa, creando la cosiddetta questione romana. Don Bosco assunse in questa fase un ruolo decisivo: oltre alla sua opera educativa e sociale fu un importante mediatore tra Pio IX e Vittorio Emanuele II per risolvere la crisi venutasi a creare in merito alla nomina dei vescovi che il nuovo Stato italiano aveva preteso di condizionare. I cattolici si divisero in transigenti il cui motto era Cattolici col Papa liberali con lo Stato , ma che furono minoritari e gli intransigenti il cui motto era Con il Papa e per il Papa, questi ultimi furono la corrente più numerosa e più attiva sul piano socio-economico e culturale. Leone XIII che succede a Pio IX rilancia il tomismo nella formazione del clero, il ruolo internazionale della Chiesa e sprona i cattolici all’impegno sociale, in particolare con l’enciclicaRerum Novarum. Con Paganuzzi i cattolici intransigenti si organizzano nell’Opera dei Congressi che diventa capillare e diffonde in tutta Italia le idee economiche di Toniolo, il progetto delle Casse rurali e delle cooperative cattoliche di don Cerruti, le istituzioni per l’educazione cattolica di Tovini che fonda anche il banco Ambrosiano e il banco San Paolo. I cattolici intransigenti costruiscono cosi uno stato sociale capace di aiutare contadini e operai abbandonati dal governo liberista. Dal punto di vista politico con la fine del non expedit proclamato da San Pio X ebbero un ruolo di primo piano Murri, Meda e don Sturzo. Meda, politico milanese, fu uno dei fautori dell’alleanza con i liberali moderati e divenne il primo cattolico ministro durante la prima guerra mondiale. Don Sturzo riuscì ad unificare le varie componenti cattoliche e a dar vita al partito popolare. L’idea di Stato di Sturzo è ancora oggi attuale: “Per noi lo Stato è la società organizzata politicamente per raggiungere i fini specifici; esso non sopprime non annulla non crea i diritti naturali dell’uomo, solo li tutela, li riconosce, li coordina nei limiti della propria funzione politica [...] Lo Stato non crea l’etica, la traduce in leggi e vi dà forza sociale”

In questo periodo i cattolici fecero opere culturali e sociali, ebbero come avversari prima il liberalismo e poi il socialismo. I cattolici difesero il ruolo dell’educazione cattolica nella scuola pubblica e il matrimonio cristiano di fronte all’istituzione del matrimonio civile. E’ questo il periodo nel quale nasce la stampa cattolica usata per diffondere il pensiero cattolico; alcuni dei personaggi principali in quest’opera furono Sacchetti, don Albertario e don Giovanni Bosco. 

La vicenda dell’Unità d’Italia ci spinge a riflettere sul vero significato della parola laicità e sui rapporti tra Stato e Chiesa. Illuminanti su questo sono le parole di Benedetto XVI nella Deus Caritas Est: “Lo Stato non può imporre la religione, ma deve garantire la sua libertà [...] La società giusta non può essere opera della Chiesa, ma deve essere realizzata dalla politica. Tuttavia l’adoperarsi per la giustizia lavorando per l’apertura dell’intelligenza e della volontà alle esigenze del bene la interessa profondamente”.

Oggi è necessaria una riscoperta culturale della fede, della storia, e dei santi in questo periodo storico: Tovini, Toniolo, Don Bosco, Scalabrini (vescovo impegnato per gli emigranti italiani), Pio IX, Rosmini, Pio X, della dottrina sociale della Chiesa che nasce e si sviluppa in quegli anni. E’ importante far conoscere quanto di vero, di giusto, di bello sia stato fatto dall'uomo, nella convinzione che ogni autentico valore è sempre riverbero della verità, della santità della bellezza di Cristo; in una situazione difficile e contrastata i cristiani hanno contribuito con la loro cultura, le loro idee innovative e hanno dato vita all'impegno di molti per costruire una società migliore senza rinunciare alla propria specificità, dando un notevole contributo dal punto di vista politico, economico, culturale e sociale.

mercoledì 26 dicembre 2012

New metaphors for the social world



The social world is not like the natural world. Nature is composed of things, forces, and geometries that have strong determining regularities whose interactions can be formulated with mathematical precision. There are problems of indeterminacy in physics, of course; but fundamentally we can rely on the material properties of steel, the magnetic properties of the sun, or the curvature of space-time to continue to work as expected. Nature constitutes a system of interactions. And this is because, fundamentally, nature consists of atoms and forces -- as some of the pre-Socratic philosophers thought 2,500 years ago.

The social world is different. It is not a system, but rather a patchwork, a mixture, an ensemble, a Rube Goldberg machine, a collage, or a jumble. Its properties arise from the activities, thoughts, motivations, emotions, and interactions of socially situated persons. Outcomes are influenced by a hodgepodge of obstacles and slopes that crop up more or less randomly -- leading to substantial deviations in the way we might have expected things to work out. Agents are not fully predictable or comprehensible; and their actions and interactions are indeterminate as well. We discover that people usually compare costs and benefits when they make choices, and we invent rational choice theory and microeconomics. But these are simply abstract models of one aspect of human behavior and choice, and it is rare indeed to find large social processes that are governed exclusively by this aspect of agency. We see large, somewhat stable social structures that persist over time -- patterns of habitation and social exchange (cities),  patterns of racial or ethnic discrimination, rising and falling rates of violent crime -- and we believe there are social causes and influences that help to explain these dynamic configurations. But we should never imagine that social outcomes and patterns are the manifestation of an underlying abstract social order, analogous to laws of nature. Social causes are heterogeneous, probabilistic, exception-laden, and inter-connected -- with the result that we can't hope to have a full model of the workings of a social system.

The heterogeneity and contingency associated with the social world suggested by this set of ideas do not imply that social scientific research and knowledge are unattainable. It implies, rather, that we need to understand the limits on representation, abstraction, and prediction that are implied by the fundamental nature of social things.  Our knowledge of any particular snapshot of social reality is inherently partial and incomplete.

