domenica 14 marzo 2010

la prospettiva neuroetica..... (seguito , clicca x art. precedente)

questi farmaci, aumenta il rischio di un loro utilizzo scorretto. Basti considerare il fatto che negli USA, le prescrizioni per stimolanti (in particolar modo di metil-fenidato (Ritalin) - dopaminergico che aumenta le performance cognitive -) nelle scuole medie superiori appare secondario solamente all'uso di cannabis. (15-16). Il metilfenidato costituisce un farmaco la cui indicazione terapeutica è la sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) nei bambini. È un farmaco stimolante del sistema nervoso centrale ha effetto calmante e riduce il comportamento impulsivo dei bambini; i suoi effetti collaterali sono inferiori a quelli delle altre anfe-tamine analoghe. Nonostante l'indubbia efficacia del farmaco spesso il suo uso non appare lecitamente giustificato, soprattutto negli Stati Uniti è stato evidenziato un incremento esponenziale delle prescrizioni di metilfenidato (Ritalin) da parte dei pediatri. Già nel 1999 l'incidenza della ADHD negli USA era stimata al 4% mentre la prescrizione di Ritalin era intorno al 1,5%; suddividendo però la popolazione infantile affetta da ADHD si evidenziava come in alcune zone degli Stati Uniti il metilfenidato venisse somministrato al 10-12% dei bambini compresi tra i 6 ed i 12 anni (17). Da diversi studi si evince come il 12,5% dei bambini ai quali è stata fatta diagnosi di ADHD, secondo i criteri del DSM-III, sono in terapia con metilfenidato (18). Sulla sovraprescrizione di questo farmaco si è espresso nel 2005 l'ONU che ha fatto appello a diverse nazioni affinchè la diagnosi di ADHD non sia sovrastimata e l'uso di metilfenidato non raggiunga livelli allarmanti. A conferma di quanto detto esiste uno studio di Brighi G.M., et al. (2008) (19) che prende in considerazione 545 soggetti trattati per ADHD evidenziando le percentuali di uso improprio dei f armaci somministrati. Dai risultati riportati si osserva come dei 545 pazienti (di cui 89,2% trattati per ADHD) il 14,3% faccia abuso degli stimolanti somministratigli. Le sostanze di cui più frequentemente si è riscontrato un eccessivo utilizzo sono un insieme di diverse anfetamine (40% Adderai) a seguire anfetamine a lento rilascio (14,2% Adderai XR) e metilfenidato (15% Ritalin), inoltre, la frantumazione delle compresse con successiva aspirazione, appare la più comune via di assunzione, riscontrata ben nel 75% dei casi. Da recenti ricerche si è evidenziato come altri farmaci risultino spesso utilizzati con scopi illecitamente diversi da quelli per i quali vengono comunemente prescritti. È questo il caso del Donepezil, inibitore dell'acetilcolinesterasi ed usato nel trattamento dell' Alzheimer, viene assunto invece dai piloti delle linee aeree commerciali poiché si è osservato migliori le prestazioni nelle simulazioni di volo.Mentre l'uso di un bloccante dei recettori (3-adrenergici (Propanololo) potrebbe secondo recenti studi eliminare i ricordi spiacevoli legati a stress post-traumatici. A tale proposito è Pitman et al. (2002) (21) ad affettuare uno studio a doppio-cieco su soggetti con acuto PTSD somministrando a 18 persone propanololo e a 23 placebo a sei ore dall'evento e prolungando la somministrazione per 10 giorni. Allo scadere di questa data egli afferma che nei soggetti trattati con propanololo le conseguenze negative legate al trauma sono significativamente inferiori rispetto ai soggetti a cui è stato somministrato solo placebo. Successivamente Brunet et al. (2008) hanno effettuato uno studio a doppio-cieco simile al precedente ma su soggetti affetti da disturbo post-traumatico da stress cronico. Anche in questo caso tra tutti i pazienti (di cui 9 trattati con propanololo e 10 con placebo) si è osservato come coloro che ricevevano il farmaco avevano risposte fisiologicamente inferiori ai ricordi traumatici rispetto agli altri. Dati statistici evidenziano come il Provigil (Modafinil farmaco utilizzato nella terapia della narcolessia, poiché riduce la sonnolenza diurna provocata da tale malattia) venga impropriamente utilizzato nel 90% dei casi per migliorare prestazioni sportive (nonostante non sia stato provato un suo effetto certo dopante) e per ridurre la sonnolenza dovuta al jet-lag . Esiste inoltre un acceso dibattito su come tale farmaco venga impropriamente usato da soggetti sani come potenziatore cognitivo, i ricercatori appaiono concordi nell' affermare che il moda-finil potenzi effettivamente alcuni aspetti della memoria, ma vi sono dubbi sulla sua efficacia nella memoria spaziale e nelle funzioni esecutive e nell'attenzione .
