sabato 16 agosto 2014

read key : neet: imparare ad imparare

orso castano. il crescere della disoccupazione giovanile e non richiede un aggiornamento continuon per chi viene espulso dal processo produttivo. Puo' essere che chi viene espulso (o chi , come i neet non e' mai entrato nel processo produttivo) scelga altre strade di vita; ma per quelli che vogliono continuare ad aggiornarsi e sperimentare nel campo che conoscono direttamente (o indirettamente per via di studi) per averci lavorato , il welfare deve garantire almeno le 150 ore pagate cosi' come per i lavoratori, in. cambio di idee innovative sperimentate che verranno vagliate da commissioni.Vanno offerte anche opportunita' di start up , spin off, think tank per tutti quelli che vogliono impegnarsi nell'innovazione , in maniera DIFFUSA  A TUTTI I LIVELLI. Questo, a nostro avviso, il salto culturale che dovrebbe fare il Welfare.

di seguito riportiamo un metodo molto importante, che si rifa' in parte a Piaget. Il documento e' lungo e lo spezzeremo ma andrebbe letto integralmente. A nostro avviso potrebbe essere utile per chi intende continuare ad aggiornarsi su temi  che gia' conosce..
 Il gioco come strumento per apprendere di Bianca Miglio (link)
Giocare è il modo di vivere del bambino. Il gioco, può essere considerato, infatti, dal punto di vista del soggetto, oppure come comportamento suscettibile di osservazione, o come contesto nel quale si esprime il comportamento. Nel primo caso, l’accento è posto sulla motivazione, di carattere intrinseco, che spingerebbe il bambino a giocare. Nel secondo caso, l’attenzione è posta sulle tipologie del gioco e sulle sue caratteristiche. Infine, nel terzo caso, il gioco è considerato come un’attività attraverso la quale diviene possibile esplorare aspetti e fenomeni dello sviluppo infantile(Rubin, Fein e Vandenberg,Play, 1983). Tra le teorie più significative riguardanti il gioco, hanno rilevante importanza quelle di Vygotskij e di J. Bruner. Il primo autore, considera il gioco come risposta che il bambino, alle prese con i propri bisogni, elabora al fine di poterli soddisfare, se pure nel mondo della fantasia. Tale autore, agli aspetti puramente cognitivi, aggiunge gli affetti, le motivazioni e il contesto sociale. Uno degli aspetti più importanti del gioco, messo in evidenza dallo studioso russo, è costituito dalla funzione di liberare gli oggetti dal loro potere vincolante. In altre parole, nel gioco gli oggetti non “suggeriscono” il comportamento del bambino, bensì acquistano nuovi significati. “nel gioco il pensiero è separato dagli oggetti e l’azione nasce dalle idee più che dalle cose: un pezzo di legno comincia ad essere una bambola e un bastone diventa un cavallo”(L. S. Vygotskij,Il ruolo del gioco nello sviluppo,1966). Il gioco diviene così una fase di transizione nell’acquisizione di significati, e del linguaggio in particolare, attraverso cui il bambino crea situazioni nuove. Un autore come Bruner, invece, considera il gioco con riferimento all’adattamento umano e alle strategie di soluzione di problemi. Giocare è, innanzi tutto, un modo di apprendere all’interno di una situazione “controllata”, in cui sono ridotti al minimo i rischi di una violazione delle regole sociali. Il gioco assume così un ruolo importante nell’evoluzione dell’educabilità. Funzione prioritaria del gioco sarebbe, quindi, conseguire, attraverso la manipolazione di strumenti, una migliore destrezza e sempre nuove combinazioni di comportamenti. Il gioco è così definibile, grazie alle teorie sviluppate dai numerosi studiosi che si sono interessati dell’argomento, come uno straordinario fattore di maturazione, e come sostiene Vygotskij: “ il gioco contiene tutte le tendenze evolutive in forma condensata ed è esso stesso una fonte principale di sviluppo”(L. S. Vygotskij,Il ruolo