domenica 22 novembre 2015

la ricerca scientifica nell'islam

orso castano: la Tunisia sta vivendo un periodo di contrasti interni sul piano politico e , di riflesso, sie' aperto un vivace dibattito sulla scienza, sulla liberta' di ricerca e sui condizionamenti che la religione pone allo sviluppo scientifico e tecnologico. L'occidente dovrebbe aiutare i ricercatoroi tunisini che si battono per la separazione tra scienza e religione . Questo aiuterebbe molto anche l'evoluzione politica del paese verso una democrazia necessariamente pluralista. Pertanto l'articolo e' molto interessante. Un riconoscimento all'Associazione Luca Coscione per il suo impegno.


Faouzia Farida Charfi
9 Gen 2015
Congresso Mondiale Libertà di Ricerca [2]


Vorrei iniziare ringraziando gli organizzatori di questo evento per avermi dato l’opportunità di parlare dell’attuale situazione della ricerca nel mio Paese. Dal gennaio del 2011, la Tunisia sta attraversando un periodo difficile, ma a un tempo entusiasmante. Condividerò quindi con voi alcune considerazioni sulle minacce dell’integralismo alla ricerca scientifica, ma anche sulla resistenza a queste minacce.

A luglio 2012, durante la rivoluzione tunisina (battezzata “Rivoluzione della dignità e della libertà”) è giunto in visita nel nostro Paese il Premio Nobel per la Chimica 1999, Ahmen Zewail, scienziato di origine egiziana, cui questo prestigioso riconoscimento è stato conferito vent’anni dopo il pachistano Abdus Salam. Sono solo due gli scienziati del mondo arabo insigniti del Premio Nobel e questo è un punto da considerare quando si valuta il progresso della ricerca nel nostro Paese. Purtroppo non si può ancora dire che siamo saliti sul treno della scienza. Nella sua lectio, Ahmed Zewail ha spiegato che la scienza nel mondo musulmano ha una storia secolare e ha dato un proprio apporto significativo al sapere universale. Concludendo, Zewail ha espresso l’auspicio che dopo la Rivoluzione della dignità e della libertà, i Paesi che a partire dal 2011 sono stati teatro di sommovimenti con cui si è posto fine a regimi dittatoriali attraverseranno anche una “rivoluzione scientifica”.

Nel contesto odierno, dominato da un Islam politico che sta sviluppando una nuova retorica in fatto di scienza, una retorica segnata dall’islamizzazione del sapere e dal rifiuto della razionalità, è possibile attuare una simile rivoluzione scientifica? Prima di illustrare vari aspetti di questa nuova retorica dell’Islam, vorrei fornirvi alcune informazioni che hanno rappresentato un motivo di preoccupazione per le università tunisine dopo la rivoluzione del gennaio 2011, in particolare per la Facoltà di Teologia dell’Università di al-Zaytuna. Si tratta di un’istituzione che è stata modernizzata vent’anni fa con l’introduzione di corsi di lingue antiche, lingue straniere moderne ed ebraico (abbiamo infatti un patrimonio comune nella regione mediterranea).

Ci sono donne che tengono, in particolare, corsi di teologia, psicologia e antropologia. Vorrei parlarvi della situazione di tre colleghe di questa facoltà di teologia. Hayet Akoubi, professoressa di teologia, è stata sostanzialmente estromessa dall’università perché insegnava senza indossare il velo e perché offriva una lettura più aperta dell’Islam. Al momento non insegna la materia in cui è specializzata, ma dà lezioni di lingua araba all’Institut de Presse. Il secondo collega è Abdelkader Naffati. Poiché insegnava il sufismo, i suoi corsi non erano accettati dagli studenti salafiti. Alla fine il collega ha lasciato la facoltà e ha iniziato a collaborare a progetti scientifici nei Paesi del Golfo. La terza collega, Iqbal Gharbi, è uno dei professori di grado più elevato nella Facoltà di Teologia a seguito della riforma dell’istruzione; è la prima donna a insegnare psicologia all’interno di quella facoltà. Reputa importante modernizzare e razionalizzare l’insegnamento della religione e coltivare cittadini moderni, anziché islamisti. Attualmente Iqbal Gharbi si è presa un periodo sabbatico perché i suoi studenti non accettavano che insegnasse psicologia in quella facoltà, convinti com’erano che “insegnare psicologia in quest’istituzione [equivalesse] a mettere demoni nei cuori del fedeli. Per gli studenti di teologia, ‘psicologia’ significa Freud, e quindi ateismo, e quindi libertà sessuale”. Ad aprile 2012, tuttavia, un predicatore e leader del partito islamista Hizb al-Tahrir è stato invitato a tenere una lezione nell’aula magna della facoltà che porta il nome di Ibn Khaldun (uno dei precursori della sociologia moderna). Questo predicatore gode del favore del Califfato, “il solo sistema politico accettabile all’interno del mondo islamico”.

