giovedì 17 giugno 2010

Non basta l'approccio cognitivo: sviluppare l'aspetto emozionale della creatività verso i contenuti legati all'innovazione

stralci dall'art.  di  RICCARDO VIALE  su noo'va (sole24ore) del  giugno 2010
Da più anni si parla, in Italia, sulla falsariga dell'esperienza americana, di educare i giovani all'innovazione............In alcuni paesi o aree urbane la particolare configurazione locale di valori e norme sociali sembra essere più o meno adatta a spingere il soggetto verso comportamenti favorevoli alla attività inventiva e alla creazione di imprese innovative.
Sembra... determinante, una conoscenza di sfondo "inno genetica" che l'individuo assorbe nei suoi processi di sviluppo e socializzazione. Valori e norme comportamentali come la curiosità intellettuale, la capacità di "problem solving", l'anticonformismo nelle soluzioni, la propensione al rischio, il gusto per la conoscenza e la comprensione della realtà naturale è umana, sembrano iscritti nella cultura locale, trasmessa attraverso l'istruzione e l'interazione sociale. Solo sulla base di questa specificità sembra spiegarsi la differente performance innovativa di aree che hanno analoghi fattori di contesto economico, finanziario e amministrativo, come alcune regioni degli Stati Uniti.
Da qui la necessità intravista da alcuni studiosi e policy maker di orientare gli strumenti educativi verso la promozione di questo tipo di valori e comportamenti, quando il contesto locale ne sia privo.
Il problema nasce, però, a questo punto. Come educare alla cultura dell'innovazione? La tendenza attuale è di orientare i programmi scolastici, liceali e universitari,
. Cultura scientifica, tecnologica, economica e di "business administration" instillata ad adolescenti viene proposta come lo strumentò privilegiato. Questa tendenza sconta però alcuni errori di fondo. Il più grave è quello del periodo in cui può essere efficace l'intervento educativo.
Come insegna la nuova psicologia dell'età evolutiva (si veda il nuovo volume di Alison Gopnik dal titolo The Philosophical Baby, Farrar, Strauss and Giroux, New York, 2010), l'evoluzione cognitiva presenta un cambiamento che potrebbe essere rappresentato, metaforicamente, come il passaggio da una fase di ricerca a quella di sviluppo produttivo.
I bambini nei primi anni di vita presentano il potenziale più alto di capacità creativa e di ricerca rispetto alle fasi successive. La loro mente e il loro corpo sono uno strumento d'indagine continua, di creazione di ipotesi sulla base dell'evidenza e della fantasia e di controllo e cambiamento concettuale alla luce di nuovi dati. La mente è libera di indagare e di sondare innumerevoli possibilità di interpretare il mondo. Il corpo permette l'interazione sensoriale con la realtà esterna da cui ricevere, elaborare e immagazzinare sempre nuovi dati. I bambini sono dei veri e propri laboratori di ricerca viventi.
Dopo i primi anni però diminuisce progressivamente l'effervescenza creativa e prende piede una tendenza a sistematizzare e sviluppare le proprie ipotesi sul mondo. ......... Le ipotesi tendono a cristallizzarsi, il bisogno di conformismo con il gruppo dei pari e con il contesto sociale di riferimento, la necessità di affrontare, in modo sempre più autonomo e pragmaticamente di successo, la realtà circostante portano il futuro adulto a fissare ed utilizzare gli strumenti concettuali di cui dispone. Si passa, per usare la terminologia di Thomas Kuhn, a una fase di "scienza normale" dove la componente di cambiamento concettuale diventa minore.
Il bambino, e successivamente l'adolescente, come "scienziato normale" diventa progressivamente sempre più impermeabile alla messa in discussione delle sue ipotesi sul mondo. ........È un errore, quindi, pensare di poter influire sulla propensione all'attività creativa e innovativa con programmi didattici che inizino a livello adolescenziale. È corretto invece concentrarsi su fasi di sviluppo precedenti cercando di alimentare e mantenere vivo nel tempo la dimensione di "child as a little scientist" (bambino come piccolo scienziato).
Il secondo errore è credere di promuovere la propensione all'innovazione attraverso programmi centrati solo sulla conoscenza tecnico scientifica e su quella di tipo economico gestionale. Come evidenzia anche nel nuovo rapporto Cotec-Wired sulla cultura dell'innovazione non è chiaro se l'acculturazione verso la scienza e tecnologia abbia una influenza determinante nell'acccttazione delle tecnologie. Sembrano esserci altri fat-toripiù profondi, come quelli legati al genere. Ad esempio, all'interno di campioni di scienziati maschi e femmine, con la stessa base conoscitiva, continua a esserci una differenza sensibile nell'acccttazione delle tecnologie, con una maggiore propensione nei maschi che nelle femmine.
Anche l'età sembra giocare un ruolo importante nel favorire, nei più giovani, una maggiore percezione degli aspetti benefici delle tecnologie. La maggiore propensione e apertura verso il nuovo, insita in questo atteggiamento, sembra diminuire progressivamente con l'età, dal "piccolo scienziato" in poi.
Ciò che sembra interessante inferire dalla tesi del "piccolo scienziato" e dai dati contenuti nel rapporto è che atteggiamento creativo e apertura al nuovo sono intimamente fusi. ..................Sarebbe auspicabile sviluppare gli aspetti valoriali ed emozionali legati all'innovazione. Si dovrebbero stimolare le capacità inferenziali e di problem solving creativo e originale. Si dovrebbe in definitiva cercare di non far diventare un retaggio del passato quell'audacia, curiosità e originalità che hanno contraddistinto l'adolescente nelle fasi iniziali eroiche della sua vita.
riccardo.viale@fondazionerosselli.it


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