sabato 27 febbraio 2010

Ancora un attacco alla liberta' di espressione su internet

da Corriere della Sera.it del  24/2/10 di Federico Cella

...........Internet cosa può permettersi e cosa no? Sul Web deve prevalere un concetto di libertà oppure uno di responsabilità? Chi è responsabile dei contenuti postati in Rete? Senz'altro chi li ha prodotti, come i ragazzi di Torino del video, puniti in modo esemplare con ore di volontariato con bambini Down. Il troll "Vendicatore mascherato", nel caso di Facebook, per il quale il ministro Carfagna ieri ha invocato una punizione che non deve sfuggire. Ma sempre il ministro ha poi aggiunto che la Rete deve rimanere libera e che devono essere i navigatori stessi a essere i "watchmen" di Internet. Autoregolamentazione. Sulla stessa linea è Facebook, nell'unica dichiarazione ufficiale sull'argomento che siamo riusciti a ottenere: "Sebbene normalmente non siamo soliti rilasciare dichiarazioni in merito a specifici Gruppi o Pagine su Facebook, tuttavia prendiamo molto seriamente la nostra policy sui Termini di Utilizzo, reagendo tempestivamente per chiudere i Gruppi che violino i suddetti termini. Nello specifico, siamo particolarmente sensibili ai Gruppi che minacciano violenza verso gli individui e provvediamo a chiuderli appena ne siamo informati, spesso dagli utenti stessi che ce li segnalano". Concetto evidentemente non condiviso dal tribunale di Milano, che invece ha ritenuto il provider del sevizio online altrettanto responsabile di contenuti messi online e che violano la legge. La notizia da poco uscita, seguita in questi anni da Corriere.it e da questo blog, sta rapidamente rimbalzando su tutte le agenzie di stampa internazionali e presto arriverà anche nelle prime pagine digitali dei giornali americani (sul Nyt, che ha semrpe seguito la vicenda, c'è già). Perché il processo di primo grado, svolto davanti al giudice Oscar Magi, che si è concluso oggi è in assoluto il primo procedimento penale anche a livello internazionale che vede imputati responsabili di Google per la pubblicazione di contenuti sul Web.
Google intanto ha annunciato che ricorrerà in appello, l'azienda si schiererà compatta a difesa dei suoi dipendenti. E della propria policy. Perché altrimenti, come detto, il precedente potrebbe risultare devastante. Marco Pancini di Google Italia esprime il concetto in modo decisamente chiaro: "La sentenza è un attacco ai principi fondamentali di libertà sui quali è stata costruita Internet". Perché, secondo i portavoce nostrani del colosso americano, se viene meno il principio che la responsabilità dei contenuti è esclusivamente di chi li carica in Rete, "cade di fatto la possibilità di offrire servizi su Internet".

Intanto in Italia zizzti zitti, piano piano , col decreto fatto in mano , sistemiamo questi qui':
il Parlamento sta dicutendo del Decreto Romani ,
da Dolce stil Web , clicca x art. int.
................In particolare le Commissioni competenti della Camera e del Senato hanno votato dei pareri favorevoli con condizioni e osservazioni, alla luce anche delle numerose osservazioni emerse nel ciclo di audizioni effettuate. I testi ufficiali sono disponibili a seguenti link: Commissioni riunite Cultura e Telecomunicazioni della Camera, Commissione Politiche dell’Unione Europea della Camera , Commissione Cultura del Senato e Commissione Comunicazioni del Senato.

Gli argomenti più dibattuti sono stati le disposizioni inerenti le quote di investimento destinate all’audiovisivo , il ruolo dell’AGCOM nella regolamentazione di Internet e la dichiarazione di inizio attività per la diffusione di contenuti on demand nella Rete. .Si attende ora la decisione del Governo.

AGCOM :Autorità per le garanzie nelle comunicazioni , CLICCA


orso castano : la tesi di Google e' condivisibile , chi commette un retato deve risponderne , mettere a disposizione uno strumento per pubblicare e diffondere le proprie idee non e' un reato, la censura preventiva e' privazione di liberta'. Per questo e' importante , se non determinante che chi pubblica deve rendersi rintracciabile. Ha fatto bene Google a ricorrere in appello. Ancora una volta si deve difendere la liberta' di espressione. Chi ha il potere  (e non di rado e' proprio la burocrazia statale deve rispettare i diritti civili  di tutti. 

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