Ho citato alcuni fatti che riguardano il mondo universitario in Tunisia, un Paese che sin dalla sua indipendenza è caratterizzato da un livello di modernità straordinario per il mondo arabo e da un codice del personale pubblico che promuove l’emancipazione femminile. Sin da quando è diventato un Paese indipendente, la Tunisia ha optato per un’istruzione moderna che pone l’accento sulla scienza e la ricerca scientifica.

A maggio 2012, a poco più di un anno dalla rivoluzione, il gran imam della moschea di al-Zaytuna, che non è un accademico, ha annunciato la riapertura dell’ateneo (ispirato al modello delle università tradizionali, come al-Azhar del Cairo) con l’obiettivo di riportare in vita lo spirito della vecchia Università di Teologia di Zaytouna, in cui si insegnavano il Corano e la civiltà islamica, ma non l’intera storia e civiltà musulmana con tutto il suo progresso scientifico. L’imam ha detto: “Vogliamo dire alla gente che alla Zaytuna non ci sono Meddeb col turbante (vale a dire, i vecchi insegnanti arabi che spiegavano agli studenti come recitare il Corano) che sanno solo recitare i salmi a memoria. Siamo uomini di scienza e di cultura. Se Bourguiba e dopo di lui Ben Ali non avessero fatto ciò che hanno fatto, oggi la Zaytuna sarebbe una grande istituzione del sapere”. Certo, vorremmo credere a queste parole, ma in realtà l’imam intende aderire a una concezione che affonda le radici nella tradizione asharita (sunnismo ortodosso) e pone l’enfasi sull’etica che l’insegnamento è tenuto a trasmettere. Cito: “Vogliamo laureati e dottori che conoscano la medicina della morale e l’etica, cosa che abbiamo smarrito. L’odierna medicina materiale ha perso di vista il fatto che il cuore che essa cura è opera di Dio”.

In Tunisia, dove la medicina è moderna - conduciamo moltissima ricerca in quest’area, con numerosi scienziati che si occupano di biologia molecolare - è sconvolgente sentire queste parole. Il Consiglio Medico Nazionale, come c’era da aspettarsi, ha reagito, chiedendo che il governo prendesse misure. Tuttavia, come forse sapete, il governo è guidato dal partito islamista Ennahda, che è piuttosto vicino all’imam della moschea di Zaytuna. Esiste un pericolo reale per l’istruzione superiore e la ricerca scientifica.

Rammento che l’imam si ispira alla figura di Ibn Taymya, leader wahabita, che ammette una sola visione dell’Islam: il sunnismo ortodosso, che sottoscrive un modello formativo da cui è escluso il ruolo della ragione. Com’è ovvio, questa prospettiva è incompatibile con l’insegnamento della scienza, con la ricerca scientifica e con il dubbio critico che trascende limiti e tabù. La scienza è troppo importante per essere lasciata nelle mani di estremisti religiosi che aspirano al ruolo di produttori di conoscenza.

La spiegazione di quanto sta accadendo all’Università di al-Zaytuna risiede in un’altra questione: il disegno politico degli islamisti attualmente al potere in Tunisia, disegno che esiste in molti Paesi arabi. Gli islamisti intendono imporre l’autorità religiosa nel sapere e nella cultura. Il progetto islamista ha sempre avuto un obiettivo primario: assumere il controllo dell’istruzione e condizionare le menti degli allievi. Non si tratta, però, di una prerogativa degli integralisti musulmani. Credo sia un’aspirazione coltivata da tutti gli integralisti, quella di investire nella scuola ostacolando la libertà di istruzione e la ricerca scientifica.

Questa nuova retorica in materia di scienza, che vediamo fiorire, è favorita da internet e dai vantaggi che esso presenta. A caratterizzare questa linea di pensiero vi sono due aspetti: in primo luogo l’islamizzazione del sapere mediante una letteratura ortodossa secondo cui la scienza moderna è contenuta nel Corano; in secondo luogo il rifiuto della scienza attraverso la negazione dell’evoluzione biologica.

