domenica 22 novembre 2015

musica :stuart mitchell , the human genome progect


https://www.youtube.com/results?search_query=STUART+MITCHELL

poi per ascoltare la produzione musicale di Mitchell vai a
https://www.youtube.com/watch?v=HNzamvblIOs


dal DNA , come fosse uno spartito. Un'ispirazione dal nostro 2genoma"
BUON ASCOLTO

la ricerca scientifica nell'islam

orso castano: la Tunisia sta vivendo un periodo di contrasti interni sul piano politico e , di riflesso, sie' aperto un vivace dibattito sulla scienza, sulla liberta' di ricerca e sui condizionamenti che la religione pone allo sviluppo scientifico e tecnologico. L'occidente dovrebbe aiutare i ricercatoroi tunisini che si battono per la separazione tra scienza e religione . Questo aiuterebbe molto anche l'evoluzione politica del paese verso una democrazia necessariamente pluralista. Pertanto l'articolo e' molto interessante. Un riconoscimento all'Associazione Luca Coscione per il suo impegno.


Faouzia Farida Charfi
9 Gen 2015
Congresso Mondiale Libertà di Ricerca [2]


Vorrei iniziare ringraziando gli organizzatori di questo evento per avermi dato l’opportunità di parlare dell’attuale situazione della ricerca nel mio Paese. Dal gennaio del 2011, la Tunisia sta attraversando un periodo difficile, ma a un tempo entusiasmante. Condividerò quindi con voi alcune considerazioni sulle minacce dell’integralismo alla ricerca scientifica, ma anche sulla resistenza a queste minacce.

A luglio 2012, durante la rivoluzione tunisina (battezzata “Rivoluzione della dignità e della libertà”) è giunto in visita nel nostro Paese il Premio Nobel per la Chimica 1999, Ahmen Zewail, scienziato di origine egiziana, cui questo prestigioso riconoscimento è stato conferito vent’anni dopo il pachistano Abdus Salam. Sono solo due gli scienziati del mondo arabo insigniti del Premio Nobel e questo è un punto da considerare quando si valuta il progresso della ricerca nel nostro Paese. Purtroppo non si può ancora dire che siamo saliti sul treno della scienza. Nella sua lectio, Ahmed Zewail ha spiegato che la scienza nel mondo musulmano ha una storia secolare e ha dato un proprio apporto significativo al sapere universale. Concludendo, Zewail ha espresso l’auspicio che dopo la Rivoluzione della dignità e della libertà, i Paesi che a partire dal 2011 sono stati teatro di sommovimenti con cui si è posto fine a regimi dittatoriali attraverseranno anche una “rivoluzione scientifica”.

Nel contesto odierno, dominato da un Islam politico che sta sviluppando una nuova retorica in fatto di scienza, una retorica segnata dall’islamizzazione del sapere e dal rifiuto della razionalità, è possibile attuare una simile rivoluzione scientifica? Prima di illustrare vari aspetti di questa nuova retorica dell’Islam, vorrei fornirvi alcune informazioni che hanno rappresentato un motivo di preoccupazione per le università tunisine dopo la rivoluzione del gennaio 2011, in particolare per la Facoltà di Teologia dell’Università di al-Zaytuna. Si tratta di un’istituzione che è stata modernizzata vent’anni fa con l’introduzione di corsi di lingue antiche, lingue straniere moderne ed ebraico (abbiamo infatti un patrimonio comune nella regione mediterranea).

Ci sono donne che tengono, in particolare, corsi di teologia, psicologia e antropologia. Vorrei parlarvi della situazione di tre colleghe di questa facoltà di teologia. Hayet Akoubi, professoressa di teologia, è stata sostanzialmente estromessa dall’università perché insegnava senza indossare il velo e perché offriva una lettura più aperta dell’Islam. Al momento non insegna la materia in cui è specializzata, ma dà lezioni di lingua araba all’Institut de Presse. Il secondo collega è Abdelkader Naffati. Poiché insegnava il sufismo, i suoi corsi non erano accettati dagli studenti salafiti. Alla fine il collega ha lasciato la facoltà e ha iniziato a collaborare a progetti scientifici nei Paesi del Golfo. La terza collega, Iqbal Gharbi, è uno dei professori di grado più elevato nella Facoltà di Teologia a seguito della riforma dell’istruzione; è la prima donna a insegnare psicologia all’interno di quella facoltà. Reputa importante modernizzare e razionalizzare l’insegnamento della religione e coltivare cittadini moderni, anziché islamisti. Attualmente Iqbal Gharbi si è presa un periodo sabbatico perché i suoi studenti non accettavano che insegnasse psicologia in quella facoltà, convinti com’erano che “insegnare psicologia in quest’istituzione [equivalesse] a mettere demoni nei cuori del fedeli. Per gli studenti di teologia, ‘psicologia’ significa Freud, e quindi ateismo, e quindi libertà sessuale”. Ad aprile 2012, tuttavia, un predicatore e leader del partito islamista Hizb al-Tahrir è stato invitato a tenere una lezione nell’aula magna della facoltà che porta il nome di Ibn Khaldun (uno dei precursori della sociologia moderna). Questo predicatore gode del favore del Califfato, “il solo sistema politico accettabile all’interno del mondo islamico”.

Ho citato alcuni fatti che riguardano il mondo universitario in Tunisia, un Paese che sin dalla sua indipendenza è caratterizzato da un livello di modernità straordinario per il mondo arabo e da un codice del personale pubblico che promuove l’emancipazione femminile. Sin da quando è diventato un Paese indipendente, la Tunisia ha optato per un’istruzione moderna che pone l’accento sulla scienza e la ricerca scientifica.

A maggio 2012, a poco più di un anno dalla rivoluzione, il gran imam della moschea di al-Zaytuna, che non è un accademico, ha annunciato la riapertura dell’ateneo (ispirato al modello delle università tradizionali, come al-Azhar del Cairo) con l’obiettivo di riportare in vita lo spirito della vecchia Università di Teologia di Zaytouna, in cui si insegnavano il Corano e la civiltà islamica, ma non l’intera storia e civiltà musulmana con tutto il suo progresso scientifico. L’imam ha detto: “Vogliamo dire alla gente che alla Zaytuna non ci sono Meddeb col turbante (vale a dire, i vecchi insegnanti arabi che spiegavano agli studenti come recitare il Corano) che sanno solo recitare i salmi a memoria. Siamo uomini di scienza e di cultura. Se Bourguiba e dopo di lui Ben Ali non avessero fatto ciò che hanno fatto, oggi la Zaytuna sarebbe una grande istituzione del sapere”. Certo, vorremmo credere a queste parole, ma in realtà l’imam intende aderire a una concezione che affonda le radici nella tradizione asharita (sunnismo ortodosso) e pone l’enfasi sull’etica che l’insegnamento è tenuto a trasmettere. Cito: “Vogliamo laureati e dottori che conoscano la medicina della morale e l’etica, cosa che abbiamo smarrito. L’odierna medicina materiale ha perso di vista il fatto che il cuore che essa cura è opera di Dio”.

In Tunisia, dove la medicina è moderna - conduciamo moltissima ricerca in quest’area, con numerosi scienziati che si occupano di biologia molecolare - è sconvolgente sentire queste parole. Il Consiglio Medico Nazionale, come c’era da aspettarsi, ha reagito, chiedendo che il governo prendesse misure. Tuttavia, come forse sapete, il governo è guidato dal partito islamista Ennahda, che è piuttosto vicino all’imam della moschea di Zaytuna. Esiste un pericolo reale per l’istruzione superiore e la ricerca scientifica.

