mercoledì 17 febbraio 2016

“Le nuove tecnologie ci stanno dando la libertà di non dover più scegliere. Non è fantastico?”

AgoraVox Italia

orso castano : non , non e' fantastrico, e' pericolosissimo, e' la negazione del pensiero critico , e' il prevalere del pensiero unico nel senso di un pensiero globale che pretende di comprendere tutto, anche la complessita' in divenire, l'imprevisto, la soggettivita', la creativita' libera ed imprevedibile. E' la concretizzazione del pensiero fluido e globale, del pensiero totalitario racchiuso dentro un mezzo , che seppure potente ed indispensabile non puo' racchiudere l'universo della complessita' , ne' il suo divenire, il suo evolvere autopoietico.E' il mezzo/messaggio di Niklas Luhmann "....... Nei suoi saggi sociologici più recenti Luhmann ha insistito nel denunciare la distanza che separa la tradizione dell'umanesimo "vetero europeo" dalla realtà sociale dei passi industrializzati: una realtà sociale che la rivoluzione informatica contribuisce oggi a rendere sempre più complessa, dinamica e differenziata. In alcuni scritti lo studioso arriva a sostenere che la differenziazione dei sottosistema primari delle società complesse è così avanzata che ciascun sottosistema interpreta ogni altro, e interagisce con esso, esclusivamente dal suo specifico punto di vista. Ciò che viene a mancare è uno 'sguardo', una prospettiva in qualche modo unificante: anche la politica (che dovrebbe in certa misura essere questa prospettiva) si configura oggi semplicemente come un certo sottosistema, il quale opera senza sapere esattamente con che tipo di società ha a che fare. Con il già ricordato trattato Sistema sociale , Luhmann ha ulteriormente dilatato le ambizioni teoriche della propria sociologia. Già nel corso della sua precedente produzione egli aveva polemizzato sia contro lo speculativismo delle sociologie teoriche-novecentesche (dal nazionalismo critico alla sociologia di ispirazione fenomenologica, dal marxismo ortodosso al neo-marxismo della scuola francofortese) sia contro la pretesa delle sociologie di ispirazione più empirico-scientifica di potersi avvalere di criteri epistemologici certi. Nel suo lavoro egli pare voler accentuare ancora più la distanza della propria riflessione da qualsiasi precedente teorico: il rifiuto dei presupposti fondazionali della 'vecchia' sociologia si fa radicale non meno forte quello delle procedure argomentative canoniche del pensiero sociologico.......Per Parsone i sistemi non sono chiusi come per Luhmann: anzi, sono aperti e gerarchizzati (il sistema normativo sta al vertice); Luhmann fa invece valere l’idea che vi sia un “centro” e afferma esplicitamente che i sistemi “non hanno né centro né periferia”. Jürgen Habermas ha criticato Luhmann accusandolo di non aver tenuto conto, nella sua teoria dei sistemi, dei gruppi di protesta che si oppongono ai sistemi stessi: a quest’accusa, Luhmann ha risposto monotematicamente sostenendo che anche i gruppi di protesta rientrano nei sistemi."