Senz’altro conoscete il sito web Harun Yahya. Credo che in occasione del vostro ultimo congresso sulla ricerca scientifica abbiate presentato gli scritti di Harun Yahya, il suo celebre Atlante della Creazione. Harun Yahya è lo pseudonimo di Adnan Oktar, predicatore turco vicino al movimento Nurcu, che afferma di seguire il pensiero religioso di Saïd Nursî. Qual è il messaggio sotteso alle idee di Oktar? È il rifiuto del pensiero materialista, ovvero il rifiuto di Darwin, non su basi scientifiche ma su basi ideologiche. La risoluzione 1580 del Consiglio d’Europa sui pericoli dell’insegnamento del creazionismo, adottata nel 2007, fuga ogni dubbio circa la percezione che Harun Yahya ha della “scienza” e afferma che l’Atlante della Creazione “appare più come un trattato di teologia primitivo che come una confutazione scientifica della teoria dell’evoluzione”. Darwin è anche il nemico degli islamisti tunisini, e con il termine “islamisti” mi riferisco a coloro che propugnano l’Islam politico: lo avevano dichiarato essi stessi già nel 1970.

Nell’osservare quanto accade oggi in Tunisia, c’è chi pensa sia stata la rivoluzione a portare l’islamismo, ma l’islamismo è presente sin dagli anni Settanta del secolo scorso. Ovviamente la sua presenza è variata negli anni. Molti regimi politici, come quello tunisino, hanno inteso contrastare le forze della sinistra e delle proteste studentesche degli anni Sessanta favorendo il movimento islamista che divenne prominente con la rivoluzione iraniana. La rivista Al Maarifa, curata dagli attuali leader del movimento Ennahda, ottenne l’autorizzazione nel 1972. All’epoca gli islamisti presentavano le proprie idee in modo chiaro e diretto, al contrario di oggi. Vi leggo ora un estratto della rivista, risalente al 1973, in cui si parla di Darwin e di Freud: “Secondo il darwinismo noi siamo un sottogruppo della famiglia delle scimmie. Il freudianismo sostiene che ciascuno vive la propria esistenza solo per soddisfare i propri desideri sessuali, e arriva a suggerire che la nostra retorica celi il desiderio di avere relazioni sessuali con le nostre madri. A dettare queste aberrazioni sfacciate è uno spirito maligno”. Credo che il messaggio sia molto chiaro.

Questo modo di guardare alla scienza è caratterizzato dal concordismo, dal rifiuto delle teorie darwiniane, ma anche da una certa incoerenza. A tutt’oggi occorre attendere la vigilia dell’inizio del mese lunare per stabilire quando si terranno le festività religiose, che dunque non vengono fissate in anticipo. Aspettiamo di veder comparire la luna crescente, accettando le leggi della meccanica celeste per stabilire il momento delle cinque preghiere giornaliere. Vedete, quindi, che il mondo musulmano odierno presenta un blocco mentale nei confronti della scienza. Eppure in questa regione la scienza si è sviluppata per secoli, lasciandosi alle spalle un ricco patrimonio di sapere universale.

Torniamo ora a Ibn Khaldun, che nel XIV secolo, quando scrisse i suoi prolegomeni, aveva già fatto questa osservazione: “Quando il vento della civiltà ha cessato di soffiare sul Maghreb e al-Andalus e il declino della civiltà ha portato al declino delle scienze, le scienze razionali sono scomparse con l’eccezione di qualche superstite che si può ancora trovare presso un numero ridotto di persone isolate sotto la supervisione delle autorità della Sunna”. Le autorità della Sunna, quindi, controllavano gli spiriti liberi.

Il XIX secolo, però, ha rappresentato per il mondo musulmano il secolo del Rinascimento, il Nahda, che ha comportato un riavvicinamento alle scienze razionali e alle lingue straniere e l’affermarsi di istituzioni moderne, sia in Turchia che in Tunisia, Egitto e Iran. Bisogna osservare, in ogni caso, che nonostante la presenza di queste istituzioni, la gente continuò a essere istruita perlopiù nelle istituzioni tradizionali, che propugnavano un pensiero tradizionalista e una cultura tesa a garantire “una sopravvivenza artificiale di canali desueti privi di alcun collegamento con la scienza che trionfava in Europa”.