Rammento che l’imam si ispira alla figura di Ibn Taymya, leader wahabita, che ammette una sola visione dell’Islam: il sunnismo ortodosso, che sottoscrive un modello formativo da cui è escluso il ruolo della ragione. Com’è ovvio, questa prospettiva è incompatibile con l’insegnamento della scienza, con la ricerca scientifica e con il dubbio critico che trascende limiti e tabù. La scienza è troppo importante per essere lasciata nelle mani di estremisti religiosi che aspirano al ruolo di produttori di conoscenza.

La spiegazione di quanto sta accadendo all’Università di al-Zaytuna risiede in un’altra questione: il disegno politico degli islamisti attualmente al potere in Tunisia, disegno che esiste in molti Paesi arabi. Gli islamisti intendono imporre l’autorità religiosa nel sapere e nella cultura. Il progetto islamista ha sempre avuto un obiettivo primario: assumere il controllo dell’istruzione e condizionare le menti degli allievi. Non si tratta, però, di una prerogativa degli integralisti musulmani. Credo sia un’aspirazione coltivata da tutti gli integralisti, quella di investire nella scuola ostacolando la libertà di istruzione e la ricerca scientifica.

Questa nuova retorica in materia di scienza, che vediamo fiorire, è favorita da internet e dai vantaggi che esso presenta. A caratterizzare questa linea di pensiero vi sono due aspetti: in primo luogo l’islamizzazione del sapere mediante una letteratura ortodossa secondo cui la scienza moderna è contenuta nel Corano; in secondo luogo il rifiuto della scienza attraverso la negazione dell’evoluzione biologica.

Senz’altro conoscete il sito web Harun Yahya. Credo che in occasione del vostro ultimo congresso sulla ricerca scientifica abbiate presentato gli scritti di Harun Yahya, il suo celebre Atlante della Creazione. Harun Yahya è lo pseudonimo di Adnan Oktar, predicatore turco vicino al movimento Nurcu, che afferma di seguire il pensiero religioso di Saïd Nursî. Qual è il messaggio sotteso alle idee di Oktar? È il rifiuto del pensiero materialista, ovvero il rifiuto di Darwin, non su basi scientifiche ma su basi ideologiche. La risoluzione 1580 del Consiglio d’Europa sui pericoli dell’insegnamento del creazionismo, adottata nel 2007, fuga ogni dubbio circa la percezione che Harun Yahya ha della “scienza” e afferma che l’Atlante della Creazione “appare più come un trattato di teologia primitivo che come una confutazione scientifica della teoria dell’evoluzione”. Darwin è anche il nemico degli islamisti tunisini, e con il termine “islamisti” mi riferisco a coloro che propugnano l’Islam politico: lo avevano dichiarato essi stessi già nel 1970.

Nell’osservare quanto accade oggi in Tunisia, c’è chi pensa sia stata la rivoluzione a portare l’islamismo, ma l’islamismo è presente sin dagli anni Settanta del secolo scorso. Ovviamente la sua presenza è variata negli anni. Molti regimi politici, come quello tunisino, hanno inteso contrastare le forze della sinistra e delle proteste studentesche degli anni Sessanta favorendo il movimento islamista che divenne prominente con la rivoluzione iraniana. La rivista Al Maarifa, curata dagli attuali leader del movimento Ennahda, ottenne l’autorizzazione nel 1972. All’epoca gli islamisti presentavano le proprie idee in modo chiaro e diretto, al contrario di oggi. Vi leggo ora un estratto della rivista, risalente al 1973, in cui si parla di Darwin e di Freud: “Secondo il darwinismo noi siamo un sottogruppo della famiglia delle scimmie. Il freudianismo sostiene che ciascuno vive la propria esistenza solo per soddisfare i propri desideri sessuali, e arriva a suggerire che la nostra retorica celi il desiderio di avere relazioni sessuali con le nostre madri. A dettare queste aberrazioni sfacciate è uno spirito maligno”. Credo che il messaggio sia molto chiaro.

Questo modo di guardare alla scienza è caratterizzato dal concordismo, dal rifiuto delle teorie darwiniane, ma anche da una certa incoerenza. A tutt’oggi occorre attendere la vigilia dell’inizio del mese lunare per stabilire quando si terranno le festività religiose, che dunque non vengono fissate in anticipo. Aspettiamo di veder comparire la luna crescente, accettando le leggi della meccanica celeste per stabilire il momento delle cinque preghiere giornaliere. Vedete, quindi, che il mondo musulmano odierno presenta un blocco mentale nei confronti della scienza. Eppure in questa regione la scienza si è sviluppata per secoli, lasciandosi alle spalle un ricco patrimonio di sapere universale.

Torniamo ora a Ibn Khaldun, che nel XIV secolo, quando scrisse i suoi prolegomeni, aveva già fatto questa osservazione: “Quando il vento della civiltà ha cessato di soffiare sul Maghreb e al-Andalus e il declino della civiltà ha portato al declino delle scienze, le scienze razionali sono scomparse con l’eccezione di qualche superstite che si può ancora trovare presso un numero ridotto di persone isolate sotto la supervisione delle autorità della Sunna”. Le autorità della Sunna, quindi, controllavano gli spiriti liberi.

Il XIX secolo, però, ha rappresentato per il mondo musulmano il secolo del Rinascimento, il Nahda, che ha comportato un riavvicinamento alle scienze razionali e alle lingue straniere e l’affermarsi di istituzioni moderne, sia in Turchia che in Tunisia, Egitto e Iran. Bisogna osservare, in ogni caso, che nonostante la presenza di queste istituzioni, la gente continuò a essere istruita perlopiù nelle istituzioni tradizionali, che propugnavano un pensiero tradizionalista e una cultura tesa a garantire “una sopravvivenza artificiale di canali desueti privi di alcun collegamento con la scienza che trionfava in Europa”.

Nell’odierno mondo musulmano, il pensiero libero (libero, cioè, dai limiti imposti dal dogma) non è sottoposto alla supervisione delle autorità della Sunna, come denunciava Ibn Khaldun, ma alla violenza dei nuovi custodi della fede. La nuova retorica sulla scienza è figlia di una nuova classe di predicatori che sta emergendo grazie ai più avanzati mezzi tecnologici; il margine di influenza di questi predicatori si estende ben oltre i confini delle moschee. Poco fa ho citato Harun Yahya e il suo sito internet, ma ci sono anche altri. Potremmo citare alcune celebri figure satelliti, come il volto dell’Al Jazeera qatariota Yusuf al-Qaradawi, secondo il quale “la scienza è religione e la religione è scienza”. La scienza, quindi, è accettata solo se si integra con la religione. Non ha un proprio dominio autonomo, come spiegano chiaramente le teorie concordiste e gli scritti anti-evoluzionisti ispirati ai creazionisti americani.

Purtroppo questo dilagare generalizzato di predicatori riflette le considerevoli risorse economiche a loro disposizione. Tali risorse sono stanziate dai sostenitori dell’islam politico, che osteggiano la modernità e sperano di imporre un programma dominato dal pensiero dogmatico, che condizioni la vita sociale e culturale e neghi l’universalità dei diritti umani nel nome di una specificità musulmana. Questo dogmatismo religioso esige che il pensiero si esplichi soltanto sullo sfondo della rivelazione, sfondo che esclude il ruolo della ragione e della via autonoma verso la conoscenza. Per Ibn Taymiyya, “la ragione non può che essere subordinata alla rivelazione e ridotta a un solo scopo: credere nella verità di tutto ciò che deriva dal Profeta. La certezza del testo non può essere messa in discussione dall’esercizio incerto della ragione umana, che è sempre fallibile e soggetta al dubbio. La ragione non può portare ad alcuna conoscenza certa, ma c’è di più: produce frizioni e genera disordine”.

