mercoledì 23 aprile 2014

read key : sistemi : la soggettivita'


orso castano : quando parliamo di soggettivita' va osservato che innanzitutto occorre  partire dal livello corporeo (ricordero' solo il famoso e lungimirante teso "il secondo sesso" di Simone de Beauvoir nel quale (wikipedia) "La donna viene vista dall'autrice attraverso i dati della biologia, il punto di vista psicanalitico e quello del materialismo storico. Dapprima ella è analizzata dall'esterno e in particolare dall'uomo e ne viene messa in rilievo la condizione subordinata che le è stata attribuita e in seguito viene studiata in ogni fase della sua vita, dall'infanzia all'iniziazione sessuale, dalla maturità alla vecchiaia. Ne vengono descritti i comportamenti e le variesituazioni,come sposa,madreprostitutalesbicanarcisistainnamoratamistica." I vari vissuti corporei sono analizzati in maniera "molecolare" , con grande attenzione . Il corpo e' un tramite , uno strumento , segnato nel tempo dal ciclo vitale che lo prtera' alla fine, la base - in parte "opaca"- , non trasformabile,  una testimonianza insormontabile ed ineludibile della soggetivita'. Ma anche il corpo parla e ci racconta nell'aspetto, nelle sue cicatrici,  la sua storia , le sue gioie trascorse e le sue sofferenze, col suo linguaggio , piu' chiaro delle nostre epressioni verbali, frutto delle costruzioni mentali.   

co. Dapprima ella è analizzata dall'esterno e in particolare dall'uomo e ne viene messa in rilievo la condizione subordinata che le è stata attribuita e in seguito viene studiata in ogni fase della sua vita, dall'infanzia all'iniziazione sessuale, dalla maturità alla vecchiaia. Ne vengono descritti i comportamenti e le varie situazioni, come sposa,madreprostitutalesbicanarcisistainnamoratamistica.

le belle riflessioni della Demozzi pubblicate su AIEMS , pensare sistemico:  
“(IL CORPO)............Ci mette del suo”, significa che il corpo conferisce ai pensieri e ai sentimenti che esprime dei caratteri propri. La manifestazione, l’espressione dell’idea o dell’emozione non è, per quanto “fedele”, l’equivalente dell’idea o dell’emozione stesse. Quando queste acquistano un carattere concreto, materiale, quando raggiungono il livello fisico, del corpo, diventano qualcosa di “altro” rispetto a quello che erano finché esistevano solo a livello di coscienza, di interiorità. Il corpo, con i suoi modi di essere e di fare, con le sue caratteristiche strutturali e funzionali, conferisce delle “coloriture” particolari a ciò che esprime. Ciò non significa che per forza stravolga e falsi ciò che rende concreto, ma semplicemente che il passaggio da un livello di esclusiva interiorità a uno che coinvolge sia l’interiorità che l’esteriorità non è un passaggio piatto e indifferente. È una trasformazione attiva, in cui vengono messi in gioco fattori ulteriori rispetto a quelli originari. E questa è la condizione alla quale il corpo riesce ad essere “trasparente”, cioè ad assolvere la funzione di manifestare ciò che il soggetto ha dentro di sé......