A number of sociologists and philosophers have put their fingers on this important problem of social ontology. Here is Bruno Latour in Reassembling the Social: An Introduction to Actor-Network-Theory:
The argument of this book can be stated very simply: when social scientists add the adjective 'social' to some phenomenon, they designate a stabilized state of affairs, a bundle of ties that, later, may be mobilized to account for some other phenomenon. There is nothing wrong with this use of the word as long as it designates what is already assembled together, without making any superfluous assumption about the nature of what is assembled. (1)
Here is Norbert Elias in The Society of Individuals:
 Society is understood either as a mere accumulation, an additive and unstructured collection of many individual people, or as an object existing beyond individuals and incapable of further explanation. In this latter case the words available to us, the concepts which decisively influence the thought and action of people growing up within their sphere, make it appear as if the single human being, labelled the individual, and the plurality of people conceived as society, were two ontologically different entities. (vii)
What kind of formation is it, this "society" that we form together, which has not been intended or planned by any of us, or even all of us together? It only exists because a large number of people exist, it only continues to function because many individual people want and do certain things, yet its structure, its great historical transformations, clearly do not depend on the intentions of particular people. (3)
What we lack -- let us freely admit it -- are conceptual models and an overall vision by which we can make comprehensible in thought what we experience daily in reality, by which we could understand how a large number of individuals form with each other something that is more and other than a collection of separate individuals -- how they form a "society", and how it comes about that this society can change in specific ways, that it has a history which takes a course which has not been intended or planned by any of the individuals making it up. (7)
And now Manuel Delanda in A New Philosophy of Society: Assemblage Theory and Social Complexity:
Is there, for example, such a thing as society as a whole? Is the commitment to assert the existence of such an entity legitimate? And, is denying the reality of such an entity equivalent to a commitment to the existence of only individual persons and their families? The answer to all these questions is a definitive no, but several obstacles must be removed before justifying this negative response. Of all the obstacles standing in the way of an adequate social ontology none is as entrenched as the organismic metaphor. (8)
So we should not think of the social world in analogy with examples drawn from what we know about the natural world.  We should not think of society as a "thing" or a unified system. The ontological properties of the the natural and social realms are substantially different.  This is the primary reason I find some of the basic ideas of assemblage theory appealing: because these theories and theorists deliberately question the naturalistic approach to the social world, and they attempt to advance strikingly different and original concepts for characterizing the social world. They emphasize heterogeneity and composition over uniformity and subsumption.

It is striking to consider the parallel that emerges between this way of thinking about the "social" and some post-Cartesian ways of thinking about the "self". Some philosophers and psychoanalysts have argued that we should question the idea of the unified self that has governed the philosophy of mind since Descartes.  Instead, we should consider the notion that the self is not a unified center of consciousness and will, but rather a loose and contingent collage of psychological, physiological, and neurophysiological processes; that the impression of a unified self is a post-facto illusion; and that acting, thinking individuals are coalitions of a heterogeneous and often conflicting group of cognitive, emotional, and practical processes. These are radical challenges to the rationalist theory of the unified self. And they bear a striking similarity  to the assemblage challenge to the idea of society as a law-governed  structural-functional system.

Here is a word cloud of descriptors that seem accurate in application to the social world.

Readers -- what sociologists or philosophers do you think do a good job of characterizing the nature of the social world? What metaphors and concepts do you find most helpful in thinking about the social world
?

“IL METODO ALLA SALUTE” LA VALUTAZIONE PSICHIATRICA DI UN ESPERTO


(http://metodoallasalute.blogspot.it/)
orso castano : qualsiasi metodo, anche quello del dott. Loiacono , puo' e  deve  essere "falsificato". Il non sottoporsi o, peggio, il sottoporsi ad una falsa  "falsificazione" da parte di un "critico" fortemente convinto della sua bonta', e' un metodo scorretto che non convince. E' la comunita' scientifica , nel senso piu' largo possibile, che deve valutare la utilita' del metodo ed a quali condizioni puo' essere valido. Inoltre il metodo dell'Evidence based medicine (EBM) , medicina basata sulle prove, dovrebbe essere largamente praticato. Questo sembra essere il limite del  Dr Bob Johnson.

