lunedì 16 dicembre 2013

read Key : fisicaquantistica : un po' di storia : la fisica dei quanti sfida la realta'

da Galileo , Rivista di Scienza 
Quando si ha l’occasione di ascoltare un fisico delle particelle parlare della propria materia (lameccanica quantistica, MQ), conviene prestargli orecchio: nessuno conosce meglio certe cose di colui che le osserva da vicino. Ma quando a parlare è un fisico quantistico che ha lavorato al fianco di Albert Einstein... le orecchie bisogna spalancarle.

È il caso di Roger G. Newton, dottorato ad Harvard nel 1953, che si è trovato all’Institute for Advanced Studies di Princeton in concomitanza con gli ultimi due anni della vita di Einstein, che nel suo ultimo libro ci racconta la storia emozionante della nascita e dei primi sviluppi della MQ da un punto di vista autorevole e originale: quello della polemica fra due modi opposti non solo di interpretare la MQ, ma l’intero rapporto della fisica con la realtà.

Uno scontro fra due titani della scienza, Einstein e Bohr, condotto a suon di esperimenti mentali e pubblicazioni (fra tutte si ricorda quella celeberrima sul principio di località a firma di Einstein-Podolsky-Rosen); uno scontro che ovviamente non verteva sui risultati delle misure (innegabili per entrambi) bensì, appunto, sull’interpretazione teorica, cioè sul problema: la MQ è soltanto una procedura matematica utile alla previsione di risultati, o una teoria in grado di svelare (seppur parzialmente) “com’è fatta la realtà”? Bohr non aveva dubbi al riguardo: la MQ non è null’altro che matematica, utile a calcolare il mondo subatomico, non a comprenderlo (posizione oggi radicalizzata e fatta propria da studiosi come Stephen Hawking: «non chiedo che una teoria corrisponda alla realtà perché non so cosa sia la realtà. Tutto ciò che mi interessa è che la teoria preveda risultati delle misurazioni» - in S.W. Hawking e R. Penrose, “La natura dello spazio e del tempo”, p. 121, citato in R. Penrose, “La strada che porta alla realtà”, ed. RCS, Milano 2007, III ed., p. 785).

Ma Einstein non riusciva a rassegnarsi: non solo perché “Dio non gioca a dadi” (ovvero: la probabilità in fisica dev’essere l’esito della nostra impossibilità di un calcolo puntuale - come in meccanica statistica - e non la struttura ultima della realtà - come invece pretende la Scuola di Copenaghen, che a Bohr faceva capo), ma soprattutto perché non riusciva ad accettare un modello fisico che con tutte le sue stranezze (sovrapposizione, entanglement, ecc.) non rispecchiasse in qualche maniera il funzionamento “autentico” della realtà.

Nell’impossibilità di distillare dalla MQ una visione della realtà comprensibile e coerente, spiega Newton, “Bohr vinse la partita”: alla MQ non si può e non si deve chiedere null’altro che l’affidabilità nei calcoli. Eppure, continua l’autore, Einstein “aveva ragione”: la MQ non è “strana” perché rispecchia l’andamento di una realtà strana (ciò che anche Heisenberg, pur concordando con lui, continuava a eccepire a Bohr); la MQ è strana perché “rispecchia la realtà solo in modo indiretto”.

Newton prende le mosse da questa diatriba per inquadrare in generale il problema, tuttora dibattuto, del rapporto tra le cose e la comprensione fisica che ne abbiamo. E lo fa ripercorrendo, con dovizia di esempi e di dettagli, la storia della fisica, dai precursori come Aristotele ai grandi protagonisti della scena scientifica del secolo scorso; illustrando con entusiasmo i progressi della ricerca, senza nasconderne le impasse. Da leggere d’un fiato, ma con la giusta concentrazione. In una bella edizione rilegata a filo, con sovraccoperta a colori e la Prefazione all’edizione italiana di Giulio Peruzzi.