del gioco nello sviluppo, 1966). Il gioco risulta essere un’esperienza coinvolgente e ricca di stimoli, capace di catturare l’attenzione, attivare e motivare anche i bambini con maggiori difficoltà, accompagnandoli nell’acquisizione di conoscenze, strategie e competenze. Alcuni studi mettono in luce come, la presenza di un adulto significativo, che sia in grado di interagire con il bambino, soprattutto elaborando e guidando in maniera adeguata il gioco, possa favorire lo sviluppo cognitivo, oltre che l’equilibrio emotivo-affettivo. Alcune tipologie di gioco ludico utilizzate sono, ad esempio, il gioco esplorativo che agisce progressivamente sulle capacità di attenzione, o il gioco di finzione, verso il quale il bambino progredisce, caratterizzato dall’immedesimazione del bambino, nel ruolo e/o in una situazione a suo piacimento, oppure il gioco simbolico, caratterizzato dall’assegnazione da parte del bambino, di un significato particolare ad un oggetto, significato spesso lontano da quello originale, il quale favorisce lo sviluppo delle rappresentazioni mentali e del linguaggio. L’utilizzo del gioco all’interno del processo d’apprendimento cognitivo, si può collocare a cavallo di due filoni di studi: da un lato quello secondo il quale è possibile sviluppare le attitudini al ragionamento con esercizi diretti allo scopo, indipendentemente dai contenuti dei programmi scolastici, e dall’altro quello che condivide la teoria “dell’impregnazione”, propria di coloro che ritengono possibile finalizzare le attività didattiche correnti in modo da trasformarle in un esercizio cognitivo costante. Secondo quest’ultima teoria, sarebbe fondamentale mettere a punto strategie che modificano la didattica corrente delle discipline, in modo da privilegiare la riflessione e da rinforzare i processi mentali dell’alunno. Questo modello prevede la trasformazione delle interazioni in classe, l’adeguamento dei manuali e degli strumenti di valutazione, la fruizione di attività didattiche e ludiche mirate, al fine di renderli mezzi utili per il potenziamento e l’apprendimento cognitivo. Al fine di scegliere e utilizzare efficacemente le attività ludiche occorre però disporre di un modello cognitivo di riferimento, che analiticamente illustri le operazioni mentali interessate. Tra i modelli cognitivi esistenti, ho scelto di richiamare quello di Piaget (J. Piaget,De la logique de l'enfant à la logique de l'adolescent, 1955) , in quanto è alla base di un sistema di classificazione relativamente recente e diffuso dei giochi (ESAR- Exercise-Symbole-Assemblage-Règle). La classificazione dei giochi ESAR, ha radici lontane. Il contributo di Piagey si innesta su una tradizione di studi che ha portato eminenti psicologi a occuparsi del gioco nelle sue varie forme e a tentarne strategie di classificazione. Studiando il gioco animale, Groos (K. Groos,The play of animols, 1898) propone, ad esempio, una distinzione tra giochi di sperimentazione e giochi sociali. Claparède (E. Claparède,Psicologia del fanciullo: lo sviluppo mentale) distingue invece i giochi di funzioni generali (sensoriali, motori, intellettivi, affettivi, di esercizio della volontà) da quelli di funzioni sociali (di lotta, di classe, di corteggiamento, sociali, familiari, di imitazione). Chateau fornisce una classificazione dei giochi che segue il loro apparire nell’arco evolutivo, distinguendo tra giochi senza regole (giochi di intelligenza concreta: funzionali, edonistici, di esplorazione; giochi di affermazione interiore del sé: giochi di distruzione e di impeto) e con regole (giochi di gruppo segmentarlo: giochi figurativi, di imitazione e di illusione; giochi oggettivi, di costruzione e di lavoro; giochi astratti, con regole arbitrarie, di prodezza e competitivi; giochi cooperativi; di competizione cooperativa e con regole