Gian Pietro Leoni, presidente di Glaxo per dieci anni Il suo pensiero ricorrente, in questi giorni di amarezza, è uno solo: se fosse accaduto quando c'ero io, come starei? «Non ci sono in ballo 550 persone, ma 550 famiglie». Gian Pietro Leoni è stato presidente e amministratore delegato di Glaxo dal 1993 al 2003; è entrato in via Fleming nel 1987 «quando stavano mettendo la prima pietra del Centro ricerche che ora si vuole chiudere». È stato anche presidente di Federfarma; poi ha guidato qualche anno l'Agsm fino al 2007. Top manager di livello internazionale, non ha mai smesso di seguire Glaxo, parlare con gli ex collaboratori, andare alle cene aziendali.Dottor Leoni, il ministro Sacconi dice che il centro ricerche Glaxo deve restare. Da quello che lei sa, la decisione di Gsk è irrevocabile? Guardi, ci si deve rendere conto che è molto difficile attendersi una rivisitazione della scelta da parte del gruppo multinazionale, altrimenti non l'avrebbero annunciata. Non l'hanno fatto per fare baccano. Una decisione presa perché si vuole andare via dall'Italia? No, qui non c'entra né Verona, né l'Italia. Gsk chiude Verona perché qui c'è il settore della ricerche nel campo delle neuroscienze, dal quale si vuole uscire perché non ci sono più i margini di una volta. Guardiamo i numeri: negli anni Novanta venivano prodotte 45 nuove molecole; negli anni 2000 siamo scesi a 25 e siamo andati sempre calando. Il settore è maturo, i brevetti svaniscono, la produttività di questo tipo di ricerca si sta svalutando. I costi della ricerca invece salgono vertiginosamente a fronte di progressi che non sono rivoluzionari, non ti fanno fare il grande salto nel mercato. E nel mercato invece entrano i generici che ti portano via quote.E il profitto è calato...Certo. In questo modo si sono avuti rilevanti cali dei margini, diciamo nell'ordine del 25% rispetto alle vendite. E questo è un ragionamento mondiale: gli azionisti vogliono profitti e dividendi; se il profitto si indebolisce si arriva a interventi come questi, di tipo chirurgico: vengono eliminate le aree terapeutiche più a rischio. E la prima è l'area delle neuroscienze. Non so se sono stato chiaro.Chiarissimo. Ma non è possibile buttar via tutto...È una situazione che fa male, che lascia molto amaro. Proprio per questo anch'io sono convinto che buttar via tutto con un colpo di spugna sarebbe criminale. Che cosa farebbe? Esiste un piano B? Io busserei ovunque e non lascerei nulla di intentato. Se si vogliono salvare dei posti, bisogna salvare in qualche modo il centro ricerche. perché altrimenti questi ricercatori dove li collochi? È un patrimonio molto particolare, con un know how unico al mondo, che va preservato: ci sono ricercatori provenienti da 20 Paesi, un centro di eccellenza vero e proprio: non va disperso. Si parla di creare un distretto scientifico, di sviluppare i nanofarmaci: può essere una strada? Io sono d'accordo: non va lasciato nulla di intentato. Perché non provare a ripartire con un distretto della ricerca? Ma è ovvio che deve farne parte Glaxo Italia, perché la soluzione non deve essere locale, ma nazionale. Io francamente mi aspetto che si muova Glaxo Italia, che ci si inventi qualcosa di nuovo che abbia molti e diversi obiettivi, non solo le neuroscienze. E sia l'azienda italiana Glaxo che la Regione potrebbero sostenere una soluzione di questo genere. È meglio una soluzione alternativa piuttosto che chiudere tutto no? Lei pensa che Glaxo porterà tutto in Asia, Cina o India che sia? Mah, potranno anche portare in India e Cina la ricerca di routine e la chimica semplice; ma la chimica sofisticata resterà in Europa e negli Stati Uniti.Avrebbe mai pensato che si sarebbe arrivati alla chiusura del centro di ricerca? Quando ero presidente e tornavo a casa pensavo sempre che il punto di forza era evitare la chiusura del centro di ricerca. Sono i primi a saltare perché trasferiti in posti dove la ricerca costa meno. E bisogna combattere tutti i giorni per mantenerli e difenderli. La responsabilità sociale, mi creda, è molto, molto sentita. Maurizio Battista :
ma sempre dalla stessa pagina :
