domenica 28 febbraio 2010

il paziente e' un essere umano uguale a noi : l'insegnamento dell'esistenzialismo e della fenomenologia , clicca x art.


lunghi stralci del bell'articolo (da leggere x intero) di m.d.f. (non ci e' dato sapere di piu' , ma ci siamo sforzati) che ribadisce l'importanza di non dimenticare che il "paziente" e' un esere umano non riducibile ad ioggetto di tecniche psicologiche/ortopediche riabilitative , quasi  fisioterapiche, e che l'esperienza di dolore e soffrenza psicologica ha un profondo significato che si puo' solo illuminare e provvisoriamente fornire di un senso , ma solo insieme all'essere umano /paziente, e che occorre rifiutare qualsiasi posizione pseudo scientifica (che collochi lo psicoterapeuta su un piano up) oppure tenerla presente nella misura in cui puo' aiutarci a comprendere ed a d accompagnare nel dare un senso all'esperienza soggettiva di chi ci sta di fronte. Bella anche la rivista nella sua versione on line . Speriamo l'esperianza continui.

<<..........ma la psichiatria è anche e soprattutto ermeneutica: si svolge sul piano dei significati, del comprendere e dell’interpretare; ad esempio ispirandosi alla fenomenologia di Husserl, a quella di Jaspers, all’esistenzialismo del “primo” e alla ontologia del “secondo” Heidegger. La verità ermeneutica non è ovviamente confutabile, come non è dimostrabile con sillogismi ed è caratterizzata dall’implicare un cambiamento sia dell’interprete che dell’interpretato..............Facciamo della epistemologia – invece – quando ci fermiamo alla descrizione dei comportamenti, quando applichiamo scale e questionari, cercando di ottenere dei dati quantificabili, quando studiamo sintomi obbiettivabili e quantificabili, ad esempio in malati organici, confusi o dementi, quando applichiamo casistiche, in certi studi epidemiologici ecc. Ovviamente i confini fra epistemologia ed ermeneutica non sono netti: quando lo psichiatra vuoi fare della scienza, nel suo pensiero si insinuano spesso elementi di interpretazione e di significato; e viceversa.................giova rifarsi al concetto di “йcart organopsychique” di Ey e cioè a quel misterioso spazio che si pone fra i due campi: organico e “psichico”, che difficilmente il pensiero causalistico scientistico ritiene riuscire a colmare e comunque mai rispondendo agli interrogativi ermeneutici...........gli studi fenomenologici (ad esempio di Mundt) (2) vedono in essa (n.d.r. schizofrenia) un disturbo a livello esistenziale e non psicologico, modi di essere abnormi dell’intenzionalitа che si traducono in una “alterità” rispetto al mondo interumano; non dei deficit dunque, ma deviazione che il fenomenologo può “comprendere”. Si può realizzare un Mit-sein col passato, capace di speranze terapeutiche, al contrario delle disperate conclusioni degli studi epistemologici che fatalmente enfatizzano i deficit..............ho visto la schizofre-nicitа come un “plus”, un qualche cosa che dа a tutto il vivere del paziente un colorito che non è solo disordine, incomprensibilitа su un piano cognitivo e sentimentale, dissociazione, atimia, vissuto autistico; ma qualche cosa di piщ e cioи il colore di una “novità”, che ha un senso che è un non senso; un qualche cosa che è coglibile col Prаcoxgefщhl, di cui è celebre la tautologica definizione. In ottica ermeneutica, una “verità” vivendo la quale l’operatore riesce a sentirsi “con” con questo uomo che ogni “con” rifiuta, e così anche l’operatore si sente “mutato”. Troppo facili le analogie con l’opera d’arte e con la fruizione della stessa. Ed è per questo che ho trovato nel secondo Heidegger un conforto a questo vivere la schizofrenicitа non come una romantica creazione (a questo mi portava l’esistenzialismo di Sein und Zeit) ma come l’apertura al disvelarsivelandosi dell’essere, in una abnorme perchè solipsistica apparsa della “radura”, la luce del bosco che si nasconde nell’ombra............Quando tra paziente e operatore si stabilisca un dialogo ermeneutico, come quello che è implicito in ogni approccio fenomenologico (e qui uso questo termine globalmente per indicare le concezioni che si ispirano ad Husserl, ad Jaspers e ad Heidegger ecc.) nell’occasione del colloquio psichiatrico, che non è però l’unica per l’istituirsi di una verità “ermeneutica” in cui due universi si fondono in un terzo nuovo, in cui sia paziente che operatore subiscono un mutamento, non vi è dubbio che si tratta di un “evento” psicoterapeutico, anche se tale evento può avvenire nel corso di una visita medica che non è finalizzata ad essere l’inizio di una psicoterapia; visita, per esempio, specialistica chiesta dal medico curante di un paziente.E cioè, secondo me, un “vero” esame psichiatrico è già l’inizio potenziale di una psicoterapia.........Dunque non solo non esiste rapporto fenomenologico operatore-paziente che non sia psicoterapia, ma ogni profondo contatto operatore-paziente non può non essere un dialogo ermeneutico e quindi implicante “aumento” dell’essere, dei due protagonisti, come dice Gadamer, il quale dialogo avviene sul piano esistenziale di essere-con che è implicitamente fenomenologico.............Parlare dunque di Scuole, di Leggi, di Albi professionali, di “tecniche” da insegnare suona strano: come pensare di ingabbiare, in certo modo, nel mondo tecnico-scientifico-amministrativo quello che appartiene al mondo dei significati e delle libertа progettuali.Il che non significa che una psichiatria orientata fenomenologicamente non possa dare suggerimenti per sviluppi psicoterapeutici su larga scala da parte di operatori psichiatrici: fermo restando quanto sopra ho detto circa una fondante componente fenomenologica anche in trattamenti consapevolmente intonati ad altri approcci che non quello fenomenologico. (D’altra parte per quella polivocitа ermeneutica di cui ho parlato sopra si può sempre trovare per esempio, in una sequenza di interpretazioni cliniche di tipo psicoanalitico, una interpretazione fenomenologica)............Concludendo, ritengo che quanto si può svolgere, nel mondo psichiatrico, sul piano della cosiddetta fenomenologia, (ancora una volta ripeto che questo termine è comprensivo di una molteplicità di eventi) non costituisca tanto un problema di “sapere” da trasmettere, quanto un problema di “esistere”, da favorire. La chiamata ad un tale modo di “esistere”, che coinvolge operatore e paziente, e lo sviluppo di esso che si svolge contemporaneamente come conoscenza e trattamento psicoterapico, non possono verificarsi se non in ambienti in cui esistenze sofferenti costituiscono una spontanea offerta, con la presenza anche di operatori la cui didatticitа sia altrettanto concretamente implicita.Tutto ciò mi pare incompatibile con l’idea di Scuola, di programmi, di esami, di un mondo cioè che appartiene decisamente più all’epistemologia che all’ermeneutica. Penso che una Scuola potrebbe studiare ed esporre la storia delle varie “Scuole fenomenologiche e psichiatriche”, i vari fondamenti teorici. Ciò costituirebbe un utile corredo per gli studi psichiatrici in genere. Una scienza dunque – puramente teorica della fenomenologia psichiatrica e psicoterapeutica può trovare il suo spazio in una Scuola. Invece una fenomenologia psichiatrica e psicoterapeutica come realtà operativa esistenziale non può che nascere e svilupparsi lа dove i malati sono curati. E dunque ovviamente, per quanto riguarda la formazione degli psichiatri fenomenologi, preferirei che la chiamata a questo vivere nascesse dal contatto diretto coi malati........>>

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