Il sesso al tempo di Pompei

Napoli Occhi trasognanti, capo languidamente reclinato all' indietro, bocca socchiusa, lingua di fuori, ansimante: una vera e propria estasi la sua. E sì, l' aria di godersela di più, qua dentro, ce l' ha proprio lei, la capra violata. E' lì, nell' angolo della terza saletta delle cinque, nuove, che l' Archeologico di Napoli dedica da oggi ai 215 oggetti della sua Collezione Pornografica. E sta subendo, come ormai da più di 2000 anni, l' assalto di un Pan davvero su di giri, tutto affannato a reggere la parte che si è imposto. Lui l' ha vinta, quella femmina tutta peli, e ora se la sta godendo. Da oggi, però, lo fa davanti a tutti, anche ai minorenni purché accompagnati da genitori o professori. Ma mica è andata sempre così... Non per loro: i due, infatti, stanno tenendo la stessa impegnativa posizione dal I secolo a.C., da quando cioè lo scultore che la realizzò per l' angolo priapesco nell' orto della Villa dei Papiri di Ercolano, depose scalpello, lime e trapano con cui cesellò le loro carni e le loro lane. è la morale tutt' intorno, invece, che continua a cambiare. Figurarsi che negli ultimi 250 anni queste opere sono state visitabili in tutto - a singhiozzo - non più di mezzo secolo; e solo nelle fiammate di libertà rivoluzionaria; e solo per un pubblico scelto. Persino Donizetti e Rosmini per vederli dovettero farsi raccomandare... Se all' epoca loro la Capra e il suo Pan, nell' Orto di Ercolano, strappavano sì e no un sorriso d' ammirazione, fin da quando saltarono fuori con gli scavi ad Ercolano del 1752 crearono non pochi imbarazzi. A Carlo III, infatti, bastò un' occhiata per decidere di chiuderla sottochiave quella strana coppia tanto che, poi, neppure a un Winckelmann supplicante fu consentito darvi un' occhiata. Più si scavava però e più - dalla coltre che nel 79 d.C. soffocò la gioia di vivere di Pompei ed Ercolano - saltavano fuori reperti scioccanti che mostravano non solo di quanto allegra, gaudente e spudorata fosse la vita di quelle popolazioni romane del primo secolo d.C., ma anche quanto poco tutte quelle "cose oscenette" combaciassero con la visione etica e possente che dell' Impero si stava dando in quegli anni. Uno dopo l' altro, molti degli imbarazzanti trofei che gli scavi restituivano, finirono così seppelliti di nuovo nella collezione proibita che ora Napoli mostra. A guardarlo per bene questo gruppo statuario è davvero un capolavoro. Un capolavoro tra i molti capolavori ora esposti. Eccole finalmente le pitture finora vietate, i mosaici negati, i bronzi solo raccontati, gli argenti cesellati, le terrecotte lavorate di fino che - tutt' insieme - vennero definiti l' Inferno di Napoli. è la famosa collezione osé che si formò, strato dopo strato, intorno al piccolo nucleo di curiosità erotiche raccolte prima dai Farnese e arrivate alla Napoli dei Borbone per via ereditaria. Minimo comun denominatore della raccolta: il sesso. Un sesso graduato, però. In crescendo: dall' attrazione al fascino, all' erotismo, all' amor carnale che più carnale non si può, e via via fino alla pornografia, e poi al di là nel gigantismo caricaturale di alcuni falli portafortuna, insegne che imbarazzarono persino uno smagatissimo Stendhal che quando vi s' imbattè, nel 1831, scrisse: "Immaginarsi una donna onesta che, abitando a Pompei, ogni giorno doveva passargli di fronte...". Sesso sfrontato dei pigmei dipinti all' egiziana, tra palme e ippopotami e fellatio, che fanno di tutto. A coppie. O in gruppo. E non si fermano neppure sulla zattera in mezzo al Nilo agitato. E poi, a decine, le avances, come istantanee. Soprattutto dipinte ma anche a mosaico piccolo piccolo, stupefacenti di sfumature: avances mitiche (come l' attrazione fatale di Venere e Ares); avances già andate a buon esito come il poderoso - modernissimo - abbraccio tra Polifemo e Galatea, saltato fuori dalla Casa dei Capitelli colorati di Pompei; avances con lieto fine già previsto (come quell' altro capro che insegna troppo da presso l' arte di zufolare a un giovanetto imberbe); approcci con colpo di scena (come quelli con l' androgino che, però, da dietro sembrava proprio una donna...). Un' altra saletta ed ecco tutti insieme, in vecchi armadi del vecchio museo, tintinnanti per fare allegria come un tempo quando portavano fortuna, i falli di bronzo: a sonagliera, quadrupedi, con le ali, a lucerna da tenere in tavola per smaliziare un festino già festoso. Da far impazzire Freud che di questa roba, maniaco, faceva collezione. Dai bordelli o dalle stanze del piacere che i ricchi si costruivano in casa per usarle con schiave acquistate apposta, arriva in mostra un piccolo kamasutra tutto mediterraneo: un campionario di coppie - ad affresco ma anche incise in cammei o a bassorilievo - con donne ritratte quasi sempre professionalmente accucciate a darsi da fare sopra uomini che, pigri, un braccio dietro la testa, se la spassano senza sforzarsi granché; altri accoppiamenti più da tergo; altri ancora... "Del resto" spiega Stefano De Caro il direttore dell' Archeologico che, in punta di penna, ha commentato la collezione per il catalogone Electa Napoli appena stampato "fin dall' età greca arcaica i luoghi del piacere erano decorati con scene d' amore. Con l' Ellenismo e la sua esplosione di letteratura erotica, e i manuali per cortigiane, anche la pittura si affina, si specializza, nascono i professionisti del genere. Augusto stesso, secondo Ovidio, avrebbe tenuto in bella vista nei suoi appartamenti privati una tabella promemoria che ritraeva i vari tipi di accoppiamenti graditi a Venere e alle sue specialità. Il vezzo divenne moda; a Pompei più che altrove. Nell' Ottocento - proprio partendo da questi oggetti- ci fu chi sostenne che Pompei - lasciva com' era - l' eruzione del Vesuvio se l' era andata a cercare...". Proprio di fianco a questa che, da oggi, diventa la Wunderkammer più allegra del mondo, a giorni riapriranno - risistemate e arricchite - le nuove sale degli antichi mosaici. Uno spettacolo! Tanto che Stefano De Caro e i suoi ancora non riescono a spiegarsi come mai, finora, tutti i giornalisti chiedano così tanto del sesso d' epoca e così poco, invece, sulle antiche tecniche musive...
di SERGIO FRAU