giovedì 20 maggio 2010

a cosa serve la stimolazione magnetica transcranica


cos'e la Stimolazione Magnetica
E’ un’apparecchiatura costituita da un generatore di corrente di elevata intensità e da una sonda mobile la quale viene posta a diretto contatto dello scalpo del paziente. Quando attivato, il generatore di corrente produce un campo elettrico che viene veicolato lungo la sonda. Il campo elettrico a sua volta produce un campo magnetico che ha la proprietà di poter passare attraverso le strutture dello scalpo senza alcuna dispersione ed in modo pressoché indolore potendo pertanto raggiungere le strutture cerebrali sottostanti, in particolare la corteccia cerebrale, e modificarne l’attività elettrica.
Come agisce la Stimolazione Magnetica Transcranica?
Il campo magnetico agisce sulle strutture della corteccia cerebrale determinandone una modificazione della sua attività elettrica che può perdurare oltre il periodo della stimolazione stessa. E’ stata riscontrata inoltre una modulazione nella secrezione di neurotrasmettitori specifici quali dopamina e serotonina, entrambi alterati nei disturbi del tono dell’umore, dopo trattamento con TMS. Si ipotizza che la combinazione di questi effetti possa essere responsabile del miglioramento sintomatologico riscontrato su buona parte dei pazienti trattati con TMS
In quali ambiti viene utilizzata?
Già a partire dalla metà degli anni ’80 la Stimolazione Magnetica Transcranica viene utilizzata in clinica neurologica come strumento diagnostico per patologie che comportano un’alterazione della funzionalità di diverse strutture nervose. In particolar modo consente di stabilire se esistano delle lesioni di diversa natura (infiammatoria, ischemica, compressiva, tumorale) lungo la via motoria.Recentemente è stato riscontrato, in modo del tutto accidentale, come pazienti affetti da patologia neurologica che venivano sottoposti a TMS a fini diagnostici e che presentavano associato un disturbo del tono dell’umore (depressione) potessero presentare un miglioramento del quadro depressivo.Quest’ultimo riscontro ha dato avvio all’utilizzo della TMS come trattamento terapeutico in ambito psichiatrico.
Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS) e Funzioni Cognitive: quali possibili applicazioni riabilititive?
La stimolazione magnetica transcranica (TMS) rappresenta una tecnica di definita validità nello studio delle funzioni corticali, in particolare quelle motorie come dimostrato da studi di neurofisiologia clinica. Recentemente, la TMS sia a singolo stimolo che ripetitiva è stata utilizzata nell’uomo sano anche per studiare le funzioni cognitive. Tale approccio può essere utilizzato non solo per capire se una data area cerebrale è cruciale per un determinato compito cognitivo, ma anche per tentare di modulare una determinata funzione cerebrale, sia in persone sane che con patologia. In base alla funzione cognitiva studiata ed ai parametri di stimolazione utilizzati (frequenza, durata, intensità di stimolazione e sito), la TMS può sia attivare che disattivare una determinata funzione cognitiva.Anche se gli effetti interferenti o facilitanti della TMS sono generalmente transitori, c’è la possibilità che tali modulazioni perdurino per un periodo di tempo maggiore. In letteratura sono presenti alcuni lavori che dimostrano come la TMS possa migliorare alcune funzioni cognitive o possa servire come trattamento complementare per alcune patologie, quali negligenza spaziale unilaterale e afasia. E’ quindi interessante approfondire questo ambito cercando di capire, con ricerche future, i meccanismi attraverso i quali la TMS modifica l’attività cerebrale stimolando un miglioramento comportamentale.
Quali sono le indicazioni per il suo utilizzo in ambito psichiatrico?
L’indicazione per l’utilizzo della TMS in ambito psichiatrico è costituita dalle forme farmacoresistenti di disturbi del tono dell’umore. In particolare la TMS ha trovato applicazione nel trattamento della depressione nelle sue diverse espressioni, con limitazioni legate all'età e alla presenza di sintomi psicotici.
La TMS non si pone come alternativa al trattamento farmacologico, ma come supporto allo stesso. L’indicazione al suo utilizzo è riservata ai pazienti che non trovano beneficio alcuno dalla terapia farmacologica (farmacoresistenza). Per farmacoresistenza si intende una risposta inadeguata dopo un trattamento farmacologico a dosaggi standard, per un periodo di almeno tre mesi, con una classe di antidepressivi o neurolettici.
Quali sono i risultati finora ottenuti?
dalla casistica derivata dall’esperienza di Centri italiani ed internazionali sembrerebbe documentata una reale efficacia del trattamento di Stimolazione Magnetica Transcranica in pazienti affetti da depressione farmacoresistente in una percentuale che si aggira intorno al 40-50%. Questo dato si deve interpretare come miglioramento sintomatologico del quadro clinico, non come risoluzione completa di malattia.
Quali sono le controindicazioni al suo impiego?
Esistono poche controindicazioni all’utilizzo della TMS. In particolare è sconsigliato il suo impiego in soggetti che presentino una storia clinica di epilessia, in portatori di pace-maker cardiaci e/o di protesi acustiche, in soggetti portatori di protesi metalliche cranio-facciali conseguenti a interventi di ricostruzione plastica, e in donne in stato di gravidanza.
Quali sono gli effetti collaterali?
Non sono stati segnalati ad oggi effetti collaterali di rilievo se si escludono sporadici casi di cefalea che regrediscono comunque nell’arco di poche ore dalla fine del trattamento. La farmacoresistenza (vale a dire la mancata risposta al trattamento farmacologico) costituisce uno degli aspetti più problematici per il trattamento terapeutico dei disturbi del tono dell’umore, in particolar modo della depressione.Si calcola che una percentuale del 30-40% dei pazienti affetti da disturbo del tono dell’umore non risponda in modo adeguato alla terapia farmacologica.Un’alternativa alla terapia farmacologica è rappresentata da metodi di intervento “non convenzionali” i quali agiscono come supporto al trattamento farmacologico stesso. Storicamente, la terapia elettroconvulsiva (elettroshock) è quella che ha dato i risultati più incoraggianti. Tuttavia l’elettroshock è una metodica altamente invasiva che richiede l’anestesia generale del paziente e l’induzione di una crisi epilettica; inoltre l’elettroshock è spesso causa di effetti collaterali rilevanti e duraturi come perdita della memoria e stato confusionale. Tutto ciò ha fortemente limitato l’impiego dell’elettroshock come metodo di intervento terapeutico in ambito clinico nonostante i benefici effetti documentati.Da qualche anno la Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS) viene utilizzata in alcuni Centri come alternativa alla terapia elettroconvulsiva con risultati incoraggianti e per certi versi sovrapponibili a quelli ottenuti mediante elettroshock. Il grande vantaggio della Stimolazione Magnetica Transcranica è rappresentato dal fatto di essere una metodica non invasiva, indolore e praticamente priva di effetti collaterali. Non richiede inoltre la sedazione del paziente.
