......................L'indagine ha peraltro messo in evidenza tutte le difficoltà legate alla concreta attuazione di questa prospettiva così avanzata, facendo emergere gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione di una pubblica amministrazione veramente moderna ed in sintonia con i bisogni dei cittadini. Da un lato è emersa nel corso delle audizioni la carenza di una normativa secondaria di carattere tecnico che traduca in concreto i principi posti a livello generale. Per altro verso, è stato evidenziato come le strutture amministrative mostrino in alcuni casi una notevole lentezza ad adeguarsi ai nuovi principi, per motivi legati in parte al mancato funzionamento pratico dei meccanismi di coordinamento, in parte alle difficoltà nella gestione delle risorse, in parte a carenze di natura tecnica.Sotto questo aspetto è stato osservato, in particolare dagli esperti, che l'informatizzazione dei processi di per sé non porta necessariamente ad una modernizzazione dei servizi offerti. Perché l'uso delle tecnologie informatiche si traduca in un aumento dell'efficienza della pubblica amministrazione occorre che esso sia supportato da una capacità progettuale da parte delle amministrazioni. L'informatica è al servizio dell'attività amministrativa e solo sulla base di una razionale, accurata e consapevole attività di snellimento, di semplificazione e di adattamento dei procedimenti amministrativi alle nuove esigenze di celerità e di trasparenza nell'offerta dei servizi pubblici essa può dare frutti maturi. Gli esperti, in particolare, hanno sottolineato come le tecnologie dell'informatica siano un mero «fattore abilitante», uno strumento che deve essere accompagnato da altri interventi che riguardano le norme, il rinnovamento culturale, i sistemi di programmazione e controllo e la formazione delle competenze necessarie. L'informatizzazione non può servire di per sé a risolvere i problemi dell'azione amministrativa. Solo una amministrazione di qualità può consentire al processo di informatizzazione di tradursi in formidabile spinta per lo sviluppo del Paese. Anche l'analisi sul rapporto tra pubbliche amministrazioni e mercato dell'ICT conferma questo dato. C'è un problema rappresentato dal sistema delle gare pubbliche, c'è un problema relativo alla posizione debole della pubblica amministrazione come contraente, c'è un problema rappresentato dalla frammentazione e dalla inadeguatezza qualitativa della domanda che viene dalle pubbliche amministrazioni, la quale non sfrutta appieno le potenzialità di innovazione insite nelle tecnologie informatiche.Il costo dell'ignoranza informatica è stimato in 2 miliardi di euro annui con riferimento al solo settore sanitario. Per quanto riguarda il profilo delle risorse disponibili per portare avanti l'obiettivo dell'informatizzazione delle nostre strutture pubbliche, è necessario riflettere su alcune componenti quantitative e qualitative della spesa. Sul piano quantitativo, da un confronto con gli altri paesi europei, emerge che la spesa pro capite per l'ICT da parte della pubblica amministrazione del nostro Paese risulta inferiore a quella della maggior parte dei Paesi europei. In una rilevazione fornita dal CNIPA che ha interessato 16 paesi dell'Unione europea, l'Italia occupa il dodicesimo posto, con una spesa pro-capite di 51,3 euro annui, a fronte dei 254,8 euro della Svezia, cui spetta il primo posto, dei 147,5 euro del Regno Unito, degli 86 euro della Francia e dei 72,3 euro della Germania. Sul piano qualitativo, si registra un peso eccessivo della quota di spesa destinata alla gestione ed alla manutenzione dei sistemi informativi rispetto a quella destinata allo sviluppo e agli investimenti. Nel 2008 si è registrato sotto questo profilo un miglioramento piuttosto significativo nelle amministrazioni centrali: la quota di spesa destinata allo sviluppo è infatti passata dal 45,8 per cento del 2007 al 54, 2 per cento del 2008. Resta peraltro da verificare se il dato sia ascrivibile ad un'effettiva inversione di tendenza o non sia un dato episodico, riferibile ad un singolo anno. Inoltre le attuali modalità di formazione del bilancio non risultano in grado di cogliere le potenzialità connesse alle spese per investimenti in un settore quale quello dell'informatizzazione. Gli investimenti in questo settore rappresentano un costo nell'immediato i cui benefici sono destinati a prodursi a distanza di tempo ed in favore di unità organizzative diverse da quelle che hanno determinato la spesa. È necessario al riguardo individuare nuovi strumenti per la valutazione degli investimenti che tengano conto della complessità di questo fenomeno. .............Questo è un punto cruciale: occorre spendere di più e meglio per allargare l'offerta dei servizi in rete a vantaggio di cittadini e imprese. Sotto questo profilo è emerso come i progetti di implementazione dei servizi e i progetti di infrastrutturazione della rete siano intimamente correlati e complementari: creare un'infrastruttura capace di supportare i servizi rappresenta, dunque, la condizione per lo sviluppo del piano e-gov 2012 del Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione e, per tali ragioni, è stato evidenziato come i due piani siano stati presentati in modo coordinato dai due ministeri - pubblica amministrazione e innovazione e sviluppo economico e comunicazioni - nel progetto «Cittadinanza digitale». L'accesso alle infrastrutture di telecomunicazione a banda larga e alle tecnologie informatiche evolute è infatti riconosciuto ormai come uno dei bisogni primari per lo sviluppo sostenibile di un territorio........... È risultato, infatti, come spesso si assista ad una spiccata capacità, da parte degli enti locali, di rappresentare il front office anche attraverso l'informatizzazione, evidenziando un buon livello di comunicazione iniziale. Poi, però, quando si tratta di passare a erogare veri servizi ai cittadini e alle imprese, emergono dei problemi, anche per una difficoltà di coordinamento tra regioni ed enti locali. È stata evidenziata da più parti la assoluta necessità di rafforzare una linea di indirizzo condivisa, attorno a un unico asse che, nel rispetto delle sfere di autonomia costituzionalmente previste, consenta allo Stato di esercitare le funzioni di coordinamento informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale ad esso attribuite in via esclusiva dall'articolo 117, comma secondo, della Costituzione. In particolare, da parte degli enti locali è pervenuta la richiesta di essere coinvolti, a livello di programmazione, in un progetto di maggiore ampiezza, con direttive più certe da parte dello Stato. A queste esigenze si ispira il piano «E-Government 2012», presentato dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, on. Renato Brunetta, nel gennaio 2009 e nella stessa direzione sembra andare il «Piano straordinario Stato, regioni, enti locali per l'attuazione dell'e-government. E-gov 2010», approvato dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome nella seduta del 9 aprile 2009.