rigorose). A queste seguono le classificazioni strutturaliste, che propongono una suddivisione tra giochi individuali e collettivi, con una gerarchizzazione che va dai giochi più semplici a quelli più complessi. La classificazione di Piaget lega gli stadi di sviluppo del gioco con quelli della maturazione cognitiva; così in base al livello evolutivo cognitivo raggiunto, verranno proposte attività ludico-didattiche appropriate per sviluppate determinate capacità e competenze. Lo sviluppo del gioco avviene dunque per stadi, il primo dei quali è la tappa dei giochi d’esercizio (0-2 anni) che corrisponde allo sviluppo dell’intelligenza sensomotoria. In questa fase l’attività percettivo-motoria assume il carattere ludico: il bambino acquisisce progressivamente il controllo degli arti e la capacità di esplorare gli oggetti con tutti i sensi. Il gioco funzionale viene realizzato per il semplice piacere che esso procura, ripetendo e consolidando schemi noti. In tale fase Piaget distingue i giochi di “esercizio semplice”, che prevedono una pura ripetizione di comportamenti (ad esempio tirare un giocattolo, fare e disfare un mucchio di sabbia), dalle “combinazioni senza e con un fine”. La seconda tappa è costituita dallo sviluppo dell’intelligenza pre-operatoria (2-7 anni), che viene anche suddivisa in pensiero simbolico preconcettuale (2-4 anni) e pensiero intuitivo (4-7 anni). Il bambino diventa progressivamente capace di rappresentare la realtà e poi di operare con i simboli: nasce così il gioco simbolico. Le immagini mentali create risultano una costruzione attiva del soggetto e derivano da un’imitazione interiorizzata. Uno degli elementi fondamentali di cambiamento è dovuto allo sviluppo del linguaggio, che permette un ampliamento degli strumenti per realizzare il gioco. Con lo sviluppo delle operazioni concrete, il bambino diviene capace di svolgere operazioni sigli oggetti, anche reversibili, senza riuscire a precedere analogamente su proposizioni ed enunciati verbali. Piaget distingue due raggruppamenti di operazioni concrete che il bambino in grado di iniziare a svolgere: quelle logico-matematiche e quelle spazio temporali.le prime consistono nell’agire sugli oggetti per riunirli in classi di diversi ordini o stabilire tra loro relazioni (Piaget 1955), mentre le seconde consistono nel dare una collocazione spazio temporale ad un oggetto. Tra i 7 gli 11 anni si sviluppa anche progressivamente il concetto di regola, che verrà interiorizzato in maniera più profonda con lo stadio delle operazioni formali e consentirà un miglior coinvolgimento del soggetto nel gioco di regole. Il bambino nello stadio delle operazioni concrete è gia in grado di effettuare questa forma di gioco, ma tende a modificare le norme a suo vantaggio e a non considerarle stabili. Dopo gli 11 anni vi è, invece, il passaggio alla codifica della regola. La logica formale è inoltre applicabile a qualunque contenuto. Il gioco di costruzione, che implica le operazioni di seriazione e classificazione, viene considerato da Piaget a metà tra il gioco e l’attività intelligente, nonché tra il gioco e l’imitazione. La teoria di Piaget (J. Piaget,La formation du simbole chez l'enfant, 1959), costituisce il principale riferimento di un sistema di classificazione e di analisi dei giochi e dei giocattoli, denominato Sistema ESAR, elaborato da Denise Garon in Quèbec e sviluppato tra il 1980 e il 1985 da Rolande Filion e Manon Doucet. Il sistema è stato implementato nelle ludoteche sia dei Paesi francofoni sia assunto per la classificazione dei giocattoli nelle ludoteche italiane. Nella tabella è sintetizzata la classificazione che riguarda gli aspetti cognitivi. Ad ogni fase di sviluppo dell’intelligenza individuata da Piaget, essa fa corrispondere esempi di giochi che attivano le singole operazioni mentali.