...................Gli esseri umani sono complicati.  Ognuno ha una personalità unica, esperienze uniche, e un proprio modo di intendere che cos’è la vita.  Dunque, ciò che il dottor Mariano Loiacono è riuscito a fare a Foggia è davvero notevole.  Non ho alcun dubbio che questo approccio riesca a fornire gran parte di ciò che
manca alla psichiatria classica.  Quello che è ancora più pregevole è che la grande forza di carattere, di
cui Mariano ha avuto bisogno per costruire questo Metodo, non ha impedito alla sua creatura di trovare la
propria voce, la propria direzione.  In molti casi, un’innovazione si fonda, all’inizio, su una personalità 
carismatica (la forza è sempre necessaria per innovare) ma, una volta avviata, è proprio questa forza a 
bloccarle il cammino.  Qui abbiamo un esempio di una personalità forte che ha costruito un’entità 
flessibile, ed è una cosa che non avviene spesso.
La caratteristica del Metodo che più colpisce è il calore.  Ci sono individui di tutti i tipi, di tutte le età e 
provenienti da ogni ambito, che si uniscono e si danno sostegno a vicenda con calore e umanità.  Ciò è
consentito ed inoltre incoraggiato dal modo in cui sono concepiti gli incontri del Metodo:  una cosa
davvero insolita. E la chiave di tutto questo è la flessibilità. In molti casi, degli approcci “nuovi” sono ideati da personalità forti che, in seguito, premono per convincere gli altri che ciò che hanno costruito sia la
migliore soluzione per tutti. Qui, invece, ci sono infinite discussioni sulla “teoria”, qui abbiamo un approccio 
flessibile a ciò che si sta effettivamente facendo, e anche a ciò che si dovrebbe fare. In tal modo, come 
una pianta dotata di sensibilità, gli spiriti umani dei partecipanti riescono a trovare la propria strada verso 
la luce, e possono sbocciare e trovare vigore seguendo la strada che, di diritto, è universalmente riservata 
agli esseri umani.  .............  La psichiatria classica non parla delle emozioni – non contemplando un modo di discutere i sentimenti umani – e dal momento che non le può “vedere”, non può fare nulla a questo riguardo.  Quindi un’espressione come “la mano curativa della gentilezza”, da secoli ben nota nella psichiatria progressista, semplicemente non viene riportata.  È un po’ come se un chirurgo non si preoccupasse di far caso ai batteri, la cancrena infetta è semplicemente capitata, non c’era niente che poteva fare, poiché la causa dell’infezione non è stata riconosciuta.  Allo stesso modo avviene con la psichiatria classica: le emozioni, i sentimenti, le inclinazioni, quello che volete, tutte queste cose vengono semplicemente buttate dalla finestra, in quanto troppo confuse per essere considerate scientificamente.  E tuttavia sono precisamente queste le cose che gli esseri umani e le menti umane richiedono per crescere.  Hanno bisogno di sostegno, tutti ne abbiamo bisogno, e di incoraggiamento per vedere i punti di somiglianza tra il prossimo e noi, piuttosto che le differenze.  Abbiamo bisogno di verificare la propria capacità di dare sostegno agli altri allo stesso modo in cui siamo capaci di riceverlo, di sapere che abbiamo un valore in quanto capaci di dare sostegno, e di essere valorizzati attraverso il sostegno che riceviamo  dagli altri. ........... ; se non lo facciamo, significa che stiamo soffrendo, o almeno che siamo seriamente impediti. Il Metodo si occupa di far crescere il contatto umano: abbracci, persone sedute in braccio ad altre, inviti alla gente a esprimersi non solo verbalmente, ma anche con il corpo – tutto ciò è una meraviglia da vedere e anche da provare. Bisogna tenere in mente che molti individui portatori di ferite non sono stati mai abbracciati o apprezzati in tutta la loro vita. Qui ciò è offerto a tutti senza chiedere nulla in cambio. Questo tipo di contatto e di comunicazione, questa libertà di espressione sono indispensabili, quando si tratta di promuovere la fiducia in se stessi, l’autostima e la capacità di valorizzarsi; di qui la stabilità mentale, la salute psichica e la tranquillità.
Per continuare il paragone con la psichiatria classica, nel Metodo alla Salute non ci sono diagnosi.  La
psichiatria classica impone un inquadramento diagnostico che non aiuta nessuno, anzi infligge dei danni
reali ad individui già vulnerabili.  Molte persone che ho conosciuto hanno, ad esempio, ricevuto una
diagnosi di “Disturbi della Personalità”, ed è stato detto loro che li avranno per tutta la vita, che non è
possibile far nulla perché è un fatto congenito, e dovranno sopportarli per sempre.  Con le psicosi è la
stessa cosa, le menti umane hanno dei cedimenti, ma sono anche enormemente resistenti, e dire a coloro
che soffrono che per loro non c’è rimedio è abominevole.  Sei schizofrenico e resterai sempre
schizofrenico – che sciocchezze!   Tale punto di vista è deplorevole e dannoso e deve essere
abbandonato.  Ma il Metodo alla Salute non si lancia in queste avventure diagnostiche futili e velenose, -
ottimo!  La psichiatria classica ha molto da imparare a questo proposito.
E poi ci sono i farmaci.  La psichiatria classica è diventata più dipendente dalla chimica di quanto un 
alcolista lo sia dalle bevande.  Almeno, dell’alcol, tutti conoscono vantaggi e svantaggi.  Molti lo intendono 
come un aiuto alla socialità.  Ma tutti sanno che se ne abusi, ti danneggia. E questo concetto vale per ogni 
psicofarmaco: nessuno di essi agisce sulla causa fondamentale del problema, e tutti hanno effetti nocivi; i 
più recenti sono peggiori, in questo, dei più vecchi, ma nessuno è senza conseguenze tossiche, per lo più 
peggiori degli stessi effetti dell’alcol. 
Quindi, con il Metodo alla Salute, abbiamo un approccio che incoraggia le emozioni e l’espressione di se 
stessi, evitando allo stesso tempo la trappola delle “categorie diagnostiche” ed eliminando il chiaro danno 
causato dagli psicofarmaci. Non si può mai sottolineare abbastanza che la psichiatria classica ha 
risolutamente ignorato le prove abbondanti che i suoi farmaci provocano danni: da cinquant’anni, le prove 
sono state schiaccianti, e sono state ignorate in modo altrettanto persistente. Ugualmente si è verificato 
con i quadri diagnostici: nel 1952 uscì la prima edizione del “Diagnostic and Statistical Manual of Mental 
Disorders” (DSM-I), un bel volumetto svelto, umile e non presuntuoso, con il quale mi trovo d’accordo 
completamente. Le cose cominciarono ad andare davvero storte nel 1980, con la terza edizione, e ancora 
peggio nel 1994 con la quarta edizione. Le prospettive per la psichiatria classica sono pessime. Per me è 
chiaro che la sua sorte è segnata, e ciò di cui c’è bisogno per rimpiazzarla è in bell’evidenza a Foggia, 
oggi, con il Metodo alla Salute. 
Tre problemi 
......... Prima di tutto, l’establishment ospedaliero.  È forse difficile per i membri di questo gruppo rendersi conto di quanto il Metodo sia differente dalla normale prassi psichiatrica.  È importante capire che molti medici, specialmente gli psichiatri, hanno scelto la medicina proprio perché questa è strutturata, limitata e
rigorosamente organizzata.  La vita umana non è, nella realtà, fatta in questo modo; ma lasciamo perdere
quest’aspetto, perché in ogni caso molti dottori si trovano più a loro agio in questa situazione.  Perciò uno
psichiatra ortodosso può trovare piuttosto spaventosa l’esperienza di entrare a far parte del gruppo: egli o
ella si sentirebbe perso, impaurito, con troppe cose che accadono tutte insieme, troppo poca struttura,
troppa disorganizzazione e spontaneità per sentirsi minimamente a proprio agio.  Molto meglio le vecchie
rigidità della psichiatria classica, nonostante siano proprio quelle rigidità a fare tanti danni alla salute
mentale, e sia proprio la spontaneità del Metodo alla Salute a portare tanti benefici.
Dunque c’è un chiaro limite a ciò che i medici ortodossi vedono, o persino siano in grado di vedere.  In
altre parole, non aspettatevi che il Direttore o altri medici del posto vengano a farvi visita per verificare con
i loro occhi.  Non si avvicineranno neanche alla porta, e se lo faranno, scapperanno alla vista di tutto il
“disordine”.  Questo è rilevante, perché la paura che proveranno alimenterà il desiderio di bloccare il
Metodo.  Quello che non capiscono, cercheranno di eliminarlo.  Io considero questa la maggiore minaccia
al Metodo tra quelle di cui ho preso nota.
Il rimedio a questo problema è di far compilare un semplice questionario, prima, durante e dopo.  Quello di
cui ho fatto menzione al Direttore, il GHQ (Questionario Generale sulla Salute), è breve (solo 30
