lunedì 3 marzo 2014

read key :neurofisiologia cerebrale

orso castano : il "riduzionismo, nel campo delle neuroscienze   aveva portato ad una scarsa credibilita' scientifica delle stesse. La multifattorialita' nell'espressione del disturbo mentale , anch'essa riduceva ad una aggregazione di percorsi a causalita' lineare piu' o meno intrecciati tra loro , o, nel migliore dei casi ad un spesso vano tentativo di "pesare" i vari "alberi" nel tentativo di definire le tipologie del disturbo oppure l'evoluzione , che pero' appariva predicibile, del disturbo mentale. Le teorie della complessita' , restituendo ad ogni "albero" progressivita'/autonomia/imprevedibilita' evolutiva , hanno da un lato costretto alla definizione di mosaici mobili delle patologie mentali .L'epigenetica , poi, e sopratutto una visione sistemica a feedback positivo (con possibilita' di reazione non adattiva ma che si colloca in posizione meta rispetto al disturbo) stanno restituendo agli studi biopsichiatrici, una dinamicita' ed una imprevedibilita' piu' vicini alla realta di questi fenomeni. Il percorso sia descrittivo che interpretativo non e' certo agevole.
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da La Stampa salute
a)............di .LM&SDP..http://www.lastampa.it/2013/04/22/scienza/benessere/salute/elevati-livelli-di-glutammato-nel-cervello-dietro-a-psicosi-e-schizofrenia-J2scsNgWg5FxZ0VSc4NgAI/pagina.html?exp=1........Per determinare cosa succede al cervello e come i pazienti sviluppano la malattia, i ricercatori hanno utilizzato la tecnica di neuroimaging sia su modello animale che su pazienti umani. 
Nella prima fase dello studio, si sono concentrati su 25 giovani a rischio schizofrenia per scoprire che l’attività del glutammato aumentava nell’ippocampo – per cui ne conseguiva un aumento del metabolismo dell’ippocampo; poi l’ippocampo ha cominciato ad atrofizzarsi.
Nella seconda fase dello studio, al fine di osservare se l’aumento del glutammato portava altre modifiche nell’ippocampo, i ricercatori si sono concentrati su un modello murino con schizofrenia.Quando i ricercatori hanno aumentato l’attività del glutammato nei topi, si è ripresentato lo stesso schema osservato nei pazienti umani: l’ippocampo è diventato ipermetabolico e, quando i livelli di glutammato sono aumentati più volte, l’ippocampo ha cominciato ad atrofizzarsi.
Ecco dunque che, in linea teorica, questa disregolazione del glutammato e l’aumento del metabolismo potrebbero essere identificati attraverso le scansioni cerebrali di individui che sono sia a rischio che nella fase iniziale della malattia........................
b.............. Grazie al carbonio 14, prodotto dai test nucleari degli anni ’60, è stato possibile datare le cellule nervose del cervello e scoprire che i neuroni continuano a formarsi nell’età adulta. 
 Lo fanno al ritmo di 1400 al giorno, rinnovandosi costantemente nella regione chiamata ippocampo. La scoperta, pubblicata sulla rivistaCell, si deve a un gruppo coordinato da Jonas Frisen del Karolinska Institute a Stoccolma. 
 Si è pensato a lungo che nell’uomo non si formino nuovi neuroni dopo la nascita. Questa è la prima prova, sottolinea Frisen, che c’è una rigenerazione di neuroni nel cervello umano durante tutta la vita. Ciò suggerisce che il processo contribuisca al funzionamento del cervello e svolga un ruolo importante nelle funzioni cognitive nell’età adulta. La ricerca ha infatti mostrato che la rigenerazione dei neuroni avviene nell’ippocampo, una regione del cervello fondamentale per la memoria e l’apprendimento. Inoltre, è noto che la nascita di nuovi neuroni nel cervello adulto acuisce la memoria nei roditori e lo stesso potrebbe accadere negli esser umani.  
 Ma la scoperta ha anche un’altra implicazione: «si sospettata da tempo - ha osservato Frisén - che la depressione sia legata alla riduzione della rigenerazione dei neuroni nell’ippocampo e alla luce della nuova scoperta potrebbero essere messe a punto terapie più efficaci per la cura di questa malattia»......La tecnica si basa sui livelli di carbonio 14 accumulatosi in atmosfera durante i test nucleari condotti fra il 1955 e il 1963. Poiché nel ’63 i test nucleari sono stati banditi i livelli atmosferici di carbonio 14 sono diminuiti a un tasso noto e la tecnica necessita di sapere le frazioni precise di queste diminuzioni. Quando mangiamo vegetali o prodotti animali, assorbiamo il carbonio 14 presente in atmosfera e accumulato nei cibi ingeriti. Di conseguenza, nel momento in cui mangiamo, l’esatta concentrazione atmosferica di questo elemento si imprime nel Dna dei nuovi neuroni. Confrontando le concentrazioni di carbonio 14 trovate nel Dna con le frazioni atmosferiche note di C14, dal ’63 in poi, i neuroni possono essere datati. Misurando la concentrazione di carbonio 14 nel Dna di neuroni prelevati dall’ippocampo di esseri umani defunti, i ricercatori hanno trovato che più di un terzo di queste cellule vengono regolarmente rinnovate per tutta la vita
c)..............Lo hanno scoperto i ricercatori della University of South Dakota a Sioux Falls, coordinati dal dott. James V. Pottala, del Health Diagnostic Laboratory Inc. di Richmond in Virginia, i quali hanno condotto uno studio su 1.111 donne che facevano parte del Women’s Health Initiative Memory Study e che sono state seguite per otto anni.All’ottavo anno di studio, quando le donne avevano raggiunto una media di 78 anni d’età, i ricercatori hanno sottoposto le partecipanti a scansioni cerebrali con MRI (la risonanza magnetica per immagini) per misurare il volume del cervello.I risultati dei test hanno rivelato che le donne con alti livelli di omega 3 nel sangue presentavano più grandi volumi cerebrali totali: nello specifico, il 7,5% contro il 3,4% delle partecipanti con il doppio di livelli di AGE avevano un volume cerebrale dello 0,7% più grande. Le donne che presentavano alti livelli di omega 3 possedevano anche un volume nell’area dell’ippocampo del 2,7% più grande.Quest’area cerebrale svolge un importante ruolo nella memoria: nella malattia di Alzheimer infatti l’ippocampo comincia ad atrofizzarsi anche prima della comparsa dei sintomi.«Questi livelli elevati di acidi grassi – spiega il dott. Pottala – possono essere ottenuti attraverso la dieta e l’uso di integratori, e i risultati suggeriscono che l’effetto sul volume del cervello è l’equivalente delritardare da uno a due anni la normale perdita di cellule cerebrali che si ha con l’invecchiamento».Se dunque vogliamo proteggere la salute del nostro cervello diamo la precedenza ai cibi che naturalmente contengono gli acidi grassi essenziali come, per esempio, semi di lino e il relativo olio, semi di Chia, salmone e olio di pesce, noci e frutta secca, semi di soia e relativo olio, uova, olio di canola, olio di semi di canapa, spinaci e cavolfiore..

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