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deborah turbeville
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.............Parrebbe strano che Shallice parli così meravigliato del cervello, proprio lui che nasce come matematico. E invece è proprio la razionalità, per sua natura ragionante e per nulla ostile a ciò che non si comprende nell’immediato - confessa - che porta allo stupore, vale a dire all’incontro-scontro tra ciò che si pensa «maneggevole» e ciò che invece sfugge: cosa sono la memoria, la volontà o il linguaggio? «Se si “inceppano” queste capacità - continua Shallice - possiamo studiare dove si trova la lesione a monte del problema, ma così abbiamo soltanto un disegno parziale della causa». Ed entra nel merito della questione con una serie di esempi tratti dalla sua attività professionale.
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Shallice ha studiato pazienti con danni al cervello, dovuti, per esempio, a tumori o ictus, che possono impedire capacità come la memoria o l’abilità di parlare. «Individuando la lesione che riteniamo potenzialmente responsabile di questi disturbi, ci siamo accorti che il problema non è sempre e semplicemente in cause meccaniche, ma è dovuto a sistemi molto più complessi e dinamici che gestiscono, nel caso specifico, la memoria, ma che non sono soltanto di tipo organico: abbiamo a che fare con funzionamenti mentali che le macchine ancora non tracciano».
L’approccio di Shallice alla malattia è dunque da matematico, proprio come dice il suo curriculum: ha una visione aperta all’astratto e al simbolico, accettando che l’«invisibile» gioca un ruolo essenziale, proprio come i numeri che seppure non si «toccano» - spiega - sono alla base del ragionamento razionale.
Proprio gli studi più importanti del professore insistono sull’eccessiva semplificazione, per esempio, a cui siamo abituati tra memoria a breve e a lungo termine. «Non è così sistematica la memoria - sostiene - e, sebbene sia vero che il cervello lavori in modo diverso per ricordare cosa abbiamo mangiato a colazione piuttosto che il nome di una persona che ripetiamo da anni, è vero anche che la memoria è un sistema integrato con tutto il complesso dei neuroni e con tutti i sensi e che, quindi, non lavora a “compartimenti stagni”».
La scienza contemporanea - come narrava già Italo Calvino - «si regge su entità sottilissime, come i messaggi del Dna, gli impulsi dei neuroni, i quark, i bit senza peso». Sempre più - aggiunge quindi Shallice - «stiamo scoprendo che l’uomo è un prodotto di dinamiche alle quali possiamo dare dei nomi, e magari appurarne l’esistenza tramite le tecniche di imaging cerebrale, ma che non possiamo toccare». E fa un esempio citando il capitolo della psicosomatica: «Se negli Anni 60 avevamo due o tre modelli per parlare di come il cervello realizzi effetti organici da ricondurre alla mente, oggi ne abbiamo già una ventina: le neuroscienze sembrano complicare il puzzle, ma in realtà non fanno altro che aggiungere altri tasselli necessari al mosaico-uomo». Le neuroscienze - conclude il professore, che è stato direttore dell’Institute of Cognitive Neuroscience presso lo University College di Londra ed è «fellow» della Royal Society - introducono inoltre un elemento di complessità in più, ma sicuramente utile alla medicina personalizzata, perché «ci suggeriscono, come fa la psicosomatica, che questa macchina computazionale che è il cervello è diversa da persona a persona». Come dire che sul banco degli scienziati ci sono sempre, in contemporanea, fenomeni fisici e fenomeni umani.
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