domande) e viene compilato personalmente, dunque non ci sono problemi scaturenti da un’eventuale
parzialità dell’intervistatore.  E, soprattutto, è ben riconosciuto e standardizzato, a livello internazionale.  In
effetti, il Direttore lo ha individuato appena l’ho nominato, ed è rimasto chiaramente entusiasta alla
prospettiva di mettere le mani su dei dati psichiatrici concreti.  Secondo me, qualsiasi questionario,
compreso il GHQ, ha un valore limitato, diciamo, al 60-80%.  Ma è facile da usare, richiede assai poco
tempo, non danneggia gli individui testati, e darà al Metodo alla Salute ciò di cui esso ha più bisogno: la
credibilità.
Si sono citati altri tipi di questionari, ma il mio consiglio è di utilizzare un solo tipo, e in questo caso il GHQ
sembrerebbe il migliore: studiatelo, abituatevi ad usarlo, e poi inondate l’amministrazione con dati
concreti, o almeno con quello che loro considerano dati concreti, che non possano facilmente liquidare
come vaghi o antiscientifici.
Soprattutto, il GHQ non si basa su categorie diagnostiche della psichiatria ortodossa, ed è quello che
meno interferisce con la libertà di azione ed espressione che rende il Metodo così brillante, e inoltre può
essere usato rapidamente e con semplicità. Ho controllato sul Web, e ce n’è disponibile una versione in
italiano. Il mio consiglio, per quanto può valere, sarebbe di chiedere a tutti i nuovi arrivati di compilarne
uno da subito, o poco dopo il loro accesso al Metodo; questo per quanto attiene al “prima”. Poi chiederei
loro di compilarne un altro, diciamo, tre mesi dopo, e un’altra volta 6 o 12 mesi dopo. E un altro ancora 6 o
12 mesi dopo aver lasciato i gruppi. Questo sarebbe il “dopo”. Più dati ci sono meglio è. Per cominciare,
potrebbe essere utile che ogni partecipante attuale dei gruppi ne compili uno, specificando per quanto
tempo ne abbia fatto parte – questo, ancora, è proprio il tipo di dati che gli amministratori amano – e allora
perché non fornirglieli?
Il secondo problema che ho notato potrebbe essere meno rilevante di quanto sembra; bisognerebbe che
trascorressi molto più tempo a Foggia per esserne sicuro.  Avrei anche bisogno di molte più informazioni.
Per valutare l’intero quadro del Metodo alla Salute sarebbe importante sapere non solo quanto è di aiuto,
ma anche, tristemente, chi esso non aiuta.  In altre parole, quante perdite si verificano?  Quanti si
avvicinano e però rinunciano a entrare, oppure, dopo essere entrati, se ne vanno molto prima di averne
sentito i benefici?  Le paure che proverebbero i medici ortodossi sono le stesse dei nuovi arrivati: se sono
eccessive, entrambi se ne andranno prematuramente.
Come dico, non so quanto grande sia questo problema.  Avrei bisogno di vedere un bilancio del numero di 
persone che arrivano e restano solo per poco tempo, o anche di coloro che evidentemente riceverebbero 
beneficio ma non si avvicinano neppure alla porta.  Non so quanti siano costoro: ho sentito parlare di uno 
o due, ma questo è un ambito che il Metodo alla Salute deve rendersi capace di affrontare, per difendersi 
da critiche provenienti dall’esterno.  Ho anche parlato con una persona che ha rinunciato a convincere un
certo individuo a venire perché si temeva che essi non sarebbero stati accolti se non fosse venuto anche il
loro genitore.  Di nuovo, non ne so abbastanza riguardo al Metodo alla Salute per dire quanto siano valide
queste critiche.  Potrebbe essere solo un numero di persone minimo che viene perso in questo modo, ma
di questo problema ci si dovrebbe occupare, e lo si dovrebbe rendere trasparente.  Gli esseri umani sono
curiosi, e a volte piuttosto misteriosi – spesso non richiedono le cose che gli sono più utili – ma, per
difendere il Metodo è importante essere armati di fatti concreti come questi.
La soluzione a questo secondo problema è anch’essa semplice, e ben alla portata del gruppo: consiste 
nell’estendere l’eccellente ruolo dell’accompagnatore, o compagno di viaggio, e rafforzarlo per quei novizi 
che siano particolarmente ansiosi o timidi.  Così, chiunque entri nei gruppi sarà trattato con molta
attenzione, protetto dalle paure che i novizi potrebbero provare, ed incoraggiato a procedere lentamente,
al proprio passo, così che anche essi possano sviluppare la fiducia e l’autostima così difficili da ottenere, e
che il Metodo è così evidentemente capace di offrire.  Come dico, questo potrebbe non essere un grande
problema – non conosco le cifre – ma con un prodotto di così ottima fattura, è un gran peccato che
qualcuno che potrebbe chiaramente beneficiarne, non riesca a fare il primo passo.
L’ultimo punto che vorrei menzionare è anche quello su cui esito di più, ed è the Box, la Scatola.  Esito
perché quando ci si trova davanti a un organismo vivente, in questo caso il Metodo alla Salute, la priorità
maggiore è di non disturbarlo, non fare rumori che potrebbero turbarlo o indebolirlo.  Tuttavia, in seguito
all’interesse mostrato per la mia descrizione della Scatola mercoledì scorso, farò qui uno o due commenti
a riguardo.  Secondo me, e come già allora ho abbastanza messo in evidenza, l’emozione maestra è la 
paura; è la paura che ferma i pensieri e, una volta che si sia riusciti a calmare la paura, con la fiducia, il 
pensiero sano può ripartire.  Da ciò consegue che se, da bambino, si è subita una grave minaccia, 
un’esperienza terrificante, allora la paura di allora può andare avanti fino alla vita adulta, e riversarsi in 
essa. 
Il problema, allora, è che non si riesce a pensare alla Scatola.  Se qualcuno ci chiede di essa, e comincia
ad avvicinarsi a essa troppo forzosamente, allora noi la chiuderemo in modo ancora più ermetico, ed essa
rimarrà lì, indisturbata, e continuerà a produrre.  Ora, le mie ricerche hanno mostrato che la Scatola viene
prodotta solo durante l’infanzia.  Non danni contiene altro che “infantilismi”, e occupandosene
direttamente, con sostegno, fiducia, e consenso, ce ne si può liberare al 100%.  Infatti, offro ai miei clienti
una garanzia al 100% di guarigione, a patto che vadano fino in fondo nel ciclo di cura, ossia, che
continuino a esplorare questi terrori infantili finché non siano scomparsi del tutto.  La mia versione della
cosa, quindi, è che non si tratta tanto di andare alla Salute nel senso di “tendere verso la salute”, ma di
guarigione, cioè di arrivare alla salute totale, un ottimismo che richiede l’osservazione in prima persona
per essere condiviso.
Senza la paura non ci possono essere sintomi psichiatrici. Naturalmente questa è l’idea che la psichiatria
classica attacca con il maggior vigore, ed è alla base della mia esautorazione da 6 posizioni di primario
psichiatra. È un’idea che, inoltre, trova forte opposizione presso coloro che non riescono a vedere oltre la
propria Scatola: non vogliono neppure che essa formi oggetto di discussione. Tuttavia, essa mi dà modo
di essere uno psichiatra assai ottimista, e, nei casi in cui sono riuscito a spiegarla sufficientemente bene,
e in modo abbastanza convincente, in effetti, ha consentito guarigioni............................
Il Futuro 
Ora, una breve occhiata al futuro.  Per me, e per chiunque studi i fatti, è chiaro che il destino della
psichiatria classica è segnato.  Le diagnosi psichiatriche odierne non servono alla pratica medica, anzi
esse infliggono danni a coloro che soffrono.  I farmaci usati nella psichiatria odierna non hanno futuro, dal
primo all’ultimo.  Possono servire come sedativi a effetto breve, come fa l’alcol di volta in volta, ma dopo
dovrebbero essere tutti buttati nella pattumiera.  Allora, cosa rimpiazzerà la psichiatria classica?  Come
sarà chiaro da quanto suesposto, per me è ovvio che abbiamo bisogno di molto più Metodo alla Salute –
questo approccio flessibile offre accesso alle emozioni, consente lo sviluppo emotivo ed incoraggia il
sostegno sociale, senza il quale tutti periamo.
Quali sono le possibilità che il Metodo alla Salute sopravviva?  O, in termini medici, qual è la prognosi?
Bene, da quello che ho riscontrato durante la mia breve visita, non vedo assolutamente motivo per cui non
dovrebbe attecchire, crescere, espandersi, ed aiutare un enorme numero di persone.  Il pericolo di tutte le
istituzioni è che si mettano a servire la propria struttura, e non gli utenti. ..................
Dr Bob Johnson     Martedì 26 maggio 2009
Primario Psichiatra,             P O Box 49, Ventnor, Isle of Wight PO38   9AA UK
e-mail: DrBob@TruthTrustConsent.com            www.TruthTrustConsent.com
GMC speciality register for psychiatry

