domenica 17 ottobre 2010

disoccupazione e conseguenze psicologiche : due studi (clicca x art,)

studio 1 , Risultati. L'analisi delle corrispondenze multiple condotta sulle storie suggerisce la presenza di due dimensioni soggiacenti alle strutture narrative. La prima (var. 23.4%) contrappone un modello processuale organizzante la produzione narrativa nel quale sono centrali gli aspetti di competenza (professionalità del personaggio, analisi dei fattori che hanno condotto alla perdita del lavoro, abilità tecnico-professionali e conoscenza del mercato per il reingresso nel sistema produttivo), ad uno in cui tali aspetti passano in secondo piano e diventano preponderanti quelli legati alla componente emozionale (prevale l'attenzione alle risposte affettive del personaggio mentre la descrizione del profilo lavorativo e professionale, dei motivi della perdita del lavoro e delle modalità di reingresso sono approssimative o assenti). La seconda dimensione (var. 11.8%), contrappone una modalità reattiva del personaggio alla perdita del lavoro caratterizzata dal tentativo di un rapido allontanamento dalla condizione di disoccupazione attraverso la ricerca generica di altri lavori, ad una segnata piuttosto da un impegno volto ad ottenere un sussidio che sembra rappresentare l'unica soluzione al problema della perdita del lavoro.
L'analisi dei cluster condotta sui punteggi fattoriali relativi alle due dimensioni descritte, suggerisce che le storie possono essere classificate in tre gruppi culturali omogenei. La presentazione di ciascun cluster sarà seguita da una storia esemplificativa.
Nelle storie appartenenti al primo cluster (il più numeroso: n = 29),
che si addensa attorno al polo emozionalità il personaggio svolge quasi sempre una mansione operaia non meglio specificata e che comunque non sembra avere rilevanza. Semmai la definizione del personaggio avviene in base al ruolo familiare. La perdita del lavoro avviene per eventi esterni e generici (fallimento della fabbrica, la decisione di chiudere l'attività da parte del datore di lavoro) di cui non sono espresse le motivazioni causali e su cui non sembra esistere possibilità di controllo e previsione: assomigliano piuttosto a una frattura nella vita del personaggio alla quale porre rimedio per "ritornare alla vita stabile". In tutti i casi la perdita del lavoro è un fenomeno collettivo, cioè non riguarda mai solo il personaggio ma coinvolge diversi soggetti; sembra pertanto essere sempre esclusa una responsabilità individuale del personaggio rispetto alla sua fuoriuscita dal processo produttivo. Le reazioni del personaggio vengono definite di paura, depressione, shock, trauma. Sebbene si affermi che il personaggio tornerà a lavorare, non sono in alcun modo espresse le strategie per il suo reinserimento lavorativo e sul futuro sembra gravare un'ombra fosca di incertezza. Anche le risorse sembrano molto scarse, i vincoli prevalenti (abitare al Sud, essere avanti con gli anni) e quando sono presenti hanno caratteristiche vaghe e indefinite. Un elemento caratteristico sembra essere quello della solitudine del personaggio di fronte alla perdita del lavoro, dove i legami con altri soggetti riguardano solo la ristretta cerchia familiare: la perdita del lavoro viene rappresentata dagli estensori di queste storie come la perdita di un intero sistema di appartenenza sociale.
«Era un uomo di mezza età, aveva un lavoro che lo soddisfaceva abbastanza, era felice con la sua famiglia. Finché un giorno perse il posto di lavoro lasciandolo scioccato pieno di paura, e senza avvenire. Il posto di lavoro lo ha perso non per la sua volontà, perché il suo datore di lavoro ha deciso di chiudere attività. Ha reagito non bene. In questo momento lui sta pensando che per lui visto che l'età [è] avanzata sarà più difficile collocarsi nel mondo del lavoro. No sa cosa farà».