ma nonostante quanto sopra rilevato , il governo: ............. Banda larga: il governo congela 800 milioni , clicca qui' x l'articolo 4 novembre 2009 Gli 800 milioni del piano Romani-Brunetta per il superamento del «digital divide» e che da tempo attendono di essere sbloccati dal Cipe sono stati sostanzialmente congelati in attesa della fine della crisi, «perché il governo ha cambiato l'ordine delle priorità». Lo ha spiegato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, che, in merito all'ipotesi avanzata dal vice ministro alle Comunicazioni Paolo Romani di ricorrere al mercato finanziario se i fondi pubblici non saranno disponibili, ha commentato: «Faremo l'uno e l'altro».
oppure come spiega l'ADUC , clicca qui' x articolo:
BANDA LARGA E GLI 800 MILIONI CONGELATI: L'AVVERTIMENTO DEL GOVERNO A TELECOM ITALIA
..............Il contrasto è tra il Governo (tutto) e Telecom Italia; alla base del quale c'è un dubbio del Governo (tutto): che dobbiamo farne di Telecom Italia? Continuare a garantirgli privilegi, nella speranza che rimanga italiana? Oppure toglierglieli e vedere cosa accade? Vivacchiare e finire definitivamente nella pancia della spagnola Telefonica (già ora indirettamente azionista di maggioranza relativa)? Oppure qualcos'altro? Il perche' del congelamento. Il Governo (tutto) pensa che stanziando questi spiccioli dia ancora respiro a Telecom Italia che da un lato e' troppo forte per essere fatta fuori e sostituita, dall'altra è troppo debole per poter continuare a essere l'asse portante delle telecomunicazioni italiane (e nelle quali non si sa chi comanda). Troppi i debiti e precario l'assetto societario che vede azionista di maggioranza relativa, seppur indirettamente, Telefonica, lo straniero che tanto fastidio dà, all'attuale e ai passati governi. Con il congelamento, il Governo (tutto) ha lanciato un messaggio a Telecom Italia: non pensare di continuare a vivacchiare sfruttando i nuovi investimenti pubblici nella Rete. Telecom Italia, infatti, deve investire pesantemente nella propria rete che va adeguata ed estesa. Farlo coi soldi pubblici è la miglior cosa, ovviamente; le permetterebbe di continuare a sfruttare la rendita di posizione di cui gode. Un vantaggio che il Governo (tutto) non vuol concedere. Perchè ha a cuore l'interesse degli italiani, imprese e cittadini? Oppure altro? Dietro i muri del potere si possono intuire altri scenari, come il coinvolgimento di Poste Italiane (controllate da Tremonti) in Telecom o addirittura una sorta di fusione Telecom-Mediaset (del presidente del Consiglio). Sono scenari, ipotesi, balle messe in giro ad arte, ma confermano che gli 800 milioni congelati sono solo un avvertimento, un elemento tattico in vista del dispiegamento a tutto campo delle truppe. Una partita, quella della Rete, che si sta giocando sotto traccia e che vede coinvolti anche Rai e Sky, visto che ormai è alle porte la totale 'fusione' e interoperabilità tra tecnologie che permettono la trasmissione di contenuti: etere, cavi, satellite. Se realmente si avesse a cuore l'interessi degli utenti, si potrebbe sbrogliare facilmente tutta la matassa. E' assodato che Telecom Italia è ormai un peso morto per lo sviluppo del Paese; al contempo è complicato giuridicamente 'espropriarle' la Rete (di vecchia generazione) da cui la nuova (in fibra ottica) non può prescindere. C'è una via d'uscita: inserire negli obblighi attribuiti al gestore che deve garantire il servizio universale anche la fornitura per tutti di un collegamento in banda larga minimo di uno o due mega. In questo modo, Telecom Italia o si decide a mettere sul mercato la propria rete (riducendo drasticamente la sua montagna di debiti) oppure si dà un nuovo assetto proprietario, con soci disposti a investire per davvero. E' in questa direzione che va la proposta lanciata da noi dell'Aduc............
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