IL “METODO ALLA SALUTE” CENTRO DI MEDICINA SOCIALE DI FOGGIA Resoconto della visita del professor Alain Goussot , docente di pedagogia speciale presso la Facoltà di Psicologia di Cesena (Università di Bologna) - 28, 29, 30, 31 luglio 2009


...................Mi ha colpito molto l’uso contemporaneo che viene fatto di una molteplicità di mediazioni e 
(http://metodoallasalute.blogspot.it/)linguaggi per creare il contatto vitale tra le persone; pure usando un altro tipo di terminologia, mi 
ritrovo abbastanza nell’idea che sviluppa il dottor Loiacono nella sua epistemologia dell’esistenza 
di un fondo comune a tutti gli esseri umani che li lega al ciclo della vita: facciamo notare che sono 
cose che troviamo in filosofia nel pensiero di Henri Bergson che parla di ‘slancio vitale’, in 
pedagogia nell’esperienza di educatori come il belga Ovide Decroly con il suo metodo globale di 
apprendimento, di crescita e nell’esperienza dell’educatore francese Célestin Freinet che parla di 
sperimentazione nella vita e con la vita. Possiamo anche trovare delle connessioni con la psicologia 
e psicoterapia umanistica di Maslow e Rogers nonché con l’approccio antropologico dello 
psichiatra Ludwig Binswanger che guarda la persona come processo globale legata alla sua storia. 
Un altro aspetto importante mi sembra essere l’importanza attribuita alla costruzione di uno spazio 
affettivo in cui avvenga un contatto: nozione questa sviluppata a lungo dal grande psichiatra 
fenomenologo francese E. Minkowski.
Ma veniamo a quelli che ritengo essere gli aspetti validi del metodo alla salute:
1) Un approccio globale, direi quasi ecologico dello sviluppo umano: l’idea che ogni essere 
umano non solo è legato agli altri ma anche al ciclo vitale (sia sul piano biologico che eco 
sistemico). Questo approccio prende in carico un po’ tutti gli aspetti della vita della persona: 
la persona e non la patologia o il disturbo. La persona è coinvolta e accompagnata come 
qualcuno che non può essere ridotta e limitata all’unica dimensione delle manifestazioni del 
disagio che vive; è accompagnata nel rimettere in movimento le sue energie vitali. Questa 
tecnica ha delle affinità con l’approccio della resilienza che fa leva sulla capacità 
dell’individuo di rimbalzare 
2) L’approccio alla salute di Loiacono fa anche leva sul fondo comune che esiste tra tutti gli
esseri umani: un fondo comune fatto di emozioni, sentimenti e bisogno di trovare affettività.
Questa dimensione antropologica e transculturale trascende effettivamente la provenienza
delle persone ma anche quello che classicamente viene chiamato diagnosi psichiatrica: per
cui nel medesimo spazio troviamo persone ‘bipolari’, schizofreniche, depressi, dipendenti da
sostanza, persone con disagio esistenziale. Saltano le classiche frontiere e si va a creare uno
spazio in cui ognuno vive l’esperienza della relazione con l’altro con dei mediatori, o meglio
la mediazione di operatori che hanno il compito in diverse fasi dello svolgimento
dell’attività di favorire il contatto partendo proprio da questo fondo comune.
3) In questo si può affermare che lo spazio comune, di condivisione dell’esperienza emotiva ed 
affettiva , che Loiacono chiama lo ‘spazio utero’ funziona come uno spazio transazionale 
dove avviene una transazione comunicativa tra i diversi partecipanti al gruppo, transazione 
che favorisce una rielaborazione dei vissuti nel confronto con le altre esperienze. Il gruppo è 
il luogo dove si svolge l’attività di accompagnamento, funziona anche come uno spazio 
transizionale cioè (per riprendere l’impostazione di D. Winnicott) come una transizione 
affettiva verso la ricostruzione di legami affettivi partendo dall’elaborazione soggettiva della 
storia di ognuno ascoltata dagli altri. Gli altri hanno questa funzione di oggetti transazionali 
e di contenimento emozionale che permette la maturazione di ognuno. 
4) Lo spazio del gruppo costituisce un luogo emotivo dove è possibile l’incontro con l’alterità 
che vuol dire anche l’incontro con l’altro diverso da sé ma che sta dentro di noi: qui si 
avvera nel confronto dei giorni dell’attività quello che il filosofo francese Jean Jacques 
Rousseau definisce come altro: l’altro è un altro diverso da me. La possibilità di riconoscere 
nei sentimenti che esprime l’altro i propri sentimenti rappresenta un momento di crescita per 
tutti. 
5)  L’uso anche di diversi codici comunicativi ci sembra importante: si usa la parola, ma anche 
la gestualità e il corpo, con i suoi ritmi e i suoi tempi. Il linguaggio del corpo è importante 
perché nella mattinata in cui avviene quello che viene definito ‘il rituale’ dove con il ritmo 
dei tamburi le persone seguono la cadenza dei suoni ad occhi chiusi e si lasciano andare. 
Questo libera delle energie e scioglie anche il clima relazionale abbassando le barriere 
difensive di ognuno.
6) Un aspetto importante è che non viene lasciato nulla all’emotività pura; vi è una ripresa di 
quello che accaduto nelle diverse fasi tramite una rielaborazione e una riflessione di tipo 
epistemologica che tende a costruire una nuova teoria della conoscenza che permette a tutti 
di crescere.
7) Come pedagogo vedo anche le cose con l’occhio di chi osserva quello che si apprende: si
può dire che in quel percorso si ritrovano alcuni concetti chiave delle pedagogie attive che
fanno del soggetto in situazione di apprendimento l’attore protagonista del proprio
autoapprendimento e quindi della propria crescita: troviamo la pedagogia della cooperazione 
(mutuo aiuto, vedi Freinet ), dell’autonomia e della liberazione (coscientizzazione, vedi 
Freire), delle mediazioni (si usano luoghi, spazi, linguaggi, quindi mediazioni e mediatori 
diversi per favorire lo sviluppo della capacità di comprenders i- apprendimento mediato di 
Vygotskij e Feueurstein), di comunità (l’esperienza vissuta in comune è una esperienza di 
socialità nuova che produce senso e significato) 
8) Ultimo punto estremamente positivo è l’esperienza umana che vivono le persone,
l’esperienza umana di relazione: in un mondo dove non esistono più le relazioni, dove v’è 
un vero e proprio deficit comunicativo il metodo alla salute offre la possibilità di 
sperimentarsi come essere di relazione e come soggetto significante. Si potrebbe dire in 
qualche modo che vi è una dimensione esistenziale di fondo che favorisce la produzione di 
valori umani nella misura in cui le persone riscoprono la propria umanità (approccio molto 3 
simile all’esistenzialismo di Kierkegaard e di Sartre). 
9) Sul piano di una ragionamento epistemologico più macro vi è una vicinanza con le posizioni 
della fenomenologia e della critica a tutte le forme di trasformazione della relazione in 
rapporto di dominio. L’esperienza è sicuramente molto trasgressiva e altra rispetto al 
modello medico-psichiatrico dominante che ha come Bibbia scientifica lo strumento 
diagnostico del DSM IV con tutte le sue classificazioni. Modello che osserva per catalogare, 
classificare non per comprendere, incontrare, conoscere e accompagnare.
10) Il metodo alla salute si propone anche di essere totalmente alternativo all’uso degli 
psicofarmaci: già a suo tempo l’antipsichiatria e lo stesso Franco Basaglia avevano messo in 
discussione l’uso massiccio dei farmaci sottolineando che parlare di terapia non può 
limitarsi all’uso e alla somministrazione di psicotropi o neurolettici. Il metodo alla salute si 
propone di andare al di là eliminando completamente l’uso dei farmaci anche nel percorso 
terapeutico: non siamo competenti in materia per valutare ma crediamo dalla nostra 
esperienza diretta e da quello che abbiamo visto a Foggia che si può limitare fortemente se 
non addirittura eliminare del tutto l’uso di psicofarmaci nei percorsi di cura.  
11) Non v’è dubbio che un approccio più umano e relazionale come quello di Loiacono 
introduce una nuova dimensione nel concetto stesso di salute: un concetto che tende a 
mostrare quanto tutti noi siamo potenzialmente ammalati e che passiamo rapidamente il 
confine tra benessere e disagio. 
Vogliamo anche mettere in evidenza alcuni aspetti che andrebbero, dal nostro punto di vista 
seguiti con attenzione: la preparazione e la formazione degli operatori e il decentrare di più 
la gestione dei percorsi.  
Ci vuole forse anche un maggiore lavoro di rete con altre realtà sapendo che il metodo è un 
aspetto importante di un percorso di cura ma non può essere assolutizzato poiché ci vogliono 
altri attori che sappiano rafforzare la crescita ottenuta dalle persone. 
Comunque sia l’esperienza fatta nel Centro del dotto Loiacono è stata per noi positiva e 
contiene molte potenzialità di sviluppo ulteriore e anche di innovazione per chi lavora con la 
sofferenza delle persone e il disagio diffuso. 
Alain Goussot
(docente di pedagogia speciale- Facoltà di psicologia di Cesena-Università degli studi di
Bologna)
Cesena: 21/09/2009