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"Navigando in Internet ho verificato di non essere il solo che è rimasto colpito dalla chiusa dello spot della TV on demand della TIM , affidato al breve monologo di un estasiato Pif. Il conduttore e filmaker siciliano esalta infatti le straordinarie novità della‘sconfinata galassia’ di contenuti offerti da quel nuovo tipo di televisione, concludendo con questa significativa frase: “Le nuove tecnologie ci stanno dando la libertà di non dover più scegliere. Non è fantastico?”.................... La campagna è stata ideata e realizzata dalla sezione italiana della prestigiosa agenzia Leagas Delaney , il cui motto è: “Il pensiero che trasforma. Il cambiamento che ispira“.
Ma su quale genere di ‘pensiero’ ispiri espressioni come quella pronunciata da Pif credo che valga la pena di riflettere almeno un po’, a partire proprio dal contesto dello spot. Il cuore del messaggio, infatti, è che la TIM offre un servizio capace di accontentare “milioni di passioni” degli Italiani. “Grazie alleconnessioni -ci si spiega – possiamo entrare in un universo televisivo senza limiti. Oggi c’è una tv che unisce tutte le tv”. La grossa novità è che questa ‘galassia sconfinata’ di contenuti può essere fruita “ovunque e quando vuoi”. Le parole evidenziate sottolineano fondamentalmente due concetti: il primo è la dimensione smisurata delle richieste degli utenti di quel servizio (che è ‘sconfinata’ proprio perché ‘senza limiti’); il secondo è che la soluzione a ciò è l’offerta di una rete di ‘connessioni’, grazie all’utilizzo di una tecnologia che supera le differenze e le distanze, ‘unendo’ in sé non solo tutte le modalità televisive, ma in fondo tutte le persone.
E’ da notare sia l’utilizzo della metafora astronomica (universo, galassia…), rafforzata da immagini coerenti con tale contesto, sia l’affermazione che tale provvidenziale invenzione sta adesso concretizzando una prospettiva finora solo futuribile (“oggi….oggi…”). Le altre parole-chiave dello spot pongono in risalto anche la ‘velocità’ della connessione e la sua utilizzazione ‘ovunque’ ci faccia comodo.
Non mi sembra casuale che la somma di queste tre caratteristiche (rapidità, totalità, fruibilità) combaci perfettamente col concetto standardizzato di ‘progresso’, inteso come obiettivo di sviluppo ottenuto soprattutto mediante una continua evoluzione tecnologica. Non è casuale neppure che dallo spot emerga una prospettiva universalistica, ispirata, più alla perfezione del cosmo, alla sintesi forzata del pensiero unico, al modello di economia globalizzata ed alla eliminazione delle diversità come sbrigativa soluzione ad ogni conflitto.
Del resto i grandi maestri della fantapolitica – dall’Huxley del Brave New World all’Orwell di 1984 – ci avevano profetizzato con incredibile intuizione quello che sarebbe diventato il nostro “nuovo mondo”, governato dalla dittatura della tecnologia e da un ‘Bispensiero’ che mistifica la realtà, presentandoci la schiavitù come libertà e la guerra come pace. Basta poi usare un motore di ricerca su Internet per scoprire che, quanto meno nel mondo anglosassone, espressioni come “Freedom not to Choose” non sono affatto nuove. Per non parlare dei grandi pensatori che hanno spesso sottolineato che la libertà è un rischio che oggi molti preferirebbero non correre.

Un esempio classico è quello di Erich Fromm, il quale oltre settant’anni fa osservava che: “L’uomo crede di volere la libertà. In realtà ne ha una grande paura. Perché? Perché la libertà lo obbliga a prendere delle decisioni, e le decisioni comportano rischi […] L’uomo moderno, liberato dalle costrizioni della società pre-individualistica, che al tempo stesso gli dava sicurezza e lo limitava, non ha raggiunto la libertà nel senso positivo di realizzazione del proprio essere: cioè di espressione delle sue potenzialità intellettuali emotive e sensuali. Pur avendogli portato indipendenza e razionalità, la libertà lo ha reso isolato e, pertanto, ansioso e impotente” (Erich Fromm, Fuga dalla Libertà, 1942).
Eppure ci hanno insegnato che scegliere è l’unico verbo in grado di coniugarsi all’idea stessa di libertà. Pur senza scomodare il principio religioso del ‘libero arbitrio’, sembra evidente che avere un’opzione, disporre di un’alternativa, sia il solo modo per affermaTrasmettere ad un ragazzo l’idea che le tecnologie attuali ci stanno regalando la libertà “di non dover più scegliere”, infatti, mi sembra un’operazione estremamente pericolosa. Lasciargli intendere che ci si possa liberare dal peso della scelta padroneggiando tutti i possibili contenuti attraverso un unico strumento, se da un lato ne solletica il già ipertrofico senso di onnipotenza e di realizzazione senza alcun limite, dall’altro lo inchioda ad un destino di uniformità controllata dall’alto, e quindi di autoritarismo.
Ciò che si propone ai giovani, e non solo a loro, è una società globalizzata dove tutto è connesso in rete, tutto è monitorabile da lontano, tutto si può fare ovunque e in qualunque momento, magari contemporaneamente… “Non è fantastico?”, ci chiede un ammiccante Pif dallo spot della TIM, lasciando intendere che è solo una domanda retorica.
Ebbene no. Io, ad esempio, non trovo affatto ‘fantastico’ che il massimo della libertà che ci viene concessa sia quella di non scegliere, e quindi di fare a meno di decidere con la nostra testa e la nostra coscienza. Non mi sembra per niente una prospettiva esaltante quella di raggiungere la pace dei sensi – e dell’intelletto – alla luce degli onnipresenti schermi di un qualsiasi Big Brother.re il nostro diritto alla scelta, nel quale è incluso il diritto di sbagliare...................© 2016 Ermete Ferraro ( http://ermetespeacebook.com )

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