lunedì 15 novembre 2010

il telelavoro va avanti , da Repubblica.it , Sara' meno stressante e meno inquinante ?

di FEDERICO PACE (stralci)
........................Pur di avere più autonomia, quasi sette su dieci disposti ad accettare un'offerta di impiego con una paga inferiore del 10 per cento............
 il sessanta per cento degli impiegati del mondo dei servizi. Tutti convinti che sia possibile riuscire a portare avanti il lavoro, anche con maggiore produttività, senza andare ogni giorno negli edifici aziendali. Tutto si può fare, o quasi tutto, accedendo in ogni istante, e da qualsiasi luogo, agli strumenti e alle informazioni dell'impresa.
L'insofferenza per i retaggi organizzativi aziendali, derivati dall'industria manifatturiera, anche laddove la presenza sembra avere perso importanza, emerge dall'indagine realizzata da Cisco, operatore mondiale attivo nel settore delle soluzioni di rete, che ha coinvolto 2.600 lavoratori e professionisti dell'information technology di 13 nazioni come l'Italia, il Regno Unito, la Spagna, la Francia, la Germania, gli Stati Uniti, il Messico, il Brasile, la Russia, l'India, la Cina, il Giappone e l'Australia.
L'inspiegabile obbligo. Sei su dieci pensano che tale obbligo non sia giustificato da alcuna necessità. E che la produttività non sia riconducibile alla contiguità fisica tra chi svolge una mansione e chi chiede che venga ultimato un progetto o analizzata una documentazione. La sensazione è percepita in maniera particolare dagli indiani dove il 93 per cento ritiene che questa presenza non incida sul livello di produttività. L'evoluzione sembra quasi naturale, soprattutto ora che il tempo del lavoro e quello della vita privata, come due affluenti che hanno dato luogo a un unico fiume, sono dimensioni in cui ciascuno è immerso per tutto il giorno.
Le riunioni e l'interazione quotidiana. Gli italiani, in qualche modo, sono tra quelli che mostrano le maggiori timidezze riguardo questa convinzione. Da noi il 53 per cento pensa che sia necessario essere presenti in ufficio per prendere decisioni, perché "nulla sostituisce l'interazione quotidiana tra le persone". Insieme a noi mostrano un certo attaccamento ai luoghi fisici e alle relazioni concrete, anche i giapponesi e i tedeschi.
In media, un quarto dei lavoratori appare consapevole che qualche volta è importante ritrovarsi in un ufficio soprattutto per partecipare a specifiche riunioni ma, allo stesso tempo, non ritiene sia necessario recarsi in ufficio per le mansioni quotidiane e di routine. C'è poi un otto per cento convinto di essere più produttivo, per il modo con cui riesce a gestire il proprio tempo, lavorando da casa o in maniera remota. La pensano così il 35 per cento degli indiani, il 12 per cento degli inglesi e il sette per cento dei francesi. In Italia solo il 5 per cento condivide questa idea.
Privilegio vs diritto. Circa quattro lavoratori su dieci ritiene che, nel contesto del mondo del lavoro attuale, l'accesso remoto sia un diritto. Poco meno del doppio, non è dato sapere se con una punta di amarezza, confessa che il telelavoro rimane invece una sorta di privilegio. E la caratteristica di concessione benevola pare avere spazio soprattutto negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Italia, in Spagna e in Giappone.
Più tempo, più lavoro. Per una sorta di paradosso, chi riesce ad ottenere quello che potrebbe sembrare una sorta di privilegio, poi lavora anche più. Tra quelli che hanno accesso alle reti aziendali circa la metà ammette di lavorare tra due o tre ore in più di straordinari. Accade lo stesso al 46 per cento degli italiani. Un altro venticinque per cento lavora almeno quattro ore in più al giorno. Lo stesso dice il 18 per cento degli italiani. Mentre un altro dieci per cento, confessa di essere sempre online e che lavora per "tutto il tempo che è sveglio".
Gli ostacoli. Ma quali sono i limiti a uno sviluppo più deciso del telelavoro? Per un 35 per cento le ragioni sono riconducibili al ruolo che si riveste in azienda. Così dice anche il 36 per cento degli italiani. Ma in Italia a prevalere sembrano essere più che altro le politiche aziendali (il 39 per cento), ragione che nella media mondiale riguarda il 24 per cento dei casi. A pesare anche le limitazioni del budget (il 29 per cento nel mondo e il 33 per cento in Italia). Un altro ostacolo è rappresentato dalle convinzioni dal capo ufficio che coordina i suo collaboratori. Soprattutto in Italia. Così infatti rispondono il 21 per cento dei lavoratori italiani..................

orso castano : c'e' u problema per il telelavoro : l'isolamento, che puo' essere superato con i social network dei lavoratori . Ancor di piu' l'obiettivo di un web libero e gratuito e' fondamentale. Poter  confrontarsi, mettere in comune idee  e forze per organizzarsi attraverso teleconferenze puo' fare da contrappeso a questa nuova forte tendenza di forma di lavoro piu' "risparmiosa" per il datore di lavoro, ma non priva di controcanto sul piano delle relazioni tra lavoratori con ricadute sui oripri diritti

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