invecchiamento cerebrale


orso castano : il problema della conservazione dell'efficienza delle funzioni cognitive nell'invecchiamento cerebrale diventera' sempre piu' importante 
da BrainLab
Putting brain training to the test.Owen AM, Hampshire A, Grahn JA, Stenton R, Dajani S, Burns AS, Howard RJ, Ballard CG.
MRC Cognition and Brain Sciences Unit, 15 Chaucer Road, Cambridge CB2 7EF, UK.
Nature. 2010 Apr 20.

PubMed

Uno studio recentemente pubblicato su Nature mette in relazione due mondi molto distanti tra loro, quello della televisione e quello della ricerca scientifica.
I ricercatori, tra cui Adrian Owen del MRC Cognition and Brain Sciences Unit di Cambridge in collaborazione con la rete televisiva BBC hanno monitorato i progressi cognitivi registrati durante sei settimane di brain training on-line a cui si sono sottoposti 11.430 adulti sani reclutati attraverso una trasmissione televisiva e il relativo sito web.
I vantaggi pubblicizzati da alcuni programmi di brain training disponibili in commercio sarebbero: miglioramento della memoria a breve termine, maggiore elaborazione cognitiva, migliore capacità di concentrazione.
Secondo il sito web Brain Age, il brain training è in grado di "aumentare il flusso di sangue alla corteccia prefrontale" mentre per Posit Science la sua applicazione è in grado di migliorare la velocità e la qualità di elaborazione delle informazioni mostrandosi efficace in alcune condizioni che causano compromissione cognitiva come la schizofrenia e morbo di Alzheimer.
Secondo HAPPY-neuron il suo programma "minimizza gli effetti naturali dell’invecchiamento cerebrale ottimizzando la capacità di apprendimento”.
Per esaminare i reali effetti del brain training sul funzionamento cognitivo Owen e i suoi collaboratori hanno condotto online uno studio clinico di massa suddividendo in maniera casuale 11.430 partecipanti in due gruppi più uno di controllo.
I partecipanti di età compresa tra 18-60 anni sono stati istruiti a svolgere alcuni esercizi per almeno 10 minuti al giorno per tre volte alla settimana.
I gruppi differivano tra loro per il tipo di formazione ricevuta: il primo svolgeva un’attività finalizzata a migliorare il ragionamento, la pianificazione e il problem-solving, l’altro una formazione più simile a quella offerta da molti programmi commerciali di brain-training (memoria a breve termine, attenzione, memoria visiva spaziale).
Al gruppo di controllo è stato semplicemente chiesto di navigare sul web per poi rispondere a un questionario.
Al termine dello studio è stata utilizzata una seconda batteria di test per valutare gli eventuali miglioramenti cognitivi.
Naturalmente la domanda più interessante che i ricercatori si sono posti era se questi miglioramenti fossero generalizzati.
Secondo i risultati dello studio i partecipanti hanno ottenuto risultati migliori nei giochi ai quali si sono esercitati ma senza che ciò si traducesse in un miglioramento generale delle loro funzioni cognitive.
Owen e colleghi concludono dicendo che "questi risultati non forniscono alcuna prova di un miglioramento generalizzato della funzione cognitiva a seguito del brain training in un ampio campione di adulti sani".
Tuttavia egli ritiene che lo studio metta in evidenza l'utilità potenziale del web per lo svolgimento di studi di grandi dimensioni.
Depositato all’AIFA in data 12 luglio 2010

martedì 25 dicembre 2012

l'"Agenda Monti" , stralci e primi commenti


orso castano : ancora troppo generici e carenti questi accenni ad un settore cosi' importante dal punto di vista economico e sociale. Nessuna parola sulla continuita' terapeutica, sulla governance medica della sanita' (finora pesantemente governata dalla politica) , nessun accenno sulla necessita' inderogabile da parte del medico dirigente di primo livello del diritto a curare secondo scienza e coscienza in riferimento al suo sapere "libero" , anche se comunque confrontato e dialettizzato con le linee guida piu' accreditate internazionali,  nessun accenno ai ChairAssStone cioe' ai Primari che hanno "fregato" per occupazione di posizione persino i "culi di pietra del Cremlino" (occupano il loro posto da oltre 35-40 anni  (rendendo inutile e vana la parola rinnovamento) e che , mettendosi di traverso, per ottenere privilegi di politica/potere  impediscono, anche con violenza , utilizzando i loro poteri burocratici, questi si intoccati ed intoccabili, qualsiasi innovazione venga proposta dai dirigenti medici di piu' basso livello, con il solo risultato di una profonda demotivazione e malasanita' diffusa. E' forse questo il nodo centrale ignorato completamente da Monti , uomo di destra , disavvezzo alle vere liberalizzazioni, alla liberta' di ricerca, non conoscente del "falsificazionismo" , il cui governo ha avuto la "sobrieta'" di proporre di tagliare i fondi anche ai fisici ricercatori collaboratori del CERN per la  ricerca sul bosone di Higgs , http://www.lettera43.it/economia/aziende/monti-taglia-i-fondi-ai-fisici-del-bosone-di-higgs_4367557101.htm , del resto cosa ci si poteva aspettare da questo Bocconiano, ex uomo FIAT? La sua filosofia e' quella facilissima dei tagli lineari. Uomo senza dubbio cento volte meglio di B , ma pur sempre legato a schemi piramidali e di verticalizzazione del potere.......speriamo non in senso militare. Tocchera' alla sinistra , finalmente senza Ichino a mettersi di traverso con la sua rete invischiante e diffusa , difendere gli spazi di liberalizzazione e di equita', oltre che quelli di accesso alla cultura scientifica ed umana.....