Stimolazione Magnetica Transcranica: plasticità e stroke
Il sistema nervoso è modificabile sulla base dello sviluppo e delle esperienze effettuate nel corso della vita, mantenendo anche nell’individuo adulto, la capacità di riorganizzarsi sia in risposta ad una lesione, che all’addestramento. Il termine plasticità, descrive i diversi cambiamenti che avvengono a vari livelli di organizzazione neuronale, dalle molecole alle sinapsi e le reti neuronali a larga scala (mappe spaziali). Esempi sono i meccanismi d’auto-riparazione e di riorganizzazione delle connessioni neuronali, come l’utilizzazione di vie alternative funzionalmente omologhe ma anatomicamente distinte da quelle danneggiate, la sinaptogenesi, l’arborizzazione dendritica, il rinforzo secondario all’esperienza di connessioni sinaptiche precedentemente esistenti sul piano strutturale, ma silenti funzionalmente (Rossini & Pauri, 2000). Esistono due strategie fondamentali per esaminare la plasticità. In un approccio longitudinale, gli individui vengono esaminati diverse volte nel corso dell’apprendimento o dello sviluppo, ad esempio, quantificando l’attivazione di determinate aree corticali per un compito cognitivo prima e dopo (a volte anche durante) l’addestramento. Gli approcci longitudinali sono anche utili per valutare il recupero funzionale in diverse patologie neurologiche, soprattutto se questo avviene in un periodo relativamente breve. Una strategia alternativa è l’approccio trasversale che consiste nel confrontare la funzionalità neuronali di una determinata area cerebrale in con diversi livelli di abilità nell’attuazione di un dato compito (Poldrack RA, 2000). Tale metodo consente uno studio dello sviluppo nel corso di numerosi anni, ad esempio, Amunts e colleghi (1997) osservarono una relazione di proporzionalità tra la lunghezza del giro precentrale ed il numero d’anni di pratica musicale. Allo stesso modo l’approccio trasversale si è rivelato utile nell’esaminare i fenomeni plastici che si verificano a seguito di danni cerebrali (esempio stroke), e che altrimenti richiederebbero diversi mesi o perfino anni di osservazione. Tali studi sono stati resi possibili dallo sviluppo di moderne tecnologie di imaging funzionale non invasive che traggono il loro segnali dall’attivazione neurale come la risonanza magnetica funzionale (fMRI), la magnetoencefalografia (MEG), la stimolazione magnetica transcranica (TMS) e le tecniche di elettroencefalografia ad alta definizione (HD-EEG). Il principio alla base di queste metodiche è che l'attività del cervello si associa a variazioni di differenti parametri fisiologici e biofisici che possono essere misurati in ciascun area: la scarica e la frequenza della medesima, i potenziali post-sinaptici, la sincronizzazione e la coerenza del firing dei neuroni. Alcune metodiche (HD-EEG, MEG) analizzano direttamente tali parametri, mentre altre ne forniscono una misurazione indiretta, attraverso la quantizzazione delle variazioni differenziali locali del consumo di energia (metabolismo) o dell'afflusso di sangue, che sono dipendenti dalle variazioni di fabbisogno energetico nelle aree cerebrali più coinvolte in un determinato compito. Ognuna delle tecniche descritte, tuttavia, dimostra dei limiti in termini di discriminazione temporale o spaziale, di conseguenza, un imaging ad alta risoluzione spazio-temporale richiede l’integrazione di informazione da modalità di acquisizione di segnali multiple grazie a tecnologie integrate. Ad esempio, se la fMRI ha permesso di ottenere un segnale dalle variazioni nell’ossigenazione ematica e dalla perfusione locoregionale del cervello con una risoluzione spaziale di poche centinaia di micron è necessario ricorrere agli avanzamenti dell’HDEEG e della MEG per ottenere una stima dell’attività cerebrale con una risoluzione temporale dell’ordine dei millisecondi o frazione di essi. La TMS utilizza campi magnetici rapidamente varianti per attivare la corteccia cerebrale con una risoluzione temporale inferiore ad un secondo, ed una spaziale di 1 centimetro. La TMS può rilevare i cambiamenti dell’eccitabilità corticale in soggetti sani o in varie tipologie di pazienti, e permette di valutare in questi la possibile riorganizzazione delle mappe d’attivazione cerebrale. Un altro esempio è rappresentato dalla plasticità a livello delle cortecce associative, quando l’attivazione delle afferenze sensoriali periferiche appaiata con la TMS causa un incremento della eccitabilità corticale. Le altre tecniche di imaging funzionale (come la PET, la MEG o l’fMRI) analizzano più attentamente i fenomeni plastici che modificano la normale topografia cerebrale, dimostrata essere fisiologicamente simmetrica nei due emisferi se pur con un alta variabilità interindividuale. Studi neurofisiologici, utilizzando tali tecnologie, hanno dimostrato una modificazione di tale simmetria di rappresentazione corticale, sia in termini di posizione che d’estensione d’attivazione cerebrale, sulla base dello sviluppo, dell’apprendimento e del recupero clinico. Recenti osservazioni inoltre, indicano che nei pazienti affetti da patologia cerebro vascolare può non esserci corrispondenza tra l’attivazione neuronale e la rilevazione del segnale BOLD di risonanza funzionale (che trae origine da una risposta emodinamica), suggerendo la combinazione di diverse tecniche di imaging per una piena comprensione dei fenomeni di plasticità (Pineiro, 2002). Uno degli obiettivi che la ricerca nel campo si pone di raggiungere è quindi conoscere il più precocemente possibile che livello di recupero ci si può aspettare in seguito ad uno stroke. Ciò è importante per riconoscere la prognosi e per la determinazione delle procedure riabilitative (Rossini et al 2003.
Bibliografia.................

