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L'istituto Luce e' una enorme fonte di dopcumentari e foto del dopoguera , foto e documentari che ci raccontano quanto drammatica fosse la situazone e quanti sforzi ,oltre che aiuti dall'esterno, fossero indispensabili per icostruire la nostrta nazione:
La sinistra socialista nel dopoguerra: meridionalismo
http://books.google.it/books?id=jRfE-jY296wC&pg=PA380&lpg=PA380&dq=disoccupazione+neldopoguerra&source=bl&ots=ca51_Dh-EM&sig=FnPLb3JO3sUrwUL3nCmhAnfgvj4&hl=it&sa=X&ei=YOb0U7z9KKX-4QSm8IC4CQ&ved=0CDsQ6AEwAg#v=onepage&q=disoccupazione%20neldopoguerra&f=falseDisoccupazione ed emigrazione in Italia dall’unità agli anni ‘90
LA SITUAZIONE DEL MERCATO DEL LAVORO NEL REGNO D'ITALIA
Il mercato del lavoro, dalla nascita dei Regno d'Italia (1861) a oggi, è sempre stato
caratterizzato dall'eccedenza dell'offerta di lavoro rispetto alla domanda, che ha
determinato due problemi particolarmente gravi come la disoccupazione e l'emigrazione.
In gran parte la disoccupazione è sempre dipesa da cause strutturali:
• la popolazione è sempre stata in eccesso rispetto alle risorse dei paese;
• lo sviluppo dei sistema economico è avvenuto in maniera squilibrata.
Fin dalla nascita dello Stato unitario esisteva un divario notevole tra lo sviluppo delle regioni
del Nord e quelle meridionali dei paese, dove la massa della popolazione era dedita
all'agricoltura, che, praticata ancora in forma estensiva e con tecniche arcaiche, procurava redditi
estremamente magri.
I FLUSSI MIGRATORI ALL'INIZIO DEL SECOLO
A distanza di pochi anni dall'unità del paese, di fronte a una situazione che diveniva sempre più
pesante per la maggior parte dei diseredati, prese avvio il fenomeno dell' emigrazione di massa.
Si trattava di forza-lavoro priva di una qualunque preparazione culturale (analfabeti) e
professionale (contadini, braccianti, manovali), che si diresse oltre oceano e, in particolare, verso
gli Stati Uniti. L'emigrazione, al momento, consentì di evitare conflitti sociali e le rimesse degli
emigrati rappresentarono una fonte di sostentamento per il Meridione; ma, a lungo andare, un
esodo così massiccio ha avuto ripercussioni negative sullo sviluppo dei Sud.
Dovunque i nostri lavoratori furono impegnati in lavori umili e la maggior parte di
loro visse in condizioni misere; l'inserimento risultò più facile nei paesi a economia
agricola (Brasile, Argentina), mentre fu particolarmente difficile negli Stati Uniti. Il
flusso migratorio registrò una flessione nel corso della prima guerra mondiale e fu piuttosto
contenuto durante il regime fascista, sebbene nella seconda metà degli anni Venti la
disoccupazione avesse raggiunto livelli preoccupanti.
LA SITUAZIONE OCCUPAZIONALE NEL SECONDO DOPOGUERRA
Dopo la seconda guerra mondiale la situazione occupazionale era veramente tragica: la
mancanza di posti di lavoro era generalizzata in tutto il paese e riguardava in particolare i
capifamiglia.
La maggior parte della forza-lavoro era impiegata nel settore agricolo in stato di
sottoccupazione, mentre il settore industriale era impegnato nella riconversione. Nel 1945 i
disoccupati superavano i due milioni, dislocati particolarmente al Sud.
Agli inizi degli anni Cinquanta, nonostante l'avvio della riforma agraria e gli aiuti
straordinari destinati al Mezzogiorno, gli industriali dei Nord trovarono un esercito di
lavoratori meridionali disoccupati e disponibili a trasferirsi per avere un lavoro; il che
consentì di mantenere bassi i salari, favorendo il cosiddetto "miracolo economico". Si
ebbe, infatti, una forte migrazione interna dal Sud, dove le famiglie erano sottoccupate
in agricoltura, verso le regioni settentrionali più industrializzate (Lombardia,
Piemonte). Per il Sud significò ancora una volta spopolamento e ristagno economico; mentre al Nord, dove
si originò il fenomeno dell'urbanesimo, si ebbero problemi sociali dovuti anche alla carenza di
servizi essenziali (case, scuole, ospedali ecc.).