Le storie appartenenti al secondo cluster (n = 4), si caratterizzano per la reazione del personaggio in termini di lotta e protesta per ottenere un sussidio, che sembra rappresentare l'unica soluzione possibile (seppure insufficiente) al problema della perdita del lavoro. In questo senso la mobilitazione del personaggio appare finalizzata ad ottenere per sé e per la propria famiglia un risarcimento almeno parziale per il danno subìto. Anche in questo gruppo di storie le dimensioni legate alla competenza passano in secondo piano e sono poco rilevanti tanto nella definizione dell'identità del personaggio che nel processo di reinserimento nel mercato. Allo stesso modo ha poca rilevanza l'attribuzione di causalità relativa alla perdita del lavoro.
«Nicola ha famiglia con moglie e due figli, faceva il taglista e così facendo viveva distintamente. Nicola ha perso il lavoro per mancanza di commesse dell'azienda e facendo sciopero ha ottenuto la Cassa Integrazione. Nicola sta pensando che con i soldi della Cassa Integrazione non può vivere. Nicola in futuro sta pensando di fare la seconda attività.»

Le storie appartenenti al terzo cluster (n= 14) che si addensa attorno al polo competenza, sono caratterizzate da una descrizione specifica della professionalità del personaggio e delle cause della perdita del lavoro; la reazione tende a escludere gli aspetti emozionali. Le modalità di reinserimento nel mercato sono adeguatamente indicate e fanno stretto riferimento alla professionalità del personaggio che si avvale inoltre della collaborazione di altri soggetti per attuare i suoi scopi. La perdita del lavoro, pur rappresentando un evento critico, non assume la connotazione di una frattura complessiva nella vita del personaggio e di perdita di un intero sistema di appartenenza sociale e professionale.
«Questo signore è un ingegnere dalla apparente età di 40 anni. Aveva messo su un'azienda per la produzione di materiale plastico. Ha perso il lavoro perché non ha saputo adeguarsi alla concorrenza del settore e ha trovato problemi alla collocazione del suo prodotto sul mercato. Di conseguenza ha dovuto licenziare tutto il personale dipendente. In questo momento sta pensando di mettere su un'altra attività cercando di aggiornarsi sulle nuove tecnologie. In futuro continuerà a fare l'imprenditore cercando di non fare gli errori fatti precedentemente.»
L'elevata coerenza delle strutture narrative rintracciabili all'interno di ciascun cluster consente di proporre alcune considerazioni in merito ai modelli rappresentazionali relativi alla relazione tra individuo e mercato-contesto che le storie propongono.
Nel primo raggruppamento culturale il principale contenuto atteso dalla relazione con il mercato-contesto (il motivo per il quale la relazione e gli scambi tra gli attori esistono) sembra essere l'instaurazione e il mantenimento di un rapporto di sostegno nel quale diventano poco rilevanti gli elementi di competenza. Il posto di lavoro occupato è rappresentato soprattutto come una fonte di sicurezza e sostegno la cui perdita ingenera disperazione e sgomento, inducendo una improvvisa trasformazione del contenuto della relazione di scambio che da rassicuratorio diviene elemento persecutorio e rifiutante. Il processo di disoccupazione in sostanza viene rappresentato, entro questo modello culturale, in modo da non mostrare possibilità di cambiamento e soluzioni concrete di riorganizzazione professionale. Se infatti, coerentemente con la fantasia sul contenuto della relazione di scambio, l'inserimento nel mondo del lavoro non avviene sulla base di una competenza ma sulla base di un diritto a essere inseriti in una relazione che procura sostegno e sicurezza, il fallimento di questa fantasia (rappresentato dal licenziamento) lascia senza alternative se non quella di assumere un atteggiamento passivo, di rifiuto di qualsiasi assunzione di responsabilità nei confronti del proprio futuro professionale e lavorativo, volto a ottenere un intervento di sostegno capace di riparare a quella frattura. Il fallimento di questa fantasia relazionale, organizzata su un modello di scambio di tipo prevalentemente affiliativo, sembra dunque compromettere definitivamente la possibilità di reingresso nel mondo del lavoro.
