sabato 23 maggio 2009

riflessioni post G8 University Summit di Torino

Il neoliberismo è una tecnologia di governo che dall'economia è stata poi applicata alla politica, modellando in senso mercantile i concetti di sovranita' e cittadinanza

stralci dall'intervista  , per l'articolo intero clicca 

La produzione del sapere vivo Intervista a Gigi Roggero  di Brett Neilson 

Lei traccia un parallelismo tra le trasformazioni della cittadinanza e quelledell'università. Studenti e professori diventano imprenditori di se stessi, o «teconimprenditori». Quali sono le contraddizioni di questo processo? È possibile costruire delle eccezioni al «neoliberalismo come eccezione», cioè una visione alternativa dell'università e del sapere? Il problema è la costruzione di una formazione universitaria pubblica. La University of California, un network di undici campus che costituisce il più prestigioso sistema universitario pubblico degli Stati Uniti, sta ricevendo sempre meno fondi, così è costretta a competere per risorse esterne e ad aumentare le tasse agli studenti. Stanford University è un eccellente esempio d una corporate university guidata da un presidente che ha stretti legami con Google e grandi imprese della Silicon Valley. L'anno passato ha raccolto più soldi di ogni altro campus americano, incluso Harvard, sia per finanziare la ricerca, sia per diventare istituzione globale.  Comunque, non dobbiamo pensare che, siccome le aziende supportano le università, i docenti non siano liberi di esprimere idee, fare ricerca e insegnare senza l'influenza del mercato. Il principale ruolo delle università negli Stati Uniti è insegnare i valori dell'Illuminismo, e come tali i campus sono un vitale contropubblico e interlocutore del capitale. L'esempio del «tecnoimprenditore» si riferisce a Singapore, città-stato che esplicitamente modella se stessa come un hub di conoscenza commerciale, dunque è il caso particolare di una piccola nazione dedicata alla mercificazione del sapere. Lei ridefinisce la sovranità attraverso l'analisi degli «spazi latitudinali», che istituiscono nuove forme di mercato e provocano una etnicizzazione e mobilità del lavoro. Forse sarebbe utile esaminare la possibile emergenza anche di spazi longitudinali, che attraversano e sovvertono le geografie del potere. Se non si può ipotizzare un contropotere globalmente uniforme, quali sono i nuovi spazi di resistenza che emergono nel neoliberalismo? Gli spazi latitudinali sono tracciati dai network transnazionali delle corporation. Nelle reti transpacifiche delle imprese asiatiche, i sistemi di mercato includono elementi di lavoro coercitivo, mentre le resistenze si formano all'interno di specifici milieus industriali. Molti sindacati occidentali vedono i lavoratori asiatici (in Occidente e in Asia) come rivali o peggio ancora, non comprendendo le loro particolari condizioni di lavoro e di vita. Nella sua ricerca evidenzia il mutato ruolo delle metropoli nelle trasformazioni dei regimi di produzione, della sovranità e della cittadinanza. In cosa la sua analisi diverge rispetto a quella della studiosa di «global cities» Saskia Sassen? Saskia Sassen ci ha fornito un efficace quadro del ruolo cruciale che le metropoli globali hanno nel sistema economico. Io sono più interessata alle metropoli asiatiche come i principali siti degli investimenti statali. Prendiamo il caso di Hong Kong, che sta rapidamente emergendo (eclissando Shangai) come il principale sito di investimento aziendale nel boom cinese. La sua ascesa come centro finanziario, allo stesso livello di Londra e New York, è dovuta alla sua localizzazione e al suo ruolo nella Repubblica Popolare Cinese. Lo status globale di Hong Kong è dovuto infatti alle possibilità di accesso alla sbalorditiva ricchezza della Cina, al talento umano e alle grandi opportunità di investimento. Lei analizza come la governance neoliberale influisca sui cambiamenti dell'etica e della cittadinanza. Nel contesto italiano, in cui alcuni si rifanno alla distinzione machiavelliana tra politica ed etica, questo ricorso all'etica (presente in diversi seri lavori nel «mondo anglosassone») diventa talora il modo per evitare questioni politiche dirimenti, come il problema di mettere in comunicazione le strategie di mobilità e resistenza del lavoro vivo. La sua ricerca in Asia suggerisce la necessità di rivisitare la classica divisione tra etica e politica? Machiavelli si concentra sulla ragion di Stato: questo modello giuridico della politica esercitato sul territorio nazionale confina l'etica nel regno della morale individuale. La nozione di potere sovrano spesso limita la comprensione del potere come una dinamica e una relazione mutevole. Abbiamo urgentemente bisogno della nozione di Foucault di un'arte di governo che ha per oggetto la popolazione piuttosto che lo spazio nazionale. A differenza di Machiavelli, la governamentalità foucaultiana ha infatti per oggetto la popolazione, focalizzandosi sui piani della vita collettiva e individuale all'interno di specifici territori. Ora, a questa forma di gestione della condizione umana partecipano varie autorità (organismi multilaterali, Organizzazioni non governative) come professionisti dell'umano, eccedendo il contesto dello Stato-nazione. La governamentalità sospende dunque la libertà del sovrano e fa affidamento sui saperi moderni (economia politica, biologia, psichiatria, medicina, scienze umane) per configurare la popolazione come un dato e un campo di intervento.  L'esercizio del potere/sapere dipende inoltre dalla varietà di meccanismi (tecniche militari, statistiche) che individuano una molteplicità di oggetti e di problemi. Il concetto foucaultiano di potere aggira dunque la sua visione meramente repressiva per riconoscerlo come forza produttiva: la relazione delle strategie e delle contro-strategie forma i campi particolari dei rapporti di forza. Individuare il potere come tecnica e pratica ci permette di seguire il flusso e le contingenze della decisione, dell'azione, delle resistenze e della trasformazione.  Il potere non è congelato nelle leggi, monopolizzato dallo Stato o dal capitale, ma è una sempre cangiante, strategica, mobile e pervasiva relazione di forze esercitata negli ambienti della contingenza e dei flussi. Io seguo la nozione foucaultiana di etica come pratiche di auto-formazione, ad esempio la cura del sé collegata a una particolare comunità di valori morali condivisi. Le pratiche etiche sono quindi inseparabili dalle quotidiane pratiche che intrecciano le sfere privata e pubblica. Questa nozione del potere fondata sulla pratica è analiticamente cruciale per afferrare le problematiche politiche contemporanee e le strategie di risoluzione dei problemi. Non possiamo applicare concetti vecchi al mondo radicalmente diverso di oggi. Non ci sono contesti semplici e universali, o risposte già date in un mondo di molteplicità, flussi e incertezza. Come antropologa, provo a comprendere specifici milieus di problematizzazione e di risoluzione di problemi, provando a descrivere le vite delle persone senza far ricorso a metodi universali di cambiamento sociale. .......................per i libri di gigi roggero ,cliccaqui'

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