L'offerta di lavoro si mantenne elevata per circa un decennio e, a metà degli anni Sessanta,
cominciò la tendenza alla diminuzione. Nelle regioni meridionali si era sempre più consapevoli che
l'unica possibilità di trovare lavoro era l'emigrazione, ma si era sempre meno disposti ad
allontanarsi dalla propria terra.
LA CONFLITTUALITÀ SOCIALE NEI PRIMI ANNI SETTANTA
Al Nord la domanda e l'offerta di lavoro si erano incentrate in particolare sugli uomini in età
media (35-55 anni), ma quando la domanda cominciò a superare l'offerta si originò un'elevata
conflittualità sociale che nel 1975 portò alla riforma della scala mobile.
Anche il flusso migratorio verso l'estero si protrasse fino ai primi anni Settanta, dopodiché si
manifestò un calo repentino, dovuto anche alla crisi occupazionale che interessò un po' tutti i paesi
industrializzati dell’Europa occidentale.
Dal 1972 in avanti la cassa integrazione guadagni prese a dominare incontrastata e assunse il
ruolo di garante dei salario e dei posto di lavoro, mimetizzando in gran parte la disoccupazione.
Per aggirare la conflittualità e smorzare il potere sindacale, le grandi imprese attuarono il
decentramento della produzione, frazionandola presso piccole unità produttive non rigidamente
legate alla contrattazione collettiva.
Nelle zone dei Centro-Nord si formò la cosiddetta "terza Italia", caratterizzata da fenomeni di
varia natura come il lavoro a domicilio, il lavoro nero, il doppio lavoro, che in una posizione di non
ufficialità contribuirono, negli ultimi anni Settanta, a far risalire il numero degli occupati.
LA SITUAZIONE OCCUPAZIONALE NEI PRIMI ANNI OTTANTA
Nonostante ciò, nei primi anni Ottanta, la disoccupazione era ancora abbastanza sostenuta, in
particolar modo per i giovani e le donne.
Proprio in quegli anni la realtà economica italiana ha subito una forte
trasformazione, il terziario ha sorpassato l'industria quanto a numero di occupati e si è
passati all'era postindustriale. In quel periodo le imprese hanno avviato un processo di
ristrutturazione e di automazione che ha provocato anche la riorganizzazione del
lavoro; di conseguenza, mentre la domanda di lavoro nell'industria ha subito un calo, il
settore dei servizi ha offerto nuove occasioni lavorative.
Tuttavia, la disoccupazione, in special modo delle categorie più deboli (giovani,
donne), ha continuato ad aumentare, anche se, per facilitarne l'ingresso nel mondo dei
lavoro, si sono adottati provvedimenti speciali come i contratti di formazione lavoro
per i giovani e il part-time per le donne.
Alla fine degli anni Ottanta il quadro era abbastanza variegato: mentre al Nord si era vicini alla
piena occupazione maschile, il Sud continuava a essere un'area sfavorita per eccellenza,
soprattutto per la disoccupazione femminile e giovanile.
Economia e lavoro nel dopoguerra
http://www.sapere.it/sapere/strumenti/studiafacile/storia/L-et--contemporanea/L-Italia-dal-dopoguerra-agli-anni-Novanta/Approfondimenti/Economia-e-lavoro-nel-dopoguerra.htmlNel dopoguerra l'economia italiana versava in gravissime difficoltà; grazie però ai provvedimenti adottati dal ministro del bilancio Luigi Einaudi nel 1947 i danni vennero riparati (soprattutto ponendo fine alla spirale inflattiva con un restringimento del credito alle industrie). Già alla fine del '48 la produzione industriale aveva raggiunto l'89% di quella del '38 e negli anni '50 imboccò la strada di un deciso sviluppo, crescendo del 9% ogni dodici mesi. In questo periodo il reddito nazionale aumentò di un quarto (ma i salari restarono bassi), l'industria siderurgica, meccanica, chimica e petrolifera subirono enormi progressi (si parlò di boomeconomico). L'industria, però, non si sviluppò uniformemente nel paese: tra nord progredito e sud arretrato vi era un divario che convinse molti giovani meridionali a emigrare nelle regioni industrializzate del Nord o in altri paesi d'Europa in cerca di lavoro. Nonostante le disparità il sistema tenne per quasi tutti gli anni '60, poi, a causa di una grave crisi petrolifera, del crescente costo del lavoro, della spesa pubblica male indirizzata, iniziò una fase di recessione. Negli anni '80 l'espansione economica è ripresa, ma l'inefficienza del sistema politico da un lato e la congiuntura internazionale negativa dall'altro hanno provocato nei primi anni '90 una crisi da cui il paese, nel 1996, non era ancora del tutto uscito.
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