lunedì 27 ottobre 2014

red keyTrapianti: nuova tecnica utilizza cuori clinicamente morti

 Un team di chirurghi australiani ha portato a termine con successo, per la prima volta nella storia, il trapianto di tre cuori clinicamente morti, una procedura che permetterà presto di aumentare considerevolmente la disponibilità di organi cardiaci utilizzabili per questo tipo di operazione, e di salvare la vita a circa il 30% in più dei pazienti affetti da gravi patologie cardiache.
Il numero di organi cardiaci idonei per il trapianto infatti è stato finora limitato dal fatto che il cuore dovesse essere prelevato ancora pulsante, una condizione non facile da rispettare dal momento che è sempre stata necessaria la disponibilità di un donatore cerebralmente morto.
Ma la squadra di chirurghi del Saint Vincent di Sydney, lo scorso venerdì ha annunciato di aver eseguito con successo tre trapianti in cui gli organi cardiaci dei donatori avevano smesso di battere da circa venti minuti.
Due dei pazienti hanno risposto bene e stanno già recuperando, mentre il terzo, che si è sottoposto da poco all’operazione, è tuttora in terapia intensiva.
Il dottor MacDonald, cardiologo e direttore dell’unità di cardiochirurgia del Saint Vincent, ha spiegato che i cuori dei donatori - non appena prelevati - sono stati immersi per circa quattro ore in un’innovativa soluzione conservante presente all’interno di una peculiare custodia portatile (soprannominataHeart in a Box), con cui peraltro è stato eseguito il trasporto.
Una volta giunto presso il Saint Vincent, il cuore è stato quindi collegato ad un circuito sterile in grado di preservare l’attività e la temperatura dell’organo, fase a cui è seguita l’operazione di impianto nel paziente ricevente.
«Grazie all'avanzatissimo livello tecnologico della soluzione di conservazione, siamo stati in grado di preservare il cuore, riportarlo in attività e utilizzarlo per il trapianto – ha spiegato in una conferenza stampa il dottor MacDonald – Questa scoperta rappresenta un primo importante tentativo per ridurre la carenza di donatori di organi».

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