Tabella: Classificazione ESAR.(la classificazione Esar consente di suddividere i giochi anche in relazione alle abilità funzionali, a quelle sociali e al tipo di esercizio sensoriale)
I giochi attivano in vario modo i processi cognitivi in relazione anche all’età dei bambini. È dunque utile per l’educatore che li seleziona e propone saper riconoscere per ogni gioco quali operazioni mentali fa svolgere ai bambini e quali abilità avrà la possibilità di potenziare. Naturalmente vi sono alcuni aspetti intellettivi che facilmente si riscontrano, spesso sia che si parli di giochi di livello semplice ( che implicano lo sviluppo di singole operazioni mentali o al massimo combinazioni di poche operazioni ), che di livello più complesso. Tutti i giochi più o meno complessi, richiedono al soggetto di  comprendere, di conoscere e riconoscere unità di significato
, attribuendo loro un senso, di effettuare operazioni con le stesse, giungendo a classificare oggetti e dunque a strutturare concetti, a metterli in relazione tra loro, a decodificare e realizzare sistemi e implicazioni. Ad esempio alcuni giochi vicini al concetto di conoscere e comprendere possono essere: l’identificazione e categorizzazione di animali, frutti, ecc.; la costituzione di insiemi di oggetti per colore, per forma, per dimensioni, per materiale; la costruzione di sacchetti per il gioco euristico, ovvero tramite l’utilizzo di materiale di recupero; il riconoscimento delle figure sugli albi illustrati; scrivere o nominare il nome di una pianta, un fiore, un frutto, una città,ecc. che inizia con una data lettera; giochi con le figurine. Oltre alla comprensione del gioco, classificando e costruendo concetti (prodotti: unità e classi) e riconoscendo gli oggetti e la loro funzione, si denota anche l’importanza dell’essere in grado di cogliere relazioni (prodotto: relazioni), confrontando e riconoscendo forme, colori, ecc. attraverso il paragone con il modello; distinguendo la parte dal tutto; effettuando distinzioni tra grande e piccolo, tra corto e lungo, ecc.; riconoscendo le posizioni reciproche e le distanze: sotto, sopra, dentro e fuori, lontano e vicino, destra e sinistra, relazioni spaziali e associare. E’ fondamentale la capacità di seriare (enumerare, mettere in ordine corretto sulla base di una priorità,continuare una serie, effettuare un ordinamento temporale delle ore, dei giorni della settimana, dei mesi; riconoscere maggiore, minore o uguale ecc.), quella di applicare le regole e le procedure, di sistematizzare (prodotto: sistemi), organizzando, ad esempio, simboli nello spazio o nel tempo ; di realizzare trasformazioni e implicazioni (prodotto: trasformazioni e implicazioni), immaginando, ad esempio, che cosa accade se si piega e si taglia un pezzo di carta e poi si riapre. Ulteriori caratteristiche da sviluppare e apprendere attraverso il gioco sono la memorizzazione e ilricordo (richiamare, riconoscere), ad esempio della posizione di un oggetto, o la memorizzazione di immagini o liste di informazioni, utilizzando in maniera privilegiata la memoria; il ragionamento(analizzare, inferire, spiegare), un processo cognitivo che richiede al soggetto di generare informazioni nuove a partire da quelle date, prendendo in esame gli indizi forniti dal gioco (analizzare), per poi trarne conseguenze, utilizzando il processo deduttivo (inferire, spiegare). Il gioco in generale ha un potere di stimolo della creatività, in particolare quando non viene richiesto di seguire un modello, ma di inventare una configurazione nuova. L’esercizio della creatività è inteso come attivazione di originalità, flessibilità e fluidità ideativi e verbale, quindi essendo liberi di crearevalutare e criticare, essendo così in grado di cogliere l’assurdità e di applicare un criterio per giudicare la pertinenza, l’adeguatezza e la correttezza di ciò che si sta esaminando. Se si parla di giochi di livello più complesso, si parla del problem solving. Si tratta di una situazione, nella quale il soggetto essendo di fronte ad un gioco che presenta una situazione complessa e