lunedì 2 novembre 2009
sorvegliare e punire : m. foucault , clicca qui'
Sorvegliare e punire: la nascita del potere disciplinare
Confermando il fascino esercitato su Foucault dalle immagini vivide, il preludio di Sorvegliare e punire (1975) è ancora più sensazionale di quello della Storia della follia, con la sua particolareggiata descrizione dei lebbrosari trasformati in manicomi. Ad aprire questo libro è la descrizione della spettacolare esecuzione di Robert-François Damiens che, nel 1757, aveva attentato alla vita di Luigi XV, che, peraltro, scampò indenne. La descrizione ripresa da Foucault è particolareggiata e agghiacciante: dapprima tenagliamento al petto e agli arti con strumenti incandescenti, poi combustione con zolfo della mano che aveva compiuto l'attentato, quindi il corpo, o meglio ciò che ne rimaneva, tirato e smembrato da quattro cavalli e alla fine consumato dal fuoco. Tutto questo davanti al popolo di Parigi che per nulla al mondo avrebbe mancato un tale spettacolo . Solo tre quarti di secolo più tardi, con l'intermezzo di una lunga rivoluzione e dell'Impero, nei giorni ormai pienamente borghesi di Luigi Filippo, un altro regicida mancato, Fieschi, veniva giustiziato senza tutta quella macabra esibizione. Allo stesso tempo - come mostra un puntiglioso insieme di regole redatto in quel periodo per una casa di detenzione di giovani carcerati a Parigi - nella meticolosa programmazione della giornata dei carcerati, veniva esibita una inventiva per nulla inferiore all'insieme di crudeltà rituali mostrate nell'esecuzione di Damiens. La tortura brutale del passato aveva lasciato il posto a una puntigliosa iper-regolamentazione: già negli anni '30 del secolo diciannovesimo la punizione quale spettacolo raccapriciante scomparve; essa fu sostituita da grandi prigioni, che si diffusero in tutto l'Occidente quale nuovo elemento importante del panorama urbano: nasceva così la "società carceraria". In Sorvegliare e punire Foucault sostiene che è necessario considerare la punizione e la prigione come complesse funzioni sociali, e non semplicemente come un insieme di meccanismi repressivi. La punizione non dovrebbe essere considerata esclusivamente nel suo aspetto giuridico, nè come un riflesso delle strutture sociali; l'approccio di Foucault all'istituzione carceraria, piuttosto, è un modo per isolare lo sviluppo di una specifica tecnica di potere...............
L'ampio sviluppo strategico analizzato da Foucault può essere sintetizzato nel seguente imperativo: fare della tecnologia del potere il "principio dell'umanizzazione della penalità e della conoscenza dell'uomo". In questa strategia il bersaglio principale è costituito dal corpo. ...................La prigione resta tuttavia la figura principale usata da Foucault per porre in risalto le trasformazioni intervenute nelle tendenze dell'Occidente riguardo alla disciplina stessa. Questa storia di rapporti di potere e relazioni d'oggetto può essere esplicata riassumendo le tre figure di punizione che Foucault ci fornisce. Esse sono: la tortura quale strumento del sovrano; la rappresentazione ideale, intesa come l'utopia dei riformatori umanisti dell'età classica; e infine la prigione e la sorveglianza normalizzatrice, vale a dire la moderna tecnologia di potere disciplinare.Nella prima figura, la tortura era la forma paradigmatica della punizione. I criminali venivano suppliziati, torturati, squartati e costretti, al momento della loro morte, a confessare i loro crimini al cospetto della folla in uno spettacolo pubblico. Foucault spiega che questo supplizio pubblico era un rituale politico. La legge veniva presentata come simbolo della volontà del sovrano e colui che la violava doveva rispondere della sua ira. Un'infrazione alla legge veniva considerata come un atto di guerra, come un attentato violento alla persona del re, il quale era tenuto a rispondere in modo proporzionale o meglio, attraverso una dimostrazione di forza. Esisteva tutto un procedimento formale che portava a questo "carnevale delle atrocità": veniva istituita un'accusa che, in tutta segretezza, raccoglieva le prove; a completamento della procedura si esigeva la confessione dell'accusato (tenuto all'oscuro delle prove raccolte a suo carico); e questa confessione la si otteneva mediante il rituale del supplizio eseguito in pubblico. Esso non era un atto di furore bestiale ma, al contrario, un modo scientifico di infliggere sofferenza al corpo: "Il supplizio poggia su tutta un'arte quantitativa della sofferenza [...]