I dati presentati da GSK stessa agli azionisti il 4 febbraio 2010 parlano chiari : stiamo ragionando di una azienda che nella sua complessita’ ha visto un fatturato del 2009 di 28 miliardi di sterline, in crescita come valore assoluto del 16% rispetto all’anno precedente, corrispondente ad un profitto al netto di tasse ed altro di 6 miliardi di sterline (+13% sul 2008); gli azionisti potrebbero anche essere contenti del fatto che il dividendo per azione e’ salito da 104,7 a 121,7 pennies per azione, un aumento del 16% sul 2008. La disponibilita’ di cassa (gli spiccioli che GSK ha nel portafoglio per le caramelle ed il giornale) e’ pari a 5 miliardi di sterline (+12% sul 2008) Non so se ce ne rendiamo conto: una azienda in attivo, sana, addirittura in crescita, considerando l’anno “horribilis” del 2009, azioni ben remunerate nel loro dividendo. I farmaci generici stanno erodendo questo valore, e’ vero, ma se questa erosione porta a questi risultati ben venga. Inoltre occorre una certa capacita’ commerciale a gestire i prodotti usciti dal brevetto: ne e’ un esempio il Ventolin della GSK ormai vetusto e da lustri fuori brevetto che pero’ guadagna ancora i suoi bei 477 milioni di sterline (+26% sul 2008 !!) Quindi, magari, piu’ che eliminare i ricercatori occorrerebbe eliminare quel management che non e’ capace di gestire i prodotti nella loro fase post-brevettuale e premiare altresi’ il management del Ventolin, ad esempio. Fonte: “Q4 Results 2009 Presentation to Investors & Analysts” Link dal sito istituzionale della GSK
orso castano : all'interno della stessa logica del profitto possono esserci errori o posizioni contrastanti . Resta il fatto che di fronte ad una consistente protesta l'azienda nin e' tornata sui suoi passi. Evidentemente ha vinto chi all'interno non riteneva il margine di profitto sufficientemente alto per rendere interessante la permanenza a Verona oppure la Glaxo intende investire altrove ed in altri settori, con margini di profitto maggiori. La forza lavoro, come qualcuno aveva detto un secolo fa e piu', e' un elemento secondario da mettere da parte rispetto al profitto...
ma sempre dalla stessa pagina :
I dati presentati da GSK stessa agli azionisti il 4 febbraio 2010 parlano chiari : stiamo ragionando di una azienda che nella sua complessita’ ha visto un fatturato del 2009 di 28 miliardi di sterline, in crescita come valore assoluto del 16% rispetto all’anno precedente, corrispondente ad un profitto al netto di tasse ed altro di 6 miliardi di sterline (+13% sul 2008); gli azionisti potrebbero anche essere contenti del fatto che il dividendo per azione e’ salito da 104,7 a 121,7 pennies per azione, un aumento del 16% sul 2008. La disponibilita’ di cassa (gli spiccioli che GSK ha nel portafoglio per le caramelle ed il giornale) e’ pari a 5 miliardi di sterline (+12% sul 2008) Non so se ce ne rendiamo conto: una azienda in attivo, sana, addirittura in crescita, considerando l’anno “horribilis” del 2009, azioni ben remunerate nel loro dividendo. I farmaci generici stanno erodendo questo valore, e’ vero, ma se questa erosione porta a questi risultati ben venga. Inoltre occorre una certa capacita’ commerciale a gestire i prodotti usciti dal brevetto: ne e’ un esempio il Ventolin della GSK ormai vetusto e da lustri fuori brevetto che pero’ guadagna ancora i suoi bei 477 milioni di sterline (+26% sul 2008 !!) Quindi, magari, piu’ che eliminare i ricercatori occorrerebbe eliminare quel management che non e’ capace di gestire i prodotti nella loro fase post-brevettuale e premiare altresi’ il management del Ventolin, ad esempio. Fonte: “Q4 Results 2009 Presentation to Investors & Analysts” Link dal sito istituzionale della GSK
orso castano : all'interno della stessa logica del profitto possono esserci errori o posizioni contrastanti . Resta il fatto che di fronte ad una consistente protesta l'azienda nin e' tornata sui suoi passi. Evidentemente ha vinto chi all'interno non riteneva il margine di profitto sufficientemente alto per rendere interessante la permanenza a Verona oppure la Glaxo intende investire altrove ed in altri settori, con margini di profitto maggiori. La forza lavoro, come qualcuno aveva detto un secolo fa e piu', e' un elemento secondario da mettere da parte rispetto al profitto...
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