Nell’odierno mondo musulmano, il pensiero libero (libero, cioè, dai limiti imposti dal dogma) non è sottoposto alla supervisione delle autorità della Sunna, come denunciava Ibn Khaldun, ma alla violenza dei nuovi custodi della fede. La nuova retorica sulla scienza è figlia di una nuova classe di predicatori che sta emergendo grazie ai più avanzati mezzi tecnologici; il margine di influenza di questi predicatori si estende ben oltre i confini delle moschee. Poco fa ho citato Harun Yahya e il suo sito internet, ma ci sono anche altri. Potremmo citare alcune celebri figure satelliti, come il volto dell’Al Jazeera qatariota Yusuf al-Qaradawi, secondo il quale “la scienza è religione e la religione è scienza”. La scienza, quindi, è accettata solo se si integra con la religione. Non ha un proprio dominio autonomo, come spiegano chiaramente le teorie concordiste e gli scritti anti-evoluzionisti ispirati ai creazionisti americani.

Purtroppo questo dilagare generalizzato di predicatori riflette le considerevoli risorse economiche a loro disposizione. Tali risorse sono stanziate dai sostenitori dell’islam politico, che osteggiano la modernità e sperano di imporre un programma dominato dal pensiero dogmatico, che condizioni la vita sociale e culturale e neghi l’universalità dei diritti umani nel nome di una specificità musulmana. Questo dogmatismo religioso esige che il pensiero si esplichi soltanto sullo sfondo della rivelazione, sfondo che esclude il ruolo della ragione e della via autonoma verso la conoscenza. Per Ibn Taymiyya, “la ragione non può che essere subordinata alla rivelazione e ridotta a un solo scopo: credere nella verità di tutto ciò che deriva dal Profeta. La certezza del testo non può essere messa in discussione dall’esercizio incerto della ragione umana, che è sempre fallibile e soggetta al dubbio. La ragione non può portare ad alcuna conoscenza certa, ma c’è di più: produce frizioni e genera disordine”.

In contrasto con questo atteggiamento dogmatico, potremmo citare il pensiero razionalista di Al Jahiz, che nel IX secolo scrisse: “Il dubbio ha vari gradi, eppure non si riconosce che anche la certezza ha gradi e livelli gerarchici, che possono essere più o meno forti”.

Qual è la prospettiva dei teologi su Darwin? Purtroppo non tutti i teologi hanno scelto la via dell’apertura nei confronti del mondo. Vorrei citare Battikh, ex mufti della Repubblica di Tunisia. Nel 2009 fu intervistato da un giornalista nell’ambito di un servizio sull’Islam e il darwinismo, realizzato in occasione del bicentenario della nascita di Darwin. Battikh afferma che “il darwinismo è una teoria falsa perché non poggia su basi concrete, ma su concetti teorici smentiti dai fatti. Se questa teoria fosse fondata, l’evoluzione sarebbe proseguita e l’uomo si sarebbe trasformato in un’altra specie… È bene fare presente che la scienza moderna ha contraddetto il darwinismo con la teoria del codice genetico”.

Questo, ad ogni modo, non è il solo punto di vista illustrato nel servizio: c’è anche quello di un collega specializzato in biologia che insegnava l’evoluzionismo alla Facoltà di Scienze di Tunisi e che spiega, giustamente, come la teoria dell’evoluzione fosse diffusa ancor prima di Darwin presso alcuni pensatori musulmani, come quelli dell’Essafa Ikhwan, la “fratellanza della purezza”.

Tra i teologi ho citato il mufti della Repubblica di Tunisia che rifiuta il darwinismo, ma ci sono anche teologi di parere diverso. In Europa, potrei fare il nome di Tareq Oubrou, rettore e imam della moschea di Bordeaux, il quale spiega chiaramente che il Corano è del tutto compatibile con la teoria dell’evoluzione. A differenza della Bibbia, infatti, il Corano non contiene una presentazione storica della genesi, ma si limita a evocare il momento in cui un antenato diretto e comune a tutta l’umanità emerse da un materiale inerte: l’argilla. C’è poi la questione dell’origine acquatica di tutti gli esseri viventi, inclusi gli uomini, che secondo Oubrou potrebbe rappresentare “un argomento a favore della teoria dell’evoluzione, di questo antenato che emerge da elementi organici”. Vedete, quindi, che non esiste un punto di vista unico del mondo musulmano o in quello dei teologi – naturalmente non parlo di scienziati – e, pertanto, possiamo sperare che questo pensiero aperto e autenticamente scientifico possa affermarsi in futuro.