In contrasto con questo atteggiamento dogmatico, potremmo citare il pensiero razionalista di Al Jahiz, che nel IX secolo scrisse: “Il dubbio ha vari gradi, eppure non si riconosce che anche la certezza ha gradi e livelli gerarchici, che possono essere più o meno forti”.

Qual è la prospettiva dei teologi su Darwin? Purtroppo non tutti i teologi hanno scelto la via dell’apertura nei confronti del mondo. Vorrei citare Battikh, ex mufti della Repubblica di Tunisia. Nel 2009 fu intervistato da un giornalista nell’ambito di un servizio sull’Islam e il darwinismo, realizzato in occasione del bicentenario della nascita di Darwin. Battikh afferma che “il darwinismo è una teoria falsa perché non poggia su basi concrete, ma su concetti teorici smentiti dai fatti. Se questa teoria fosse fondata, l’evoluzione sarebbe proseguita e l’uomo si sarebbe trasformato in un’altra specie… È bene fare presente che la scienza moderna ha contraddetto il darwinismo con la teoria del codice genetico”.

Questo, ad ogni modo, non è il solo punto di vista illustrato nel servizio: c’è anche quello di un collega specializzato in biologia che insegnava l’evoluzionismo alla Facoltà di Scienze di Tunisi e che spiega, giustamente, come la teoria dell’evoluzione fosse diffusa ancor prima di Darwin presso alcuni pensatori musulmani, come quelli dell’Essafa Ikhwan, la “fratellanza della purezza”.

Tra i teologi ho citato il mufti della Repubblica di Tunisia che rifiuta il darwinismo, ma ci sono anche teologi di parere diverso. In Europa, potrei fare il nome di Tareq Oubrou, rettore e imam della moschea di Bordeaux, il quale spiega chiaramente che il Corano è del tutto compatibile con la teoria dell’evoluzione. A differenza della Bibbia, infatti, il Corano non contiene una presentazione storica della genesi, ma si limita a evocare il momento in cui un antenato diretto e comune a tutta l’umanità emerse da un materiale inerte: l’argilla. C’è poi la questione dell’origine acquatica di tutti gli esseri viventi, inclusi gli uomini, che secondo Oubrou potrebbe rappresentare “un argomento a favore della teoria dell’evoluzione, di questo antenato che emerge da elementi organici”. Vedete, quindi, che non esiste un punto di vista unico del mondo musulmano o in quello dei teologi – naturalmente non parlo di scienziati – e, pertanto, possiamo sperare che questo pensiero aperto e autenticamente scientifico possa affermarsi in futuro.

A tal proposito, a gennaio 2012 è capitato qualcosa di molto interessante in Egitto, con la dichiarazione di al-Azhar sulle libertà fondamentali, sottoscritta da vari intellettuali su impulso di Ahmen Muhammad el-Tayeb, il quale si batte per l’indipendenza dell’Università di al-Azhar ed è fautore di un Islam moderato. Un paragrafo molto interessante della dichiarazione recita: “La condizione più importante affinché la ricerca scientifica possa svolgersi è che gli istituti di ricerca e i ricercatori godano di una piena libertà accademica nei propri esperimenti e nella formulazione di ipotesi e assunti, in osservanza di specifici standard scientifici. È prerogativa di queste istanze utilizzare la propria immaginazione creativa e la propria esperienza per ottenere risultati utili al progresso del sapere umano. In questi studi, i ricercatori sono guidati dalla sola etica della scienza, nonché dai metodi e dai princìpi scientifici. Ai loro tempi, gli ulema come al-Râzî, Ibn al-Haytham, Ibn al-Nafîs e altri erano i luminari delle scienze, pionieri a est e a ovest per moltissimi secoli. È tempo che l’Umma arabo-islamica torni a essere competitiva e faccia il proprio ingresso nell’età della conoscenza”. Vedete, quindi, che molti teologi di al-Azhar sono aperti, al contrario del gran imam di al-Zaytuna.

La Tunisia, comunque, presenta un alto grado di modernità, che le deriva dal secolo della rinascita e da quello dell’indipendenza. Cosa bisogna fare, adesso? Dobbiamo proteggere l’istruzione dagli integralisti e sfidare chi contrappone la certezza della rivelazione all’incertezza della ragione. Dobbiamo farlo perché oggi siamo costretti a difendere i nostri figli dagli islamisti che aspirano a condizionarli.

Possiamo vedere chiaramente in che modo gli integralisti attaccano le istituzioni scolastiche. Sono celebri i numerosi contenziosi relativi al famoso "caso Scopes" (il cosiddetto “processo delle scimmie”) negli Stati Uniti.

Prima ho citato la risoluzione del Consiglio d’Europa del 2007, in cui si legge, in particolare, che il rifiuto della scienza nel suo complesso rappresenta una delle più gravi minacce ai diritti umani e civili. La scuola, dunque, va salvaguardata. La storia recente di alcuni Paesi musulmani, inclusi i più moderni come la Tunisia e la Turchia, dimostra che l’idea obsoleta di favorire gli islamisti o i movimenti più conservatori per contrastare la sinistra estrema ha prodotto distorsioni e, purtroppo, fenomeni di indottrinamento con un chiaro impatto negativo sui nostri giovani. Le rivoluzioni arabe del 2011 hanno portato a una maggiore libertà di parola. Non si è trattato di rivoluzioni condotte da islamisti, ma da giovani che hanno utilizzato ingegnosamente la rete per aggirare la censura. Quindi continuo a essere felice del fatto che il mio Paese e altri siano stati liberati dai rispettivi regimi dittatoriali. Ad ogni modo, la strada che abbiamo davanti è accidentata perché sono emersi movimenti religiosi estremisti che godono di un enorme sostegno economico, grazie al quale si sono potuti radicare entro questo contesto. Credo che ci sia una speranza, e che l’unica via d’uscita risieda nel riconoscimento dei diritti individuali, della libertà di pensiero, di coscienza e di fede. Per contrastare la poderosa spinta contro la libertà, dobbiamo essere padroni della scienza e utilizzarla per il meglio. Gli interventi di ieri e di oggi hanno illustrato in che termini dobbiamo essere padroni della scienza – considerandone anche l’impatto significativo sulla salute, sull’ambiente e su altre sfere – e della tecnologia. C’è molto da fare al fine di proteggere la scuola e l’università dalle azioni degli estremisti.

Per rimanere sul versante positivo, vi porterò ad esempio alcune importanti iniziative di insegnanti nel mio Paese. In Tunisia si è svolto un lavoro molto interessante rispetto all’insegnamento dell’evoluzione della vita. Saida Aroua, collega che lavora presso la Facoltà di Scienze dell’Università El Manar, ha condotto un’indagine tra i diplomandi cui viene insegnata la teoria dell’evoluzione (nei programmi delle superiori e delle università tunisine, infatti, è previsto l’insegnamento della teoria evoluzionista). L’indagine si concentrava su due criticità: la prima, più generale, consiste nella mescolanza degli argomenti di riferimento, vale a dire quello scientifico e quello teologico; la seconda, strettamente collegata alla prima, è un’idea confusa circa l’eterogeneità degli organismi viventi, che è spiegata come il risultato dell’opera divina e del processo evolutivo. Aroua ha svolto un’attività didattica insieme agli studenti. Ha utilizzato testi contemporanei e storici sull’eterogeneità degli esseri viventi e sulle idee evolutive dell’era arabo-islamica medievale, accanto a testi di Buffon, Lamarque, Darwin e articoli sul meccanismo dell’evoluzione. L’obiettivo era quello di aiutare gli studenti a comprendere i processi di costruzione del sapere metodologico in biologia. L’approccio proposto ha permesso agli studenti di iniziare a operare una distinzione tra la tesi scientifica e quella teologica e di mettere in discussione la propria idea circa l’eterogeneità degli organismi viventi. Vi cito uno dei commenti conclusivi di un diplomando: “Se si crede alle tesi religiose, tutto è stato creato nella forma in cui esiste attualmente. Non c’è nulla che possiamo aggiungere. È così che le cose sono state create, è così che le vediamo, e dobbiamo accettarlo. Se invece seguiamo un approccio scientifico, scopriamo perché gli esseri umani sono come sono. Come si sono evoluti? Che cosa dimostra che si sono evoluti? In altre parole, noi studenti ci comportiamo come scienziati che analizzano e cercano soluzioni”. Dovremmo rinnovare, promuovere e diffondere la consapevolezza di questa esperienza per dare speranza a tutti gli insegnanti, per dire loro che vale la pena di mostrare agli studenti la ricchezza della scienza e la forza del metodo scientifico.