da    stralci dall'"agenda Monti"

Quello che l’Italia deve chiedereall’Europa. clicca x "agenda Monti" al completo
L’Europa da sola non è la ricetta che  risolve i  problemi dell’Italia. L’Unione europea
non è qualcosa al di sopra o al di fuori dei suoi Stati membri. Le sue politiche sono il
risultato di un mix di interessi generali e interessi particolari dei vari Stati. Per questo
trarre pienamente vantaggio  dalla partecipazione all’Unione  richiede una  presenza
costante  e  vigile  per  far  valere  il  proprio  punto  di  vista  quando  si  definiscono  le
politiche,  che  poi  fissano  la  cornice  per  le  azioni  a  livello  nazionale.  Per  contare
nell’Unione europea non serve ba;ere i pugni sul  tavolo. Se non si convincono gli
altri  Stati delle proprie ragioni, si  resta con un pugno  di mosche in  mano. Né serve
fare  i  soci  poco  esigenti al  tavolo  del  negoziato  e  magari  provare  ad  allentare  gli
obblighi  successivamente  quando  devono  essere  attuati. L’influenza  sulle  decisioni
comuni  nasce  dalla  credibilità, dal  saper  far  valere  peso  economico  e  politico, dal
lanciare idee  su  cui  creare alleanze. Per  questo  l’Italia, paese contributore al
bilancio  europeo  e  che  sostiene  finanziariamente  lo  sforzo  di  salvataggio  dei  Paesi
sottoposti  al  programma  del  Fondo  Europeo  Salva-Stati,  deve  chiedere  all’Europa
politiche  orientate  nel  senso  di  una  maggiore  attenzione  alla  crescita  basata  su
finanze pubbliche sane, un mercato interno  più integrato e dinamico, una maggiore
solidarietà  finanziaria  attraverso  forme  di  condivisione  del  rischio,  una  maggiore
attenzione  alla  inclusione  sociale  e  alla  sostenibilità  ambientale.  Politiche  che  ne
riflettono i suoi interessi e i suoi valori.
Quello che l’Europa chiede all’Italia
Far  parte  di  una  comunità  politica  ed  economica  sempre  più  integrata  comporta
vantaggi  ma  anche  responsabilità.  Dobbiamo  sempre  più  abituarci  al  fatto  che  le
nostre  scelte  di  politica  economica  siano  guardate  e  valutate  con  attenzione  dagli
altri Stati dell’Unione, perché le politiche fatte insieme producono risultati migliori e
perché  le  politiche  fatte  a  livello  nazionale  possono  produrre  danni  che  si
riflettono  negli  altri  Paesi  con  cui  siamo  strettamente  integrate.  Le  forze  politiche
devono fare proprio il principio secondo cui le politiche economiche (in particolare le
misure volte alla  crescita e quelle  di  politica finanziaria)  di  ciascuno  Stato Membro
dell’Unione  sono  una  questione di  interesse  comune  dell’Unione europea  e  come
tali  sono  soggette  a  coordinamento,  orientamento  e  monitoraggio  da  parte  della
stessa. In questo quadro l’Italia deve confermare il proprio impegno al rispetto delle
regole  di  disciplina  delle  finanze  pubbliche  e  ad  assumere  le  priorità  strategiche
definite  in  sede  europea  e  le  raccomandazioni  specifiche  che  l’Unione  europea
rivolge  ogni  anno  all’Italia,  come  a  tutti  gli  altri  Stati Membri,  come  parametri  di
riferimento per la formulazione della sua politica economica.



.........E il nostro Ssn? Per Monti non c'è dubbio: "Il servizio sanitario nazionale resta una conquista da difendere e rafforzare attraverso innovazione, efficienza e professionalità". Ma qualcosa va cambiato.
 Ecco il paragrafo integrale dedicato alla sanità.
"L’Europa e la sua agenda di disciplina delle finanze pubbliche e riforme strutturali sono nemiche del welfare? No. Lo Stato sociale è il cuore del modello sociale europeo e della sua sintesi tra efficienza ed equità, mercato e solidarietà. Realizzare obiettvi di redistribuzione e di lotta contro le diseguaglianze senza attenuare le energie per la crescita è la sfida politica centrale del nostro tempo. Di per sé l’Europa non limita i modi in cui si possono perseguire fini sociali e di equità, ma impedisce di finanziarli con una illimitata creazione di debito. E ci impone di capire che il modello che abbiamo costruito si sta incrinando sotto il peso del cambiamento demografico e della sempre più difficile sostenibilità finanziaria.
 Abbiamo due alternative. O cercare di conservare il welfare state com’è, rassegnandoci a tagli e riduzioni di servizi per far fronte ad una spesa sempre crescente. O provare a rendere il sistema più razionale e aperto all’innovazione. Nel settore dell’assistenza sanitaria bisogna garantire il diritto alla tutela della salute in un nuovo contesto, organizzando il sistema sanitario secondo i principi di appropriatezza delle cure, costo/efficacia, riduzione al massimo degli sprechi, gestione manageriale basata su una valutazione trasparente dei risultati. Senza contrapporre sanità pubblica e sanità privata, perché ombre e luci, meriti e sprechi, esistono in entrambe. Il servizio sanitario nazionale resta una conquista da difendere e rafforzare attraverso innovazione, efficienza e professionalità.
 Bisogna sempre più potenziare l’assistenza domiciliare dei parzialmente sufficienti e dei non autosufficienti, una soluzione che permette di coniugare risparmi di spesa e una migliore condizione del paziente. E dare attuazione alla riforma dell’ISEE( 
indicatore della situazione economica equivalente) per rendere più obiettvo e trasparente l’accesso alle prestazioni agevolate di oltre20 milioni di italiani, con una particolare attenzione alle famiglie numerose e per quelle con figli molto piccoli. Senza dimenticare che la sanità e lasicurezza sociale sono la più grande industria di servizi del Paese. Promuoverla significa anche sostenere la crescita e l’innovazione.
Bisogna riconoscere e valorizzare il ruolo del volontariato, un mondo vastissimo che spesso incontriamo senza neppure riconoscerlo e che svolge funzioni preziose non solo nel campo dell’assistenza, ma anche dell’educazione, nella formazione degli adulti, nello stimolo culturale. InItalia è cresciuto in questi anni un modello di impresa sociale molto avanzato e che anche in Europa è guardato con interesse". 

domenica 23 dicembre 2012

proseguono proteste dopo stupro

New Delhi, 23 dic. (Adnkronos/Xinhua) - Proseguono in India le proteste studentesche per lo stupro di gruppo del quale e' stata vittima una giovane di New Delhi la scorsa domenica. Gli studenti hanno respinto l'invito della polizia a sgomberare la zona centrale della capitale indiana nella quale sono assembrati da giorni, scontrandosi con gli agenti mentre tentavano di avvicinarsi al palazzo presidenziale. Lo stupro della 23enne studentessa di medicina, brutalizzata da sei uomini a bordo di un autobus pubblico, ha scosso il Paese. La presidente del partito del Congresso, Sonia Gandhi, rispondendo all'appello dei manifestanti ha promesso il proprio sostegno per leggi piu' severe.