A tal proposito, a gennaio 2012 è capitato qualcosa di molto interessante in Egitto, con la dichiarazione di al-Azhar sulle libertà fondamentali, sottoscritta da vari intellettuali su impulso di Ahmen Muhammad el-Tayeb, il quale si batte per l’indipendenza dell’Università di al-Azhar ed è fautore di un Islam moderato. Un paragrafo molto interessante della dichiarazione recita: “La condizione più importante affinché la ricerca scientifica possa svolgersi è che gli istituti di ricerca e i ricercatori godano di una piena libertà accademica nei propri esperimenti e nella formulazione di ipotesi e assunti, in osservanza di specifici standard scientifici. È prerogativa di queste istanze utilizzare la propria immaginazione creativa e la propria esperienza per ottenere risultati utili al progresso del sapere umano. In questi studi, i ricercatori sono guidati dalla sola etica della scienza, nonché dai metodi e dai princìpi scientifici. Ai loro tempi, gli ulema come al-Râzî, Ibn al-Haytham, Ibn al-Nafîs e altri erano i luminari delle scienze, pionieri a est e a ovest per moltissimi secoli. È tempo che l’Umma arabo-islamica torni a essere competitiva e faccia il proprio ingresso nell’età della conoscenza”. Vedete, quindi, che molti teologi di al-Azhar sono aperti, al contrario del gran imam di al-Zaytuna.

La Tunisia, comunque, presenta un alto grado di modernità, che le deriva dal secolo della rinascita e da quello dell’indipendenza. Cosa bisogna fare, adesso? Dobbiamo proteggere l’istruzione dagli integralisti e sfidare chi contrappone la certezza della rivelazione all’incertezza della ragione. Dobbiamo farlo perché oggi siamo costretti a difendere i nostri figli dagli islamisti che aspirano a condizionarli.

Possiamo vedere chiaramente in che modo gli integralisti attaccano le istituzioni scolastiche. Sono celebri i numerosi contenziosi relativi al famoso "caso Scopes" (il cosiddetto “processo delle scimmie”) negli Stati Uniti.

Prima ho citato la risoluzione del Consiglio d’Europa del 2007, in cui si legge, in particolare, che il rifiuto della scienza nel suo complesso rappresenta una delle più gravi minacce ai diritti umani e civili. La scuola, dunque, va salvaguardata. La storia recente di alcuni Paesi musulmani, inclusi i più moderni come la Tunisia e la Turchia, dimostra che l’idea obsoleta di favorire gli islamisti o i movimenti più conservatori per contrastare la sinistra estrema ha prodotto distorsioni e, purtroppo, fenomeni di indottrinamento con un chiaro impatto negativo sui nostri giovani. Le rivoluzioni arabe del 2011 hanno portato a una maggiore libertà di parola. Non si è trattato di rivoluzioni condotte da islamisti, ma da giovani che hanno utilizzato ingegnosamente la rete per aggirare la censura. Quindi continuo a essere felice del fatto che il mio Paese e altri siano stati liberati dai rispettivi regimi dittatoriali. Ad ogni modo, la strada che abbiamo davanti è accidentata perché sono emersi movimenti religiosi estremisti che godono di un enorme sostegno economico, grazie al quale si sono potuti radicare entro questo contesto. Credo che ci sia una speranza, e che l’unica via d’uscita risieda nel riconoscimento dei diritti individuali, della libertà di pensiero, di coscienza e di fede. Per contrastare la poderosa spinta contro la libertà, dobbiamo essere padroni della scienza e utilizzarla per il meglio. Gli interventi di ieri e di oggi hanno illustrato in che termini dobbiamo essere padroni della scienza – considerandone anche l’impatto significativo sulla salute, sull’ambiente e su altre sfere – e della tecnologia. C’è molto da fare al fine di proteggere la scuola e l’università dalle azioni degli estremisti.