deve trovare una risposta a un quesito di partenza, abitualmente è chiamato a combinare l’interpretazione della situazione, l’individuazione di più strategie per sceglierne una, l’esecuzione e la verifica di adeguatezza.nel problem solving sono dunque presenti tutte quelle dimensioni precedenti: comprensione delle richieste/ o delle regole; conoscenza, riconoscimento dei dati; memorizzazione di quelli significativi e/o richiamo alla memoria di quelli importanti; analisi e messa in relazione delle informazioni; riorganizzazione; generazione di ipotesi per risolvere il problema; valutazione delle stesse; scelta della soluzione più corretta e messa alla prova per verificarla. A queste operazioni si aggiunge la dimensione della metacognizione, ovvero la conoscenza dei propri processi mentali e la capacità di attivarli strategicamente sulla base delle necessità. Il gioco complesso favorisce poi la costruzione di vere e proprie competenze, poiché promuove la mobilitazione di conoscenze e abilità in una situazione problematica nuova. Posso affermare dunque che” il bambino è biologicamente predisposto a impegnarsi in un’attività che serve a stimolare il suo cervello”(M. Haith,Rules that babies look by, 1980). Il bambino possiede ed esercita l’imitazione, l’esplorazione e l’immaginazione, tre sistemi comportamentali ludici attivati dalla mente al fine di esercitare e sviluppare tutte “le tendenze evolutive” in sé contenute e, quindi, di evolvere fino ad attivare sistemi comportamentali sempre più complessi. Attraverso questi tre comportamenti ludici, la mente esercita il pensiero, guidando l’intero sviluppo, cognitivamente rivolto all’acquisizione di competenze, in vista di compiti esistenziali e di vita. Imitare, esplorare e fantasticare, non sono soltanto tre diversi modi di giocare, ma anche il modo più naturale in cui la mente attiva se stessa all’insegna della piacevolezza ricavata dall’utilizzo e sviluppo delle proprie potenzialità intellettive, motorie e creative. Quando imitazione, esplorazione e immaginazione si combinano tra loro, si apre la possibilità non soltanto di “viaggiare” tra i saperi dell’uomo, ma anche di scoprire un nuovo sapere. Oltre ad analizzare il gioco, in quanto strumento che “attiva” operazioni intellettuali, è fondamentale anche analizzare il valore motivazionale che può avere il gioco se utilizzato nel contesto di apprendimento. La ricerca empirica sull’intelligenza ha infatti messo in luce come lo sviluppo cognitivo sia strettamente collegato a quelli affettivo e motivazionale. L’apprendimento non può essere considerato un fatto esclusivamente intellettuale, né solo il prodotto dello sviluppo neurologico, quanto piuttosto il frutto di un incontro tra la persona, in tutte le sue dimensioni, e gli oggetti della realtà, ovvero una ricostruzione personale che, come tale, non può prescindere dagli stati emotivo-affettivi. I sentimenti positivi o negativi nei confronti di un dato oggetto di conoscenza mediano il rapporto con quest’ultimo e ne condizionano l’apprendimento. Gli stessi stati emotivi che accompagnano un particolare momento possono favorire la concentrazione e l’efficienza mentale o, al contrario, possono inferire pesantemente con la comprensione e il ricordo. I processi conativi, poi, sono responsabili dell’attivazione del soggetto verso la meta; infatti essi riguardano il significato che il soggetto attribuisce ai singoli apprendimenti, la scelta deliberata di coinvolgersi nella strutturazione delle conoscenze e la perseveranza nel portare a termine i compiti assegnati. Il gioco per sua natura è intrinsecamente motivazionale. Si presenta dunque bene per attivare i bambini spesso caratterizzati da apatia e difficoltà di coinvolgimento negli ambienti di apprendimento formale come quelli scolastici. Naturalmente, a seconda delle caratteristiche personali del giocatore e della situazione contingente, il gioco può essere più o meno coinvolgente. In generale un gioco è più motivante quando..................................:


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