orso castano : non e' un intervento analogo all'elettroshock , ma quello che fa riflettere che si e' giunti alla possibilita' di manipolare le strutture cerebrali , fino in profondita', in maniera non invasiva ed indolore. Questo pone , che, anche a livello terapeutico (come nel campo di alcune ricerche genetiche "ricombinanti") ci sia, quanto meno, un codice etico sulle tipologie di intervento alternative ai farmaci. Le potenzialita' di tali interventi, in prospetiva, proprioperche' non hanno gli effetti collaterali dei farmaci,(o con minori effetti collaterali in genere), potrebbero rivelarsi di grosso peso , n on solo a livello terapeutico, ma anche in campi molto delicati,  come  influire sulle modalita' stesse della formulazione e dell'espressione del pensiero. Cerche remo di documentare questo aspetto...

la controvalutazione di xagenaNews



La stimolazione magnetica transcranica a bassa frequenza non offre benefici per i pazienti con fibromialgia e depressione maggiore E’ stata studiata l’efficacia della stimolazione magnetica transcranica a bassa frequenza nei pazienti con fibromialgia e depressione maggiore.Un totale di 28 pazienti sono stati assegnati in modo casuale a ricevere 20 sessioni di stimolazione magnetica transcranica, reale o simulata, della corteccia prefrontale dorsolaterale destra.I principali parametri di stimolazione erano 15 serie di stimoli pari al 110% della soglia motoria per 60 secondi a una frequenza di 1 Hz.Sono state utilizzate diverse scale di valutazione per la fibromialgia ( FibroFatigue, Likert Pain ) e per la depressione ( Hamilton Depression Rating Scale, Clinical Global Impression ).Entrambi i gruppi di trattamento ( reale e simulato ) hanno migliorato i loro punteggi in alcune scale ( FibroFatigue e Clinical Global Impression ), sebbene non siano state osservate differenze tra loro.Nessun miglioramento è stato riscontrato nella scala Likert Pain per entrambi i gruppi.
Questo studio ha mostrato che i pazienti con fibromialgia sottoposti a stimolazione magnetica reale non presentano significative differenze nei sintomi rispetto ai pazienti che ricevono una stimolazione magnetica simulata. ( Xagena2009 )
Carretero B et al, Pain Med 2009; Epub ahead of print


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