Vorrei concludere citando un’altra esperienza positiva: un’iniziativa della comunità scientifica internazionale che ha visto il coinvolgimento di accademie scientifiche di 68 Paesi fra Europa, Stati Uniti, America latina, Asia e Africa. C’erano anche accademie di Paesi musulmani, tra cui la Repubblica islamica dell’Iran, il Pakistan, il Regno di Marocco, la Palestina e la Turchia. Nel 2006 queste 68 accademie hanno sottoscritto una dichiarazione sull’insegnamento dell’evoluzione. In questa dichiarazione si legge che, sebbene non sia stata ancora fatta luce su molti dettagli, non esistono prove scientifiche che contraddicano i risultati dell’evoluzione biologica. Inoltre si leggeva che il sapere scientifico trae origine dalle domande che ci si pone sulla natura dell’universo, i cui risultati e i cui effetti sono innegabili. Tutto questo è indice dell’esistenza di una comunità scientifica caratterizzata da valori umani condivisi, che si batte per l’autonomia della scienza e ne incoraggia la promozione attraverso le controversie. Speriamo che questa comunità si faccia sentire sempre di più e neutralizzi chi vuole distorcere la scienza e porre un freno alla libertà di ricerca scientifica.

(In risposta a una domanda dal pubblico:)

Prima di parlare della Costituzione, vorrei spendere qualche parola sulla questione femminile, visto anche che in questo incontro abbiamo parlato di interruzione volontaria della gravidanza. Sotto questo profilo, la Tunisia è stata un Paese molto avanzato: l’IVG è consentita dal 1973. Le maggiori possibilità di pianificazione familiare hanno permesso alla Tunisia di godere dello sviluppo economico che ha conosciuto. Attualmente, con il governo islamico, le donne sono scoraggiate dall’interrompere una gravidanza anche se hanno già altri figli. Il secondo punto importante è la mancanza della pillola contraccettiva. Capite quindi che, benché le leggi non siano state modificate, di fatto si registrano piccoli cambiamenti che potrebbero acquisire una rilevanza maggiore.

Quanto alla Costituzione, non è stata completata. È in corso una grande battaglia per far valere la nostra prospettiva e tenere vivo l’approccio modernista. Purtroppo l’articolo sulla libertà di ricerca scientifica che è stato proposto è davvero insufficiente: cita in modo vago la necessità di riconoscere la libertà accademica, senza ulteriori e opportuni chiarimenti. Le norme attualmente vigenti nel nostro Paese in materia di ricerca scientifica non garantiscono libertà. Non c’è un’istanza che rappresenti i ricercatori in modo democratico e, viste le leggi che regolano la ricerca scientifica, tutto è possibile. A chiunque potrebbe essere impedito di fare ricerche sugli studi islamici o su altre questioni sensibili.

sabato 21 novembre 2015

le ideologie totalitarie dello scorso secolo

...Risultati immagini per arbeit mach frei....Risultati immagini per arbeit mach frei..........I fascismi non negano la modernità, promuovono anzi lo Stato sociale, ma impongono alle masse uno Stato autoritario-totalitario che impone un rigido controllo corporativo da parte di élitesdominanti vecchie e nuove (capitalismo agrario e industriale). Le masse vengono coartate alla nazionalizzazione, sottomesse allo Stato totalitario che impone il dirigismo centralista in economia, elimina ogni dissenso ideologico-culturale-politico, afferma il partito unico e il mito/culto del capo (duce, fuehrer, capo del partito). Ora, lo stalinismo ha una genesi ed una configurazione diversa. Esso nasce da una rivoluzione che abbatte il regime zarista e la vecchia classe proletaria ma incontra una società diffusamente arretrata, operai e contadini senza formazione democratica e civile. Il totalitarismo di Stalin non mira a salvaguardare un ceto dominante (l’aristocrazia) ma si impone, dopo la rivoluzione, ad una debole società civile, priva di consolidato senso della democrazia e di partiti operai pluralisti. La società russa è prevalentemente rurale, le masse contadine sono da poco uscite dalla servitù della gleba, il proletariato di fabbrica ha conosciuto i soviet, ma non ha una evoluta coscienza civile come quello occidentale. Il comunismo di guerra e la nuova politica economica di Lenin, prima, e l’autocrazia dispotica di Stalin, poi, non trovano resistenze in una società civile troppo debole. Certamente questo spiega l' avvento dello stalinismo come totalitarismo economico e sociale ma non ne giustifica la natura. I Piani quinquennali staliniani fanno dell’URSS un Paese industrializzato: industrializzazione forzata, onnipotente burocrazia di Partito, Partito totalitario invasivo e pervasivo. A quale prezzo? Il nazismo hitleriano voleva fare della Germania un Reich millenario che avrebbe asservito l’Europa e il mondo: spazio vitale per il popolo tedesco, schiavitù per gli altri popoli, Partito totalitario. A quale prezzo? Che differenze vi sono tra lager e gulag? Che differenze vi sono tra Hitler e Stalin? In nome di quale classe agiva Stalin? Che cosa giustifica la barbarie? La classe proletaria o il popolo tedesco? Il bolscevismo contro l’accerchiamento capitalistico o la razza superiore contro il complotto giudaico-capitalista? La nomenklatura sovietica o il partito nazional-socialista? È giusto essere destinati a morire per consunzione progressiva nel lavoro forzato, per la modernizzazione stalinista o per l’onnipotenza hitlerianaInsomma, che cosa rende sostanzialmente differenti i due totalitarismi? La sostanza del totalitarismo è perversione - abbrutimento - degenerazione - abominio - mortificazione dell’umanità, riduzione dell’individuo a cosa, della massa a strumento tecnico. Le giustificazioni del totalitarismo non reggono. I dittatori nobilitano la propria immagine e coltivano il culto della propria personalità, cui immolano le masse, e giustificano con i loro "miti" (la razza, la classe) ogni aberrazione. È vero che la razza non esiste, al contrario della classe, ma l’abominio sta negli atti e non nelle loro giustificazioni. Le stesse considerazioni valgono per la seconda metà del Novecento. Socialismo reale dell’Europa dell’Est o dittature anticomuniste latino-americane? La violazione dei più elementari diritti umani non ha giustificazioni ideologiche né alcuna legittimazione. Che cos'è dunque il totalitarismo? Totalitari sono, storicamente, quei regimi autoritari e oppressivi, liberticidi e sanguinari, inumani e barbari, ma lucidamente razionali, calcolatori e pianificatori, che si sono affermati nella prima metà del Novecento in Europa, secondo l’accezione data al termine da Hannah Arendt (Origini del totalitarismo, 1951). Esito non anomalo o collaterale ma strutturale delle società a sviluppo capitalistico-industriale, il totalitarismo, secondo Arendt, è il frutto della società di massa, dell’atomizzazione dell’individuo. La società democratico-liberale è potenzialmente totalitaria. La massa, erede del popolo nazionale e della classe proletaria, è esposta al totalitarismo. La società di massa è priva di relazioni autentiche tra individui. Massificazione, omologazione, uniformità, livellamento, spersonalizzazione, espongono al dominio dell’ideologia o del capo carismatico. Il partito unico o il leader (meglio: l’uno e l’altro) sono la guida della massa (informe) cui danno senso conferendole obiettivi e fini che giustificano ogni mezzo: la massa non ha diritti, idee, volontà; essa trova unità in un unico nemico, l’ebreo o il capitalista, e può e deve essere manovrata con la propaganda, infiammata, schiacciata, diretta, piegata, da una parte, con la polizia segreta, la tortura, la riduzione dell’individuo a unità produttiva da sfruttare sino a consunzione ed eliminazione, per poi sostituirlo con altra unità produttiva; dall’altra con l’identificazione nel capo e il suo mito-adorazione.  Karl R. Popper (La società aperta e i suoi nemici, 1945) oppone alla società aperta, disposta a correggersi sulla base dell’esperienza, una società chiusa, rigida, utopistica, che vuole imporre un modello perfetto a tutti i costi, a cominciare dallo Stato ideale assoluto della Repubblica di Platone, passando per Rousseau (cittadinanza e comunità totalizzanti), Hegel (Stato etico), Marx (dittatura del proletariato)......................