 Complesso di politiche pubbliche messe in atto da uno Stato che interviene, in un’economia di mercato, per garantire l’assistenza e il benessere dei cittadini, modificando in modo deliberato e regolamentato la distribuzione dei redditi generata dalle forze del mercato stesso. Il w. comprende pertanto il complesso di politiche pubbliche dirette a migliorare le condizioni di vita dei cittadini. L’espressione («Stato del benessere»), entrata nell’uso in Gran Bretagna negli anni della Seconda guerra mondiale, è tradotta di solito in italiano come Stato assistenziale (che ha però sfumatura negativa) o Stato sociale.
1. Obiettivi e strumenti del welfare StateSecondo A. Briggs, gli obiettivi perseguiti dal w. sono fondamentalmente tre:assicurare un tenore di vita minimo a tutti i cittadini; dare sicurezza agli individui e alle famiglie in presenza di eventi naturali ed economici sfavorevoli di vario genere; consentire a tutti i cittadini di usufruire di alcuni servizi fondamentali, quali l’istruzione e la sanità. Definizione di carattere più generale è quella formulata da I. Gough, il quale indica il w. come «l’uso del potere dello Stato volto a favorire l’adattamento della forza lavoro ai continui cambiamenti del mercato e a mantenere la popolazione non lavorativa in una società capitalistica». Gli strumenti tipici per perseguire gli obiettivi del w. sono: a) corresponsioni in denaro, specie nelle fasi non occupazionali del ciclo vitale (vecchiaia, maternità ecc.) e nelle situazioni di incapacità lavorativa (malattia, invalidità, disoccupazione ecc.); b) erogazione di servizi in natura (in particolare istruzione, assistenza sanitaria, abitazione ecc.); c) concessione di benefici fiscali (per carichi familiari, l’acquisto di un’abitazione ecc.);d) regolamentazione di alcuni aspetti dell’attività economica (quali la locazione di abitazioni a famiglie a basso reddito e l’assunzione di persone invalide). Nel corso del tempo, gli interventi di questo tipo si sono via via sviluppati in connessione sia con l’evoluzione dei rapporti di solidarietà tra gli appartenenti al gruppo sociale, sia con l’andamento dello sviluppo economico (e, quindi, con la crescente disponibilità di risorse da destinare a tale scopo).2. Sviluppi ed effettiIl momento di maggiore sviluppo del w., che coincide con la visione dello ‘Stato del benessere’ come insieme di interventi di protezione sociale a carattere tendenzialmente universale in favore dei cittadini, ha avuto la sua attuazione dopo la Seconda guerra mondiale. Il sistema della ‘sicurezza sociale’, introdotto in Gran Bretagna attraverso un’apposita legislazione del 1946 e del 1948 (➔ Beveridge of Tuggal, William Henry), si impose come modello per gli altri paesi industriali. Esso copriva: disoccupazione, invalidità, perdita dei mezzi di sussistenza, collocamento a riposo per limiti di età, bisogni della vita coniugale (per le donne: matrimonio, maternità, interruzione dei guadagni del marito, vedovanza, separazione), spese funerarie, sussidi all’infanzia, malattia fisica o incapacità. L’universalizzazione del w. (l’estensione, cioè, dei suoi servizi all’intera collettività, indipendentemente dallo stato di bisogno) ha avuto due effetti non previsti ma in netto contrasto con i suoi obiettivi equitativi: ha ridotto considerevolmente la capacità redistributiva dello ‘Stato del benessere di massa’, prevalentemente affidata alla progressività del sistema tributario, e ha provocato una massiccia espansione della spesa pubblica che ha messo in pericolo gli equilibri finanziari del sistema, creando problemi al contenimento dell’inflazione e della disoccupazione. Secondo l’economista R. Misha, tale aumento della spesa pubblica tende ad assumere carattere permanente a causa prevalentemente della competizione politica e della pressione dei gruppi di interesse, dando origine a una situazione di rigidità e di ridotta capacità di intervento della politica economica. Si è rilevato che l’espansione della spesa può determinare un eccessivo incremento della pressione fiscale e disavanzi del bilancio pubblico; che le prestazioni assistenziali possono ridurre l’incentivo a lavorare; che le burocrazie chiamate a fornire i servizi sociali sono sovente inefficienti e possono anteporre i propri interessi a quelli dei cittadini; che la gratuità di alcuni servizi può accrescerne eccessivamente la domanda e determinare sprechi; che la povertà, per quanto ridotta, non è stata eliminata. Per questi motivi, e anche perché è emerso in modo evidente che gli oneri che il w. implica non sono compatibili con il tasso di crescita dell’economia e con il tasso di natalità molto basso dei paesi industrialmente avanzati, a partire dagli anni 1980 si è assistito a un considerevole ridimensionamento del ruolo dello Stato nei processi economici.
Il sociologo danese G. Esping-Andersen (Three worlds of welfare capitalism, 1990) ha introdotto una classificazione dei diversi sistemi di w. strutturata in tre tipologie; questa tripartizione è fondata sulle differenti origini dei diritti sociali che ogni Stato concede ai propri cittadini.
Nel regime liberale i diritti sociali derivano dalla dimostrazione dello stato di bisogno. Il sistema è fondato sulla precedenza ai poveri meritevoli (teoria della less eligibility) e sulla logica del ‘cavarsela da soli’. Pertanto i servizi pubblici non vengono forniti indistintamente a tutti, ma solamente a chi è povero di risorse, previo accertamento dello status di bisogno; in virtù di questo, tale meccanismo viene spesso definito residuale, in quanto concernente una fascia di destinatari molto ristretta. Per gli altri individui, che costituiscono la maggior parte della società, tali servizi sono acquistabili sul mercato privato dei servizi. Quando l’incontro tra domanda e offerta non ha luogo, per l’eccessivo costo dei servizi e/o per l’insufficienza del reddito, si assiste al fallimento del mercato, cui pongono rimedio programmi destinati alle fasce di maggior rischio. Tale regime riflette una teoria politica secondo cui è utile ridurre al minimo l’impegno dello Stato, individualizzando i rischi sociali. Il risultato è un forte dualismo tra cittadini non bisognosi e cittadini assistiti. Tale modello è tipico dei paesi anglosassoni: Australia,Nuova Zelanda, Canada, Gran Bretagna e Stati Uniti.
Nel regime conservatore i diritti derivano dalla professione esercitata: le prestazioni del w. sono legate al possesso di determinati requisiti, in primo luogo l’esercitare un lavoro. In base al lavoro svolto si stipulano assicurazioni sociali obbligatorie che sono all’origine della copertura per i cittadini. I diritti sociali sono quindi collegati alla condizione del lavoratore. Questo è il modello tipico degli Stati dell’Europa continentale e meridionale, tra cui l’Italia.
Nel regime socialdemocratico i diritti derivano dalla cittadinanza: vi sono quindi dei servizi che vengono offerti a tutti i cittadini dello Stato senza nessuna differenza. Tale modello promuove l’uguaglianza di status ed è tipico degli Stati dell’Europa del Nord.