da Donna di Repubblica del 21.nov.09
Venerdì pomeriggio: laboratorio di ortoterapia alla ludoteca dell'Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze, Una decina di bambini arriva di corsa dai reparti sulla terrazza e 5Ì scatena con le forbici da giardinaggio. Per tutta l'estate hanno seminato, concimato, raccolto. Pomodorì, melanzane, fragole, perfino rose. Ora che il freddo è arrivato non potranno più uscire, ma ci sono soluzioni alternative: tra laboratori degli odori, bricolage, lezioni di progettazione e teoria, dove i bambini potranno immaginare il "loro" prossimo orto. Aiutati anche da Meyer Radio Tv, la tv a circuito chiuso dell'ospedale, che rende possibile anche a chi non può uscire dalla stanza, come i bambini del reparto di oncoematologia, di assistere in diretta a tutto quello che fanno gli altri (la puntata zero è visibile su www.meyer.it/ta-presadellapastigl/a).
Le coccinelle insegnano
Oggi c'è la lezione di "orto sinergico" con Jonathan, insegnante e designer di giardini mandala: «Orto sinergico significa accostare le piante in base alle loro proprietà per far sì che una aiuti l'altra e non abbiano più bisogno di nulla». La paglia, per esempio, trattiene gli infestanti. Mentre i fiori attirano le coccinelle, che a loro volta mangiano gli afidi dell'insalata. «In questo modo i bambini capiscono il ciclo della vita. E imparando a rispettare la natura imparano ad avere rispetto di se stessi». In questo modo non c'è bisogno dì fertilizzanti e trattamenti chimici, nocivi per tutti e in particolare per i piccoli. Anche il contatto con la terra, per quanto possibile, va evitato: per questo sul tavolo da lavoro oltre a palette, annaffiatoi e minizappe non mancano microguanti in lattice. Ma non è solo un gioco. E nemmeno una moda. Sulla terrazza del Meyer i bambini non sanno nulla dell'orto di Obama, né che coltivare verdure sul tetto è chic. È che annaffiando, estirpando erbacce, imparando a riconoscere il colore e il sapore di una melanzana o di una zucchina, dicono i ragazzi della cooperativa Arca che gestisce la ludoteca, i piccoli ospiti del Meyer non si sentono più persone che hanno bisogno di cure. Ma che curano. Diventano responsabili di qualcosa che dipende dalla loro dedizione. Spostano l'attenzione dalla malattia verso un progetto che li coinvolge, li fa sentire partecipi, attivi. Parte in causa. «Un ambiente sereno e stimolante aiuta i bambini ad affrontare meglio cure e terapie», sintetizza Carlo Barburini, direttore della Fondazione Meyer, che finanzia e rende possibili le attività ludiche e ricreative dell'ospedale. «Esperienze come questa diventano un'occasione di crescita. E una volta usciti dall'ospedale, la degenza non sarà ricordata solo come un incubo, ma come un periodo in cui si è fatto anche qualcosa di bello».
Un'astronave tra gli ulivi
Un'esperienza del genere non poteva nascere che qui. Inaugurata due anni fa, la sede del nuovo Ospedale Pediatrico Meyer si trova in un giardino storico, tutelato dalla Sovrintendenza, ai piedi delle colline di Careggì: tre ettari di parco più uno di uliveto, in predicato di coltivazione esclusivamente biologica. C'è una serra fotovoltaica, e lunghi corridoi a vetri che sembrano le ali di un'astronave atterrata all'improvviso fra gli ulivi: un gioiello di tecnologia e medicina a misura di bambino, mimetizzato nella collina, con l'unico trauma center pediatrico d'Italia, reparti di terapia intensiva neonatale, rianimazione, oncoematologia. Qui tutto è pensato per non fare paura ai bambini, e contemporaneamente in termini di sostenibilita ambientale. Così le tegole dei tetti dei piani intermedi sono verdi e spioventi come quelle di casa, mentre il tetto dell'ultimo piano è verde davvero: è coltivato a Sedum ad andamento tappezzante, una pianta grassa che abbassa la temperatura di cinque gradi durante l'estate e la alza di cinque d'inverno, consentendo un notevole risparmio di energia. Qua e là, spuntano i solar tubes, e le sagome buffe dei cappelli di Pinocchio: entrambi servono a convogliare all'interno dell'ospedale la luce esterna, anche quella zenitale. Biocompatibilìtà e sostenibilita ambientale: insomma, l'humus ideale perché germogliasse l'idea di un laboratorio di ortoterapia per i bambini.
Medicine a fiori
«Se si pensa che fino a qualche anno fa i genitori neanche potevano entrare in ospedale, e il bambino veniva ricoverato da solo, ci si rendere conto degli enormi passi avanti fatti», commenta Nico Muciaccia, coordinatore della ludoteca. Adesso, invece, sulla terrazza si possono vedere le mamme, che assieme ai figli scelgono le verdure e le erbe aro-matiche da usare in cucina. Perché fra i tanti vantaggi del laboratorio di ortoterapia c'è anche quello di dare ai bambini un'educazione alimentare: «I pìccoli ricoverati hanno spesso problemi con il cibo, specialmente se si tratta di verdure. Ma se le hanno piantate, curate, viste crescere, il discorso cambia», continua Muciaccia. A volte può accadere perfino che un educatore lasci incustodita una zappa per mezz'ora per fare altro, e tornando trovi il padre di un bambino che si è messo a zappare al suo posto. Spesso, a dare una mano per le attività che i bambini e gli educatori non possono svolgere - per esempio l'annaffiatura, che va fatta a tarda sera, quando la ludoteca è chiusa - pensano i "nonni" della Società di Mutuo Soccorso dì Careggi. Ma la soddisfazione più grande la spiega Alexis, dell'associazione Antropozoa, coinvolta nel progetto assieme al Dipartimento di Ortoflorifrutticoltura della Facoltà dì Agraria dì Firenze. Ed è quando un bambino partìcolarmente chiuso in se stesso, tanto da non reagire nemmeno alla pet-therapy, si entusiasma all'idea di coltivare pomodorinì nani e da solo pianta tutta un'aiuola. Per questo, oltre al programma in tv, per coinvolgere anche chi non può muoversi dal reparto, i piccoli orticoltori daranno presto vita a un orto itinerante, portando vasi di piante e fiorì ai compagni.
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