Le basi neurobiologiche dell'empatia
Si pensi ad esempio alla questione dei mirror neurons emersa negli anni '80 e '90 con il gruppo di ricercatori dell'Università di Parma coordinato da Giacomo Rizzo-latti, e conscguentemente dell'empatia. I neuroni specchio sono una classe di neuroni specifici che si attivano sia quando si compie un'azione sia quando la si osserva mentre è compiuta da altri (in particolare tra conspecifici). I neuroni dell'osservatore "rispecchiano" quindi il comportamento dell'osservato, come se stesse compiendo l'azione egli stesso. Nell'uomo, oltre ad essere localizzati in aree motorie e premotorie, si trovano anche nell'area di Broca e nella corteccia parietale inferiore.Un esperimento di Tania Singer (University of Zurich) ha suscitato un notevole dibattito ed è stato replicato con modalità e risultati differenti con la TMS invece della fRMI. Esso presenta alcuni motivi di interesse :
• studia regioni diverse da quelle dei neuroni specchio (corteccia insulare anteriore e frontale, corteccia cingolata anteriore)
• i soggetti dell'esperimento sono coppie con un legame affettivo (la donna è sottoposta a fMRI)
• non assegna alcun ruolo all'espressione del volto. I risultati mostrano che la risposta empatica non comporta l'attivazione dell'intera pain matrix, bensì solo delle componenti associate con la dimensione affettiva//dell'esperienza del dolore (sgradevolezza soggettiva e ansia rispetto all'anticipazione del dolore), escludendo quelle che danno informazioni sensorie sull'intensità, sulla localizzazione e sulla qualità dello stimolo doloroso.Lo studio dimostra inoltre una relazione tra l'attività del cervello collegata all'empatia e la differenza individuale nelFempatizzare, valutata mediante questionari sulla base di una scala stabilita.
Risulta inoltre che la risposta empatica si innesca automaticamente anche senza contorno emotivo (espressioni del volto), sostituito dalla presentazione di un indicatore fittizio che segnala lo stato emotivo dell'altra persona. Le aree responsabili dell'empatia del dolore, in conformità con questi dati sperimentali, sarebbero quelle dell'esperienza soggettiva affettiva (anticipazione, ansia).