Il numero magico che rende gli atomi stabili
Anche nella chimicac'è un pizzico di  magia. Non è legata a illusionisti oprestigiatori, naturalmente, ma alle particelle atomiche: sono definiti infatti“magici” i numeri di protoni e neutroni che rendono stabili i nuclei degli elementi. La lista di numeri magici noti finora è piuttosto esigua: la buona notizia è che un'équipe di ricercatori della Università di Tokyo e del nostro Istituto Nazionale di Fisica Nucleare ne ha appena scoperto un altro. Gli scienziati hanno infatti mostrato che gli isotopi di calciocon trentaquattro neutroni nel nucleo sono di gran lunga più stabili rispetto a quelli che ne hanno anche solo uno in più o in meno. Secondo gli autori del lavoro,pubblicato su Nature, la scoperta aiuterà a tracciare un quadro più completo dei complessi meccanismi che regolano la stabilità degli atomi.
I nuclei atomici, com'è noto, sono composti di protoni e neutroni, che tendono a disporsi in “gusci” concentrici, ognuno dei quali può ospitare solo un certo numero di particelle ed è caratterizzato da un livello energetico diverso. Il “numero magico” di particelle è quello che riempie completamente i gusci senza lasciare spazio vuoto, il che rende il nucleo più stabile e longevo rispetto agli altri. Finora sono noti sette numeri magici (2, 8, 20, 28, 50, 82 e 126) e non è semplice individuarne di nuovi, soprattutto per i nuclei instabili – quelli in cui c'è un forte squilibrio tra protoni e neutroni. E, tra l'altro, qualcosa ancora non torna. Il magnesio-32, per esempio, ha 12 protoni e 20 neutroni. Nonostante il 20 sia un numero magico, l'elemento non è stabile come ci si aspetta: è evidente che alla teoria manca qualcosa di fondamentale.
I ricercatori hanno lavorato sul calcio-54, con 20 protoni e 34 neutroni. Poiché l'elemento non si reperisce facilmente in natura, è stato necessario crearlo in laboratorio: usando l'acceleratore di particelle del Riken Nishina Center, gli scienziati hanno “sparato” un fascio di nuclei di scandio-55 contro un bersaglio diberillio. La collisione ha “tirato via” un protone dal nucleo di scandio, creando lo sfuggente calcio-54. Completo di trentaquattro protoni. L'équipe ha quindi misurato la quantità di energia che separava il nucleo dal cosiddetto stato eccitato, quello in cui una particella viene portata nel “guscio” successivo e poi lasciata tornare indietro. Le leggi della meccanica quantistica prevedono infatti che a ogni “guscio” sia associata un'energia ben precisa:  maggiore è la differenza tra le energie di due gusci, più è difficile portare una particella da un guscio all'altro. “Nel caso del calcio-54, il primo livello eccitato ha energia piuttosto alta”, spiega David Steppenbeck, uno degli autori dell'articolo. Di conseguenza, è energeticamente vantaggioso per il calcio-54 rimanere nella sua “configurazione base”, il che vuol dire che l'elemento è stabile. In virù di questo, il 34 è stato elevato al rango di numero magico.
C'è un'altra ragione che rende il calcio-54 particolarmente interessante. Si tratta di unisotopo (gli atomi di uno stesso elemento che differiscono tra loro solo per il numero di neutroni) radioattivo, che quindi tende a decadere, cioè a trasformarsi in particelle più piccole: in virtù del fatto che è così stabile, il suo tempo di decadimento è dell'ordine dei millisecondi, piuttosto lungo se comparato alle scale temporale tipiche delle reazioni nucleari. Per questa sua “longevità”, secondo gli scienziati, l'elemento potrebbe avere un ruolo determinante nei processi che hanno luogo all'interno dellestelle, dove si creano gli elementi pesanti dell'universo. I ricercatori hanno ora intenzione di proseguire le ricerche per approfondire ulteriormente le proprietà di quest'elemento. E, eventualmente, tirare fuori dal cilindro altri numeri magici.

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