venerdì 20 novembre 2015

PSYCHIATRY & MENTAL HEALTH :The Use of the Internet for Prevention of Binge Drinking Among the College Population: A Systematic Review of Evidence

http://www.medscape.com/viewarticle/850323?nlid=91665_425&src=wnl_edit_medp_psyc&uac=217271AZ&spon=12&impID=891943&faf=1


Risultati immagini per binge drinkingRisultati immagini per binge drinkingRisultati immagini per binge drinkingRisultati immagini per binge drinking

abstract
Obiettivi: Ci sono molte conseguenze del binge drinking considerato un comportamento di consumo leggero o moderato. Il Tasso di Prevalenza e l'Intensità del binge drinking e piu alta di tra la popolazione in eta 'da collegio. Dati la popolarita e l'alto uso di Internet tra  studenti universitari, sono stati studiati nuovi e diversi  approcci di intervento sul binge basati su Internet.
Scopo dello studio:  condurre una revisione di questi interventisulla  popolazione universitaria. 
Metodi: Sono descritti i criteri di ammissibilità , presi in considerazione articoli peer-reviewed  valutanti l'usondi Internet per la prevenzione del binge drinking studenti universitari pubblicati dal 2000ed il 2014 ......... dopo un esame ed una valutazione attenta, un totale di 14 articoli sono stati inclusi per la revisione finale. 
Variabili: disegno dello studio, dimensioni del campione, mezzi di comunicazione,  basi del quadro teorico,  descrizione e durata dell'intervento . Inoltre e' stata effettuata una valutazione metodologica su variabili : misurazioni di esito,  giustificazione della dimensione del campione,  numero di misurazioni , uso di valutazioni di processo.

RISULTATI:la totalita' degli studi ha riportato una significativa riduzione della frequenza del consumodi alcool ed i problemi connessi col passare a  bere pesantemente alcool.  Gli interventi basati su Internet sembrano essere più efficaci degli interventi tradizionali di comunicazioone allargata" , anche se gli interventi "faccia a faccia" restano , per incisivita', i piu' efficaci.  

Mindfulness Therapy vs Maintenance Meds for Depression Relapse


PSICHIATRIA & SALUTE MENTALE


Questo è il minuto Medscape Psychiatry. Sono il dottor Peter Yellowlees. (traduzione google)
Gli individui con una storia di depressione ricorrente hanno un alto rischio di recidiva. Sappiamo che la manutenzione antidepressivo farmaci (m-ADM) riduce le ricadute, ma potrebbe Mindfulness-Based terapia cognitiva (MBCT) essere il più efficace, e forse anche più economico?
Ora un team di ricercatori [1]  presso l'Università di Oxford, in Inghilterra, hanno eseguito un singolo cieco, parallelo, randomizzato e controllato per esaminare la questione in 424 pazienti trattati con cure primarie ogni modalità oltre 2 anni.
Gli autori hanno scoperto che nonostante l'intensa follow-up in entrambi i gruppi sperimentali per prevenire recidive oltre 2 anni, né era superiore, e che in entrambi i gruppi quasi il 50% dei pazienti ancora avuto ricadute. Inoltre il MBCT non ha dimostrato di essere più economica.
Questo studio ambizioso e complicato, purtroppo, indica quanto abbiamo ancora da imparare per trattare efficacemente questo gruppo di pazienti.
Sono il dottor Peter Yellowlees.

La Concezione Islamica della Conoscenza

orso castano: articolo interessante , anche se sintetico sulle basi delm pensiero scientifico islamico e su come  si e' andato sviluppando.  La diversita' dal pensiero scientifico occidentale appare marcata, pur rilevando l'autore che nell'islam esistono spazi per il dubbio e la conoscenza per congetture e sperimentazioni. Ma su tutto prevale la conoscenza "mistica" , religiosa, intesa come conoscenza ultima, solida base su cui nfondare tutte le altre conoscenze che devono restare legate a questo fine: la conoscenza ultima , religiosa. 
Il dubbio come metodo scientifico, la "falsificazione" come prassi continua e senza fine propria di un progresso scientifico autocritico e distinto dalla religione , la "Ragione" come cosa "altra" e nettamente distinta dalla fede e dalla religione, la "gnosi" affidata alla logica , all'osservazione ed alla sperimentazione, esistono ma trovano un limite ed un fine nella esperienza mistica che sovrasta tutte le scienze come ultima e vera conoscenza.
Ma come spiegare allora il progresso scientifico continuo  basato sulla "falsificazione" e sul "dubbio" considerato come motore della scienza stessa?
Dunque l'abbi dubbi  viene sostituito con abbi fede e , se hai dubbi, anche nella scienza , se sei orientato nelle tue ricerche all'aquisizione di una maggiore fede e solidita' nei valori religiosi, tutto si risolvera' con buona pace di Galileo e Giordano Bruno che per amore della liberta' fini' sul rogo dopo il taglio della lingua.......................Questo ovviamente senza disconoscere le notevoli basi che studiosi e scienziati islamici hanno portato in vari campi delle scienze empiriche.Risultati immagini per la scienza nel mondo islamicoRisultati immagini per la scienza nel mondo islamico
La Concezione Islamica della Conoscenza
Dr. Sayyid Wahid Akhtar
Al-Tawhid, vol. XII No. 3 (stralci dell'articolo)
(linka per l'articolo intero)Mentre il fatto che possa esistere un'epistemologia islamica esplicita e sistematicamente elaborata rimane ancora una questione irrisolta, è invece innegabile che nella filosofia musulmana vari argomenti epistemologici sono stati trattati con un orientamento differente dal pensiero occidentale, ed attualmente vengono fatti molti tentativi per capire i temi di base dell'epistemologia secondo questa concezione.................... "'‘Ilm" cioe' "Conoscenza" nel mondo occidentale significa informazione su un certo argomento, divino o terreno, mentre "'‘Ilm" è un termine che abbraccia tutti questi aspetti riferendosi alla teoria, alla pratica e all'istruzione. Rimarcando l'importanza di questa parola nella civiltà musulmana e nell'Islam, Rosenthal afferma che essa dà loro un aspetto distintivo............Non c'è nessun aspetto della vita intellettuale, religiosa e politica islamica, e della vita quotidiana di un musulmano medio, che venga trascurato dall'atteggiamento sempre rivolto verso la conoscenza vista come un valore supremo per il musulmano. ‘Ilm è l'Islam, anche se i teologi sono stati esitanti nell'accettare la correttezza tecnica di questa uguaglianza. Ció che risalta maggiormente da questa accesa discussione riguardo a questo concetto è la sua fondamentale importanza per l'Islam............Questa conoscenza non fu impartita neanche agli Angeli. In "Usul al-kafi" l'Imam Musa narra che tradizionalmente la conoscenza ("‘Ilm") puó essere di tre tipi: "ayatun muhkama" (inconfutabili segni di Dio), "faridatun 'adila" (obblighi giusti) e "sunnat al-qa'ima" (tradizioni tramandate dal Profeta).