Tania Singer fa riferimento alla tesi che il dolore sia un'emozione strettamente legata all'omeostasi, ossia rifletta lo stato interno del corpo, la sua condizione fisiologica (temperatura, eccitazione sessuale, fame, ecc.). tale sentirsi corporeo è mappato in alcune aree del cervello (insula posteriore, corteccia sensorimotoria). Nell'empatia del dolore interverrebbero quindi rirappresentazioni corticali dell'introcezione, ossia della rappresentazione dello stato fisiologico interno corporeo. Esse fungono da base neuronaie per la capacità di comprendere l'importanza emotiva di un particolare stimolo per un'altra persona e anticiparne le conseguenze . Sentire/capire che l'altro prova dolore non richiede dunque una riproduzione sulla propria pelle dell'intensità, della localizzazione e della qualità dello stimolo nocivo, bensì la rappresentazione della rilevanza soggettiva dello stimolo così come si riflette nella spiacevolezza avvertita dall'altro.In sostanza, la nostra capacità di empatizzare dipende dal sistema del "sentirsi corporeo" (omeostasi e rappresentazione degli stati interni corporei) e dallo sviluppo del sé come entità affettiva.La costruzione complessa degli esperimenti sul dolore e i diversi modelli di riferimento implicano che minime variazioni possono portare a risultati differenti. Ne consegue che l'evidenza neurobiologica della quale si dice potrebbe fornire la "base" dell'empatia, può essere considerata una componente (non l'unica) di una capacità di base consistente nel rispondersi dei corpi a partire da una comune appartenenza a un sistema di reciprocità e reversibilità tra il sé e il mondo (la mano che tocca ed è toccata, il dolore ed altre sensazioni somati-che) (29).
Conclusioni
Lo studio del cervello rende ormai evidente che nell'attività di ponderazione delle scelte, di previsione del futuro, di discernimento e valutazione delle opportunità di agire, fondamentale è il ruolo delle emozioni rispetto alle funzioni cognitive. Tutta la nostra vita è intessuta di valutazioni emotivamente connotate che non riguardano solo ciò che è utile o dannoso per la sopravvivenza, ma anche valori socialmente considerati buoni o cattivi e suscettibili quindi di violazioni (30-31). D'altra parte, la molteplice gamma di possibilità inscritte nel cervello umano e la sua plasticità rendono impossibile, almeno allo stato attuale delle conoscenze, ricondurre anche solo un unico comportamento morale esclusivamente a funzionamenti organici. I dati forniti dagli esperimenti condotti con tecniche di neuroimaging che vertono su atteggiamenti sociali o di valore (aggressività, altruismo, utilitarismo, amore romantico, ecc.) hanno carattere correlativo, indiretto ed eminentemente descrittivo, non esplicativo del funzionamento cerebrale . Gli esempi citati in questo articolo infatti, mettono in luce una scorretta interpretazione dei dati di neuroimaging possa prestarsi a fraintendimenti; le principali critiche comprendono :
• II segnale BOLO è solo una misura indiretta dell'attività neurale ed è quindi suscettibile di influenza da parte di fenomeni fisiologici non neurali.
• Aree differenti del cervello potrebbero avere diverse risposte emodinamiche, che non sarebbero rappresentate accuratamente dal modello generale lineare, spesso usato per filtrare i segnali temporali della RMF.
• La fRMI è stata spesso usata per individuare dove avvengano le attivazioni neurali nel cervello e ciò ha portato al nascere di critiche che la accusano di essere quasi una nuova forma di frenologia.
• La fRMI è spesso usata per visualizzare l'attivazione localizzata in regioni specifiche, senza rappresentare adeguatamente la natura distribuita del funzionamento delle reti neurali biologiche, (analisi statistica multi-variata vs univariata).
• Nonostante sia una tecnica non invasiva, la fRMI fornisce una risoluzione spaziale abbastanza buona. Tuttavia, la risposta temporale relativa all'afflusso sanguigno, su cui si basa la fRMI, è piuttosto inadeguata a rappresentare i segnali elettrici veicolo delle comunicazioni neuronali. Alcuni gruppi di ricerca stanno quindi lavorando su questo problema, combinando la fRMI con dati forniti da altri tipi di esami, come l'elettroencefalografia (EEG) o magnetoencefalogra-fia (MEG).
• La scelta delle condizioni basali (background brain ac-tivity) e la soglia statistica che determina il rigore del test sono entrambe materia di giudizio individuale e possono avere una influenza diretta sull'esito e l'in-terpretazione dell'esperimento.