Nelle storie appartenenti al secondo cluster la relazione con il contesto-mercato, che pure tende ad escludere le dimensioni di competenza, risulta invece organizzata prevalentemente su una dinamica rivendicativo-persecutoria. Ciò che per i soggetti appartenenti a questo raggruppamento culturale sembra contare di fronte alla perdita del lavoro, è la possibilità di ottenere un risarcimento per il danno subito piuttosto che la possibilità di un reinserimento lavorativo; l'impegno del personaggio da loro rappresentato sembra infatti organizzarsi tutto intorno a questo tentativo all'interno del quale il disoccupato non rappresenta solo se stesso, ma un intero nucleo sociale (la propria famiglia) vittima di un danno da parte del sistema sociale più ampio. In questo caso la situazione di disoccupazione non rappresenta una fase di passaggio nella vita del personaggio, ma assume la connotazione di uno "status", di una situazione stabile di credito nei confronti del sistema sociale.
Le storie appartenenti al terzo modello culturale, infine, propongono una rappresentazione della relazione con il contesto-mercato basata su un modello funzionale all'impiego di strategie per la ricerca di un nuovo lavoro che tengano criticamente conto della relazione tra individuo e contesto, nella quale cioè assumono rilevanza gli elementi di competenza professionale e organizzativa. Coerentemente, sia l'attribuzione causale della perdita del lavoro, sia il reinserimento nel processo produttivo, vengono affrontatati nei termini di una valutazione del rapporto tra competenze individuali e richieste del contesto-mercato
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studio 2 , Risultati.  L'analisi delle corrispondenze degli item relativi all'area A. mostra che il campo rappresentazionale della disoccupazione nel nostro campione viene descritto lungo tre dimensioni che spiegano complessivamente il 64.6 % della varianza. La prima (27.4% di varianza) contrappone un'immagine della disoccupazione come evento profondamente depauperante su un piano personale e del riconoscimento sociale (item esemplificativi: la disoccupazione è diminuzione del prestigio, un tradimento delle Istituzioni, uno spreco capacita professionali, depressione) ad una che al contrario ne evidenzia le possibilità e le occasioni di sviluppo che essa può offrire (la disoccupazione è l'occasione per cercare risorse, un periodo di riflessione per riorganizzare vita lavorativa, per nuovi apprendimenti, per nuove esperienze). La seconda e la terza dimensione (19.8% e 17.4% di varianza) contrappongono rispettivamente un atteggiamento di rassegnazione (la disoccupazione è la mancanza sicurezza, è causa di depressione) o uno di fuga (la disoccupazione mi consente di riuscire in altri campi, di non dover obbedire a nessuno o rispettare orari), all'impegno nella risoluzione del problema del lavoro più o meno connotato in termini di sfida (la disoccupazione è una sfida, è l'occasione per mostrare il proprio valore, la disoccupazione mi consente di mostrare quanto valgo e di cercare dentro di me le risorse per farcela).
Un'analisi dei cluster condotta sui punteggi fattoriali dei soggetti suggerisce l'esistenza di gruppi omogenei.
Nel cluster 1 (n = 47, 37.3%) la rappresentazione della disoccupazione tende a organizzarsi attorno ai poli che abbiamo indicato come depauperazione e rassegnazione. Secondo questo modello culturale la disoccupazione costituisce infatti un processo estremamente depauperante per l'individuo che lo subisce, caratterizzato da una serie di perdite (sicurezza, prestigio, potere) e dal tradimento da parte "delle Istituzioni" ritenute responsabili del problema e della sua mancata soluzione. Tale processo viene rappresentato come ineluttabile e senza via d'uscita. Sono cioè scarsamente presenti aspetti che rimandano ad una possibilità evolutiva e al superamento della crisi ingenerata dalla perdita del lavoro.
Le cause della disoccupazione sono individuate nella disonestà dei politici e nel disinteresse dello Stato. I Sindacati, il Ministero del Lavoro, gli Enti di formazione, sono percepiti come profondamente impotenti seppur interessati al problema della disoccupazione e al destino dei disoccupati, mentre il rapporto con i datori di lavoro tende ad essere definito rispettivamente attraverso le categorie emozionali complementari "abbandono e sfruttamento" o "presa in carico". Nel complesso, dunque, all'interno di questo modello culturale, il principale contenuto atteso dalla relazione con il contesto (il motivo per il quale la relazione e gli scambi tra gli attori esistono) è un processo affiliativo, cioè l'instaurazione e il mantenimento di un rapporto di sostegno. Diventano pertanto poco rilevanti gli elementi di competenza. Su un piano emozionale tale configurazione si muove dunque lungo l'asse gratificazione-persecuzione: gratificazione nel caso in cui il contesto-mercato e le Istituzioni rispondono alle aspettative, persecuzione quando esso non vi risponde