Questo comporta il fatto che il termine ‘Ilm, a cui tutti i musulmani sono obbligati a fare riferimento, abbraccia vari settori della scienza: teologia, filosofia, diritto, etica, politica, e le leggi impartite dal Profeta alla "umma".
Al-Ghazali ha ingiustamente differenziato i vari tipi di conoscenza, ritenendone alcuni utili e altri inutili. L'Islam perٍ non considera nessun tipo di conoscenza trascurabile per l'umanità. Comunque, quella che nel Corano è stata definita conoscenza inutile o insignificante, consiste di pseudoscienze o di leggende contenute prevalentemente nella "jahiliyya".
La conoscenza è di tre tipi:
• informazione (intesa come contrario di ignoranza),
• leggi naturali,
• conoscenza acquisita attraverso congetture.
I primi due tipi di conoscenza sono considerati utili, e la loro acquisizione è obbligatoria. Per quanto riguarda il terzo tipo, che si riferisce a ció che si apprende indovinando o tramite congetture, o a ció che è dubbioso, si dovrebbe prendere in considerazione più avanti, dal momento che il dubbio e la congettura a volte sono mezzi essenziali per la conoscenza, ma non un fine di quest'ultima.Oltre a svariati versetti coranici che enfatizzano l'importanza della conoscenza, vi sono centinaia di detti del Profeta (S) che incoraggiano i musulmani ad acquisire ogni tipo di conoscenza da qualsiasi parte del mondo. La civiltà islamica, durante un periodo di stagnazione e declino, confinٍ il proprio sapere nella teologia come unica scienza obbligatoria, un atteggiamento generalmente e ingiustamente attribuito alla distruzione della filosofia e delle altre scienze nel mondo islamico effettuata da al-Ghazali.............Nel mondo islamico, la gnosi (ma'rifa) è differente dalla conoscenza nel senso di acquisire informazioni attraverso processi logici. Nelle civiltà non islamiche dominate dalla cultura greca, "hikma" (la filosofia) è considerata superiore alla conoscenza. Secondo l'Islam peró "'‘Ilm" non è pura conoscenza, bensí sinonimo di gnosi (ma'rifa). Si considera la conoscenza derivata da due fonti: l’ "‘Aql" (il ragionamento) e l’"'‘Ilm huduri" (intesa come conoscenza non mediata e diretta, che avviene attraverso esperienze mistiche)................L'esercizio dell'intelletto (‘Aql) è significativo per tutta la letteratura islamica, che ebbe un ruolo importante nello sviluppo di tutti i tipi di conoscenza, scientifica o di altra natura, nel mondo musulmano. Nel ventesimo secolo, il filosofo musulmano indiano Iqbal nella sua opera intitolata "Ricostruzione del pensiero religioso nell'Islam", ha sottolineato che "ijtihad" è un principio dinamico nella struttura dell'Islam. Egli afferma che, ancora prima di Francesco Bacone, i principi di induzione scientifica erano chiaramente espressi nel Corano, che sottolinea l'importanza dell'osservazione e della sperimentazione allo scopo di giungere a conclusioni certe........L'opera "Tahatut al-falasifa" di al-Ghazali è probabilmente il primo trattato filosofico in cui fu utilizzato il metodo dell'analisi linguistica per dare spiegazioni su vari temi filosofici. Personalmente credo che questo autore sia stato messo in cattiva luce e frainteso dai musulmani, sia conservatori sia liberali, che hanno voluto interpretare la sua filosofia. Il suo metodo basato sul dubbio diede origine ad un'efficace attività intellettuale nel mondo islamico, ma a causa di fattori storici e sociali, culminó nella stagnazione del pensiero filosofico e scientifico, che più tardi suscitó all'autore molte critiche da parte di altri filosofi.