• Inoltre, come in tutte le analisi statistiche di regressione, anche se un'area cerebrale modifica il suo pattern di attivazione, l'evidenza di correlazione tra le variabili (l'area del cervello e la risposta emozionale) non implica necessariamente un rapporto causale tra le variabili. Come conseguenza emergono due ulteriori caveats:

• L'"attivazione" di un'area cerebrale rivela poco circa lo stato fisiologico attuale delle cellule cerebrali.
• fMRI non è in grado di distinguere tra funzioni eccitatorie e inibitorie del cervello, poiché entrambe determinano un aumento del flusso ematico. Quando ci si riferisce all'approccio neurobiologico alle questioni morali, è giusto chiarire che le neuroscienze possono essere utilmente interrogate in relazione ad una ambito determinato e sicuramente non esaustivo della complessità dell'esperienza morale, quello delle precondizioni o condizioni di possibilità della capacità morale.Si può dunque affermare che la neurotica è interessata alla morale prima della morale, ossia all'ambito di una sensibilità morale che inizia a manifestarsi nella vita organica, risponde a esigenze specifiche dell'organismo nel rapporto con l'ambiente, ma non assumerebbe il suo significato propriamente umano se non la guardassimo alla luce della ricchezza complessiva della vita morale quale la sperimentiamo o vanamente la inseguiamo giorno per giorno .Il tracciato neurale di un artista non ci spiega cosa sia un'opera d'arte.I neuroni specchio ci permettono di capire meglio l'efficacia di una rappresentazione o l'attrazione che proviamo per una narrazione coinvolgente, ma non tolgono nulla alla magia della letteratura, del teatro, della pittura.
Queste sfaccettature mostrano quanto sia fuorviante accusare di "riduzionismo", o di "scientismo", qualsiasi tentativo di indagine naturalistica sulla mente umana. Chi intravede una minaccia ai fondamenti della morale, e persino della "dignità umana" nelle teorie neuroscientifiche, forse nutre una fiducia eccessiva nella biologia, confondendo il condizionamento biologico con una determinazione inflessibile.
U.C.O. di Cllnica Psichiatrica , Dipartimento di Scienze Cllniche, Morfologiche e Tecnologiche Università degli Studi di Trieste
BIBLIOGRAFIA..............................


orso castano : benche' non "leggero" inviterei il lettore a scorrere ancora alcune riflessioni starlciate dal librosul libero arbitrio  di  S. Agostino che mi sembrano individuano paletti difficilmente sormontabili anche dalle scoperte piu' eclatanti delle neuroscienze, appartenendo il bene ed il male ad altre sfere mentali..: Intelligenza e apprendimento del male.(Clicca x dialogo intero)
1. 3. E. - Io penso addirittura che esistano due apprendimento: uno per cui si apprende ad agir bene e un altro per cui si apprende ad agir male. Ma mentre mi chiedevi se l'apprendimento è un bene, l'amore del bene in sé ha mosso il mio interesse. Ho dunque tenuto presente l'apprendimento relativo all'agir bene e per questo ho risposto che esso è un bene. Ed ora rifletto che ve n'è un altro, ritengo fermamente che è un male e ne chiedo il principio.
A. - Ma, secondo te, almeno l'intelligenza è un bene in senso assoluto?
E. - La ritengo tanto buona da non sembrarmi che nell'uomo vi possa essere qualche cosa di più nobile e non direi proprio che una qualche intelligenza possa esser cattiva.
A. - E quando un individuo viene istruito, se non usa l'intelligenza, secondo te viene istruito?
E. - Assolutamente impossibile.
A. - Dunque se l'intelligenza è in sé buona e non si apprende se non si compie un atto d'intelligenza, nell'apprendere si agisce bene perché nell'apprender si compie un atto d'intelligenza e nel compierlo si agisce bene. Quindi nell'indagare sul principio per cui un qualche cosa si apprende, s'indaga indiscutibilmente sul principio per cui si agisce bene. Smettila dunque. di investigare su non saprei quale cattivo educatore. Se è cattivo, non educa, se educa non è cattivo.

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