domenica 13 febbraio 2011

Il pensiero femminista dagli anni Settanta ad oggi: un breve excursus , scritto da Annadebora Morabito Domenica 02 Marzo 2008 14:13



Gli studi di genere costituiscono una realtà composita che consta di molteplici approcci metodologici e svariati punti di vista; di essi fornirò un breve excursus in relazione al movimento femminista.
Il movimento femminista come soggetto politico nasce tra la fine degli anni Sessanta e la prima metà degli anni Settanta del secolo precedente.
In concomitanza con lo strutturarsi del movimento politico, si forma “il pensiero femminista”, che costituisce probabilmente il più proficuo apporto alla contemporanea teoria della cultura. È una tipologia di pensiero complesso, connotato da diverse posizioni.
Tra queste se ne possono distinguere quattro, ognuna delle quali presenta delle caratteristiche peculiari e spesso in contrasto con le altre: l’essenzialismo, il decostruzionismo, il pensiero della differenza sessuale e la visione postmoderna.
L’essenzialismo poggia sull’idea che sia la struttura anatomica dei corpi a definire la specificità dei soggetti. Ognuno dei due sessi presenta pertanto caratteristiche proprie e contrastanti – l’essenza maschile e quella femminile- determinate unicamente dall’appartenenza ad un sesso piuttosto che all’altro. L’essenzialismo nasce come corrispettivo teorico delle lotte per l’uguaglianza dei diritti socio-politici del primo femminismo politico e ha il ruolo di valorizzare la “tipicità” della cultura femminile. L’assunto che esista una “specificità femminile” fondata sulla biologia viene ampiamente confutato.
Innanzitutto, parlare del soggetto donna in relazione ad un’essenza significa non considerarne le “diversità”, ovvero la complessità ed eterogeneità di differenze presenti nei soggetti femminili. Inoltre, rintracciare un’essenza identica a tutte le donne in relazione ad una base biologica comune, vuol dire non contemplare il mutamento e la processualità e cadere nella stereotipia.
Una la seconda modalità di approccio agli studi di genere nell’ambito del pensiero femminista è il decostruzionismo. Muovendo dal pensiero di importanti studiosi, quali Derrida, Foucault e Deleuze e andando in una direzione opposta rispetto all’essenzialismo, esso rintraccia la costruzione del genere nei processi storico-socio-culturali.
Il soggetto-donna è un puro costrutto ingenerato dal discorso, dal linguaggio e dalle pratiche culturali. L’approccio decostruzionista afferma perciò che destrutturando i presupposti di base della cultura fallologocentrica e le varie simbologie ad essa connesse -che hanno prodotto l’uomo e la donna - , si incrinerà il sistema sessista soggiacente alle culture occidentali. I postulati da scardinare, ad avviso dei decostruzionisti, sono correlati quindi ad una struttura socio-culturale dicotomica in cui l’uomo è detentore assoluto di potere, linguaggio, cultura, la donna assenza e/o subordinazione .
Tale movimento di pensiero ha avuto il merito di non reputare la donna quale soggetto monolitico e di esaltarne le differenze, con ciò intendendo i possibili orientamenti sessuali e le diverse razze; cade così il predominio del concetto “donna bianca eterosessuale”. Il decostruzionismo è stato tuttavia tacciato di essere poco ancorato alla realtà e al vissuto poiché la “decostruzione” che propone è puramente simbolica e poiché essa non postula una necessaria “ricostruzione” che consentirebbe alle donne di strutturarsi quale soggetto indipendente.
Il terzo approccio - il pensiero della differenza sessuale- è caratterizzato dall’analisi filosofica e politica. La categoria interpretativa della differenza sessuale nasce negli Usa durante gli anni Sessanta del Novecento come strumento di supporto ai movimenti delle donne, dei neri e degli omosessuali per diffondersi poi ulteriormente negli anni Ottanta in Gran Bretagna nell’ambito delle scienze umane. La differenza sessuale indagata è l’elemento cardine del processo di formazione dell’identità di genere in relazione anche all’appartenenza etnica e religiosa. Il pensiero della differenza sessuale assume enorme rilevanza nell’ambito degli studi di genere e si sviluppa soprattutto in Italia e in Francia. Un grosso impulso a questa linea di ricerca viene fornito dalla filosofa e psicoanalista lacaniana Luce Irigaray. La studiosa sostiene che, nella cultura occidentale, il pensiero maschile si sia affermato come universale, astratto e neutro imponendo un sistema che ingloba il soggetto femminile, ma di fatto lo esclude. Ciò significa che il sistema succitato non consente alle donne l’esplicitazione della propria “diversità” e la possibilità di autosignificarsi. Il significato è uno e stabilito dal soggetto maschile e le teoriche delle differenza, che in esso non si riconoscono, elaborano un’epistemologia e una cultura femminili altre, atte a definirle. Le studiose della differenza sessuale, traendo origine dalla corporeità dell’individuo, operano per una teoria della conoscenza alternativa e per nulla conciliabile con l’epistemologia maschile.
Un ultimo approccio, cui convergono studiosi di vari ambiti disciplinari, è rappresentato dalla teoria delle differenze situate o locali e dalla visione postmoderna. I loro criteri d’indagine si servono sia del pensiero postmoderno che delle ricerche di donne di diverse culture, etnie e classi sociali. Le elaborazione teoriche prodotte si incentrano sul rifiuto dell’idea di un’identità di genere monolitica, non soggetta al mutamento. Il genere è soprattutto, partendo da oggettive differenze anatomiche tra uomo e donna, il luogo della costruzione di significati mutevoli, fluidi e in divenire. Tali studiose/i contrastano la veridicità assoluta di una teoria e la sua pretesa di universalità: molteplici infatti sono le identità dal punto di vista etnico, sociale, razziale, variamente articolata è l’esistenza dei soggetti e multipla è l’identità sessuale. Interessantissimi i più recenti sviluppi sullo studio delle soggettività in relazione al pensiero postmoderno. Con questo termine si intende un tardo capitalismo postindustriale caratterizzato dalla crisi degli elementi centrali dei sistemi patriarcali - fallologocentrici ovvero stato, famiglia e potere maschile. In tale contesto, il femminismo può fare da rilevante strumento di indagine. Dalla crisi postmoderna si ha un ritorno al corpo, al vissuto ( fondamentale in tale direzione la psicoanalisi) e si profila l’affermarsi di una nuova soggettività femminile.
Gli studi più rilevanti a riguardo si attestano quelli sulle donne nere, sviluppatisi negli Stati Uniti (Bell Hooks), il femminismo lesbico anch’esso statunitense (Monica Witting, T. De Lauretis, A. Rich, J. Butler), il semiotico di J. Kristeva e gli studi della Irigaray in Francia. Notevoli infine i contributi apportati dai lavori di Donna Haraway col suo soggetto-cyborg, di Braidotti con il soggetto nomade e di Judith Butler col soggetto “queer”, cioè deviante e trasgressivo.

1 Un importante lavoro di ricerca in questa direzione, viene svolto da un gruppo di filosofe di Verona della comunità femminile di “Diotima”. Fra queste, le più importanti sono certamente Luisa Muraro e Adriana Cavarero. I contenuti presi da loro in esame sono specialmente il linguaggio e l’ordine simbolico della madre.

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