mercoledì 26 maggio 2010

il "sacro" si attenua , ma la sensibilita' simbolica aumenta: e' cosi'?

di Gianfranco Ravasi da Domenica , sole 24ore, maggio 2010

In latino c'è un avverbio, modo, ehe significa «ora, poco fa»: forse non ci avete mai pensato, ma la nostra parola «moderno» deriva'proprio da qui, indicando qualcosa di recente, di attuale, di contemporaneo, quasi fosse da poco accaduto. È per questo che, a livello popolare, si è moderni per.ché si è aggiornati e si lascia alle spalle il «piccolo mondo antico». In verità, in ambito strettamente storiografico, l'era moderna è qualcosa di antico, se è vero che la si fa cominciare attorno agli inizi del Seicento, con l'esaltazione dell'individualità autonoma e autosufficiente e l'imporsi dell'epistemologia scientifica alla Galileo. Erano, in realtà, due orizzonti straordinari che già covavano nel terreno storico precedente e che, però, si sarebbero successivamente avviati anche verso derive rischiose come l'individualismo esasperato e sradicato e l'empirismo scientifico e positivista. Bisogna anche dire che, sotto la cappa della modernità, hanno trovato riparo molte tipologie diverse: tanto per fare qualche esempio scelto casualmente, si pensi al «modernismo» teologico o a quello letterario ispano-portoghese (Rubén Darìo) oppure al «modern style» praticato dall'«art nouveau» catalana o inglese. Sta di fatto, però, che - a partire più o meno dal Sessantotto - si è dato un calcio alla modernità per introdurre il «postmoderno», non tanto architettonico (fu forse il prino uso del termine) quanto culturale, contrassegnato da una fiera critica nei confronti degli idoli del progresso, della produzione industriale, dei soggetti definiti, degli stili codificati.Anche qui, sotto il manto della postmodernità, si è allocato un po' di tutto, come già faceva balenare nel 1985 il famoso saggio sulla Fine della modernità del filosofo francese Jean-Francois Lyotard, preparato dalla precedente (1979) analisi sulla Condizione postmoderna. Sebbene sia ormai usata anche da coloro che non hanno mai letto una riga di questo sociologo polacco, la formula fortunatissima della Modernità liquida (2000) di Zygmunt Bauman esprime icasticamente la sostanziale fluidità fin evanescente che regge (si fa per dure) la postmodernità. In un contesto del genere, si può ben immaginare quanto si trovi spaesato il credente o il teologo che ha nel suo bagaglio temi «premoderni» solidi come la trascendenza, l'assoluto, il totale, la comunione e così via, ben lontani dalla frammentazione, dalla contingenza, dalla superficialità e dall'immediatezza divenute ormai i vessilli comportamentali piantati nella piazza della «città secolare». ............(lo stesso Cox confessava di essersi sbagliato celebrando le sorti ma-gnifiche e progressive della secolarizzazione nel successivo scritto del 1984 intitolato emblematicamente Religion in thè Secular City. Toward a Postmodem Theology); ma anche un ben più accurato e raffinato studioso, come il canadese Charles Taylor, conia sua imponente A Secular Age (L'età secolare, Feltrinelli 2009) ha dimostrato la necessità di un andare oltre, travalicando perimetri e categorie apparentemente consolidate nell'esame di questo importante fenomeno postmoderno................Le interpretazìoni dì Charles Taylor rilanciano le tesi sul mutamento dei modelli antropologici «quantitativi», inclini appunto a misurare le regressioni del sacro, le riduzioni delle concezioni e delle pratiche religiose, sostanzialmente orientate a proporre quelle che Taylor definisce come «teorie della sottrazione» che elencano e quantificano il «sottrarsi» della contemporaneità all'ombrello del religioso....... Per essere più chiari ed espliciti rimandiamo a questa infaizione del grande poeta Eliot che incfividuava la crisi secolare non «nella semplice incapacità di credere in alcune tesi su Dio credute dai nostri antenati , bensì nell'incapacità di prosare le stesse emozioni ed esperienze verso Dio e verso l'uomo». E, quindi, il mutamento di un modello antropologico ed esistenziale che di per sé può offrire anche spazi per un nuovo annunzio religioso, perché - come segnalava già  nel 1953 il teologo Friedrich Gogarten nel suo studio sulla «secolarizzazióne come problema teologico» - l'autentica «secolarità», prima che degeneri in «secolarismo» dissacrante, è una «necessaria e legittima conseguenza della fede cristiana». Essa è, infatti, incarnata ma non teocratica, è in solidarietà con la mondanità e non in altezzosa separatezza sacrale, pur non dissolvendosi in una mera funzione di agenzia solidale. ............... Un soggetto che in apertura è simbolicamente raffigurato attraverso un dipinto di Turner ove , un peschereccio è scosso e tormentato da una tempesta, ma la scena è squarciata da due luci: una breccia luminosa dal cielo e un chiarore che emana dalla stessa imbarcazione. Una metafora di realismo e di Speranza, di crisi e di attesa.

Lettera internazionale n.86 in uscita contiene un dossier sul mondo islamico, dalle origini fino all’estremismo fondamentalista, con contributi, tra gli altri, del neuropsichiatra franco-tunisino Fethi Benslama: L'islamismo, un delirio che uccide. A proposito della crisi che oggi, al contatto con la modernità, attraversano le società musulmane, Benslama parla di psicosi e assimila il discorso islamista a un delirio, a un delirio di massa.. “ Una persona devota – osserva Benslama – può anche essere delirante. E penso proprio che una parte dell'islamismo sia delirante, per esempio il salafismo. (...). I salafisti sostengono che, per effetto della modernizzazione mondiale e la creazione di stati musulmani, le società musulmane sono regredite e sono uscite dall'islam. Secondo loro, quindi, i musulmani sarebbero andati a ritroso nel tempo fino a oltrepassare la 'soglia' dell'origine e a ritrovarsi in un periodo preislamico. (...). I salafisti sostengono che bisogna far ripassare i musulmani dall'origine, ecco perché chiedono agli altri musulmani di convertirsi. E questo è più che paradossale: è delirante. Per loro i musulmani non sono più musulmani. E' una follia! Ed è grave perché questa follia porta alla violenza. Si tratta di un delirio omicida. Questa gente si è assegnata il compito di sorvegliare la 'soglia' dell'origine con lo scopo di rimettere sulla giusta via coloro che si sono smarriti, costi quel che costi. E' un delirio paranoico. Pensate che in Algeria ci sono stati estremisti che prima di sgozzare le vittime dicevano: ' Ringraziami, perché con questo gesto ti consento di non morire apostata'. In una situazione ordinaria parleremmo di psicopatici , ma quando ci troviamo davanti a un delirio di massa, ogni banale psicopatico può trasformarsi in un temibile assassino ...”. Qui il testo originale, in francese, dell' intervista di Hamid Barrada e Renaud de Rochebrune a Fethi Benslama: L'islamisme, ou le délire qui tue. Su Fethi Benslama, v. anche : Clinica delle notti.

orso castano : la quetione del sacro che si "allenta e dellla domanda di  simbolico che contenporaneamente  cresce si pone in senso globale , sopratutto oggi. Il contrasto tra religioni assume una certa rilevanza ed , ad esempio, al dila  di un Islam moderato , e' indispensabile sapere cosa dice l'Islam non moderato e cosa puo' significare moderazione per quella religione.

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