Nella filosofia preislamica, sviluppatasi sotto l'influenza del pensiero greco, si fece una distinzione fra filosofia (al-Hikma) e conoscenza. Nell'Islam invece non esiste questa differenza. Coloro che credettero in questa diversità, influenzarono i musulmani verso un pensiero non islamicamente corretto. Pensatori quali al-Kindi, al-Farabi e Ibn Sina sono considerati "hakim" (filosofi), e quindi superiori agli "Ulama’" e ai "Fuqaha". Questo concetto errato si ritrova nell'attacco di al-Ghazali agli altri filosofi. L'Islam è una religione che invita i suoi seguaci ad esercitare il loro intelletto e ad avvalersi della propria conoscenza per ricercare la verità assoluta ("al-Haqq")...............Nella tradizione filosofica occidentale c'è differenza fra la conoscenza dell'Essere Divino e quella che appartiene al mondo fisico. Nell'Islam invece non c'è questa differenza. "Ma'rifa" è la vera conoscenza, e deriva dalla conoscenza della propria persona ("Man 'arafa nafsahu fa qad 'arafa rabbahu", "Chi conosce se stesso conosce anche il suo Signore"). Questo processo comprende anche la conoscenza della grandezza del mondo. Comunque, l'insegnamento e la conoscenza, che sono considerati in modo diverso l'uno dall'altro nelle culture non musulmane, hanno lo stesso significato nel pensiero islamico........nell'Islam c'è spazio per il dubbio e lo scetticismo prima di raggiungere la certezza nella fede ("Iman"). I sufi ritengono che la fede sia suddivisa in tre stadi: "'‘Ilm al-yaqin" (conoscenza certa), "'ayn al-yaqin" (conoscenza attraverso la vista) e "haqq al-yaqin" (conoscenza data dall'unità del soggetto con l'oggetto). L'ultimo stadio è raggiungibile solo da pochi eletti...........Fra i filosofi musulmani, in particolare alcuni "mu'taziliti", come Nazzam, al-Jahiz, Aba Hashim al-Jubbay ed altri, presero la strada dello scetticismo. Al-Ghazali fu il più importante fra i filosofi musulmani che, nella sua biografia spirituale "al-munqidh min ad-dalal", elaboró il percorso dello scetticismo che intraprese per ricercare la pura verità. Vi furono molti pensatori musulmani, ad esempio Abu Hashim al-Jubbay, al-Baqillanis al-Nazzam e altri, che scelsero lo scetticismo allo scopo di raggiungere una certa fede religiosa. Lo scetticismo è una filosofia che ha tre diversi significati:
• negazione di qualsiasi tipo di conoscenza,
• agnosticismo,
• un metodo per trovare la certezza.
La maggior parte dei filosofi musulmani raggiunsero l'obiettivo della certezza. Lo scetticismo, inteso come l'impossibilità della conoscenza, non è compatibile con gli insegnamenti islamici; esso é accettabile solo se guida dall'incertezza verso la certezza. Il metodo scettico è composto di due aspetti, il rifiuto di tutta la conoscenza assoluta e l'approvazione di un percorso per superare l'incertezza.............
I filosofi musulmani hanno intrapreso la seconda strada, perché dava molta importanza al rifiuto della fede in modo cieco. Shaykh al-Mufid, un celebre Faqih sciita, affermava che vi era un confine molto sottile fra fede e miscredenza qualora il credente imitasse alcuni teologi. Secondo la sua opinione, colui che imita va verso la miscredenza ("kufr").
Nell'Islam, '‘Ilm non è confinato solo all'acquisizione della conoscenza, ma comprende anche aspetti sociopolitici e morali. La conoscenza non è pura informazione; richiede ai credenti di agire sulla propria fede e di dedicarsi al raggiungimento degli obiettivi a cui è finalizzato l'Islam. In breve, vorrei affermare che la teoria della conoscenza nel pensiero islamico non riguarda esclusivamente l'epistemologia. Essa unisce conoscenza, ispezione interiore e azione a livello sociale come concetti fondamentali.........Lo sviluppo simultaneo di vari settori della conoscenza riguardanti i fenomeni naturali e sociali, cosí come il processo logico di discussione per spiegare la dottrina islamica e per dedurre le leggi ("ahkam") con riferimento agli ordini prescritti nel Corano e ai detti del profeta, avvengono grazie al concetto islamico di '‘Ilm............Come già detto, non solo il Corano e gli Ahadith incoraggiavano i musulmani, o piuttosto li obbligavano, a ricercare la verità utilizzando liberamente qualsiasi risorsa, ma contenevano anche alcuni principi guida che potevano dare una base sicura per lo sviluppo di scienze religiose e di altra natura. Alcuni detti del Profeta (S) danno primaria importanza anche all'apprendimento tramite riti. Diversi detti affermano che ha più valore il sonno di uno studente rispetto ad un viaggio di pellegrinaggio ("hajj") di un credente ignorante o la sua partecipazione alla guerra santa, e che le gocce di inchiostro cadute ad uno scolaro sono più sacre del sangue versato da un martire. Amir al-Mu'minin 'Ali (as) diceva che la ricompensa ai credenti per le buone azioni compiute verrà stabilita nell'altro mondo in base allo sviluppo del loro intelletto e della loro conoscenza.
L'Islam non ha mai ritenuto che solo la teologia fosse utile e che le altre scienze fossero non significative o trascurabili. Questo concetto è stato inventato da esponenti del clero semi letterati o da alcuni loro ausiliari che intendevano mantenere la gente comune musulmana nel buio dell'ignoranza e nella fede cieca in modo che non potessero opporsi a governatori ingiusti o resistere al clero legato alle corti aristocratiche.
Questo atteggiamento portó non solo alla condanna delle scienze empiriche, ma anche della metafisica e di "'‘Ilm al-kalam", che fu la causa del declino della civiltà islamica nella politica e nell'economia. Anche ai nostri giorni, una larga fetta della società musulmana, comprendente sia la gente comune che i teologi, soffre per questo problema. Questo fenomeno inefficace e contrario alla conoscenza favorí la nascita di movimenti che consideravano alcuni elementari libri di teologia sufficienti per un musulmano, e sconsigliavano l'apprendimento e la diffusione della conoscenza terrena in quanto portava all'indebolimento della fede...............Abu 'Ala' al-Ma'arri pensava che non ci fosse nessun Imam tranne la ragione. Quindi è ovvio che sia gli Sciiti che i Sunniti, tralasciando le differenze riguardo a vari temi, sono concordanti sul ruolo della ragione e sulla necessità di "ijtihad".
.........Purtroppo alcuni movimenti a base islamica sorti nel mondo Sunnita, ad esempio in Egitto, Arabia Saudita, Marocco, Algeria, Sudan ecc., si oppongono alla ragione e approvano l'emulazione modificando negativamente il ruolo di "ijtihad" e disprezzando anche i maggiori teologi salafiti. Non si rendono conto che questo atteggiamento è contraddittorio e sviante per la loro stessa causa. è un buon segno che, eccetto il rifiuto della ragione in tempi recenti in alcuni luoghi abitati da Sunniti, sono stati effettuati, e sono ancora in corso, molti tentativi per incoraggiare nuovamente la pratica di "ijtihad" e per mettere insieme la conoscenza sociale, scientifica e storica con gli insegnamenti della teologia, "fiqh", "Usul al-fiqh", Ahadith, "'‘Ilm al-rijal", "Kalam" e "Tafsir", la cui acquisizione è essenziale per "Ijtihad" nelle questioni concernenti la fede e la sua pratica............Dopo il declino della ricerca scientifica e filosofica nel mondo islamico orientale, la filosofia e le scienze rifiorirono fra i musulmani occidentali grazie agli sforzi dei pensatori di origine araba come Ibn Rushd, Ibn Tufayl, Ibn Bajah e Ibn Khaldun, il padre della sociologia e filosofia della storia. La filosofia della storia e della società di Ibn Khaldun è la più eccellente fra le prime opere di pensatori musulmani riguardanti l'etica e la politica, ad esempio gli scriti di Miskawayh, al-Dawwani, e Nasir al-Din al-Tusi. Il merito di aver posto attenzione seriamente alla filosofia socio-politica va ad al-Farabi, che scrisse trattati riguardo a questi argomenti fra i quali "madinat al-fadhila", "Ara' ahl al-madinat al-fadhila", "Al-milla al-fadhila", "Fusul al-madang", "Sira fadila", "K. Al-siyasa al-madaniyya", ecc................ gli astronomi, i matematici, gli scienziati e i fisici musulmani come Ibn Sina, Zakariyya al-Razi e altri che utilizzarono strumenti per contribuire allo sviluppo della conoscenza e della civiltà umana, sarebbe ingiusto non menzionare il contributo significativo di Ikhwan al-Safa, un gruppo di studenti e pensatori sciiti e ismailiti che scrissero trattati originali su svariati argomenti filosofici e scientifici, uno sforzo che denota il primo tentativo di creare un'enciclopedia nel mondo civilizzato.
In breve, si potrebbe giustamente affermare che la teoria islamica della conoscenza fu responsabile della nascita di una cultura della libera ricerca e del pensiero scientifico razionale che comprendeva sia la teoria sia la pratica.

domenica 15 novembre 2015

Il punto di vista di Limes

orso castano : su un punto Limes mi sembra vada preso in seria considerazione : c'e' una guerra interna all'Islam , spietata, dove l'essere umano non conta , quel rispetto verso l'essere umano che i valori venuti fuori dalla Rivoluzione Francese ci hanno , attraverso una rivoluzione certo non pacifica, insegnato non hanno significato per i tagliagole che vorrebbero dominare il pianeta dell'Islam . Ma occorre stare enormemente attenti a non essere strumentalizzati dai tagliagole per loro fini di potere. Certo , le centinaia di migliaia di morti in medio oriente, che ci ricordano il "se questo e' un uomo" di Primo Levi (1947) e la ferocia nazista e staliniana che poneva il dominio ed il potere al primo posto , inducendoci a riflettere profondamente sulla natura umana , sulla sua aggressivita', sui suoi sentimernti negativi, sui mostri interni che se non dominati dalla cultura e dalla buona politica (nel senso di governo e cultura della Polis) , dei fallimenti  degli sforzi dell'integrazione e sulla potenza dell'influenza che le ideologie esercitano sull'essere umano , tutti questi fattori vanno controllati, ridotti, e, possibilmente neutralizzati. Ma occorre farlo con intelligenza e tenendo ben presente quello che la nostra storia europea  ci ha insegnato : Historia magistra vitae !! 