. La morte-supplizio è l'arte di trattenere la vita nella sofferenza, suddividendola in 'mille morti' e ottenendo, prima che l'esistenza si concluda, 'le più sublimi agonie'". Lo sviluppo di questa arte così minuziosamente calcolata era legata in modo diretto ai codici legali: il dolore inflitto al corpo doveva essere adeguato al crimine commesso. Il momento culminante del rituale, vale a dire l'esecuzione, veniva a coincidere con il momento culminante dell'inchiesta giudiziaria. Verità e potere risultavano così congiunti l'uno all'altro. In sintesi, la figura del supplizio riunisce in sé un complesso formato da potere, verità e corpo. L'atrocità della tortura era una dimostrazione di potere che rivelava anche la verità. La sua applicazione era un atto di vendetta e, allo stesso tempo, un'arte. Ma il fatto che si trattasse di un rituale discontinuo, ogni volta da rappresentare in un luogo nuovo e su un corpo nuovo, indicava che il potere del sovrano non era applicato con continuità; e, nella stessa direzione, agiva la confessione pubblica durante il supplizio. In essa era insita una forma specifica di resistenza. La presenza di grandi folle a queste dimostrazioni di potere era un'arma a doppio taglio: mentre da un lato queste manifestazioni servivano infatti a suscitare il terrore tra i presenti, dall'altro potevano presentare il rischio che si generassero rivolte o proteste (qualora l'esecuzione fosse stata giudicata ingiusta); il criminale poteva essere liberato e i carnefici potevano essere assaliti o linciati dalla folla. In sintesi, in questi spettacoli di atrocità c'era "tutto un aspetto da carnevale in cui i ruoli sono rovesciati, le potenze sbeffeggiate e schernite, ed i criminali trasformati in eroi".
Nel corso del XVIII secolo un gruppo di riformatori umanisti produsse un nuovo tipo di discorso che attaccava gli eccessi di violenza, le ostentazioni del potere sovrano e l'apoteosi della vendetta della folla. Essi chiedevano l'abolizione dello spettacolo dell'atrocità: "Occorre che la giustizia criminale, invece di vendicarsi, finalmente punisca". Inoltre era tale l'eccesso da ambo le parti che questo sistema finiva per essere inefficace: l'esercizio spettacolare, ma anche personale e irregolare, del potere da parte del sovrano mostrava che queste cerimonie avevano un effetto di deterrenza sempre minore nei confronti del crimine. Essi proposero un nuovo tipo di punizione che associava una maggior clemenza ad una maggior efficienza nelle sue applicazioni. La loro principale giustificazione teorica si basava sulla teoria del contratto sociale, secondo la quale la società è composta di individui che si sono riuniti e hanno formato una società attraverso un accordo contrattuale. Il crimine non veniva più considerato un attacco alla persona del sovrano ma come una rottura del contratto, vittima della quale era la società intera. Ogni qualvolta veniva commesso un crimine, era l'intera società ad essere coinvolta, per cui la punizione doveva essere più clemente in quanto essa, da un lato doveva riparare al torto arrecato all'intera società, dall'altro doveva riportare il trasgressore all'interno di essa, cercando di renderlo produttivo. Questa riqualificazione del soggetto si basava su "tutta una tecnologia della rappresentazione": una punizione rappresentativa doveva immediatamente ricordare, agli spettatori che ne osservavano lo svolgimento, sia la natura del crimine che il rimedio imposto per correggerlo; essa doveva funzionare come deterrente, come indennizzo per la società e come lezione; non poteva più dipendere dalla volontà arbitraria del sovrano, ma doveva coincidere con il vero ordine della società..............................................
per il documento integrale : http://www.swif.uniba.it/lei/filpol/ktbo/21.html
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