Nel cluster 2 (n = 33, 26,2%) la rappresentazione della disoccupazione si organizza intorno ai poli depauperazione e sfida. La disoccupazione è rappresentata come un processo di aggressione che minaccia l'identità professionale dell'individuo, a cui rispondere simmetricamente con un atteggiamento di sfida che consenta un riscatto personale. Pur sottolineando la responsabilità delle Istituzioni, le cause della disoccupazione sono più spesso individuate nella mancanza di potere personale e nell'avidità delle aziende e dei datori di lavoro. L'immagine dei Sindacati, del Ministero del lavoro, degli Enti di formazione, assume anche in questo caso una forte connotazione emozionale, rispettivamente nei termini di rifiuto e disinteresse e di incompetenza. In merito alle strategie di reinserimento sul mercato del lavoro, i soggetti appartenenti a questo cluster sembrano essere più orientati verso strategie dirette di job-searching piuttosto che verso strategie mediate dal reperimento o acquisizione di maggiori risorse. Tra i fattori di successo, nella vita e nel lavoro, viene più spesso indicata la mancanza di scrupoli.
Rispetto al primo nucleo rappresentazionale, in questo secondo l'immagine del disoccupato sembra orientarsi maggiormente verso la caratterizzazione di competenza e intraprendenza.
Nel complesso, anche all'interno di questo modello culturale, il rapporto con le Istituzioni e con il contesto-mercato è fortemente connotato in termini emozionali e rappresentato prevalentemente attraverso categorie che rimandano da un lato all'aspetto più francamente persecutorio della dimensione affiliativa, dall'altro ad una dinamica di potere e di rivendicazione.

Nel cluster 3 (n = 46, 36.5%) la rappresentazione della disoccupazione si organizza soprattutto attorno al polo sviluppo. La disoccupazione in questo caso rappresenta, oltre che un momento di crisi, l'occasione di conseguire nuovi apprendimenti e di fare nuove esperienze. E' anche presente, in questo nucleo rappresentazionale, quella dimensione di fuga che abbiamo descritto quale polo negativo della terza dimensione.
I risultati delle analisi mostrano come questo gruppo di soggetti tenda ad attribuire lo stato di disoccupazione a fattori causali che rimandano a dimensioni di competenza, alla mancanza di mezzi personali, oltreché a un fattore di crisi economica. L'immagine del disoccupato è definita in termini di ridotta competenza.
Anche l'immagine dei Sindacati è descritta nei termini di incompetenza e inesperienza ove lo scarso impatto dell'azione sindacale sul problema della disoccupazione è attribuito ad un problema di competenza piuttosto che ad una dimensione connotata emozionalmente, di rifiuto e disinteresse. Se il rapporto tra Istituzioni e disoccupati tende ad essere definito criticamente nei termini del controllo di una potenziale minaccia, quello con i datori di lavoro viene descritto con modalità che rimandano alle regole di mercato e al rapporto tra domanda e offerta di manodopera. Per ciò che concerne le strategie di reimpiego, questo gruppo, rispetto ai primi due, privilegia la formazione professionale e lo sviluppo di contatti con referenti privilegiati, cioè strategie orientate al reperimento di maggiori risorse personali e relazionali. Tra i fattori di successo, in questo gruppo più che negli altri si sottolinea la propensione a rischiare personalmente.
Nel rappresentare il rapporto con le Istituzioni e il contesto-mercato, dunque, i soggetti che condividono questo modello culturale sembrano meno implicati in dinamiche a prevalente connotazione emozionale. La rappresentazione della relazione sembra piuttosto fondata su una dimensione di competenza e di orientamento alla riuscita. In altri termini, il terzo raggruppamento culturale appare fortemente orientato al conseguimento di un obiettivo di reingresso nel mercato del lavoro attraverso l'incremento o l'aggiornamento delle proprie competenze e meno coinvolto in una dinamica disperante o rivendicativa nel rapporto con le Istituzioni e il contesto mercato, pur mantenendo un atteggiamento critico nei confronti dei dispositivi previsti per intervenire sul problema.

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