LimesCarta di Laura Canali sull'estensione attuale dello Stato Islamico

di ..................Siamo in guerra? La guerra certo esiste, ma principalmente non è la nostra. È quella che i musulmanistanno facendosi tra loro, da molto tempo. Siamo davanti a una sfida sanguinosa che risale agli anni Ottanta tra concezioni radicalmente diverse dell’islam. Una sfida intrecciata agli interessi egemonici incarnati da varie potenze musulmane (Arabia Saudita, Turchia, Egitto, Iran, paesi del Golfo ecc.), nel quadro geopolitico della globalizzazione che ha rimesso la storia in movimento.Si tratta di una guerra intra-islamica senza quartiere, che si svolge su terreni diversi e in cui sorgono ogni giorno nuovi e sempre più terribili mostri: dal Gia algerino degli anni Novanta alla Jihad islamica egiziana, fino ad al-Qaida e Daesh (Stato Islamico, Is). Igor Man li chiamava “la peste del nostro secolo”.In questa guerra, noi europei e occidentali non siamo i protagonisti primari; è il nostro narcisismo che ci porta a pensarci sempre al centro di tutto. Sono altri i veri protagonisti.
L’obiettivo degli attentati di Parigi è quello di terrorizzarci per spingerci fuori dal Medio Oriente, che rappresenta la vera posta in gioco. Si tratta di una sorta di “guerra dei Trent’anni islamica”, in cui siamo coinvolti a causa della nostra (antica) presenza in quelle aree e dei nostri stessi interessi. L’ideologia di Daesh è sempre stata chiara su questo punto: creare uno Stato laddove gli Stati precedenti sono stati creati dagli stranieri quindi sono “impuri”.L’Is sta combattendo un conflitto per il potere legittimandosi con l’arma della “vera religione”. Concorre ad affermarsi presso la Umma musulmana (la “casa dell’islam”, che include le comunità musulmane all’estero) quale unico vero e legittimo rappresentante dell’Islam contemporaneo. Questo nel linguaggio islamico si chiama fitna: una scissione, uno scisma nel mondo islamico. Per capirci: una guerra politica nella religione, che manipola i segni della religione, così come i nazisti usavano segni pagani mescolati a finzioni cristiane. Infatti l’Is, come al-Qaida, uccide soprattutto musulmani e attacca chiunque si intromette in tale conflitto.
Per chi ha la memoria corta: al-Qaida chiedeva la cacciata delle basi Usa dall’Arabia Saudita e puntava a prendersi quello Stato (o alternativamente il Sudan e poi l’Afghanistan in combutta coi talebani). Daesh pretende di più: conquistare “cuori e menti” della Umma; esigere la fine di ogni coinvolgimento occidentale e russo in Siria e Iraq; creare un nuovo Stato laddove esisteva l’antico califfato: la Mesopotamia.................La prima è esterna e riguarda la presenza (politica, economica e militare) in Medio Oriente: se e come starci. La seconda è interna: come difendere le nostre democrazie, basate sulla convivenza tra diversi, allorquando i musulmani qui residenti sono coinvolti in tale brutale contesa? Come preservare la nostra civiltà dai turbamenti violenti della civiltà vicina? Se ci limitiamo a perdere la testa, invocando vendetta senza capire il contesto, infilandoci senza riflessione sempre di più nel pantano mediorientale e utilizzando lo stesso linguaggio bellicoso dei terroristi, non facciamo niente di buono. Potremmo anzi concedere allo Stato Islamico la resa del “nostro” modello di convivenza, per entrare nel “loro” clima di guerra.
Occorre innanzitutto proteggere la nostra convivenza interna e la qualità della nostra democrazia. Serve più intelligence e una maggiore opera di contrasto coordinata tra polizie, soprattutto nell’ambito delle collettività immigrate di origine arabo-islamiche, che rappresentano un’importante posta in gioco del terrorismo islamico. Da notare anche che tali attentati si moltiplicano proprio mentre lo Stato Islamico perde terreno in Siria. Contemporaneamente occorre conservare il nostro clima sociale il più sereno possibile. Mantenere la calma significa non cedere ai richiami dell’odio che bramerebbero vendetta, che per rancore trasformerebbero le nostre città in ghetti contrapposti, seminando cultura del disprezzo e inimicizia. Leimmagini del britannico che spinge la ragazza velata sotto la metro di Londra fanno il gioco di Daesh..........................
In secondo luogo, dobbiamo darci una politica comune sulla guerra di Siria, vero crogiuolo dove si formano i terroristi. Imporre la tregua e il negoziato è una priorità strategica. Solo la fine di quel conflitto potrà aiutarci. Aggiungere guerra a guerra produce solo effetti devastanti, come pensa papa Francesco sulla Siria. Finora abbiamo commesso molti errori: l’Occidente si è diviso, alcuni governi si sono schierati, altri hanno silenziosamente fornito armi, altri ancora hanno avuto atteggiamenti ondivaghi, non si è parlato con una sola voce agli Stati vicini a Siria e Iraq eccetera.
L’Italia ha dichiarato da oltre due anni che Iran (ricordate ciò che disse Emma Bonino prima di Ginevra II?) e Russia (ricordate le accuse a Federica Mogherini di essere filorussa?) andavano coinvolti nella soluzione. Matteo Renzi l’ha più volte ripetuto, facendone una politica. In parlamento se n’è dibattuto. Non siamo stati ascoltati, almeno finora. Tuttavia (finalmente!) le riunioni di Vienna con Russia e Iran possono far ben sperare: oggi tutti ci danno ragione. Meglio tardi che mai: il governo italiano è totalmente impegnato nella riuscita di un reale accordo.............
In terzo luogo, dobbiamo occuparci con urgenza del resto del quadro geopolitico mediterraneo: laLibia, che è per noi prioritaria (e in cui almeno si è frenato il conflitto armato mediante l’embargo delle armi); lo Yemen; la stabilizzazione dell’Iraq; le fragilità di Libano, Egitto e Tunisia…
Anche se tali crisi sono in parte legate, vanno assolutamente tenute distinte. L’Is vorrebbe invece saldarle in un unico enorme conflitto (la sua propaganda è chiara), allo scopo di mostrarsi più potente di quello che è. In tale impegno occorrono alleanze forti con gli Stati islamici cosiddetti moderati: un modo per trattenere anche loro dal cadere (o essere trascinati) nella trappola del jihadismo che li vuole portare sul proprio terreno. Ogni conflitto mediorientale e mediterraneo ha una propria via di composizione e occorre fare lo sforzo di compiere tale lavoro simultaneamente. In altre parole: restare in Medio Oriente comporta un impegno politico a vasto raggio e continuo.
È prioritario entrare dentro la spirale dei foreign fighters per prosciugarne le fonti. Ho recentemente scritto un libro su tale fenomeno.....................Tutto ciò va fatto contemporaneamente. Gridare “siamo in guerra!” senza capire quale sia questa guerra, invocando irresponsabili atti di vendetta e reazioni armate, ci fa cadere nell’imboscata jihadista. Proprio lì lo Stato Islamico vuole portarci, per mettere le mani sull’islam europeo ma soprattutto su quello mediorientale. Vuole dividere il terreno in due schieramenti contrapposti, giocando sul fatto che per riflesso i musulmani saranno fatalmente attirati dalla sua parte............................L’operazione militare europea diretta, boots on the ground, è dunque necessaria? Non sembra, e comunque non ora: sarebbe andare allo sbaraglio. Ciò di cui abbiamo urgente bisogno è che ribelli siriani e milizie di Assad – assieme ai rispettivi alleati – capiscano che il nemico comune esiste, si siedano e parlino. Lo Stato Islamico furbescamente si presenta alla Umma come “diversa”: non alleata con nessuno, patriottica, anti-neocolonialista, no-global, non inquinata da interessi stranieri e puramente islamica, dura ma nazionale (nel senso che patria e nazione hanno per l’islam politico). In questo modo mette a repentaglio la sopravvivenza e gli interessi di tutti: dell’Occidente, della Russia, di Assad, dei ribelli, dei curdi e delle altre minoranze. Gli unici ad averlo apparentemente capito sono i curdi: c’è un solo nemico comune, sorto nel vuoto di potere. Il negoziato parte da questa consapevolezza e per questo deve coinvolgere anche russi e iraniani.