Per rimanere sul versante positivo, vi porterò ad esempio alcune importanti iniziative di insegnanti nel mio Paese. In Tunisia si è svolto un lavoro molto interessante rispetto all’insegnamento dell’evoluzione della vita. Saida Aroua, collega che lavora presso la Facoltà di Scienze dell’Università El Manar, ha condotto un’indagine tra i diplomandi cui viene insegnata la teoria dell’evoluzione (nei programmi delle superiori e delle università tunisine, infatti, è previsto l’insegnamento della teoria evoluzionista). L’indagine si concentrava su due criticità: la prima, più generale, consiste nella mescolanza degli argomenti di riferimento, vale a dire quello scientifico e quello teologico; la seconda, strettamente collegata alla prima, è un’idea confusa circa l’eterogeneità degli organismi viventi, che è spiegata come il risultato dell’opera divina e del processo evolutivo. Aroua ha svolto un’attività didattica insieme agli studenti. Ha utilizzato testi contemporanei e storici sull’eterogeneità degli esseri viventi e sulle idee evolutive dell’era arabo-islamica medievale, accanto a testi di Buffon, Lamarque, Darwin e articoli sul meccanismo dell’evoluzione. L’obiettivo era quello di aiutare gli studenti a comprendere i processi di costruzione del sapere metodologico in biologia. L’approccio proposto ha permesso agli studenti di iniziare a operare una distinzione tra la tesi scientifica e quella teologica e di mettere in discussione la propria idea circa l’eterogeneità degli organismi viventi. Vi cito uno dei commenti conclusivi di un diplomando: “Se si crede alle tesi religiose, tutto è stato creato nella forma in cui esiste attualmente. Non c’è nulla che possiamo aggiungere. È così che le cose sono state create, è così che le vediamo, e dobbiamo accettarlo. Se invece seguiamo un approccio scientifico, scopriamo perché gli esseri umani sono come sono. Come si sono evoluti? Che cosa dimostra che si sono evoluti? In altre parole, noi studenti ci comportiamo come scienziati che analizzano e cercano soluzioni”. Dovremmo rinnovare, promuovere e diffondere la consapevolezza di questa esperienza per dare speranza a tutti gli insegnanti, per dire loro che vale la pena di mostrare agli studenti la ricchezza della scienza e la forza del metodo scientifico.

Vorrei concludere citando un’altra esperienza positiva: un’iniziativa della comunità scientifica internazionale che ha visto il coinvolgimento di accademie scientifiche di 68 Paesi fra Europa, Stati Uniti, America latina, Asia e Africa. C’erano anche accademie di Paesi musulmani, tra cui la Repubblica islamica dell’Iran, il Pakistan, il Regno di Marocco, la Palestina e la Turchia. Nel 2006 queste 68 accademie hanno sottoscritto una dichiarazione sull’insegnamento dell’evoluzione. In questa dichiarazione si legge che, sebbene non sia stata ancora fatta luce su molti dettagli, non esistono prove scientifiche che contraddicano i risultati dell’evoluzione biologica. Inoltre si leggeva che il sapere scientifico trae origine dalle domande che ci si pone sulla natura dell’universo, i cui risultati e i cui effetti sono innegabili. Tutto questo è indice dell’esistenza di una comunità scientifica caratterizzata da valori umani condivisi, che si batte per l’autonomia della scienza e ne incoraggia la promozione attraverso le controversie. Speriamo che questa comunità si faccia sentire sempre di più e neutralizzi chi vuole distorcere la scienza e porre un freno alla libertà di ricerca scientifica.

(In risposta a una domanda dal pubblico:)

Prima di parlare della Costituzione, vorrei spendere qualche parola sulla questione femminile, visto anche che in questo incontro abbiamo parlato di interruzione volontaria della gravidanza. Sotto questo profilo, la Tunisia è stata un Paese molto avanzato: l’IVG è consentita dal 1973. Le maggiori possibilità di pianificazione familiare hanno permesso alla Tunisia di godere dello sviluppo economico che ha conosciuto. Attualmente, con il governo islamico, le donne sono scoraggiate dall’interrompere una gravidanza anche se hanno già altri figli. Il secondo punto importante è la mancanza della pillola contraccettiva. Capite quindi che, benché le leggi non siano state modificate, di fatto si registrano piccoli cambiamenti che potrebbero acquisire una rilevanza maggiore.

Quanto alla Costituzione, non è stata completata. È in corso una grande battaglia per far valere la nostra prospettiva e tenere vivo l’approccio modernista. Purtroppo l’articolo sulla libertà di ricerca scientifica che è stato proposto è davvero insufficiente: cita in modo vago la necessità di riconoscere la libertà accademica, senza ulteriori e opportuni chiarimenti. Le norme attualmente vigenti nel nostro Paese in materia di ricerca scientifica non garantiscono libertà. Non c’è un’istanza che rappresenti i ricercatori in modo democratico e, viste le leggi che regolano la ricerca scientifica, tutto è possibile. A chiunque potrebbe essere impedito di fare ricerche sugli studi islamici o su altre questioni sensibili.

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