L’OPACITÀ DEL CORPO

Il corpo può costituire una barriera insormontabile e può opporre una insuperabile resistenza alla manifestazione dei pensieri e delle idee. Possiamo fare in modo che quanto si agita dentro di noi non trovi espressione all’esterno, possiamo cioè decidere di tacere, di evitare gesti, parole, comportamenti che renderebbero concreto e sensibile il nostro mondo interiore.
Il corpo diventa così uno schermo che ci nasconde, una difesa che ci protegge e ci offre riservatezza e sicurezza. Questo quando siamo noi a decidere di avvalerci di tale possibilità di “chiusura”, a scegliere il silenzio come nostro diritto, come forma di rispetto verso noi stessi.
Questo ci evita di essere obbligati ad esporci, di essere vulnerabili, in balìa degli altri. È una possibilità che ci rende liberi e padroni di noi stessi.
Tuttavia occorre stare attenti a non trasformare tale possibilità nell’assoluta impenetrabilità, a non creare il “mito dell’opacità”, come un elemento di “forza” e di superiorità nei riguardi degli altri, come se negarsi fosse un vanto e un vantaggio che ci prendiamo nei riguardi del nostro prossimo. Questa forma estrema è un travisamento, una degenerazione di una possibilità che va invece usata con criterio e discrezione, senza mai dimenticare che al rispetto per se stessi va sempre associato il rispetto per gli altri.
Negarsi può essere un atto di arroganza, un rifiuto che tradisce le aspettative altrui nei nostri riguardi. Occorre sapersi rendere conto di questo e decidere con lucidità e serenità il proprio comportamento.
Tacere non è l’unico modo di essere del “corpo opaco”. Anche la menzogna, cioè assumere un comportamento o esprimersi in modo radicalmente diverso da ciò che pensiamo o proviamo, pone una distanza tra la nostra interiorità e gli altri. Anche questo non è un male in sé, ma lo diventa quando viene fatto per ingannare o strumentalizzare il nostro prossimo.
Ma, in altri casi, può accadere anche che non si riesca ad esprimerci nonostante vorremmo farlo, che non si riesca a trovare il modo o l’occasione nonostante se ne senta la necessità. Allora l’opacità diventa una sorta di prigionia, di limite non più scelto ma subìto, una costrizione a rimanere chiusi dentro di sé e quindi un motivo di isolamento e di sofferenza. Sentiamo che il corpo non ci rende giustizia e costituisce una sorta di “zavorra”, di “inerzia”, ignora nostra anima e la lascia lontana dagli altri, nel profondo di noi stessi.

HUSSERL, L'INTENZIONALITA'



Nella percezione viene percepito qualcosa, nella rappresentazione immaginativa qualcosa viene rappresentato in immagine, nell'amore qualcosa viene amato, nel desiderio qualcosa viene desiderato, ecc. Brentano pensa a ciò che si può cogliere di comune in questi esempi, quando dice: «Ogni fenomeno psichico è caratterizzato da ciò che gli Scolastici del medioevo hanno chiamato «in-esistenza» intenzionale (o anche mentale) di un oggetto, e che noi chiameremmo, non senza qualche ambiguità, riferimento a un contenuto, direzione verso un oggetto (e ciò non vuol dire che si tratti di una realtà) oppure oggettualità immanente. Ogni fenomeno psichico contiene in sé qualcosa come oggetto, benché non sempre in egual modo». Questa «modalità» di riferimento della coscienza ad un contenuto... è appunto, nella rappresentazione, la modalità del rappresentare, nel giudizio, la modalità del giudicare, ecc. [...] È molto discutibile e può abbastanza spesso indurre in errore dire che gli oggetti percepiti, immaginati, desiderati, ecc. (che sono quindi dati, rispettivamente, nella modalità della percezione, della rappresentazione, ecc.) «entrano nella coscienza» o, viceversa, che «la coscienza (o l' "io") entra in rapporto» con essi, oppure che essi «sono assunti nella coscienza» secondo questa o quella modalità, e anche dire che i vissuti intenzionali «contengono in sé qualcosa come oggetto» e simili. [...] Rappresentarsi un oggetto, ad esempio il castello di Berlino,... non è altro che una specie determinata di «stato d'animo». Esprimere un giudizio su questo castello, gioire della sua bella architettura, o nutrire il desiderio di poter fare questo, ecc., sono vissuti nuovi, fenomenologicamente caratterizzati in modo nuovo. L'aspetto che hanno tutti in comune è il fatto che sono modalità dell'intenzione oggettuale, che in termini correnti non possiamo esprimere altrimenti se non dicendo che il castello è percepito, fantasticato, rappresentato in immagine, giudicato, ch'esso è oggetto di quella gioia, di quel desiderio, ecc. [...] Va distinto l'oggetto nel modo in cui viene intenzionato e l'oggetto che viene intenzionato in quanto tale. In ogni atto, un oggetto viene «rappresentato» con queste o quelle determinazioni, e come tale esso potrà essere anche eventualmente il centro a cui mirano intenzioni di vario genere - intenzioni di giudizio, di sentimento, di desiderio, ecc. Pertanto in esse l'oggetto che viene intenzionato è lo stesso, mentre l'intenzione è diversa in ciascuna di esse, ogni rappresentazione intende l'oggetto in modo diverso.

(E. Husserl, Ricerche logiche)


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